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Maria Isabella Viola,
Tentativi di scrittura,
acrilico
Racconti miei vecchi (1996-1998)

Mi sono messo al computer e ho detto okay, ora scrivo un racconto che nessuno potrà ignorare. E' andata come a quei genitori che vogliono il maschio e finiscono per fare cinque figlie...... (si veda Gadda: Quattro figlie ebbe e ciascuna regina. Si veda anche mio suocero)

Il libraio di via Eustachi (il primo racconto pubblicato è un po' come il primo amore: ci si chiede come è potuto succedere)

Ricorderete senz’altro la bella libreria di via Eustachi, proprio all’angolo con via Orefici, giusto pochi metri prima che questa si tuffi in Piazza Duomo. E’ rimasta identica a se stessa da almeno trent’anni, schiacciata com’è alle costole da vetrate che col tempo si sono fatte sempre più scintillanti, e impertinenti. Di contro, la vetrinuzza della libreria conserva un tono dimesso, che gli anni hanno più che altro accresciuto, e se ci buttate un occhio, passando, vi noterete pochi libri boccheggianti e ingialliti come pesci fuor d’acqua; e noterete la porticina a vetri con la targhetta YALE si chiude da sé e soprattutto la figura alta e schietta del libraio, intento a una instancabile ronda lungo i confini del suo solitario, piccolo regno. Continua

Milano, 25 luglio 1997

Arrivo a casa tutte le sere alle sei, sei e dieci al massimo. Tranne il venerdì, che mi fermo a bere un aperitivo con Raimondo e Roberto. Trovo la cucina in disordine e il letto da fare e mi deprimo un po’. Penso che se fossi rimasto dai miei, in campagna, troverei la tavola apparecchiata e la cena pronta e sono sicuro che mia madre mi direbbe Sai che ti ha cercato la Sandra, anche se non è vero, perché le piacerebbe di vedermi sistemato con chi ha in mente lei. Continua

La truce fine del nano Mammolo (questo l'ho scritto per il Tacchino Letterario (vedi www.fabula.it).L'incipit è di Carmen Covito: arriva fino a luna....., poi comincio io. A proposito, potete leggere anche il racconto originale di Carmen Covito all'indirizzo: www.carmencovito.com)

Sto sbirciando attraverso un buco nella siepe. Mica facile, con questi rametti che tendono a scattare in fuori stile filo spinato mirando agli occhi. Potatura malfatta. Il problema più serio, le ginocchia, comunque si è risolto: non me le sento più da una mezz'ora. Bene. L'insensibilità mi aiuta a concentrarmi sulla casa. Villetta, dovrei dire. E' esattamente quel tipo di ciarpame residenziale che i geometri definiscono "villetta": due piani fuori terra più garage seminterrato e, certamente, tavernetta attigua
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HK rapito da un sogno (questo racconto comincia con Una sera. Quello dopo comincia con Una mattina. La precisa collocazione temporale dei fatti è il mio punto forte)

Una sera, HK rientrava dall’ufficio. Portava, come al solito, la vecchia valigetta di pelle morbida e la cravatta svolazzante sulla camicia. Era sceso dal treno poco prima delle otto, col lieve ritardo di sempre, e ora camminava senza particolare fretta per la via di casa, lunga e diritta. Davanti a lui, il solenne monumento dell’età fascista che chiude la prospettiva della strada si stagliava contro un cielo sempre più nero.
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G. (All'inseguimento del misterioso punto G. Non perdetevelo! Si noti, tra l'altro, che il protagonista N.Z. sta all'autore M.V. come iIBM sta al computer HAL di Odissea nello spazio)

Una mattina, N.Z. uscì di casa armato di tutto punto per andare in ufficio, ma una volta in strada, invece di prendere come sempre verso la stazione, decise di scendere a Piazza Grande. Stringendo in pugno la valigetta, si disse che per quel giorno avrebbero benissimo fatto a meno di lui e che poteva spendere un po’ di tempo a girottolare le viuzze attorno alla piazza e forse, chissà, gli sarebbe anche capitato di incontrare G. e potevano sedere a far due chiacchiere a un bar. Continua

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