<<< Indietro

| Home Page | Racconti Vecchi | Racconti Brevi | Racconti Nuovi | Racconti di altri | Il libro degli Haiku | La pagina dei Link | Archivio |

 

Ecco. Io sono qui, nella campagna bazzicata dai corvi e dalle nuvole. Vedo la pianta dove quei due si sono spaccati. E tutt’intorno i pezzi della bmw e le macchie di sangue di benzina di pipì tutto mischiato.

 

Uno
Eccomi, sono io, sono qui. Sono alla curva della provinciale dove la bmw di Sbruffer è andata dritta.
Ha saltato il fossato e ha trovato questo vecchio gelso nero. Davanti si vede la terra scavata. La bmw si è stampata contro il legno, ha mandato pezzi tutt’intorno, vetro, pezzi di ferro e macchie d’olio e di benzina.
Oggi è domenica, non passano macchine. Da qui si vede la strada: arriva dritta nei campi, non c'è segno di frenata, Giorgio Prezzi e la sua amica questa mattina ci si sono ritrovati contro all’improvviso, sparati dentro la curva.
Le loro facce le avete viste nei telegiornali, la storia la conoscete, forse la conoscevate già da prima, così uguale alle altre che accadono il sabato sera: Giorgio Prezzi è un rampollo della Milano bene, L.U. una incontrata in discoteca (forse una cubista, forse una modella, forse tutt’e due), amica da quanto? forse nemmeno da un paio di ore. Ma ascoltate bene com'è andata: Prezzi è l’amico di Sbruffer, e Sbruffer il sabato sera gli presta la macchina, e su quella macchina Prezzi esce di strada e si spacca la testa, la sua amica è viva, forse non camminerà più.
E Sbruffer oggi non si è sceso in campo. Non ha detto niente Sbruffer, soltanto non è andato allo stadio e non ha giocato. E ora nessuno sa dov’è; nessuno sa cos’ha. E tutti s’aspettano che torni, che dica qualcosa. La sua fidanzata lo aspetta: la bella Giulia ex-miss Italia, ex-modella, ex-attrice, con gli occhi imbronciati e i liscissimi finti capelli biondi (finti lisci e finti biondi) - era già allo stadio, già pronta a scalmanarsi sotto le telecamere. Il mister lo aspetta, scaruffato e roco dopo la partita persa. Lo aspettano i genitori nella loro piccola casa nel vecchio paese vicino a Verona; i tifosi, le ammiratrici, forse le altre amiche; i giornalisti la televisione gli sponsor; la polizia, il giudice; tutto il paese, tutto il mondo lo aspetta. Anche il suo manager, ovvio, anche lui, lui più degli altri, anzi, come ha potuto andarsene senza neppure avvertirlo, se non consultarlo, nemmeno una telefonata in tutta fretta soltanto per dirgli vado a quel paese. Ma più di tutti lo aspetta lui, il Presidente pallido, col ciuffo che gli cade sugli occhi e lo sguardo stressato.
Ma tornerà, Sbruffer, tornerà. Del resto manca solo da poche ore e già tutti sono così disperati. Sarà la rabbia per l’amico perduto. Sarà che è giovane e ha già addosso tutte quelle pressioni, tutti lì a chiedere e a pretendere, che giochi, che canti, che mostri il pisello.
Ecco. Io sono qui, nella campagna bazzicata dai corvi e dalle nuvole. Vedo la pianta dove quei due si sono spaccati. E tutt’intorno i pezzi della bmw e le macchie di sangue di benzina di pipì tutto mischiato.
 
Dieci
Tornerà presto Sbruffer. Forse già domani, già lunedì. La sua vita senza calcio non è vita. Gli ha dato tutto il calcio e lui tutto al calcio. Tornerà, spiegherà. C’è da capirlo, del resto: il suo migliore amico, sulla sua bella macchina, la sua bmw nuova di zecca, che forse manco era sua. Forse gliel’avevano prestata per portarla in giro, per farla vedere, e lui a darla via così al suo migliore amico…….. Ma poi era veramente il migliore?
Tornerà dice il manager. Tornerà dice la fidanzata. Tornerà dice il presidente. Tornerà, dicono tutti, lasciatelo in pace, sono cose sue in fondo, avrà diritto o no a ventiquattrore tutte sue? Ma proprio la domenica, proprio per la partita?
Se non tornerà, parlerà, manderà a dire. Ma tornerà, vedrete.
 
