MYSTERI DELLA TERRA
Le Piramidi di Giza La Sfinge Il Triangolo delle Bermuda Tunguska Nazca
Atlantide Lemuria Mu
GONDWANA
PER
UN VOLUTO GIOCO DI PROSPETTIVA, ABBIAMO TENTATO DI RISALIRE LA
CORRENTE DEL TEMPO INOLTRANDOCI SEMPRE PIU' NEL REMOTO PASSATO
DELL' UMANITA'.
DA ATLANTIDE, DELLA QUALE PAR QUASI DI VEDERE E SENTIRE LA VITA,
A MU, A LEMURIA ED INFINE ECCO GONDWANA, IL PRIMO GRANDE
CONTINENTE.
Milioni di anni fa il pianeta Terra era un ammasso di fuoco, magma e gas incandescenti. Poi, lentamente, iniziò il raffreddamento della crosta terrestre che, scivolando sugli strati di magma ancora in via di solidificazione, si riunì in un' unica massa stabilizzata: la Megacea, che in greco significa "la grande terra".
Passarono ancora milioni di anni, e con il proseguire del raffreddamento della massa interna, cominciarono a delinearsi i primi continenti destinati poi a scomparire o a cambiare aspetto innumerevoli volte, andando alla deriva delle grandi masse di acqua non ancora stabilizzate. Nell' era Paleomesozoica, si formò un grande continente nel quale abbondavano scisti ed arenarie. Queste formazioni geologiche sono tipiche della provincia centrale dell' Indostan, dell' Africa, dell' Australia e del Sud America; ciò ha fatto pensare che tutte queste terre facessero inizialmente parte di un unico continente: Gondwana.
Qualcuno forse ricorderà che anche per Mu e Lemuria abbiamo detto che la loro posizione originaria doveva coincidere, più o meno, con terre allora emerse nel Pacifico del Sud e nell' Oceano Indiano, e potrà giustamente chiedersi come si possano inquadrare tre continenti in un medesimo spazio. E' quindi giunto il momento di precisare che, nel corso dei millenni, le terre hanno cambiato più volte la loro posizione, non solo per la deriva dei continenti cui abbiamo già accennato, ma per fattori più importanti e determinanti.
E' stato accertato da studiosi insigni, come il tedesco Kreichgrauer, che nell' era del Carbon Fossile, il Polo Nord si sarebbe trovato non lontano dalle isole Haway, mentre in un secondo sconvolgimento terrestre, la sua posizione avrebbe coinciso con quella dell' attuale Lago Ciad, in Africa. Alcuni geologi americani confermano questa ipotesi facendo notare che il grande lago africano, non avendo nè immissari, nè emissari, potrebbe essere stato formato quasi sicuramente dalla fusione di immensi ghiacciai.
E' evidente che si tratta di sconvolgimenti enormi, terribili, che non possono attribuirsi solo ai diluvi ed ai vulcani. Bisogna pensare a qualcosa di più definitivo e travolgente: la caduta della Luna, o meglio, la caduta del satellite della Terra di allora. Alla meraviglia di qualcuno si può rispondere con dati scientifici che, anche se non dimostrabili al cento per cento, sono tuttavia garantiti da nomi di studiosi di indubbia serietà e notorietà: il francese Saurat, l' inglese H.S. Bellamy e Sir george Darwin, nipote del celebre naturalista. Le loro ricerche portarono ad una identica deduzione: la Luna attuale non è il primo satellite della terra.
Ce ne sono stati almeno due prima di essa, i quali, restringendo via via la spirale che descrivevano intorno al nostro pianeta, vennero ad infrangersi sulla Terra, determinando le terrificanti catastrofi che hanno segnato bruscamente la fine di ogni periodo geologico. Darwin in particolare, prevede che anche questa nostra Luna è destinata a subire lo stesso destino delle altre. In un futuro per fortuna ancora molto lontano, il satellite si avvicinerà sempre di più ed in prossimità della Terra si disgregherà. Parte dei suoi frammenti inizieranno una folle rotazione intorno al pianeta formando un anello simile a quelli di Saturno, gli altri, i più grandi, si infrangeranno a terra, in una apocalittica pioggia di meteore che sconvolgerà tutta la superficie terrestre. Forse qualche sparuto gruppo di uomini si salverà, ma essi cadranno nella più assoluta barbarie e dovranno faticosamente cominciare ex-novo il lungo e difficile cammino verso la civiltà.
