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VIOLA DA BRAZZO SOPRANO

Andrea AMATI “Carlo IX” - 1566

TERZA  SERIE

INVERNO

SUB SPECIE AETERNITATIS

VIOLA DA BRAZZO  CONTRALTO

Giovanni Paolo MAGGINI – 1610 ca

Gentilissima Nella Anfuso,

 

La ringrazio tantissimo per la disponibilità e le risposte alle mie domande, in particolare per le delucidazioni sulla musica francese. (D’ora in poi ometto volutamente la maiuscola di cortesia nei pronomi riferiti a lei, in modo che non si senta obbligata a far lo stesso con me.

E, naturalmente, la prego di non sentirsi assolutamente in dovere di rispondermi in tempi brevi, o anche semplicemente di rispondermi: non voglio assolutamente dare la mia parte di contributo negativo, approfittando della sua gentilezza per rubarle tempo!)

 

A proposito della pronuncia francese, effettivamente ho notato tra l’altro che certe rime nei libretti di Quinault funzionano solo con la pronuncia antica, anzi è meglio dire “funzionerebbero”, perchè tale pronuncia non è (quasi) mai praticata dai cantanti odierni, pur di madrelingua francese.

 

Ma soprattutto, lei mi chiarisce un dubbio che mi era venuto anche pensando a Charpentier, considerato che aveva studiato a Roma, allora non poteva avere in mente una vocalità così distante da quella italiana per le sue Leçons de Ténèbres, i suoi oratori, e infine anche le sue opere di teatro musicale, dove inserisce addirittura pezzi in italiano. Tutte composizioni che in fin dei conti non sono così diverse da quelle di Lully. Indirettamente, le sue spiegazioni mi chiariscono le idee anche a proposito di un altro grande che oscilla tra l’ingiustamente trascurato e il “barbaramente riscoperto”, Agostino Steffani, che scrisse in uno stile “misto” italiano-francese. Ora capisco che in realtà l'impostazione del canto era pur sempre quella italiana.

 

Dobbiamo esserle grati di aver sempre condotto, e di continuar a portare avanti, la sua ricerca senza compromessi e noncurante delle mode. Mi auguro che le sue idee e il suo esempio possano trovare seguito e realizzazione pratica in una nuova generazione di interpreti!

Il problema in fin dei conti non sono soltanto gli americani di Parigi o gli Jacobs, ma il fatto che ci sono legioni di “addetti ai lavori” che vuoi per pigrizia mentale, conformismo, superficialità, vuoi per comodità, convenienza e voglia di facile successo, incapacità personale (diciamolo pure, a volte è anche questa) gli si uniformano acriticamente propagando una prassi che si “autoconsolida” in  “verbo”, destinato a lasciare il tempo che trova ma che si impone con la tipica forza del numero (“siamo in tanti a pensarla così”).

 

 

PS. Visto che si e` parlato di clavicordo, magari troverà curioso sapere che ho anche un clavicembalo (che però per ragioni di praticità e spazio ho dovuto lasciare a casa dei miei genitori), costruito da Tony Chinnery contemporaneamente ad uno simile per Margherita dalla Vecchia. Soltanto in tempi successivi ho visto che Tony ha curato la traduzione inglese delle note di un suo disco, e che M. dalla Vecchia (che non conosco personalmente) la accompagna in molte registrazioni...

 

Grazie ancora, e i migliori auguri per la realizzazione dei suoi progetti!

 

Andrea Gregori

Risposta

Gentile Sig. Gregori,

mi scuso per il ritardo nel rispondere, ma Lei ne capisce giustamente il motivo, così come ha capito molte cose sulla realtà storica francese e non solo.

Pensi che ho trovato una breve "canzone" in italiano del signor Carpentiero (Charpentier) studente a Roma!

Era l'epoca in cui l'Italia era guida assoluta e quindi il modello da imitare in tutti i vari campi artistici (e scientifici).

Purtroppo l'imbarbarimento non riguarda solo il povero Steffani ed altri autori in vena di "riscoperta", ma anche autori che non sono una novità dell'ultima ora, basti pensare a Monteverdi: in una lettera del 1967 Malipiero scriveva a Gianuario: "non voglio più occuparmi di Monteverdi, ne hanno fatto scempio"...

Ciò che è più grave non è la maniera di esecuzione di un dato autore, ma il fatto che si è perso - come diceva Sallustio - la "significazione" (preferisco questo termine) delle parole e quindi delle cose, insomma lo stravolgimento totale del fatto artistico. Il "numero" apparentemente ha un suo peso, ma nella realtà tutti i gruppuscoli si riducono ad uno, visto che sono formati dagli stessi musicisti e cantanti e che tutti eseguono tutto nella stessa maniera: corsa pazza per il tempo "veloce" e lentezza da funerale di terza classe per il tempo "non veloce".