 
Undici
E’ lunedì. Mattina. La metropolitana spreme fuori le facce della gente a fiumi. Se gli interessa possono fermarsi a guardare le réclame sui muri: i testicoli dei modelli impacchettati nell’underwear di Armani (ma non ci starebbe bene un bel fiocco azzurro?) poi glutei femminili tondi e rigonfi come coppe di gelatina, da leccarsi i baffi. Ma no, non gli interessa, hanno fretta la mattina a Milano. E i giornali schiaffati lì da edicolanti distratti, ripiegati in tutta furia nelle borse: si aspettano notizie di Sbruffer, dov’è andato Sbruffer? nessuno sa niente di Sbruffer. Non si trova Sbruffer.
Ma ora non c’è tempo. Se ne riparlerà nell'intervallo di pranzo, davanti ai vassoi in plastica verde o grigia poggiati sui piani in plastica grigia o grigia dei tavolini dei self-service seduti su sedie in plastica rigida (e dura) arancione o grigia (finalmente una pausa nella monocorde superficie del lunedì) se ne riparlerà a casa a cena (i piedi rilassati nelle calze-ciabata, la bocca piena) al tg della sera, al Processo. Ora c’è da andare.
Su Milano si diffonde la luce di una giornata nuvolosa, ancora buia. Non è l’ora né il giorno di attraversare la piazza. Conviene farlo a grandi passi, però, dopo il caffè al bar liberty dell’angolo, e poi una corsa verso il portoncino chiuso della famiglia Prezzi, ora lo vedo - c’è già una piccola folla intorno - di giornalisti e curiosi. Appare come un lampo a una finestra il volto grigio di una donna. E’ un sussulto di telecamere, di macchine fotografiche: la palazzina della famiglia Prezzi in via Cornalia.
Sopra Milano si apre un cielo bianco a buchi azzurri. Il mio tram viaggia tranquillo verso viale Biancamano, nel traffico della mezza mattina.
C’è una ringhiera e dietro un vialetto attraversa un piccolo prato. La casa di Sbruffer. E’ all’ultimo piano, l’additano, tapparelle tutte abbassate, una aperta, i giornalisti sono dappertutto, arrampicati sulla ringhiera, ma anche dentro, nel prato. Da un piccolo vetro il portiere lancia sguardi nemici.
Mezz’ora d’orologio. Sta arrivando una donna con la pelle marrone, è infilata in un impermeabile, fende la strada a passo svelto, le scarpe larghe, a ciabatta, vede la folla e rallenta, guarda senza capire, cosa vogliono?, volta intorno gli occhi bianchi, poi corre, gli altri sospettano, dietro, sul vialetto, apre in fretta la porta, uno è dentro, un altro. Il portiere si affaccia, è travolto. Corriamo tutti su, da Sbruffer.
Arrivo. Ho il fiatone. Non c’è spazio sul pianerottolo, rimango sulle scale, non vedo bene. La donna è chiusa dentro. Suonano il campanello. Battono alla porta. Niente. Dev’essere la donna delle pulizie, forse lei sa. E se fosse che è lì dentro, chiuso in casa senza rispondere al telefono, senza aprire la porta? Sbruffer, grida uno, apri la porta Sbruffer. Sbruffer! E’ un coro, adesso: Sbruffer Sbruffer Sbruffer.
Torna silenzio poco alla volta. Arrivano i carabinieri, fanno sgombrare, torniamo giù in giardino e intanto un’altra folla si è formata, assiepati contro la ringhiera, pigiati. Non c’è più spazio per uscire. Ora arrivano i lampeggianti della polizia.
Sono di nuovo fuori, in mezzo agli altri. Alzo la testa. Vedo che si apre l’ingresso, esce la donna, tra due carabinieri, tutti le sono addosso, tutti vogliono sapere: E’ dentro Sbruffer? Solleva gli occhi bianchi, sbuffa. Dice qualcosa. Non c’è, è lunedì, non è mai a casa.
Giulia! La bionda Giulia dai capelli lisci, la sexy Giulia che porta il quarantadue e ha le labbra tonde come salsicce. Lei sì che sa, sa e non dice, lei lo copre, lo nasconde e lo coccola al tepore del suo letto termoregolato, è scappata dallo stadio in tutta fretta, andava da lui, è chiaro, lei sapeva. Giulia! Ma dov’è Giulia? Dove abita Giulia?
E’ al telegiornale dell’una. Sta uscendo di casa con gli occhiali da sole e un cappellaccio che quasi non si conosce, chiama i giornalisti, dice stizzita: Sia chiaro: non ne so niente, non l’ho più sentito, aspetto notizie come voi, sono preoccupata come voi. E se ne sguscia nel tassì bianco, issa dentro le lunghe zampe zavorrate dai trampoli, poi la portiera sbatte, la bella Giulia spinge giù la sicura, con l’indice, e sbuffa.

© 2002 Piero Manni s.r.l.

<<< Indietro

| Home Page | Racconti Vecchi | Racconti Brevi | Racconti Nuovi | Racconti di altri | Il libro degli Haiku | La pagina dei Link | Archivio |