Quanto e come ci sembrano vere le parole che il saggio sacerdote egiziano disse a Solone parlando della fine della civiltà Atlantidea: "Pochi si salvarono. Essi ed i loro discendenti, per molte generazioni, mancarono di quanto è necessario alla vita".
Anche il popolo di Gondwana, dunque, fu sterminato dagli sconvolgimenti terrestri? Cosa di esso ci è rimasto, cosa ce ne dimostra l' esistenza? Ancora una volta dobbiamo attingere alla fonte più antica ed attendibile: ai testi tibetani ed all' India, ricettacolo di tutte le verità. D' altra parte, nel centro dell' India, esiste tutt' oggi una regione denominata Gondwana, o "Territorio dei Gondi" la cui capitale è Nagpur, mentre nella penisola del Kathiawar una località porta il nome di Gondal, ed infine Gonda si chiama una piccola città ai piedi dei Monti Dundwa.
E' evidente che anche questo nome è una facile derivazione o corruzione di quello di Gondwana, ed il fatto che la catena montuosa segni il confine con il Nepal, terra del Tibet misterioso, aumenta, come vedremo in seguito, la possibilità che gli antichi testi possano in parte diradare la fitta coltre di mistero che i millenni hanno posto tra noi ed i nostri primi antenati.
Nei libri tibetani sono forse racchiusi dei segreti che non
potranno mai essere svelati
Gondwana era dunque un grande regno fiorente "quando la nostra Luna non splendeva ancora", ed il suo popolo costruiva "grandi case di cristallo". Grande importanza veniva data all' astronomia, e ben presto gli "osservatori del cielo" si resero conto che il satellite che illuminava le loro notti, esercitava una forte attrazione, tale da influire sul periodico movimento delle acque. Quasi sicuramente si deve a loro il primo e più grande misuratore delle maree: il Candelabro delle Ande (Di questa misteriosa incisione se ne parla anche nell' articolo sulle linee di Nazca). Si tratta di una incisione rupestre che si trova su una roccia a strapiombo sul mare, a sud di Lima. Essa ricorda vagamente un candeliere a tre braccia, e ciò ne spiega il nome, ma in realtà rappresenta un tridente, e la sua posizione avvalora l' ipotesi che sia servito a misurare le varie posizioni raggiunte dall' acqua durante il flusso e riflusso.
A questi attenti studiosi del cielo non poteva quindi essere sfuggito che il percorso del loro satellite non consisteva in una ellisse chiusa, ma in una larga spirale che, col passare dei secoli, avrebbe portato fatalmente alla sua caduta sulla Terra. Non a caso, nelle più antiche costruzioni riportate alla luce, nelle caverne, sulle rocce, troviamo disseminato il misterioso segno della spirale, quasi a rappresentare un incubo, un monito o un messaggio. Nel corso degli scavi effettuati a Creta, fu rinvenuto tra i resti del palazzo di Phaistos, la cui età è così remota da rimanere indefinita, uno strano disco di argilla cotta delle spessore di 2 centimetri ed un diamentro di 16, che reca sulle due facce degli ideogrammi disposti a spirale, i quali non hanno niente in comune con l' antica scrittura cretese, mentre sono molto simili ai simboli preistorici brasiliani. Nessuno è riuscito sinora a decifrare completamente il messaggio, ma si ritiene possa trattarsi della storia della caduta di un corpo celeste su Gondwana.
