La ringrazio tantissimo per la
disponibilità e le risposte alle mie domande, in particolare per le
delucidazioni sulla musica francese. (D’ora in poi ometto volutamente la
maiuscola di cortesia nei pronomi riferiti a lei, in modo che non si
senta obbligata a far lo stesso con me.
E, naturalmente, la prego di non sentirsi
assolutamente in dovere di rispondermi in tempi brevi, o anche
semplicemente di rispondermi: non voglio assolutamente dare la mia parte
di contributo negativo, approfittando della sua gentilezza per rubarle
tempo!)
A proposito della pronuncia francese,
effettivamente ho notato tra l’altro che certe rime nei libretti di
Quinault funzionano solo con la pronuncia antica, anzi è meglio dire
“funzionerebbero”, perchè tale pronuncia non è (quasi) mai praticata dai
cantanti odierni, pur di madrelingua francese.
Ma soprattutto, lei mi chiarisce un
dubbio che mi era venuto anche pensando a Charpentier, considerato che
aveva studiato a Roma, allora non poteva avere in mente una vocalità
così distante da quella italiana per le sue Leçons de Ténèbres, i suoi
oratori, e infine anche le sue opere di teatro musicale, dove inserisce
addirittura pezzi in italiano. Tutte composizioni che in fin dei conti
non sono così diverse da quelle di Lully. Indirettamente, le sue
spiegazioni mi chiariscono le idee anche a proposito di un altro grande
che oscilla tra l’ingiustamente trascurato e il “barbaramente
riscoperto”, Agostino Steffani, che scrisse in uno stile “misto”
italiano-francese. Ora capisco che in realtà l'impostazione del canto
era pur sempre quella italiana.
Dobbiamo esserle grati di aver sempre
condotto, e di continuar a portare avanti, la sua ricerca senza
compromessi e noncurante delle mode. Mi auguro che le sue idee e il suo
esempio possano trovare seguito e realizzazione pratica in una nuova
generazione di interpreti!
Il problema in fin dei conti non sono
soltanto gli americani di Parigi o gli Jacobs, ma il fatto che ci sono
legioni di “addetti ai lavori” che vuoi per pigrizia mentale,
conformismo, superficialità, vuoi per comodità, convenienza e voglia di
facile successo, incapacità personale (diciamolo pure, a volte è anche
questa) gli si uniformano acriticamente propagando una prassi che si
“autoconsolida” in “verbo”, destinato a lasciare il tempo che trova ma
che si impone con la tipica forza del numero (“siamo in tanti a pensarla
così”).
PS. Visto che si e` parlato di
clavicordo, magari troverà curioso sapere che ho anche un clavicembalo
(che però per ragioni di praticità e spazio ho dovuto lasciare a casa
dei miei genitori), costruito da Tony Chinnery contemporaneamente ad uno
simile per Margherita dalla Vecchia. Soltanto in tempi successivi ho
visto che Tony ha curato la traduzione inglese delle note di un suo
disco, e che M. dalla Vecchia (che non conosco personalmente) la
accompagna in molte registrazioni...
Grazie ancora, e i migliori auguri per la
realizzazione dei suoi progetti!
mi
scuso per il ritardo nel rispondere, ma Lei ne capisce giustamente il
motivo, così come ha capito molte cose sulla realtà storica francese e
non solo.
Pensi
che ho trovato una breve "canzone" in italiano del signor Carpentiero
(Charpentier) studente a Roma!
Era
l'epoca in cui l'Italia era guida assoluta e quindi il modello da
imitare in tutti i vari campi artistici (e scientifici).
Purtroppo l'imbarbarimento non riguarda solo il povero Steffani ed altri
autori in vena di "riscoperta", ma anche autori che non sono una novità
dell'ultima ora, basti pensare a Monteverdi: in una lettera del 1967 Malipiero scriveva a Gianuario: "non voglio più occuparmi di Monteverdi,
ne hanno fatto scempio"...
Ciò che
è più grave non è la maniera di esecuzione di un dato autore, ma il
fatto che si è perso - come diceva Sallustio - la "significazione"
(preferisco questo termine) delle parole e quindi delle cose, insomma lo
stravolgimento totale del fatto artistico. Il "numero" apparentemente
ha un suo peso, ma nella realtà tutti i gruppuscoli si riducono ad uno,
visto che sono formati dagli stessi musicisti e cantanti e che tutti
eseguono tutto nella stessa maniera: corsa pazza per il
tempo "veloce" e lentezza da funerale di terza classe per il tempo "non
veloce".
