MESSAGGIO DEL PRESIDENTE DELLA
REPUBBLICA GIORGIO NAPOLITANO IN OCCASIONE DELLA PRESENTAZIONE
DEL LIBRO CON CD DI NELLA ANFUSO AL TEATRO ALLA SCALA IL
GIORNO 14 SETTEMBRE 2009
Relatore Prof. Bruno PINCHARD
DOTT.SSA NELLA ANFUSO
FONDAZIONE CENTRO STUDI RINASCIMENTO MUSICALE
VILLA MEDICEA ''LA FERDINANDA"
59015 ARTIMINO
IN OCCASIONE DELLA MANIFESTAZIONE PROMOSSA DALLA "FONDAZIONE CENTRO
STUDI RINASCIMENTO MUSICALE" PER LA PRESENTAZIONE DELLA
PUBBLICAZIONE "ORFEO, UNA GIUSTA PREGHIERA", IL PRESIDENTE DELLA
REPUBBLICA ESPRIME IL SUO AUGURIO PER LA MIGLIORE RIUSCITA
DELL'EVENTO, CHE COSTITUISCE UN'ULTERIORE SIGNIFICATIVA TAPPA DI UNA
LUNGA ATTIVITÀ
DELLA
FONDAZIONE DI APPROFONDIMENTO E RICERCA IN CAMPO ARTISTICO E
FILOSOFICO.
A LEI, GENTILE DOTTORESSA, E A QUANTI PARTECIPANO ALLA VITA
CULTURALE DEL CENTRO STUDI GIUNGA IL CORDIALE SALUTO DEL PRESIDENTE
NAPOLITANO, CUI UNISCO IL MIO PERSONALE.
DONATO MARRA
SEGRETARIO GENERALE PRESIDENZA REPUBBLICA
MITTENTE:
SEGRETARIATO GENERALE PRESIDENZA REPUBBLICA
PALAZZO DEL QUIRINALE
PIAZZA DEL QUIRINALE
00187 ROMA
Fondazione Centro Studi Rinascimento
Musicale
Museo "Annibale Gianuario",
Artimino
Ecole Doctorale de Philosophie -
Universités Lyon 3, Grenoble 2
La S.V. è
cortesemente invitata, Lunedì 14 Settembre 2009 alle ore 17.00,
Foyer del Teatro alla Scala di Milano, alla presentazione del Libro
e CD di Nella Anfuso
Lectio Magistralis
Claudio Monteverdi
Orfeo "...una giusta
preghiera..."
a cura di
Bruno Pinchard - Universités Lyon 3, Grenoble 2
La presente pubblicazione mette in
risalto un fenomeno filosofico e creativo che ha visto la luce
in Italia durante la Rinascenza, fenomeno esclusivamente
italiano nel panorama della civiltà occidentale.
Di breve durata, il Platonismo
Musicale ha costituito un filone che ha la sua alba nel XV
secolo e vede il suo tramonto sul finire del XVI secolo, con
l’ultima generazione che si protrae sino ai primi decenni del
Seicento.
Misconosciuto e mal compreso, è
stato riscoperto nella seconda metà del secolo scorso
soprattutto ad opera di un musicista, musicologo e studioso di
ampio respiro, cioè Annibale Gianuario, seguìto da una
schiera di giovani studiosi di vari paesi europei, in special
modo francesi, che ne continuano l’opera e ne tramandano il
messaggio.
Nella Anfuso
(collaboratrice fra l’altro del Prof. Gianuario), la quale ha
svelato e fatto conoscere il Platonismo Vocale, illustra
con una eccezionale mole di documenti storici, sia estetici che
tecnici, la realizzazione pratica di una pagina emblematica
dell’Orfeo monteverdiano: la “giusta preghiera”. La
Anfuso non solo svela il vero significato delle due versioni,
ma anche ne offre una interpretazione magistrale. Il CD accluso
alla pubblicazione contiene un’altra primizia: l’esecuzione di
due madrigali di Francesco Rasi (all’epoca i Cantori
erano musicisti completi e quindi anche compositori), primo
interprete del ruolo di Orfeo, a Mantova.
Questo “Possente spirto”
emerge come exemplum finalmente autentico, mai
udito fino ad oggi, un esempio che dovrà essere il
modello per una interpretazione del canto monteverdiano
finalmente rispettosa dei desiderata del Divino Claudio.
This volume wishes
to present and give relevance to a philosophical and artistic
trend which flourished in Italy during the Renaissance, an
exclusively Italian phenomenon in Western civilization.