Non potendo ovviamente fermare il corso degli astri, per l 'antico popolo c' era una un' unica via per la salvezza e la sopravvivenza: fuggire dalla Terra "dentro" la Terra! Iniziarono così grandi opere di scavo: gallerie sotterranee che formavano vere e proprie reti di comunicazione, ed in esse caverne e spazi e sale imponenti. Per molti studiosi quelle gallerie hanno rappresentato, e rappresentano, un affascinante mistero archeologico. Ne sono state trovate nell' America Meridionale, a Malta, in Oceania, in Africa, in Asia; sembra addirittura che le isole Haway siano collegate tra di loro da tunnel sottomarini. Il disperato tentativo degli abitanti di Gondwana ci dimostra, oltre ad una naturale estrema lotta per la sopravvivenza, anche un notevole livello di civiltà e preparazione tecnica. Nell' America Meridionale un misterioso tunnel sotterraneo congiunge Lima a Cuzco, l 'antica capitale del Perù, e prosegue poi verso il confine con la Bolivia.
Secondo alcuni documenti, nel tunnel si troverebbe una favolosa tomba reale, inviolabile a causa di misteriosi trabocchetti mortali. Per un certo periodo si è attribuita la costruzione agli Inca, ma gli studiosi che hanno tentato, a rischio della propria vita, di inoltrarsi nella galleria hanno potuto dimostrare che gli Inca non erano stati gli artefici degli scavi, bensì hanno semplicemente sfruttato ciò di cui conoscevano l' esistenza. All' archeologo Bernardo da Silva Ramos dobbiamo un' altra importantissima testimonianza: a Marajò, isoletta sul Rio delle Amazzoni, rinvenne tra le monumentali rovine di quella che doveva essere stata una grande città, grandi sale sotterranee collegate tra loro per mezzo di gallerie dalle mura di pietra.
Tra i vari reperti, tutti attribuiti ad un' epoca sconosciuta, fa bella mostra di sè una preziosa serie di vasi con disegni che, a prima vista, possono sembrare etruschi! Ed insieme ai vasi, grandi dischi di pietra divisi in sei settori: che siano state tavole per calcoli astronomici? O non piuttosto rudimentali mappe geografiche, con l' indicazione delle varie regioni in cui Gondwana era suddivisa? Oppure la rappresentazione delle più importanti linee di comunicazione sotterranea, tutte convergenti al centro, cioè alla capitale? Se questa ultima ipotesi fosse esatta, rimarrebbe un ennesimo affascinante mistero: quale fu la capitale? Tre nomi si contendono il primato: Ugarit, Tiahuanaco, Agartha (o Agarthi).
Nel 1929 l' archeologo francese Claudel Shaeffer, che stava effettuando ricerche sull' antico popolo dei Cananei, scoprì a Ras Shamra, in Siria, le rovine abbandonate e semisepolte di una città. Dopo i primi scavi, si rese conto che il campo di rovine era formato da 5 strati corrispondenti ad altrettante civiltà. Considerando la posizione geografica del luogo, identificò ben presto che le rovine appartenevano alla città di Ugarit, della quale, già nel 14° secolo a.C., Abimilko, re di Tiro aveva scritto al Faraone egiziano Amenophis IV: "La città regale di Ugarit è stata distrutta dal fuoco". Effettivamente, nel terzo strato di rovine, a circa 4 metri di profondità, sui ruderi dissepolti sono evidenti le tracce di un incendio, ma negli strati inferiori, che risalgono a tempi immemorabili, si notano sconvolgimenti tali che non si possono attribuire nè al fuoco nè ad un terremoto.
Ivar Lissner, archeologo tedesco, tentò con calchi di gesso di ricostruire parzialmente la topografia di Ugarit, e nel suo libro "So habt Ihr gelebt" (Così essi vissero), scrive: " Estesi rioni erano tagliati da strade dritte che s' incrociavano ad angolo retto. Nei cortili si trovavano fontane circondate da muriccioli, coperte da lastroni di pietra rotondi, con un' apertura nel mezzo, protette da piccole tettoie. Le case avevano molte camere, bagni e perfette installazioni igieniche". Tra gli oggetti dissepolti sono stati trovati braccialetti e collane identiche a quelle rinvenute a Creta, nel Caucaso ed in Asia. Diverse tavolette incise a caratteri cuneiformi nella più antica lingua cananea rivelano che, dopo l' immane sciagura, la popolazione non fu mai sicura che, "dopo l' inverno, potesse realmente tornare la primavera". In un papiro egiziano, noto con il nome convenzionale di "Papiro di Harris", si legge: "Il Sud divenne Nord, e la Terra si rigirò".