In
questo momento storico di imbarbarimento, sempre più veloce ed evidente,
il problema è, se vogliamo salvare qualcosa della nostra civiltà
artistica, di creare una generazione di interpreti ad hoc: ciò riguarda
il campo strumentale ma soprattutto quello vocale legato alla nostra
lingua. È ciò per cui sto combattendo da tanti anni nell'indifferenza
generale, anzi in preda a tanti tentativi di "farmi fallire"....
Credo e
spero che, forse , finalmente adesso ci siamo. Desidero formare un
gruppo EUROPEO di vocalisti .
Per ciò
che concerne gli strumenti accludo un progetto (che metterà in crisi gli
addetti ai lavori) giunto in porto dopo alcuni anni di lavoro.
Dopo le
registrazioni saranno esposti in alcune capitali (Parigi e Milano per
cominciare).
Il
fatto è che la mistificazione della moda barocca, non solo è stata
"falsa" nel campo della vocalità, ma anche per ciò che riguarda gli
strumenti base , cioè gli strumenti ad arco (e non solo). Si è
mai chiesto cosa sono gli strumenti barocchi oggi? tutto fuorché
storici, visto che il "barocco" della MODA dura quattro secoli (sic) ed
i musicisti utilizzano lo stesso strumento per ben 4 secoli di musica.
La
saluto cordialmente
Per
alcune registrazioni ho usato qualche volta gli strumenti del Chinnery,
quando è impossibile trovare ed utilizzare gli originali restaurati....
TERZA SERIE
PRIMAVERA
SUB SPECIE AETERNITATIS
Gentile Nella Anfuso,
quella
dell’interessamento dello stato italiano è un’ottima notizia! Penso di
capire il suo stato d’animo, e le faccio i migliori auguri che la cosa
possa dar luogo ad una svolta concreta!
La ringrazio per gli
allegati, che mi permetto di passare ad amici che avrebbero l’ambizione
di coltivare la musica antica professionalmente... Il "combattimento" di
Monteverdi finalmente fatto come si deve? Splendido!
Anni fa ebbi la fortuna
di ascoltarla in concerto a Venezia, cantava mottetti di Monteverdi,
accompagnata all’organo, ai Frari. Indimenticabile! Ricordo che la sua
interpretazione mi parve ancor più "sentita" che nelle sue registrazioni
discografiche.
Se posso permettermi di
dare un suggerimento, trovo le note di alcuni suoi dischi un po’ carenti
di informazioni "minori" ma per me comunque interessanti. Ad esempio,
nel disco di Farinelli, non è dato sapere quali strumenti vengano usati
dall’orchestra. All’ascolto, mi pare di capire che si tratti di
strumenti simili a quelli usati per i mottetti di Vivaldi, ovvero
strumenti d’epoca, o loro copie, suonati con un fraseggio "storico" e
non secondo la "moda barocca" attualmente in voga. Però è una mia
supposizione. Queste informazioni aggiuntive potrebbero magari essere
fornite ora senza ulteriori costi in una pagina web.
Quanto lei lamenta a
proposito degli interpreti della musica antica mi suona assolutamente
familiare, benchè io non conosca quell’ambiente. Il punto è che nel mio
campo di interesse, la fisica teorica, è esattamente lo stesso. E non
parlo a livello italiano o europeo, ma mondiale: salvo rarissime
eccezioni di persone guarda caso lasciate ai margini della "grande
ricerca", tutti fanno più o meno le stesse cose, ripetono gli stessi
luoghi comuni, ovunque impera l’allineamento a "mode di pensiero",
presentate come tanto diverse l’una dall’altra ma in realtà molto
simili. Forse sono meccanismi insiti nella natura umana, e la pigrizia
mentale, unita ai tentativi di eliminazione di ciò che è scomodo a certi
interessi e potentati, si ritrova un po’ in tutti i campi...
Non so, comunque
prendiamo quel che di buono c’è le rare volte che arriva: oggi la buona
notizia è il suo invito a Palazzo Chigi. In ogni caso, riuscire a vivere
facendo ciò in cui si crede, senza dover scendere a compromessi, è già
di per sè una condizione invidiabile!
Quanto a Malipiero,
aveva dalla sua il fatto di essere un grande artista lui stesso, e
quindi era nella posizione migliore per capire le problematiche di
Monteverdi, in quanto probabilmente lui stesso era arrivato a
confrontarsi con problemi simili nel comporre musica. I bravi
compositori sono in genere molto interessati alla corretta
"significazione": su questo sono estremamente esigenti.
Mi scuso se ora rubo un
po’ del suo tempo per proporle alcune mie considerazioni al riguardo
dell’interpretazione alla tastiera.