We are referring
to Platonism in music: it had a brief existence, its dawn in the
XV century to last till the end of the XVI, with the last
generation at the beginning of the XVII.
Almost completely
ignored and often misunderstood, it was rediscovered in the
second half of the last century mainly by Annibale Gianuario,
musician, musicologist and scholar whose wide-ranging research
is being carried on by a number of young scholars, especially in
France.
Nella Anfuso,
herself a collaborator of professor Gianuario, has substantially
contributed to reveal and make known the phenomenon of Platonism
in music. Drawing from a wealth of historical documents which
belong to the tradition of aesthetics as well as to the area of
technical writings, Anfuso chooses to present an emblematic
piece by Monteverdi: the “giusta preghiera”. Not only
does this volume reveal the true significance of the two
versions but offers an unparalleled interpretation. The CD
herewith enclosed presents another absolute novelty: the
performance of two madrigals by Francesco Rasi (at the time the
Cantori were composers as well as singers), first
interpreter of Orfeo in Mantua.
This “Possente
spirto” emerges as an exemplum: an authentic, unheard
example that will have to be the model for any future
interpretation of Monteverdian singing which wishes to do
justice to the legacy of the Divine Claudio.
In occasione di
una ennesima edizione moderna, alla Scala, dell’Orfeo
monteverdiano, in attesa che l’Italia le dia la
possibilità di divulgare la autentica e plurisecolare
Scuola italiana di Canto (come sarebbe imprescindibile dovere,
per una nazione, cioè mantenere in vita un patrimonio non
soltanto fragile poiché immateriale ma anche per lo stretto
legame connesso alla lingua, specchio della propria identità)
formando una schiera di giovani interpreti, senza cui è vano
desiderio credere di realizzare il “parlar cantando” del
divino Claudio, Nella Anfuso offre la possibilità
di conoscere e gustare, finalmente, “la gorgia soave et
spiccata, et è la più naturale” della “giusta
preghiera” di Orfeo (Lettera del 24 Luglio 1627 ad
Alessandro Striggio).
La cantatrice, le
cui interpretazioni monteverdiane costituiscono la reference
a livello mondiale (cfr. i CDs “Parlar Cantando I” e “Parlar
Cantando II”), realizza le due versioni di
“Possente spirto” svelando di ognuna di esse le precipue
caratteristiche estetiche e tecniche.
La versione A,
considerata fino ad oggi un canovaccio e quindi mai eseguita, si
rivela essere invece la più pregnante, una preghiera
“spondaica” in puro spirito ellenico, di una pienezza
espressiva inaudita in quanto eseguita dalla Anfuso secondo gli
“effetti”tecnico-espressivi rivoluzionari
cacciniani: Francesco Rasi (Tenore e Basso contemporaneamente,
come la scuola vocale del tempo prevedeva), il primo interprete
di Orfeo, in Mantova, era allievo di Giulio Caccini, maestro
insigne riconosciuto in tutta Europa.
La versione B,
oggetto fino ad oggi di parodia continua, finalmente
rivive con la Anfuso come “canto incantatore”,
essendo la grande cantatrice italiana l’unica, oggi, che riesca
a commuovere con “la gorgia soave et spiccata”, in cui
trilli e passaggi, magnificamente “spiccati”,
acquistano, finalmente, un significato ed un valore altamente
patetici.
In the occasion
of yet another contemporary performance of Monteverdi’s
Orfeo at the Teatro alla Scala, while waiting for Italy
to give her the chance to spread the authentic and
longstanding Italian School of Singing, Nella Anfuso
offers the possibility to discover and enjoy “la gorgia soave
et spiccata, et è la più naturale” (the suave spiccato
virtuosism, the most natural) of the “giusta preghiera”
(proper prayer) of Orfeo. (Letter to Alessandro Striggio 24th
July 1627). Anfuso believes that it is a must for Italy to
revive and promote this glorious heritage, endangered because of
its immateriality but precious also for its connection with the
history of the language as mirror for the establishment of a
national identity. Anfuso also deems it necessary to train
a new generation of young interpreters, without whom it would a
vain pursuit to try and achieve the “parlar cantando” (to
speak singing) of the Divine Claudio.
The cantatrice,
whose Monteverdian repertoire is nowadays the internationally
recognized authority (cfr. the two CDs Parlar Cantando
I and Parlar Cantando II), interprets the two
versions of “Possente Spirto”, revealing, in each
interpretation, the peculiar aesthetic and technical features.
Version A,
until today considered an early draft and therefore never
performed, emerges as the most significant, a “spondaic”
prayer, in pure Hellenic style. Anfuso’s interpretation reaches
here a novel expressivity as she performs it according to the “effetti”,
the revolutionary technical and expressive solutions,
introduced by Caccini: Francesco Rasi (both Tenor and Bass as it
was typical at the time), first interpreter of the Orfeo
in Mantua, was himself a disciple of Giulio Caccini, illustrious
teacher renown all over Europe.
Version B,
which has been so far the object of constant parody, is
finally brought back to life by Anfuso as “canto
incantatore” (“enchanting chant”). Anfuso is the only
interpreter who is actually able to move with “la gorgia
soave et spiccata”, where the trills and passages,
beautifully “spiccati” finally acquire a highly pathetic
significance.
Mais connaît-on vraiment Monteverdi? Lorsqu’il fut redécouvert,
on fut séduit par ce qu’on croyait être ses étrangetés, et l’on
chercha surtout à les accorder à la sensibilité du moment, qui
n’était pas encore tout à fait dégagée des effusions du
romantisme, sans toujours en pénétrer l’esprit. Celui-ci
pourtant avait été clairement défini, et cela par Monteverdi lui
- même. Il explique et justifie l’étonnement admiratif du P.
Mersenne percevant le feu intérieur qui semblait dévorer la
musique italienne de son temps à travers la conception
humaniste, toute nouvelle alors, du Parlar cantando.
Seule le pouvait la découverte de l’art vocal des maîtres
d’Italie, qui allait bientôt conquérir l’Europe.
Nella Anfuso est depuis des années l’infatigable propagandiste
d’un art perdu qu’elle a su ressusciter. Une telle entreprise
demandait des qualités exceptionnelles rarement réunies en un
même personne.
Au
XI siècle Guide d’Arezzo se plaignait de la distance qui
séparait, disait-il, le cantor et le musicus.
Nella Anfuso nous démontre qu’un artiste peut être aussi un
musicus. Car surtout la musique qu’elle fait revivre par son
talent nous conquiert et nous émeut.
Sa
grande science et son immense talent nous on fait découvrir un
Art vocal qu’on croyait perdu à jamais.
Jacques Chailley
Professeur Emérite de la Sorbonne
Do we
really know Monteverdi? Since the day it was rediscovered,
musicologists have been seduced by what were considered his
peculiarities, and have tried to mould them into the
contemporary sensibility, mostly still influenced by the
effusions of romanticism, without a chance to really penetrate
the authentic spirit of his work. Spirit which had however been
clearly defined by Monteverdi himself. He explains and justifies the
admiration and amazement felt by P. Mersenne, when he perceived
the inner fire which seemingly devoured Italian music, by
evoking the humanistic idea, totally new at the time, of
parlar cantando. This could only be achieved through the
discovery of the powerful vocal art of the Italian masters,
which was soon going to conquer Europe.
Nella anfuso
has been for years the untiring advocate of a lost art that she
has successfully brought back to life. Such a demanding task
requires exceptional qualities so rarely to be found in the same
person.
In the XI
century Guido d’Arezzo complained about the distance which
separated the cantor and the musicus.
Nella Anfuso
has shown that an artist can be a musicus as well.
Because the music that Anfuso has managed to renew with her
talent, conquers and moves us.
Her great
knowledge and artistry and her immense talent help us discover a
Vocal Art which we believed lost forever.
Jacques
Chailley
Professeur
Emérite de la Sorbonne
Le retour
d’Eurydice
PREFACE
par Bruno
Pinchard
Nella Anfuso a
voué sa vie à une vocation simple : transmettre l’art du chant.
Encore faut-il se mettre d’accord sur ce que l’on appelle chant.
On ne compte plus le nombre de cantatrices qui, à l’issue d’une
carrière qu’on espère glorieuse, ont voulu se mettre au service
de leur art en formant des élèves. Mais que savent ces
cantatrices que ne savaient leur maître et leurs émules ? Nella
Anfuso a refusé de faire croire que l’art du chant ne se
transmettait que comme une suite de recettes de métier au
service d’un beau talent. Nella Anfuso a prétendu transformer le
chant qui lui avait été transmis pour le rendre, après elle,
plus lumineux, plus pur, plus savant qu’elle ne l’avait reçu.
Ainsi cette chanteuse s’est faite philologue et s’est donné les
moyens de remonter aux origines de l’art du chant de la
tradition italienne.
Sur ce chemin de
haute remémoration, une surprise l’attendait. Voici qu’un maître
venu d’autres expériences et d’autres combats allait lui
enseigner un art de chanter si fidèle à une idée antique de
l’art qu’il lui faudrait redéfinir tous les repères admis,
toutes les habitudes acquises, toutes les valeurs reconnues. Ce
maître, violoniste, chef de chœur, philologue et ami des
meilleurs musicologues de son temps, et d’abord de Malipiero
l’éditeur de Monteverdi, s’appelait Annibale Gianuario. Nous
sommes au Conservatoire de Florence dans les années 70 et une
révolution va se produire dont nous sommes encore les témoins
étonnés. Sous l’action d’Annibale Gianuario, Nella Anfuso va
tenter une remontée vers les mystères de la tradition vocale qui
conduit aux plus grands moments de la culture humaniste. Elle
donnera alors un témoignage au monde qui a valeur, désormais,
d’exemple.
Annibale
Gianuario partait d’un fait évident qui avait pourtant du mal à
trouver son public : l’art de chanter à l’époque humaniste
n’avait que peu à voir avec les prouesses du chant scénique de
l’opéra, de l’opéra vénitien des origines comme de l’opéra
vériste qui triomphait alors sur les scènes du monde entier au
nom de la tradition italienne. Car Italie dans le chant a
d’abord signifié, au-delà d’une musicalité naturelle liée à la
chanson populaire du sud, canzone et frottole, la poursuite
d’une célébration de la parole dont l’art oratoire latin avait
été la première codification. Le « cantus obscurior » que
Cicéron décelait dans la langue soumise aux règles de la
rhétorique était la véritable mesure d’une expérience de la
parole héritière des mélopées des devins et devenue l’instrument
de la persuasion des individus et des peuples.
Cette dimension à
la fois humaine et politique de la parole a été au centre des
enquêtes que la Renaissance a entreprise, dès l’époque du De
vulgari eloquentia de Dante, jusqu’aux tentatives les plus
hardies de Claudio Monteverdi. C’est à Florence que la
reconstitution d’un chant humaniste a été d’abord tentée, autour
de la justement célèbre Camerata di Bardi, jusqu’à ce que
Monteverdi dégage une forme proprement artistique de ces essais
qui auraient pu rester confinés dans une dimension purement
archéologique. Il s’appuya dans sa conquête sur la lumière du
platonisme qui avait inspiré ses prédécesseurs de Florence
contemporains de la Renaissance par Marsile Ficin du platonisme
hermétique. Conscient qu’un monde opératique était en train de
naître, il a voulu une dernière fois dégager la spécificité d’un
parler en chantant capable d’émouvoir les auditeurs comme le
racontaient les récits merveilleux des Anciens. C’est ainsi
qu’il a fondé sa musique à partir de l’opposition célèbre entre
le cantar parlando, matrice des opéras futurs, et le
parlar cantando, fine pointe des idéaux de la parole
humaniste.
Nella Anfuso
s’est vouée à l’étude, la reconstitution, la diffusion et la
transmission du Parlar Cantando de Claudio Monteverdi, tel qu’Annibale
Gianuario en avait reformulé l’idée après guerre. Pour être
complète, l’évocation de cette lignée devrait d’ailleurs montrer
sa dette à l’égard des spéculations de Gabriele d’Annunzio sur
la capacité de l’humanisme musical de Venise à répondre aux
splendeurs de l’art de Wagner. Il reste que nous sommes
aujourd’hui, grâce à cette école, devant un corpus philologique
exemplaire, un explicitation théorique approfondie et une
discographie abondante qui est sans exemple dans ce que l’on
appelle peut-être un peu vite la renaissance du « baroque ». Car
quel baroquisme faut-il déchiffrer dans cet idéal de la
parole amplifiée par les inflexions de la voix au service d’un
idéal classique de la communication humaine ? S’il fallait
fédérer ce mouvement autour d’un mot, il serait plus juste de le
rassembler dans un nom propre, celui d’Orphée, et dans un mythe,
l’orphisme, cet orphisme qu’au même moment le grand philologue
Giorgio Colli sut explorer dans ses racines par son édition des
fragments des présocratiques, la Sapienza greca.
Avec le Parlar
cantando, une civilisation se penche sur des états
antérieurs de parole, sur la toute-puissance d’une parole
archaïque capable de faire résonner les harmoniques des
sentiments humains et de les faire entrer dans la tâche
d’édifier la cité. Nella Anfuso est devenue l’Eurydice heureuse
de cet orphisme-là et c’est une bonne nouvelle pour tous ses
fidèles que cette femme aux talents multiples ait pris le soin
de rassembler en un livre unique et un exposé coordonné toutes
les dimensions de sa connaissance du chant. Nous ne pouvons plus
que formuler un vœu, que de cette œuvre commune qui a réuni les
recherches d’Annibale Gianuario et l’art de Nella Anfuso naisse
l’inspiration de talents nouveaux qui, à l’instar de Claudio
Monteverdi, transforme le savoir acquis en la pure aurore d’un
chant nouveau. Mais ce serait alors plus qu’une nouvelle heure
de la musique universelle, ce serait, comment le nommer
autrement, le lever d’un nouveau soleil après le déclin du
précédent et l’entrée dans un nouvel âge de la lumière.
Bruno Pinchard est
professeur de philosophie à l’Université de Lyon, spécialiste
de la Renaissance. Il a participé dès les années 80 aux
rencontres organisées par Annibale Gianuario et Nella Anfuso au
Centro Studi musica Rinascimentale, et a soutenu en 1982
sous la direction de Louis Marin, à l’Ecole Pratiques en
Sciences sociales de Paris, une thèse sur la dimension
philosophique du Parlar cantando : L’Orphée moderne.
NELLA ANFUSO
LECTIO MAGISTRALIS
ORFEO
“...una giusta preghiera…”
INTRODUZIONE
“Mosse l’Arianna per
essere donna, et mosse parimente Orfeo per essere homo et non
vento (….). L’Arianna mi porta ad un giusto lamento, et l’Orfeo
ad una giusta preghiera (…) Che se fosse cosa questa che ben
desse ad un sol fine, come Arianna et l’Orfeo ben si ci vorebbe
anco una sola mano, cioè che tendesse al parlar cantando, et non
come questa al cantar parlando”
(Lettera di Monteverdi, da Venetia 9 dicembre 1616).
Per poter oggi, nel terzo
millennio, comprendere nella sua realtà e verità
Claudio Monteverdi è fondamentale parlare il linguaggio
significativo e sonoro del suo tempo.
In caso contrario ci ritroveremo
a dire e fare dei falsistorici mostruosi come è
avvenuto ed avviene oggi.
Un esempio: Fabula
La presentazione pubblicitaria da
parte del Teatro alla Scala, in occasione del solito
ennesimo spettacolo previsto per il Settembre 2009, definisce
l’Orfeo monteverdiano “fiaba pastorale”.
Questa erronea traduzione
moderna-contemporanea del termine latino pone la questione della
validità della “operazione Monteverdi” agli inizi del
terzo millennio.
Un minimo di conoscenza del mondo
classico e rinascimentale avrebbe fatto ricordare, ad esempio,
l’espressione “fabulam dicere”, espressione indicante una
“azione rappresentata”: tragedia, commedia etc.
Per chi volesse saperne di più su
questa ed altre amenità che circolano a proposito delle
terminologie antiche, mistificate modernamente, si consiglia di
leggere gli scritti di Annibale Gianuario, fra cui:
a)L’estetica
di Claudio Monteverdi attraverso quattro sue lettere
(Prefazione di Jacques Chailley-Sorbonne). Edizione Fond. CSRM
1993
b)Preparazione
alla interpretazione della Poiesis monteverdiana (in
collaborazione con Nella Anfuso). Edizione CSRM - OTOS 1971
c)Modalità e realtà
fonetica nel “Lamento d’Arianna” di Claudio Monteverdi
(Prefazione di Nella Anfuso). Edizione Fond. CSRM 1999
Negli annali della moderna
musicologia che si occupa dei generi musicali, la
prima Opera vera è stata considerata, in genere, la
Incoronazione di Poppea (puntando sulla novità del
“suggietto” storico, una novità rispetto al mito e alla
pastorale precedenti: ecco perché la vecchia primogenitura della
Euridice del Peri è stata contestata), Incoronazione
di Poppea di paternità incerta ed attribuita
convenzionalmente a Monteverdi.
Circa la presunta paternità
monteverdiana della “prima vera opera” della storia (Incoronazione
di Poppea), invito il lettore a leggere gli scritti
dell’insigne Annibale Gianuario che affronta il problema in
profondità e nelle sue più diverse sfaccettature (cfr. A.
Gianuario, L’Incoronazione di Poppea è di Claudio
Monteverdi?, Edizione Fond. CSRM 1991).