In questo momento storico di imbarbarimento, sempre più veloce ed evidente, il problema è, se vogliamo salvare qualcosa della nostra civiltà artistica, di creare una generazione di interpreti ad hoc: ciò riguarda il campo strumentale ma soprattutto quello vocale legato alla nostra lingua. È ciò per cui sto combattendo da tanti anni nell'indifferenza generale, anzi in preda a tanti tentativi di "farmi fallire"....

Credo e spero che, forse , finalmente adesso ci siamo.  Desidero formare un gruppo EUROPEO di vocalisti .

Per ciò che concerne gli strumenti accludo un progetto (che metterà in crisi gli addetti ai lavori) giunto in porto dopo alcuni anni di lavoro.

Dopo le registrazioni saranno esposti in alcune capitali (Parigi e Milano per cominciare).

Il fatto è che la mistificazione della moda barocca, non solo è stata "falsa" nel campo della vocalità, ma anche per ciò che riguarda gli strumenti base , cioè gli strumenti ad arco (e non solo). Si è mai chiesto cosa sono gli strumenti barocchi oggi? tutto fuorché storici, visto che il "barocco" della MODA dura quattro secoli (sic) ed i musicisti utilizzano lo stesso strumento per ben 4 secoli di musica.

La saluto cordialmente

Per alcune registrazioni ho usato qualche volta gli strumenti del Chinnery, quando è impossibile trovare ed utilizzare gli originali restaurati....

TERZA  SERIE

PRIMAVERA

SUB SPECIE AETERNITATIS

Gentile Nella Anfuso,

quella dell’interessamento dello stato italiano è un’ottima notizia! Penso di capire il suo stato d’animo, e le faccio i migliori auguri che la cosa possa dar luogo ad una svolta concreta!

La ringrazio per gli allegati, che mi permetto di passare ad amici che avrebbero l’ambizione di coltivare la musica antica professionalmente... Il "combattimento" di Monteverdi finalmente fatto come si deve? Splendido!

Anni fa ebbi la fortuna di ascoltarla in concerto a Venezia, cantava mottetti di Monteverdi, accompagnata all’organo, ai Frari. Indimenticabile! Ricordo che la sua interpretazione mi parve ancor più "sentita" che nelle sue registrazioni discografiche.

Se posso permettermi di dare un suggerimento, trovo le note di alcuni suoi dischi un po’ carenti di informazioni "minori" ma per me comunque interessanti. Ad esempio, nel disco di Farinelli, non è dato sapere quali strumenti vengano usati dall’orchestra. All’ascolto, mi pare di capire che si tratti di strumenti simili a quelli usati per i mottetti di Vivaldi, ovvero strumenti d’epoca, o loro copie, suonati con un fraseggio "storico" e non secondo la "moda barocca" attualmente in voga. Però è una mia supposizione. Queste informazioni aggiuntive potrebbero magari essere fornite ora senza ulteriori costi in una pagina web.

Quanto lei lamenta a proposito degli interpreti della musica antica mi suona assolutamente familiare, benchè io non conosca quell’ambiente. Il punto è che nel mio campo di interesse, la fisica teorica, è esattamente lo stesso. E non parlo a livello italiano o europeo, ma mondiale: salvo rarissime eccezioni di persone guarda caso lasciate ai margini della "grande ricerca", tutti fanno più o meno le stesse cose, ripetono gli stessi luoghi comuni, ovunque impera l’allineamento a "mode di pensiero", presentate come tanto diverse l’una dall’altra ma in realtà molto simili. Forse sono meccanismi insiti nella natura umana, e la pigrizia mentale, unita ai tentativi di eliminazione di ciò che è scomodo a certi interessi e potentati, si ritrova un po’ in tutti i campi...

Non so, comunque prendiamo quel che di buono c’è le rare volte che arriva: oggi la buona notizia è il suo invito a Palazzo Chigi. In ogni caso, riuscire a vivere facendo ciò in cui si crede, senza dover scendere a compromessi, è già di per sè una condizione invidiabile!

Quanto a Malipiero, aveva dalla sua il fatto di essere un grande artista lui stesso, e quindi era nella posizione migliore per capire le problematiche di Monteverdi, in quanto probabilmente lui stesso era arrivato a confrontarsi con problemi simili nel comporre musica. I bravi compositori sono in genere molto interessati alla corretta "significazione": su questo sono estremamente esigenti.

Mi scuso se ora rubo un po’ del suo tempo per proporle alcune mie considerazioni al riguardo dell’interpretazione alla tastiera.