Premesso che non sono
un esperto e quindi rischio qui di dire qualche stupidaggine, ritengo
che anche lì ci sarebbe da trarre insegnamento dall’antica scuola di
canto. Per esempio, io mi sono sempre stupito di fronte agli
innumerevoli passaggi (tecnicamente "passeggi") notati in semicrome,
presenti nella musica per tastiera del cinquecento - primo seicento, che
normalmente vengono eseguiti dagli interpreti dando grande sfoggio di
velocità, velocità che a me sembra impossibile ottenere adottando le
indicazioni di diteggiatura dei trattati antichi. Sempre in semicrome
sono notati, per esteso, anche ornamenti come trilli e groppi, di chiara
imitazione vocale. Gli interpreti normalmente tendono ad aumentare il
numero e la velocità dei battimenti rispetto a quanto notato sullo
spartito.
Ora, avendo ascoltato
le sue interpretazioni per esempio di Luzzaschi, mi vien da pensare che
il senso di quei passeggi e groppi non fosse necessariamente quello di
dare sfoggio di velocità, raggiungibile solo con tecniche moderne, con
le quali peraltro questi passi vengono appiattiti in cascate di note
tutte insignificantemente uguali, ma piuttosto quello di dar rilievo a
ogni singola nota, ognuna ben spiccata e distinta, "personalizzata", un
po’ come fa lei quando canta.
Insomma, magari dico
un’ovvietà, ma a me pare che Lei avrebbe molto da insegnare anche agli
interpreti della musica per tastiera, anch’essa a quel tempo
probabilmente (sicuramente?) modellata sull’esempio e ad imitazione di
quella vocale. E non intendo dire solo le toccate di Frescobaldi, il
quale (peraltro allievo di Luzzaschi) esplicitamente vi fa riferimento
nelle sue prefazioni ("Nelle Toccate quando si troverà alcuni trilli
overo passi affettuosi sonarli adagio", "non dee questo modo di sonare
stare soggetto a battuta, come veggiamo usarsi ne i Madrigali moderni,"
eccetera), e per il quale la cosa è nota, ma per conto mio questo vale
anche per la musica della "vecchia maniera" cinquecentesca, che a me
pare si differenzi dalla "nuova pratica" frescobaldiana più per una
questione di forma della composizione, tipo il carattere meno
"recitativo", che per una vera e propria diversa concezione
dell’interpretazione musicale e dell’effetto sonoro delle singole
figurazioni.
Viceversa, anche
antiche trascrizioni per tastiera possono aiutare ad evitare errori
nell’interpretazione vocale, di cui trovo a parer mio un eclatante
esempio in una nota registrazione discografica dell’Aci e Galatea di
Lully, nella famosa "chaconne de Galatee". Un’aria di ciaccona, per la
quale all’epoca Lulli venne criticato per aver scritto un pezzo troppo
nello stile italiano di Cavalli, e che lì viene preso molto veloce. Ora,
si dà il caso che D’Anglebert, testimone diretto delle rappresentazioni
lulliane, ne avesse fatto all’epoca una trascrizione per clavicembalo,
ricca di ornamenti la cui corretta esecuzione impedisce, sia per motivi
tecnici che estetici, di prendere il pezzo a velocità così elevata. Mi
sembra molto improbabile che D’Anglebert abbia deliberatamente
modificato il senso del brano imponendo una velocità diversa
dall’originale vocale, visto poi che in genere queste trascrizioni
servivano a permettere di "riascoltare" e diffondere in ambito domestico
le musiche preferite, come servono oggi i dischi. La velocità
appropriata alla tastiera corrisponde ad un tempo più moderato, simile a
quello delle Sue interpretazioni vocali, confermando le sue idee con una
precisione quale altrimenti solo una registrazione discografica d’epoca
avrebbe potuto fornirci! (Naturalmente, Lei giustamente penserà che
comunque anche tutto il resto di quella registrazione è inadeguato, ma
era tanto per focalizzare su un punto...).
Grazie ancora per
l’attenzione, e cordiali saluti!
mi
scuso per il ritardo di questa mia risposta, ma ho avuto molte cose da
fare... Concordo con Lei sui "tempi" dei barocchisti di oggi (ma
purtroppo ciò avviene anche nel repertorio di secoli più vicini a
noi...). Il problema, come Lei accenna, è il fatto che nei secoli
passati il modello per eccellenza era quello vocale la cui finalità era
, anche - e soprattutto - in esecuzioni virtuosistiche, l'
"espressione".
Una
volta persa la conoscenza della respirazione "naturale", che ha suoi
tempi ben definiti (il discorso sarebbe lungo), si fa qualsiasi cosa,
come un treno uscito dai binari (l'esempio della chaconne è quasi
incredibile tanto è grave)...senza dimenticare la finalità di "successo
esecutivo" (per il pubblico ignorante di oggi) da parte dell'esecutore
(spesso solo pieno di sé...). Aggiunga l'ignoranza sulla esecuzione
"vera" della musica polifonica e delle regole d'epoca del contrappunto e
capirà meglio la situazione.