S.
Giovanni, nell' Apocalisse scrive testualmente: "Non c' è
più mare: io vidi un nuovo cielo ed una nuova terra, poichè dal
cielo era scomparsa l' immensa minacciosa Luna". Ebbene, un'
antica leggenda Inca, tramandata da millenni, parla di una
spaventosa catastrofe "che distrusse il mondo nel tempo dell'
oscurità, quando si adorava Ka-Ata-Killa, la Luna Calante.
Allora il nostro paese (l' America Meridionale) era il cuore del
mondo. Poi l' Oceano si ritirò e noi non vedemmo più il mare,
noi che ai tempi della nostra grandezza, dominavamo le acque di
tutta la Terra". Questa leggenda, riferita all' etnologo
statunitense L. Taylor Hansen, doveva portare ad una sconcertante
scoperta.
Molte ricerche effettuate nelle città morte della Cordigliera
delle Ande, quasi tutte a circa 3.500 metri di altitudine,
rappresentavano per gli archeologi enigmi inspiegabili.
La più famosa di esse, Tiahuanaco, considerata la città più antica del mondo, o comunque dell' America, sorge a quota 3.800 metri sul livello del mare e domina dall' alto il grande Lago Titicaca, noto per l' alta percentuale salina delle sue acque. Per molto tempo era rimasto incomprensibile come si fossero potuti costruire palazzi le cui porte si aprivano su strapiombi impressionanti e fortezze aggrappate a ciglioni sui quali sarebbe stato assolutamentre impossibile arrivare. D' altra parte i geologi da diverso tempo insistevano nel cercare una spiegazione alla traccia dei sedimenti salini che si trovava circa 2.500 metri sul mare, obliqua all' attuale superficie del lago. Finalmente giunse la risposta a molti interrogativi: Tiahuanaco non era una città alpina, bensì una città di mare e le sue costruzioni "assurde" erano attrezzature portuali, moli, bacini. La linea biancastra, tanto discussa, era stata lasciata dalle acque dell' Oceano, ed il fatto che i sedimenti non siano paralleli alla sponda attuale, sta a significare che il terrificante sconvolgimento non solo sbalzò la terra a 3.500 metri sul livello del mare, ma ne cambiò persino la perpendicolarità rispetto al livello dell' acqua!
Dobbiamo quindi pensare che tutte le civiltà pre-incaiche della Cordigliera delle Ande furono un tempo ridenti località in prossimità del mare, e che i loro abitanti furono costretti ad abbandonarle, per salvarsi la vita, attraverso una fitta rete di gallerie sotterranee. Se ricordiamo l' episodio del Dalai Lama che asseriva di aver raggiunto da Lhasa la Colombia, tramite un tunnel segreto sotto il Pacifico, ritorniamo inevitabilmente nel Tibet. E nel Tibet, sotto la catena dell' Himalaia, dovrebbe trovarsi la favolosa Agartha. L' Agartha è il mistero nel mistero. Là vivrebbero tutt' ora gli eredi dei "Signori del mondo": nella grande città sotterranea sarebbero custoditi tutti isegreti dell' uomo, dalla sua comparsa sulla Terra alla sua ultima ora. Il territorio sacro dell' Agartha comprenderebbe una popolazione di circa 20 milioni di uomini. Essi abitano in quartieri divisi simmetricamente e ripartiti in costruzioni quasi esclusivamente sotterranee.
Oltre al Sovrano Pontefice di Agartha, 5000 Pundit (sapienti), 365 Bagwanda (ministri del culto) e 12 Membri Supremi sovrintendono alla vita pubblica. Le biblioteche, che si trovano nelle gallerie più profonde, sono inaccessibili ai profani, e custodiscono tutte le verità delle arti e delle scienze. