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In uno scorso articolo (Come impostare scientificamente un allenamento) ho espresso la necessità di monitorare esplicitamente il training al fine di personalizzarlo realmente e renderlo più efficace: l'allenamento deve essere "costruito" sull'atleta. Non deve essere l'atleta ad adattarsi ad esso: non può farlo, a meno che non sia un talento genetico o usi grosse quantità di farmaci! Quante volte, noi dalla modesta genetica, siamo rimasti delusi (cioè non abbiamo avuto risultati) nell'adottare le mitiche tabelle di allenamento di Arnold? A tal proposito, mi viene in mente un curioso episodio accaduto qualche tempo fa, quando subito dopo la vittoria di Dorian Yates al Mr Olympia, in una palestra che conosco, l'istruttore cominciò a assegnare schede (praticamente tutte!) di allenamento uguali a quelle utilizzate (di quelle pubblicate sulle riviste…) da Yates. Malgrado le buone intenzioni, non mi pare di aver visto un altro Dorian Yates da quelle parti….
Ok, passiamo alla parte costruttiva dell'articolo. È facile teorizzare, ma sono le applicazioni pratiche quelle che fanno comprendere meglio i concetti e la loro importanza. Quello che segue è un caso reale (relativo ad un atleta che preparo) che, tra le altre cose, metterà in evidenza come le tabelle perfette sulla carta, spesso in pratica non si rivelano tali: mi viene in mente un libro uscito qualche tempo fa, dove vengono presentate delle tabelle prestampate da seguire rigidamente (a quanto pare, l'autore ha sconsigliato pubblicamente di alterare qualcosa!) per almeno un paio di anni…
Ma torniamo al discorso: quando l'atleta in questione, mi chiese la consulenza, lo sottoposi - tra le tante cose - ad analisi articolare e ad una serie di test per cercare di inquadrare la percentuale di fibre bianche e rosse nei vari distretti muscolari. Dai test risultò una distribuzione quasi classica della percentuale di fibre bianche e rosse; il "quasi" sta per il fatto che fu riscontrata (ma è quasi normale) un'alta percentuale di fibre bianche nei tricipiti e una notevole percentuale di fibre rosse nei deltoidi.
La messa a fuoco delle sue caratteristiche, mi suggerì la seguente impostazione delle frequenze di allenamento:
Pettorali, Quadricipiti, Femorali, Tricipiti e Dorsali ogni 7 giorni; Polpacci, Bicipiti e Deltoidi ogni 5 giorni; Addominali due volte la settimana.
Inserendo questi dati, con l'aggiunta di allenare insieme Pettorali e Tricipiti, nel software - dall'algoritmo brevettato - da me elaborato, ne è scaturito un mesociclo così configurato:
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Associate le idonee tabelle (che non riporto per non dilungarmi troppo) di allenamento relative ad ogni singola sezione muscolare, lo schema "teoricamente" ineccepibile era pronto! Sulla carta, questo schema doveva funzionare alla grande, ma come adesso vedremo, sono stati riscontrati dei problemi e, per renderlo davvero ottimale, sono state necessarie delle tempestive modifiche. Ma andiamo per ordine. È mia abitudine, dopo la consegna del programma di allenamento, non abbandonare gli allievi al proprio destino, ma cercare un continuo scambio di informazioni: è proprio questo uno dei cardini principali del "monitoraggio del training". Solo così è possibile rendere l'allenamento sempre più produttivo!
Dallo scambio di informazioni, mi accorsi subito di una notevole incongruenza operativa nello schema che avevo impostato: l'allenamento dei quadricipiti, basato su pesanti squat, non poteva essere posizionato dopo l'allenamento dei pettorali! Il motivo di ciò era che durante lo squat, i pettorali vengono tenuti in posizione di stiramento mentre si stabilizza il bilanciere: una vera e propria contrazione isometrica della durata di quasi un minuto! Questo stiramento - indotto il giorno dopo in cui i pettorali avevano lavorato duramente e che quindi non avevano ancora recuperato - provocava all'atleta una notevole sensazione di fastidio (a volte vero e proprio dolore) che impediva di eseguire l'esercizio a dovere. Le soluzioni non potevano essere che le seguenti:
sostituire lo squat con la pressa; invertire l'ordine degli allenamenti relativamente ai quadricipiti ed ai pettorali (insieme ai tricipiti, visto che bisognava allenarli nello stesso giorno).
Ho optato per la seconda soluzione, visto che non volevo rinunciare all'effetto anabolico dello squat, e che l'inversione delle sezioni muscolari prima citate non alterava la configurazione generale del mesociclo. Tutto a posto? Niente affatto! In base alle indicazioni fornitomi dal mio allievo, l'allenamento del sabato dei dorsali, basato su pesanti rematori con bilanciere, si è rivelato inattuabile! Perché? Semplice (ma perché non l'ho pensato prima?): l'allenamento del giovedì relativo ai femorali, faceva sì che i femorali stessi non fossero ancora pronti per intervenire a dovere come muscoli stabilizzatori nell'esercizio di rematore con bilanciere. Possibili soluzioni:
sostituire il rematore con bilanciere con un altro esercizio che non necessita femorali e bassa schiena per la stabilizzazione; invertire l'ordine degli allenamenti relativamente ai Femorali ed ai Dorsali.
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Ho scelto anche qui la seconda soluzione, visto che l'inversione delle sezioni muscolari prima citate non alterava la configurazione generale del mesociclo e non causava ulteriori incongruenze.
In definitiva, quindi, grazie ad una concreta interazione atleta-preaparatore (prima fase del monitoraggio dei risultati), l'impostazione iniziale del mesociclo si è così evoluta in un nuovo schema, sicuramente più funzionale e più idoneo (come hanno poi manifestato i progressi dell'atleta) al conseguimento dei risultati prefissati.
Concludendo, l'obiettivo dell'articolo era fornire un esempio pratico su come, grazie al costante monitoraggio del training, sia possibile (e, a mio avviso, doveroso) intervenire attivamente ed in tempo reale, sul programma di lavoro per migliorarlo costantemente. Avrebbe avuto senso far eseguire per tutto il mesociclo (o per anni, come prescrivono alcuni…) lo schema iniziale teoricamente ineccepibile, ma operativamente inattuabile? A voi, gentili lettori, l'ardua (ma, a mio avviso, scontata) risposta…
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Un ulteriore conferma su quanto sia importante via via calibrare il training , l'ho riscontrato qualche tempo con 2 allievi (sono fratelli) che alleno direttamente come Personal Trainer: in 3 mesi (ma ovviamente - dati i risultati - mi seguono ancora :-), hanno incrementato la circonferenza delle braccia - rispettivamente - di 5 cm e di 3 cm !!!!
Dall'analisi delle loro misure durante il trimestre, è stato evidente che il primo mese, i risultati non sono stati eclatanti … il secondo mese, sono stati decisamente migliori ed il terzo mese sono stati davvero eccellenti !!
Che vuol dire tutto questo? Semplice. Il primo mese, non conoscendoli ancora bene, non potevo prevedere la loro risposta agli allenamenti; via via, ho cominciato ad inquadrare meglio la situazione, fino … - dopo una discreta serie di aggiustamenti - all'elaborazione di un training davvero personalizzato e conseguentemente davvero produttivo !!
Ogni tanto qualcuno si fa fare una scheda singola pensando di ottenere chissà quali risultati… beh, una sola scheda - se ben architettata - può già consentire il conseguimento di discreti miglioramenti, ma per "grossi" risultati occorrono diverse schede, organizzate e personalizzate...
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