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LA TRASFUSIONE DI ERITROCITI

 

La somministrazione di eritrociti è indicata per promuovere un rilascio di ossigeno ai tessuti in pazienti con emorragia in corso o con un'anemia sintomatica, non corretta da terapia specifica (1,2).

Per quanto il valore di emoglobina non fornisca che un'indicazione incompleta su cui basare la decisione di trasfondere, può comunque fornire delle indicazioni sulla probabilità che il paziente vada incontro ad uno squilibrio dal punto di vista fisiologico e, di riflesso, sull'opportunità di intraprendere una terapia trasfusionale.

 

Linee guida per la valutazione dello stato di equilibrio fisiologico

nel paziente anemico e per determinare la strategia trasfusionale

 

Livello di Hb Probabilità di scompenso Strategia trasfusionale

 

> 10 g/dL molto bassa

evitare la trasfusione

8 - 10 g/dL bassa

evitare di trasfondere se il paziente è stabile; trasfondere solo se, con la trasfusione, ci si attende un cospicuo miglioramento

7- 8 g/dL moderata

la trasfusione può essere indicata

< 7 g/dL alta

la trasfusione è indicata se non vi è il tempo di intraprendere altre forme di terapia per correggere l'anemia

 

Una distizione ormai classica ai fini della previsione di trasfondere è quella tra anemia acuta ed anemia cronica.

Ai fini pratici, si deve considerare che un'unità di emazie concentrate dovrebbe far aumentare il livello di Hb di circa 1 g/dL in un adulto, mentre per ottenere lo stesso aumento in un bambino sono necessari 3 mL/kg di peso corporeo.

La velocità di infusione dipende dall'indicazione clinica e può variare da 4 ore per unità in un paziente con anemia cronica a 5-10 minuti per unità in un paziente ipoteso con emorragia in atto (fino a quando la pressione sistolica non raggiunga almeno 100 mm Hg).

La trasfusione di un'unità non dovrebbe richiedere comunque più di 4 ore.

Un punto di importanza fondamentale è che il volume ematico non è che modicamente ridotto nei pazienti con anemia cronica per un aumento di compenso del volume plasmatico.

Pertanto, la trasfusione di tali pazienti provoca regolarmente un'ipervolemia, con il rischio di precipitare uno stato di scompenso cardiaco, particolarmente nei pazienti più anziani o con problemi cardiaci già in atto. Questo è il principale motivo per cui la terapia dell'anemia anche severa non dovrebbe mai essere troppo aggressiva.

 

BIBLIOGRAFIA

 

  1. Spence RK, Swisher SN. Red cell transfusion-the transfusion trigger In Clinical Practice of transfusion Medicine. Petz LD, Swisher SN, Kleinman S, Spence RK, Strauss RG, eds. 3rd edition, Churchill Livingstone, NY, 1996, pp. 177-183.

  2. Carson JL, Spence RK. Anemia and cardiopulmonary disease in surgical transfusion practice. In: Clinical Practice in Transfusion Medicine. Petz LD, Swisher SN, Kleinman S, Spence RK, Strauss RG, eds. 3rd edition, Churchill Livingstone, NY, 1996, pp. 501-507.

LA TRASFUSIONE PIASTRINICA

Le piastrine circolanti giocano un ruolo determinante nel mantenere l’integrità vascolare, prevenendo sanguinamenti secondari a lesioni della parete vasale, in quanto:

  • aderiscono alla parete del vaso leso formando, in presenza di collagene e trombina, il trombo piastrinico;

  • partecipano alla formazione della fibrina liberando il fattore piastrinico 3 (PF3).

Clinicamente, un deficit quantitativo o qualitativo delle piastrine può dare differenti manifestazioni di tipo emorragico, quali petecchie, ecchimosi, epistassi, gengivorragie, menorragie, ematuria e melena. Alterazioni severe sono in grado di determinare gravi sanguinamenti in distretti nobili come il sistema nervoso centrale o nel periodo perioperatorio.

Prima di ricorrere ad una trasfusione piastrinica è fondamentale fare una diagnosi quanto più precisa possibile tra le varie situazioni in cui si può avere un difetto piastrinico.

 

INDICAZIONI GENERALI PER LA TRASFUSIONE PIASTRINICA

 

Le situazioni cliniche in cui può rivelarsi necessario trasfondere piastrine possono essere ricondotte sostanzialmente ai seguenti 3 casi:

 

Profilassi

(ad esempio, piastrinopenia in pazienti senza sanguinamenti clinicamente evidenti):

 

Se la conta piastrinica è <20.000/mL e sono presenti "evidenze cliniche" che possono associarsi a sanguinamenti in soggetti piastrinopenici (temperatura

>38.5°C, infezioni, disturbi dell'emostasi o marcata splenomegalia), può essere giudicata appropriata una trasfusione piastrinica di 0.5 unità/10 kg ripetuta, se necessario, con cadenza quotidiana.

