Gihad in India.
Mahmud di Gasna è noto sopratutto per le sue spedizioni in India, 17 in tutto, dal 1000 al
1027.
Nel 1001 entra nel Punjam attraversando il passo di Khyber, la via seguita da Alessandro Magno e
da tutte le principali invasioni.
Il difensore della frontiera occidentale indiana è il regno buddista dei Shai, nel Punjab
("Terra dei 5 fiumi"), appoggiato dal Kashmir e successivamente da una coalizione di regni
hindù, dai quali però riceve scarsi aiuti militari.
A Peshawar ("Città di frontiera") Mahmud sconfigge duramente un grosso esercito shai e
cattura il rajà Jayapala di Udabandha, che dopo aver subito l'onta del pagamento di un
tributo abdica in favore del figlio Anandpala e affronta il Javhar, il suicidio rituale,
morendo tra le fiamme.
Dopo la vittoria Mahmud occupa Lahore (1002), trasformandola in centro militare ed
amministrativo, base di partenza delle successive incursioni in India e punto di raccolta dei
numerosi avventurieri che vogliono prendervi parte (nel 1152, alla caduta di Gasna, Lahore
sarà la nuova capitale).
La successiva importante spedizione (1005) vede la sconfitta di Anandpala e la presa di Multan,
capitale di un regno ismaelita quarmata (una setta sciita) ed importante centro commerciale che
non viene saccheggiata solo a seguito del versamento di un tributo da parte del sovrano Dawud.
In seguito la città è occupata (1010) ed una sua ribellione viene duramente
repressa (1014).
Il tentativo di riscossa Shai viene prevenuto da Mahmud che passa l'Indo (1008) ed affronta la
coalizione di 7 rajà, il cui numeroso ma poco addestrato esercito è fronteggiato,
preso sui fianchi e sbaragliato presso la capitale shai Udabandha (Und). Anandpala fugge
sull'elefante dal quale ha diretto la battaglia.
Caduti i Shai, gli altri regni si dimostrano del tutto incapaci a contrastare le incursioni di
Mahmud, portate sempre più in profondità, più facili e proficue
che una
conquista stabile.
I saccheggi colpiscono la fortezza di Bhavan (1008), il ricco tempio fortezza di Kangra, dopo un
breve assedio (1010), il tempio di Thanesar nel regno Vardhana (1011).
I Mussulmani, scegliendo come obiettivo i templi hindù, associano ai vantaggi del
saccheggio il dovere della guerra santa, la gihad, colpiscono il prestigio dei
rajà, che si misura nella ricchezza dei templi del loro regno, abbattono la fede ed il
morale degli avversari. Per effetto delle devastazioni di Mahmud numerosi monaci buddisti
fuggono e trovano rifugio presso la corte cinese.
L'ultimo sovrano sahi Bhimpala "L'Impavido" è sconfitto (1013) ed inseguito fino al
Kashmir, da dove anima inutilmente la resistenza nel Punjab fino alla sua morte (1021).
Una grossa spedizione è intrapresa da Mahmud contro Kanauj, la principale città
dell'India del nord e capitale del regno Pratihara, il più potente della valle del Gange.
La resa del sovrano pratihara Rajyapala avviene dopo un solo giorno d'assedio (1018). Il
bottino è immenso e comprende 350 elefanti, numerosi artigiani e artisti, che
abbelliranno le moschee ed i palazzi di Gasna, e 50.000 schiavi. Il prezzo di questa mercanzia
crolla e sui mercati della capitale gasnavide convergono i mercanti di schiavi di tutto l'est
islamico.
Vidyadhara raja dei Chandalla, che regna nel Bundelkhhand, considera un tradimento la facile resa
di Rajyapala, esce dalla coalizione hindù e ne devasta le terre. Rajyapala muore l'anno
seguente, ultimo sovrano della sua dinastia.
Nonostante la formazione di nuove coalizioni (1019, 1022), gli Hindù si dimostrano deboli
e divisi di fronte alle incursioni di Mamhud. Alcuni rajà, come Ganda del piccolo stato
di Kailinjar o il rajà di Narayanpur, cedono senza combattere alle richieste di Mamhud di
tributi, contingenti armati ed elefanti (altro simbolo di prestigio in India). Ma continua anche
la resistenza fanatica come all'assedio di Manaich, dove le donne ed i bambini eseguono in massa
il Javhar mentre i difensori effettuano un attacco suicida contro i Mussulmani.
Nella spedizione più famosa (1025) il numeroso esercito di cavalieri ed avventurieri
guidati da Mahmud attraversa i deserti di Rajaputana e penetra nel Gujarat, dove si trova il
tempio di Somnath, uno dei più ricchi templi hindù, di Bhoja "Re Poeta" del
Malwa.
Mahmud ordina una feroce strage e nel saccheggio, assieme alle ricchezze e a numerosi
prigionieri, asporta il Lingam, il simbolo virile del dio Shiva, poi respinge le proposte
dei rajà hindù di riscattare l'oggetto e ne seppellisce i resti nella moschea di
Gasna, affinché siano da tutti calpestati e profanati. Quest'azione ben simboleggia
quello che l'India ha dovuto subire dalle incursioni gasnavidi.
Nell'ultima incursione (autunno del 1026) ha luogo una battaglia navale sull'Indo, contro gli
Jats del Sind di Sangar Doab, vinta dai Gasnavidi grazie ai lanciatori di nafta imbarcati.
La fama di Mahmud è perpetuata nelle storie e nelle leggende. In quelle persiane è
il sovrano giusto e generoso, ma in quelle indiane è il tiranno idolatra e
devastatore.
Introduzione
Dalaimiti e Samanidi
Governatori Turchi a Gasna
Gihad in India
Espansione in Persia
L'avvento dei Selgiuchidi
A Gasna
L'esercito Gasnavide