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Dopo un iniziale periodo di entusiasmo durante il quale il plasma-exchange, per la rapidità con cui appare in grado di esercitare i suoi effetti terapeutici, è stato utilizzato per trattare le patologie più varie e le indicazioni, originariamente limitate alle manifestazioni cliniche della sindrome da iperviscosità, sono state estese spesso in maniera impropria, si è assistito negli ultimi anni ad un sempre più drastico ridimensionamento del numero delle patologie da trattare. 

Dato l'alto impegno economico, dovuto alla sofisticatezza dell'attrezzatura, all'impegno di personale qualificato ed al costo dei sostituti plasmatici impiegati e dati i rischi, conseguenti soprattutto alla brusca riduzione della massa volemica, appare oggigiorno fondamentale che l'approccio ad essa sia estremamente critico. 

Attualmente si ritiene che la plasmaferesi trovi un'indicazione razionale solo quando:

*       la malattia e le sue manifestazioni siano direttamente dipendenti dalla concentrazione di una o più componenti anomale nel plasma (paraproteine, auto- ed allo-anticorpi, immunocomplessi, mediatori dell'infiammazione, tossici) ad elevato peso molecolare e non dializzabili;

*       non esistano alternative per ridurre rapidamente la concentrazione plasmatica di tali fattori patogeni o per neutralizzarne gli effetti.

E' d'altra parte opinione comune come, per poter disporre di criteri di scelta chiari, sia  fondamentale seguire la strada degli studi controllati e policentrici con la creazione di protocolli operativi a cui fare riferimento. Così, l'efficacia della terapia deve essere valutata non solo in termini clinici (senza trascurare l'effetto "placebo" dimostrato in varie situazioni patologiche), ma anche mediante il dosaggio seriato della sostanza da rimuovere, nonché attraverso un'attenta valutazione di alcuni parametri quali ematocrito, piastrine, elettroliti plasmatici, protidemia e fattori della coagulazione.  

Nel 1993 American Association of Blood Banks (AABB) e American Society for Apheresis (ASFA) hanno proposto il raggruppamento delle indicazioni all'aferesi in 4 categorie, pubblicate in un'edizione speciale del Journal of Clinical Apheresis e riportata nel Technical Manual AABB.  

 

I.

Patologie nelle quali l’aferesi risulta essere una terapia comprovata da studi controllati  

II.

Patologie in cui l’aferesi rappresenta una terapia accettabile ma in supporto di altre terapie di prima linea  

III.

Patologie per le quali non sono disponibili studi controllati a suffragio della efficacia dell'aferesi  

IV.

Patologie per le quali l’aferesi non risulta essere utile.  

 

Alle quattro categorie sono in seguito state aggiunte le due seguenti sottocategorie:

   

a

Categorie nelle quali è stato approvato l’uso di colonne di assorbimento  

b

Il Comitato estensore del documento non ha raggiunto un consenso  

 

Se le categorie sono uniformi per le due Società Scientifiche, in seguito si sono verificate varie divergenze di valutazione, per cui non è possibile stabilire una classificazione unica ed inequivocabile.

Viene quindi riportata una tabella che tenta una classificazione delle varie condizioni per le quali sono state proposte la terapia aferetica o sue varianti, con l'indicazione espressa in base alle categorie sopradette, aggiornata in base alla letteratura recente.

 

 Copyright© 1999/2005 - Francesco Angelo Zanolli - Ultimo aggiornamento in data 16/11/2005