Premesso che non sono un esperto e quindi rischio qui di dire qualche stupidaggine, ritengo che anche lì ci sarebbe da trarre insegnamento dall’antica scuola di canto. Per esempio, io mi sono sempre stupito di fronte agli innumerevoli passaggi (tecnicamente "passeggi") notati in semicrome, presenti nella musica per tastiera del cinquecento - primo seicento, che normalmente vengono eseguiti dagli interpreti dando grande sfoggio di velocità, velocità che a me sembra impossibile ottenere adottando le indicazioni di diteggiatura dei trattati antichi. Sempre in semicrome sono notati, per esteso, anche ornamenti come trilli e groppi, di chiara imitazione vocale. Gli interpreti normalmente tendono ad aumentare il numero e la velocità dei battimenti rispetto a quanto notato sullo spartito.

Ora, avendo ascoltato le sue interpretazioni per esempio di Luzzaschi, mi vien da pensare che il senso di quei passeggi e groppi non fosse necessariamente quello di dare sfoggio di velocità, raggiungibile solo con tecniche moderne, con le quali peraltro questi passi vengono appiattiti in cascate di note tutte insignificantemente uguali, ma piuttosto quello di dar rilievo a ogni singola nota, ognuna ben spiccata e distinta, "personalizzata", un po’ come fa lei quando canta.

Insomma, magari dico un’ovvietà, ma a me pare che Lei avrebbe molto da insegnare anche agli interpreti della musica per tastiera, anch’essa a quel tempo probabilmente (sicuramente?) modellata sull’esempio e ad imitazione di quella vocale. E non intendo dire solo le toccate di Frescobaldi, il quale (peraltro allievo di Luzzaschi) esplicitamente vi fa riferimento nelle sue prefazioni ("Nelle Toccate quando si troverà alcuni trilli overo passi affettuosi sonarli adagio", "non dee questo modo di sonare stare soggetto a battuta, come veggiamo usarsi ne i Madrigali moderni," eccetera), e per il quale la cosa è nota, ma per conto mio questo vale anche per la musica della "vecchia maniera" cinquecentesca, che a me pare si differenzi dalla "nuova pratica" frescobaldiana più per una questione di forma della composizione, tipo il carattere meno "recitativo", che per una vera e propria diversa concezione dell’interpretazione musicale e dell’effetto sonoro delle singole figurazioni.

Viceversa, anche antiche trascrizioni per tastiera possono aiutare ad evitare errori nell’interpretazione vocale, di cui trovo a parer mio un eclatante esempio in una nota registrazione discografica dell’Aci e Galatea di Lully, nella famosa "chaconne de Galatee". Un’aria di ciaccona, per la quale all’epoca Lulli venne criticato per aver scritto un pezzo troppo nello stile italiano di Cavalli, e che lì viene preso molto veloce. Ora, si dà il caso che D’Anglebert, testimone diretto delle rappresentazioni lulliane, ne avesse fatto all’epoca una trascrizione per clavicembalo, ricca di ornamenti la cui corretta esecuzione impedisce, sia per motivi tecnici che estetici, di prendere il pezzo a velocità così elevata. Mi sembra molto improbabile che D’Anglebert abbia deliberatamente modificato il senso del brano imponendo una velocità diversa dall’originale vocale, visto poi che in genere queste trascrizioni servivano a permettere di "riascoltare" e diffondere in ambito domestico le musiche preferite, come servono oggi i dischi. La velocità appropriata alla tastiera corrisponde ad un tempo più moderato, simile a quello delle Sue interpretazioni vocali, confermando le sue idee con una precisione quale altrimenti solo una registrazione discografica d’epoca avrebbe potuto fornirci! (Naturalmente, Lei giustamente penserà che comunque anche tutto il resto di quella registrazione è inadeguato, ma era tanto per focalizzare su un punto...).

Grazie ancora per l’attenzione, e cordiali saluti!

Andrea Gregori

Risposta

Gentile Dr. Gregori,

mi scuso per il ritardo di questa mia risposta, ma ho avuto molte cose da fare...  Concordo con Lei sui "tempi" dei barocchisti di oggi (ma purtroppo ciò avviene anche nel repertorio di secoli più vicini a noi...). Il problema, come Lei accenna, è il fatto che nei secoli passati il modello per eccellenza era quello vocale la cui finalità era , anche - e soprattutto - in esecuzioni virtuosistiche, l' "espressione".

Una volta persa la conoscenza della respirazione "naturale", che ha suoi tempi ben definiti (il discorso sarebbe lungo), si fa qualsiasi cosa, come un treno uscito dai binari (l'esempio della chaconne è quasi incredibile tanto è grave)...senza dimenticare la finalità di "successo esecutivo" (per il pubblico ignorante di oggi) da parte dell'esecutore (spesso solo pieno di sé...). Aggiunga l'ignoranza sulla esecuzione "vera" della musica polifonica e delle regole d'epoca del contrappunto e capirà meglio la situazione.