Da parte mia faccio rilevare
l’assurdità di una comunanza artistica fra due concezioni
estetiche agli antipodi: Monteverdi, nella sua Seconda
Pratica, realizza l’unicità poesia - musica facendo
derivare il linguaggio musicale da quello poetico, coloro che
verranno nei secoli seguenti sottometteranno il linguaggio
letterario a quello musicale, pur in modi diversamente
considerati.
Subito dopo il 2000 della nostra
era, non si sa per quale motivo (in realtà la motivazione è il
business stagnante dopo l’exploit della early music
internazionale), la corona è passata all’Orfeo monteverdiano la
cui prima rappresentazione, guarda caso, era avvenuta nel 1607!
Per correttezza devo segnalare
che negli ultimissimi tempi, da parte di buontemponi speculatori
(il mondo della early music sembra essere una Borsa SPA) viene
contrapposto, come prima opera lirica (sic), l’Orfeo del
Poliziano “inventando” musiche di pura fantasia; ma, si sa, il
nostro tempo esige il “farsi notare” a tutti i costi!
La presente realizzazione
vocale della preghiera di Orfeo è una decisione scaturita
dalla constatazione della continua messa in ridicolo,da parte di tutti gli esecutori, di un canto, “Possente
spirto”, che costituisce, dal punto di vista dello
svolgimento drammatico (in senso antico, cioè greco) il
culmine massimo di tutta la rappresentazione monteverdiana.
Disperando, visto il
momento storico, che si prolungherà nel tempo, di poter
formare vocalmente un autentico Orfeo con “la gorgia
et soave et spiccata, et è la più naturale”, come scrive
Monteverdi, ho deciso di registrare il presente exemplum
(cfr. CD accluso) per lasciarlo come testamentumtecnico ed espressivo “ad perpetuam rei
memoriam”.
NELLA ANFUSO
LECTIO MAGISTRALIS
ORFEO
“...una giusta preghiera…”
INTRODUCTION
“Mosse l’Arianna per essere donna, et mosse
parimente Orfeo per essere homo et non vento (…) L’Arianna mi
porta ad un giusto lamento, et l’Orfeo ad una giusta preghiera
(…) Che se fosse cosa questa che ben desse ad un sol fine, come
Arianna et l’Orfeo, ben ci vorrebbe anco una sola mano, cioè che
tendesse al parlar cantando, et non come questa al cantar
parlando” (lettera di Monteverdi, da
Venetia 9 dicembre 1616).
“Arianna moved was for being
woman, and Orfeo alike, for being man and not wind (…) Arianna
inspires me a proper lament, and Orfeo a proper prayer (…). Were
it then something which strives towards a single goal, as
Arianna and Orfeo, then a single hand would be required, that
which aims at parlar cantando and not, such as this is,
at cantar parlando” (letter by Monteverdi, from Venice, 9th
December 1616)
At the eve of the third
millennium, in order to fully understand the truth and
essence of Claudio Monteverdi’s art, it is fundamental to
speak and comprehend his musical language as well as the more
general linguistic code of his times. We shall otherwise
continue to perpetuate monstrous historical fakes as it
has happened in the past and is still happening today.
To give an example: Fabula.
The press agency of the
Teatro alla Scala, in the occasion yet again of a new
performance in September 2009, defines Monteverdi’s Orfeo
a “pastoral fairy tale”.
This incorrect
modern-contemporary translation of the Latin term, somehow
raises doubts regarding the value of this new “Monteverdian
enterprise” of the Teatro alla Scala at the beginning of the
third millennium.
Even a basic knowledge of
classical and Renaissance culture would have been enough to
recall that the expression “fabulam dicere” actually
means a “represented action”: tragedy, comedy, etc.
Should one desire to find out
more about such rather amusing betrayals of classical
terminology, I would recommend the writings of Annibale
Gianuario, amongst which:
a)L’estetica
di Claudio Monteverdi attraverso quattro sue lettere
(Claudio
Monteverdi’s aesthetics through four of his letters)
(Foreword by Jacques Chailley-Sorbonne).
b)Preparazione
alla interpretazione della Poiesis monteverdiana
(Preparation
to the interpretation of Monteverdian Poiesis) (in collaboration with
Nella Anfuso).
c)Modalità e
realtà fonetica nel “Lamento d’Arianna” (Modality and phonetics
in Claudio Monteverdi’s “Lamento d’Arianna”).
