Biagio Salmeri, poesie
dalla raccolta Accessi Remoti
parlami delle tue acque irruenti
e piovane e dei ruscelli improvvisi all'ombra dei boschi
perché io ne faccia fiumi d'inchiostro
che il tempo non asciuga
laddove vuoto lascia il letto in cui
trascinano le loro correnti
come una crepa nascosta
una ruga
nell'ampia bocca
aperta dell'orizzonte
il mare è una lingua che sporge
appena e ti bacia
lo stesso insaziabile piede
che ora chiede a me di proseguire
oltre
farebbero a meno di vesti
e di lenzuola
questi corpi
che annodi
con la perizia di un marinaio
al molo
che appare e scompare
fra le onde
a lungo
loro non sanno
di lasciare nel tuo letto
un animale estinto
com'è sempre il corpo di una donna
dopo l'amore
eppure vedono in te evolversi
ogni volta l'anatomia in desiderio
e la pelle in un mare che gonfia
e quando all'alba se ne vanno
da te stesa che dormi come una spiaggia
loro non sanno
che d'ombrelloni chiusi
e d'alga e di salsedine
cedendo alla forza d'attrazione
la mia mano entra nell'orbita della sua cintura
mentre per strada interrano cavi
e gli uccelli
senza più fili dove posarsi come suicidi sostano sui cornicioni
in una tale ebbrezza
che non so dove vanno a schiantarsi
accelerando i miei battiti avevo in testa un velo di zucchero
mentre
con una pistola alla tempia mi riempivo di silicone l'orecchio
per preservare dall'indurimento
quell'animo tenero
che amavi
come le punte dei tuoi seni
diventare canditi nella mia bocca
un cigolio cervicale
di notte mi sveglia
come se al buio
nell'alto di un monastero le porte delle celle si aprissero all'inconfessabile
giunto dalla vallata
orientami
nel labirinto dei moti che conducono alla passione
con un filo di voce
che cresca fino a colpire la bestia
e poi torni al silenzio
fetale dei corpi
incontenibile
il tuo essere m'ha preso la mano
che aperta
come un fiore carnoso ha una linea dell'amore lunghissima
e l'ha messa in un vaso
davanti alla finestra
perché affacciandoti
il tuo seno le si posi sul palmo
come una farfalla
ti chini su di me
e all'improvviso
come in uno specchio d'acqua appare il riflesso
che non ti somiglia
ma profondamente combacia
alla maniera dell'onda
quando colma ricadendo il vuoto che attorno a sé ha dischiuso
i colpi che senti
come i dolci spari di un'acconsentita eutanasia
stringendo nel pugno un coniglio
morto in un lontano futuro dietro il cespuglio di un bosco
o le sbarre di una branda
dove un giovane fante di una guerra passata è morto dissanguato
affondano
la tua carne aprendo
e rimarginando come orme in cammino in una tempesta di neve |
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