Il
musicista antico era vocalista e strumentista contemporaneamente - come
formazione - poi si dedicava ad un aspetto esecutivo più tosto che ad un
altro, ma seguiva sempre lo strumento primario per eccellenza: il canto
(antico) . Ad esempio: da decenni ho approfondito il mondo delle
"diminuzioni" o "passaggi" (il fondamento del mio studio tecnico
giornaliero...) e vorrei registrare alcuni madrigali (e mottetti)
"passeggiati". Come per la tastiera antica e le diteggiature, le
diminuzioni indicano chiaramente che la esecuzione secondo la scrittura
primigenia fosse piuttosto lenta (del resto basta pensare al vestiario
per capire "i tempi" normali del portamento della figura ed i tempi di
spostamento...). Gli autori dell'epoca lamentavano che, esagerando con i
passaggi, anche la musica triste diventava allegra...
Per le
notizie sugli strumenti di ensembles in alcune mie registrazioni
settecentesche Lei ha ben dedotto. Il discorso del "fraseggio" riguarda
il concetto fondamentale della "imitazione della voce umana": a tutti
gli strumentisti chiedo sempre di imitare il mio canto e ricordo la "archata
soave" ed il "lireggiare affettuoso" (cioé virtuoso) di cui parla
Rognoni. Sempre più spesso è molto faticoso perché la forma
mentale odierna è altra.
Le
auguro ogni bene e buone vacanze.
Cordialità
TERZA SERIE
ESTATE
SUB SPECIE AETERNITATIS
Gentilissima Nella Anfuso,
la ringrazio ancora di cuore per le sue risposte. Ogni volta che La
leggo o ascolto, mi rendo conto sempre più dell’abisso che intercorre
tra la profondità del Suo approccio alla musica antica, e la
superficialità di chi segue le mode correnti, e di quanto ci sarebbe da
fare per riportare le cose entro i giusti binari. Io posso solo cercar
di contribuire alla causa facendo conoscere il suo pensiero e la sua
opera alle persone che conosco. Ora non voglio portarle via altro tempo:
è stata fin troppo gentile e paziente con me.
Auguro anche a Lei buone vacanze, e le migliori forze per mettere in
atto tutti i progetti che la attendono!
Signora, sono Gemma, vivo in Ticino. Ho ascoltato alla
radio un brano di virtuosità che mi ha veramente
colpito. Sono stata cantante, da giovane, soprano
leggero. Vorrei sapere come fa quei trilli e le
velocissime note tecnicamente; può darmi la ricetta per
gli allievi?
Ringrazio per la gioia che mi ha fatto provare. Comprerò i
suoi dischi…
Gemma Anastasi (CH)
Risposta
Gent.ma Signora Anastasi,
mi scuso per il ritardo di questa risposta, ma ho avuto un
periodo molto intenso professionalmente.
Penso che per “note velocissime” Lei si riferisca a ciò che
gli antichi italiani, da sempre, documentatamente dal
secolo XV (Quattrocento) agli inizi del XIX (primo
Ottocento), chiamavano “Passaggi”. Per gli
Antichi , sia vocalisti che strumentisti (cfr.
Frescobaldi), la virtuosità era caratterizzata dalla
pronuncia di ogni nota, pronuncia che
chiamano anche SPICCATO.
Naturalmente ciò era possibile poiché la emissione della
grande scuola italiana si basava sulla totale e
perfetta Fusione dei due registri naturali.
Senza tali requisiti non è possibile “spiccare” le
note superveloci! Ciò è ben spiegato da tutti i teorici
e pratici durante 5 secoli, ma anche da Claudio
Monteverdi ad esempio, quando parla in una sua lettera
di un cantore non degno di considerazione perché non
esegue la virtuosità“et soave et spiccata, et
è la più naturale”. Ecco perché oggi non ci sono più
veri cantanti virtuosi.
Per ulteriori informazioni potrà contattare la segreteria ,
Buon lavoro
Carissima
Signora NELLA
Sono una tua
fan sfegatata. Ho letto il tuo libro “L’età d’oro del
Canto” e finalmente ho capito ciò che tu sola oggi
possiedi come i grandi cantori del “passato”, cioè “il
PORTAR LA VOCE”. Che meraviglia il “legato” e la
“emissione” purissima e facilissima, senza parlare
della dolcezza e nobiltà della emissione. È tutto
merito della specifica“corretta” respirazione, come mi
sembra capire! Ti preghiamo, continua, nella tua opera
di far conoscere il vero canto italiano.
Ti seguiamo
sulla rivista MUSICA: i tuoi fans ogni giorno aumentano
in continuazione.