In the annals of the modern
musicology which deals with musical genres, we read that the
first real Opera is the Incoronazione di Poppea,
underlying the novelty of its historical “suggietto”
(theme, plot) which does not draw from classical mythology or
from the tradition of the pastorale. And this is the
reason why the right of primogeniture of the Euridice
by Peri has been disputed. The author of the Incoronazione
has not been ascertained and the work is therefore
conventionally attributed to Monteverdi.
As to considering Monteverdi
the father of the “first real Opera” in music history (Incoronazione
di Poppea), I would once again recommend the reading of
illustrious professor Annibale Gianuario who discusses the
question in depth and from several different points of view.
As far as I am concerned I
wish to underline the absurdity of establishing a parallel
between two diametrically opposite aesthetic conceptions:
Monteverdi privileges poetic language over musical language,
those who will come in the following three centuries will do the
opposite, even if with different modalities.
Immediately after the year
2000, the primacy has, for no apparent reason, been assigned to
the Orfeo, by the better known Monteverdi, its first
performance having taken place in 1607! (the real motivation can
actually be understood if one thinks about the needs of a music
business stagnant after the International Early Music revival).
In fairness, I
must here also remind the reader of another mystification. Some
fun-loving business-minded speculators (the Early Music
community having become an Ltd), have started considering the
Orfeo by Poliziano the first real “Opera lirica”
[1]with the addition of purely made-up music. Nowadays
anything goes as long as one gets the momentary attention
of the public!
[1]
“Opera lirica”, is a fairly recent, redundant and
incorrect Italian term to refer to Opera itself.
IL PLATONISMO MUSICALE
“Fra le parole che sono in musica e quelle
semplicemente parlate non vi è differenza” (Platone, Repubblica,
Libro III, 386-403c)
Nell’Italia umanistica del XV secolo si assiste
ad un movimento unico nel suo genere che è rimasto sconosciuto,
o meglio completamente frainteso, da parte di superficiali
addetti ai lavori di una disciplina piuttosto giovane, cioè la
musicologia. È il movimento che abbiamo definito
Platonismo musicale.
In Italia alcuni spiriti eletti, nel corso del XV
e XVI sec., sia in campo poetico che musicale,
storico-estetico e pratico, affrontano il problema
del rapporto fra linguaggio letterario e linguaggio musicale. È
una problematica che si protrae fino ai primi decenni del XVII
sec. e si esaurisce con la generazione nata negli ultimi decenni
del Cinquecento.
I rinnovati studi della civiltà greca,
soprattutto dopo la caduta di Costantinopoli nella metà del
Quattrocento che vede l’Italia accogliere i dotti bizantini e
salvare un patrimonio con una vera e propria translatio
in terra italica, permettono una conoscenza più profonda della
filosofia antica e quindi la scoperta di Platone, oggetto di un
vero culto.
Nel campo letterario la retorica antica diventa
il modello insuperato per perfezionare la lingua volgare. Nel
campo dell’arte musicale, che nei suddetti secoli privilegia la
voce umana e quindi la parola, la ricerca si incentra sulle
varie possibilità di rapporto fra la parola e la musica per
realizzare il mito della perfetta
unicità parola-musica.
È un traguardo a cui tendono molti, portando
ognuno il proprio contributo nei vari centri artistici italiani,
ma che è raggiunto da pochi eletti, con gradazioni
sottilmente diverse. Il mito della parola, già musica, che
costituisce storicamente un vero “filone” estetico, è legato ad
una conoscenza troppo raffinata per essere alla portata di
musicisti comuni. Lo dimostra Emilio de’ Cavalieri che inventa
il termine “recitar cantando” per la sua “Rappresentazione”
romana del 1600 senza alcuna cognizione dell’estetica
platonica…! e lo dimostrano tanti altri suoi contemporanei, come
Marco da Gagliano che imitano la forma (rappresentazione
scenica) senza conoscerne completamente lo spirito
(idea estetica).
È da considerare in primis che l’unicità
poetico-musicale non concerne esclusivamente la musica scenica
poiché l’ideale estetico del platonismo, che Monteverdi denomina
di Seconda Pratica, è sempre operante: un esempio
straordinario è dato dal divino Claudio medesimo che definisce
in genere rappresentativo le sue due mirabili Lettere
Amorose (poesia lirica), pubblicate nel 1623
unitamente alla grandiosa scena di “Arianna”.
Il Platonismo musicale, questo miracolo che ha
illuminato le menti più sensibili di alcuni intellettuali ed
artisti, è rimasto sommerso dalla superficialità di storici che
hanno voluto dare, per vari motivi, nobili antenati ad un genere
che è puramente spettacolo, cioè l’Opera, una congerie di
elementi senza particolare significato.
