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EZZELINO DA ROMANO

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Gli Eserciti e le Armi.


Gli Eserciti ai tempi di Ezzelino
Dopo lo smembramento dell'Impero dei Franchi, anche le armi e gli eserciti subiscono evoluzioni diverse nelle varie regioni europee, tuttavia l'arma principale rimane ovunque la cavalleria pesante, che associa alla mobilità, che ancora possiede, una potente forza d'urto. I compiti della fanteria, regina delle battaglie nell'antichità e nuovamente dal rinascimento in poi, sono secondari e quasi sempre difensivi.
In Italia i Comuni riescono a sviluppare una discreta fanteria, per la quale dispongono di molto materiale umano, utile nella difesa e nell'attacco di mura cittadine o di castelli. In battaglia è schierata dietro alla cavalleria, a volte non partecipa allo scontro mentre altre volte riesce a resistere alle violente cariche della cavalleria avversaria, grazie alle file compatte e all'impiego di armi ad asta, ma non è paragonabile alle formazioni di picchieri svizzeri, che saranno capaci di offensive inarrestabili. I balestrieri, come gli arcieri inglesi, se presenti in buon numero e ben addestrati permettono alla fanteria di assumere un ruolo offensivo in battaglia, come a Campaldino nel 1289, mentre a Lucca nel 1341 combattono offensivamente mescolati alla cavalleria.
Una caratteristica peculiare delle formazioni comunali è la presenza in battaglia del Carroccio, che oltre ai vantaggi pratici di punto di riferimento e di raccolta, apporta ben maggiori vantaggi morali, rappresentando l'indipendenza stessa dalla città.
Pur di guadagnarne nel numero, e per compiti umili, è d'obbligo impiegare anche masse di gente poco efficiente, anche se a volte ben animata, che sul campo di battaglia risultano spesso più d'intralcio che di utilità.
In questo periodo iniziano ad essere impiegati combattenti mercenari, più da parte papale ed imperiale che dai comuni, professionisti dalla guerra e privi di scrupoli, cosa che li rende meno sensibili alla propaganda avversaria, con gli svantaggi del costo e della slealtà, tutte caratteristiche che andranno accentuandosi. I comuni hanno qualcosa di simile quando stipulano contratti per stabilire chi fornisce le truppe e chi debba pagarle.
In ogni caso il risultato è un esercito composito e privo di coesione, fino ai più alti livelli, che rende difficile la disciplina e richiede comandanti capaci. Ezzelino possiede sia l'abilità e l'intelligenza per impostare nei suoi domini un rigoroso sistema amministrativo, che gli consente di garantirsi mercenari tedeschi, ungheresi e saraceni, sia le doti di comandante atte a dominare le disparate forze di cui dispone. Grazie a queste abilità riesce ad affermarsi in un'epoca che non permette molto di più, essendovi spazio per astuzie ed inganni più che per accorgimenti tattici o per manovre strategiche.
Da sempre, la guerra va fatta con ciò che si ha a disposizione.

Le Armi
All'epoca l'arma per eccellenza è la spada, impiegata nelle cerimonie di investitura e nei giuramenti, a volte impreziosita da ricche decorazioni e reliquie e dotata di un nome proprio. Come arma, al tradizionale impiego di taglio si è sviluppato quello di punta, efficace contro le maglie di anelli, e per la fanteria diviene di dimensioni e peso maggiori, perciò chiamata spadona, aumentando la potenza dei colpi di taglio, mentre la spada a due mani inizia a diffondersi in Germania.
A fianco delle spade sono impiegate mazze, poco diffuse nell'antichità e buone contro le maglie di anelli, asce e martelli, di dimensioni minori per la cavalleria, più maneggevoli, e più grandi per la fanteria. Tra i cavalieri la lancia è in disuso, tranne nei tornei, mentre nelle fanterie comunali è affiancata da altre armi ad asta di derivazione agricola, il falcione, il roncone (dalla ronca per potare), lo spiedo, lo spuntone e la spranga (anelli coronati di punte e immanicati).
Importato dall'oriente arabo e bizantino si è diffuso l'arco tra la fanteria, ma anche con i cavalieri saraceni di Lucera impiegati da Federico II, da Ezzelino e da Manfredi. La balestra, con cassa e arco di legno, si diffonde maggiormente nel mondo italo-tedesco, trovando impiego anche nell'assalto e nella difesa di opere fortificate e nei combattimenti navali. Nel secolo seguente soppianterà completamente l'arco, che apparirà solo temporaneamente con la Compagnia Bianca di Giovanni Acuto, e compagnie mercenarie di balestrieri, sopratutto genovesi e corsi, combatteranno in Francia.
L'equipaggiamento difensivo del cavaliere è costituito da una maglia di anelli di ferro, che con il tempo si è allungata alle maniche fino a comprendere i guanti, e che giunge fino alle ginocchia, alla quale si è aggiunta una calzamaglia di ferro. In questo periodo si è cominciato ad aggiungere placche di rinforzo, ginocchiere, cosciali, gomitiere e collare, che lentamente porteranno all'adozione dell'armatura a piastre. è utilizzata, ma meno diffusa, anche l'armatura a lamine, mentre la fanteria utilizza giubbotti imbottiti, ma più spesso neanche questi. Dopo le crociate si generalizza l'uso di una sopravveste lunga fino al polpaccio, dapprima in tinta uniforme, forse per proteggersi dal sole, poi nelle tinte araldiche, rese necessarie con l'impiego di elmi con visiera.
L'elmo deriva da quello a cono normanno, ma ha la punta in avanti o è a testa piatta, in questo caso vulnerabile alla mazza e all'ascia, e comincia ad essere munito, oltre che di visiera, di cimiero a ventaglio o a piuma. Il cimiero è riportato anche sul frontale del cavallo, che ha solo scopo decorativo ma diverrà protezione e poi arma, munendolo di punta.
Il cavallo può essere protetto con stoffa imbottita ma più spesso è solo vestito da una gualdrappa in stoffa con gli stessi colori della sopravveste del cavaliere. Tra la fanteria sono diffusi elmi di fogge diverse e con parti anche in legno, che per la forma sono detti pentolari.
Lo scudo è largamente impiegato e la forma deriva da quello a mandorla normanno, il cui bordo curvo superiore è stato sostituito con uno piatto per accrescere la visuale, assumendo sempre più la forma di un ferro da stiro. È diffuso sia tra la cavalleria che tra la fanteria comunale, che continuerà a usarlo un paio di secoli, mentre abbandonerà l'uso del grande pavese, ora assegnato ad apposite compagnie da affiancare ai balestrieri.

  1. Introduzione.

  2. La Marca e gli Ezzelini.

  3. Piccole Guerre (1220 - 1230).

  4. L'Ascesa di Ezzelino III (1230 - 1240).

  5. Mire di Ezzelino a Est (1240 - 1250).

  6. Mire di Ezzelino a Ovest (1250 - 1260).

  7. Dopo Ezzelino.

  8. Gli Eserciti e le Armi.



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