In assenza dei segni clinici sopra indicati, una trasfusione piastrinica equivalente appare appropriata per conte piastriniche <10.000/mL (1,2).

Profilassi

in previsione di interventi chirurgici:

 

E' stato accertato con certezza che, per interventi come laparotomia, toracotomia, craniotomia e artroprotesi d'anca, una conta piastrinica preoperatoria >50.000/mL è in grado di produrre un'adeguata emostasi (3).

La conta piastrinica dovrebbe essere innalzata ad almeno 50.000/mL prima di effettuare procedure quali punture lombari, anestesia peridurale, inserzione di cateteri a lunga permanenza, biopsie transbronchiali e biopsie epatiche.

Di contro, un'aspirazione midollare o una biopsia ossea possono essere effettuate anche in pazienti con grave piastrinopenia (<20.000/mL) senza necessità di supporto piastrinico, purchè seguite da un'accurata emostasi locale con bendaggio compressivo.

Terapia

in pazienti attivamente sanguinanti:

 

Se un paziente presenta una conta piastrinica <50.000/mL in concomitanza di un sanguinamento clinicamente evidente e ritenuto attribuibile alla piastrinopenia, può essere ritenuta appropriata una trasfusione paistrinica che porti a raggiungere una conta >50.000/mL.

 

BIBLIOGRAFIA

  1. Gmur J, Burger J, Schanz U, et al. Safety of stringent prophylactic platelet transfusion policy for patients with acute leukaemia. Lancet 1991;338:1223-1226.

  2. Aderka D, Praff G, Santo M, et al. Bleeding due to thrombocytopenia in acute leukemias and reevaluation of the prophylactic platelet transfusion policy. AmerJ Med Sciences 1986;291:147-151.

  3. Bishop JF, Schiffer CA, Aisner J, et al. Surgery in acute leukemia: A review of 167 operations in thrombocytopenic patients. Amer J Hematol 1987;26:147-155.

LA TRASFUSIONE DI PLASMA FRESCO CONGELATO

Il plasma fresco congelato è indicato per correggere un deficit multiplo dei fattori emostatici in pazienti con emorragie in atto o a rischio di emorragia, che debbano subire una procedura invasiva.

Le principali cause di un deficit multiplo sono rappresentate da:

1.      inadeguata produzione di uno o più sostanze procoagulanti del sangue (es. epatopatie);

2.      riduzione dei livelli ematici dei componenti plasmatici richiesti per la coagulazione come risultato di un aumentato consumo (patologia da consumo);

3.      presenza di inibitori;

4.      farmaci anticoagulanti;

5.      attivazione dei meccanismi proteolitici del sangue (iperfibrinolisi)

Un deficit congenito o, molto più di rado, acquisito di un singolo fattore raramente determina emorragie a meno che la quantità del fattore non si riduca meno del 50%.

In passato il plasma è stato utilizzato come plasma-expander, come supporto nutrizionale o per promuovere la guarigione di ferite. Queste pratiche sono attualmente considerate del tutto inappropriate sia per l’assoluta e provata inconsistenza, sia per gli importanti rischi infettivi e immunologici cui vengono inutilmente esposti i pazienti trasfusi.

 

L'uso di plasma è considerato appropriato:

 

  • per correggere il deficit di uno specifico fattore (ATIII, FII, FV, FVII, FIX, F XI, proteina C o proteina S) quando non ne sia disponibile il relativo concentrato; al momento solo i deficit di Fattore XIII e Fattore XI sono trattati con plasma; per quanto riguarda l'uso di concentrati di complesso protrombinico (Protromplex) possono invece rendersi necessari per trattare un sanguinamento massivo determinato da anticoagulanti orali quando il plasma non possa essere utilizzato in quantità adeguate, come nel paziente cardiopatico o renale o se, da solo, non è in grado di correggere la coagulazione (dosaggio da valutare).

  • per la correzione di un deficit multifattoriale da difetto di vitamina K o sovradosaggio in corso di terapia anticoagulante orale (TAO), in presenza di significativi aumenti dell’INR ed in presenza di emorragie gravi o in previsione di interventi chirurgici a breve termine (10-12 mL/kg), quando non vi sia il tempo di attendere l'effetto della vitamina K;

  • nei pazienti epatopatici con valori di INR >1,5 qualora vi sia un sanguinamento in corso o debbano essere sottoposti ad interventi chirurgici o biopsia epatica; nel trattamento della CID con attivo sanguinamento;

  • in caso di trasfusione massiva, quando siano state trasfuse 10 unità di EC (pari a circa 1 volume di sangue), poiché di solito si ha  un aumento dei parametri coagulativi quali: PT (INR>1,5) ed APTT (ratio>1,5); se l’emorragia continua può essere previsto l’impiego di 2 unità di FFP da aferesi ogni 6 unità di EC trasfuse.