Il musicista antico era vocalista e strumentista contemporaneamente - come formazione - poi si dedicava ad un aspetto esecutivo più tosto che ad un altro, ma seguiva sempre lo strumento primario per eccellenza: il canto (antico) . Ad esempio: da decenni ho approfondito il mondo delle "diminuzioni" o "passaggi" (il fondamento del mio studio tecnico giornaliero...) e vorrei registrare alcuni madrigali (e mottetti) "passeggiati". Come per la tastiera antica e le diteggiature, le diminuzioni indicano chiaramente che la esecuzione secondo la scrittura primigenia fosse piuttosto lenta (del resto basta pensare al vestiario per capire "i tempi" normali del portamento della figura ed i tempi di spostamento...). Gli autori dell'epoca lamentavano che, esagerando con i passaggi, anche la musica triste diventava allegra...

Per le notizie sugli strumenti di ensembles in alcune mie registrazioni settecentesche Lei ha ben dedotto. Il discorso del "fraseggio" riguarda il concetto fondamentale della "imitazione della voce umana": a tutti gli strumentisti chiedo sempre di imitare il mio canto e ricordo la "archata soave" ed il "lireggiare affettuoso" (cioé virtuoso) di cui parla Rognoni.  Sempre più spesso è molto faticoso perché la forma mentale odierna è altra.

Le auguro ogni bene e buone vacanze.

Cordialità

TERZA  SERIE

ESTATE

SUB SPECIE AETERNITATIS

Gentilissima Nella Anfuso,

la ringrazio ancora di cuore per le sue risposte. Ogni volta che La leggo o ascolto, mi rendo conto sempre più dell’abisso che intercorre tra la profondità del Suo approccio alla musica antica, e la superficialità di chi segue le mode correnti, e di quanto ci sarebbe da fare per riportare le cose entro i giusti binari. Io posso solo cercar di contribuire alla causa facendo conoscere il suo pensiero e la sua opera alle persone che conosco. Ora non voglio portarle via altro tempo: è stata fin troppo gentile e paziente con me.

Auguro anche a Lei buone vacanze, e le migliori forze per mettere in atto tutti i progetti che la attendono!

Cordiali saluti

 

Andrea Gregori

VIOLA DA BRAZZO BASSO A 5 CORDE

Fratelli  AMATI - 1607

VIOLONE A 6 CORDE

Gasparo DA SALÒ - 1590

TERZA  SERIE

AUTUNNO

SUB SPECIE AETERNITATIS

Signora, sono Gemma, vivo in Ticino. Ho ascoltato alla radio un brano di virtuosità che mi ha veramente colpito. Sono stata cantante, da giovane,  soprano leggero. Vorrei sapere come fa quei trilli e le velocissime note tecnicamente; può darmi la ricetta per gli allievi?

Ringrazio per la gioia che mi ha fatto provare. Comprerò i suoi dischi…

Gemma Anastasi (CH)

Risposta

Gent.ma Signora Anastasi,

mi scuso per il ritardo di questa risposta, ma ho avuto un periodo molto intenso professionalmente.

Penso che per “note velocissime” Lei si riferisca a ciò che gli antichi italiani,  da sempre, documentatamente dal secolo XV (Quattrocento) agli inizi del XIX  (primo Ottocento), chiamavano “Passaggi”. Per gli Antichi , sia vocalisti che strumentisti (cfr. Frescobaldi), la virtuosità era caratterizzata dalla pronuncia di ogni nota,  pronuncia che chiamano anche SPICCATO.

Naturalmente ciò era possibile poiché la emissione della grande scuola italiana si basava sulla totale e perfetta Fusione dei due registri naturali. Senza tali requisiti non è possibile “spiccare” le note superveloci! Ciò è ben spiegato da tutti i teorici e pratici durante 5 secoli, ma anche da Claudio Monteverdi ad esempio, quando parla in una sua lettera di un cantore non degno di considerazione perché non esegue la virtuosità “et soave et spiccata, et è la più naturale”. Ecco perché oggi non ci sono più veri cantanti virtuosi.

Per ulteriori informazioni potrà contattare la segreteria ,

Buon lavoro 

Carissima Signora NELLA

Sono una tua fan sfegatata. Ho letto il tuo libro “L’età d’oro del Canto” e finalmente ho capito ciò che tu sola oggi possiedi come i  grandi cantori del “passato”, cioè  “il PORTAR LA VOCE”. Che meraviglia  il “legato” e la “emissione”  purissima e facilissima, senza parlare  della dolcezza e nobiltà della emissione.  È tutto merito della  specifica“corretta” respirazione, come mi sembra capire!  Ti preghiamo, continua, nella tua opera di far conoscere il vero canto italiano.

Ti seguiamo sulla rivista MUSICA: i tuoi fans  ogni giorno aumentano in continuazione.

Manuela  e  fans (da Padova)

 

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