Annibale Gianuario è stato lo studioso che per
primo ha cercato di sviscerare in profondità (agli inizi del
1960) il platonismo in ambito poetico-musicale,
unitamente a giovanissimi ricercatori come il francese Bruno
Pinchard per l’aspetto filosofico e Nella Anfuso per ciò che
concerne la Vocalità. Il Pinchard ha dedicato la sua Tesi di
Stato “L’Orphée moderne-Première époque (1512-1628)” ad
Annibale Gianuario, suo “Socrate musicien”.
Oggi, dopo quasi mezzo secolo dall’iniziativa del
professore Gianuario, è chiaro quanto sia nuovo e
storicamente importante prendere coscienza del platonismo
musicale che è vera gloria dell’Italia.
Quindi vogliamo qui dare voce a quegli spiriti
eletti che hanno segnato la storia poetico-musicale
dell’intera civiltà d’Occidente nel nome di Platone.
MUSICAL PLATONISM
“And
as for the words, there surely be no difference between words
which are and which are not set to music” (Plato,
The Republic, Book III, 386-403 c)
In XV
century Renaissance Italy, there emerges an unique artistic
trend that has remained undiscovered or completely misunderstood
by the less than scrupulous scholars of musicology (a r).
We have defined this
movement as Musical Platonism.
It is in
Italy that, during the XV and XVI century, a sophisticated élite
of intellectuals have put their minds to investigate the
relationship between literary language and musical language.
They have done
so by addressing the problem from a musical, an
historical/theoretical as well as from a practical point of
view. At the beginning of the XVII century, with the generation
born in the last decades of the XVI, this season of learning
comes to an end.
The renewed
interest for the culture of classical Greece, especially after
the fall of Constantinople in the mid XIV century, and the
subsequent arrival in Italy of Byzantine scholars with their
wealth of knowledge finally translated into Italian
culture, allows a much deeper understanding of ancient
philosophy. Plato is fully discovered and appreciated and
becomes the object of a cult amongst the men of learning.
In literature
ancient rhetoric becomes the unparalleled model for the
amelioration and refinement of the Italian language (the
volgare). In musical art, which in the XV and XVI century
privileges human voice and therefore words over sounds, research
is centred around the various nuances of the relationship
between language and music. The ultimate goal becomes the
realization of the myth of a perfect correspondence and unity
between word and music.
Many
strive to achieve this goal, each artist contributing in his own
peculiar manner within the context of the diverse cultural
centres throughout Italy. Yet few succeed, their achievements
subtly varying in degree. The mythical essence of the word, that
is music in itself, becomes the core of a true aesthetic trend
which entails a knowledge too sophisticated to be accessible to
the common musician. As in the case of Emilio de’ Cavalieri and
his “recitar cantando” (to act/recite singing) for the “Rappresentazione”
in Rome in 1600: the whole artistic endeavour reveals a total
ignorance of Platonic aesthetics...! The same can be said of
many of his contemporaries, such as Marco da Gagliano, who
imitate the form (stage representation) without a
real knowledge of the spirit (aesthetic ideal).
It must also
be said that this unique vision of the relationship between
poetry and music is not confined exclusively to stage music. The
Platonic aesthetic ideal, named Seconda Pratica by
Monteverdi, is a pervading operating asset. An extraordinary
example is yet again given by Monteverdi when he defines as
genere rappresentativo (representative genre) his two
marvellous Lettere Amorose (lyrical poetry), published in
1623 together with the grandiose scene of Arianna.
Musical
Platonism was a true miracle which enlightened the minds of the
most sensitive intellectuals and artists of the time. For too
long it has remained unnoticed, due to the superficiality of
those historians who have deemed it necessary to trace a
prestigious ancestry for Opera, a musical genre that is pure
entertainment devoid of whatsoever deeper meaning.
Annibale
Gianuario, was the first scholar, in the early sixties, to
attempt a thorough analysis of poetic/musical Platonism,
together with very young scholars such as Bruno Pinchard, who
researched the philosophical implications, and Nella Anfuso for
the study of Vocality.
Almost half a
century later, it is clear how truly innovative and
historically relevant it becomes to acknowledge the
existence of musical Platonism, a phenomenon that Italy should
consider one of its national glories. We wish therefore to give
voice to the spiriti eletti, to those chosen few amongst
artists and intellectuals, who left an indelible mark in Western
civilization, in the name of Plato.
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