  • nel trattamento di una porpora trombotica trombocitopenica (PTT), per infusione o in corso di plasma-exchange terapeutico;

  • Alcune linee guida ne approvano infine l'uso in neonati con enteropatia protido-disperdente.

 

Per quanto non esistano esami in grado di monitorarne con precisione l'effetto, si possono delineare le seguenti linee guida per il monitoraggio laboratoristico (1):

  1. Sanguinamento in atto e PT e/o aPTT prolungati (da 1.5 a 1.8 volte il valore normale).

  2. Pazienti con PT e aPTT prolungati, a rischio di sanguinamento ed in previsione di intervento o procedure invasive.

  3. Pazienti con emorragia massiva, se ad alto rischio di deficit dei fattori della coagulazione, anche in assenza o in attesa dei risultati dei test dell'emostasi.

 

NOTE:

 

Non vi è alcuna giustificazione per l'utilizzo del plasma come espansore di volume in pazienti senza deficit coagulativi, come supplemento nutrizionale, per trattare emorragie in pazienti senza deficit dimostrati del fattori emostatici.

Qualora vi sia l'indicazione per l'uso del plasma, il dosaggio appropriato per la terapia d'attacco in un paziente adulto è di 12-15 mL/kg (da 4 a 6 unità) (1).

Il plasma dovrebbe essere somministrato rapidamente in caso di emorragia in corso o entro un'ora dall'inizio presupposto dell'emorragia. L'effetto massimo della somministrazione di plasma declina da 2 a 4 ore dopo la trasfusione.

Ulteriori necessità dovrebbero essere valutate in base al rischio emorragico residuo ed ai risultati di PT ed aPTT.

Qualora il sanguinamento non diminuisca dopo correzione di PT ed aPTT a valori minori di 1.5 volte il normale, si deve presupporre che abbia una causa differente dal deficit di fattori della coagulazione.

Il plasma inattivato con la metodica solvente/detergente trova le medesime indicazioni terapeutiche del plasma; esso va utilizzato unicamente in pazienti con marcatori di infettività virologica negativi e qualora non si preveda un ampio utilizzo di altri emocomponenti.

Dovrebbe inoltre essere utilizzato in pazienti pediatrici, giovani (fino a 18 anni) e donne in gravidanza, fino a quando non siano disponibili gli esiti dei marcatori virologici.

Il suo uso è controindicato in pazienti che devono effettuare trapianto di fegato e in pazienti con epatopatia severa e coagulopatie note.

 

BIBLIOGRAFIA

 

1.      Silberstein LE, Kruskall MS, Stehling LC, et al. Strategies for the review of transfusion practices. JAMA 1989;262:1993-1997.

2.      British Committee for Standards in Haematology: Guidelines for the use of fresh frozen plasma. Transfusion Medicine,1992,2:57-63

3.      Canadian Medical Association: Guidelines for red cell and plasma transfusion for adults and children. Can Med Assoc J 1997, 156 (11 suppl): 1-24

4.      Hippala S: Replacement of massive blood loss. Vox Sang 1998; 74 (2): 399-407

5.      Kickler TS: Platelets and fresh frozen plasma: indications TATM 2000; 5:5-10

6.      Strauss RG. Blood and Blood Component Transfusions. Section 6. In: NELSON Textbook of Pediatrics, Behrman, Kliegman, Jenson editors, 16th edition.2000.

 

LA TRASFUSIONE GRANULOCITARIA

 

Dopo un alternarsi di entusiasmo e pessimismo, di speranze e delusioni, l'uso dei concentrati granulocitari si è molto ridotto negli ultimi anni. Nondimeno, i concentrati granulocitari sembrano poter ancora giocare un ruolo in pazienti ben selezionati con severa neutropenia e sepsi che non risponda alla terapia antibiotica (1, 2).

E' attualmente in corso di studio l'uso dei fattori di crescita della linea mieloide di origine ricombinante (G-CSF and GM-CSF) in associazione con la trasfusione di granulociti per il trattamento di pazienti neutropenici con infezioni persistenti così come per il trattamento dei donatori prima di essere sottoposti a leucocitaferesi a scopo trasfusionale (3).

BIBLIOGRAFIA

  1. Strauss RG. Therapeutic granulocyte transfusions in 1993. Blood 1993;81:1675-1678.

  2. Cairo MS, Worcester CC, Rucker RW, et al. Randomized trial of granulocyte transfusions versus intravenous immune globulin therapy for neonatal neutropenia and sepsis. J. Pediatrics 1992;120:281-285.

  3. Bensinger WI, Price TH, Dale DC, et al. The effects of daily recombinant human granulocyte colony-stimulating factor administration on normal granulocyte donors undergoing leukapheresis. Blood 1993;81:1883-1888.

     

 Copyright© 1999/2005 - Francesco Angelo Zanolli - Ultimo aggiornamento in data 16/11/2005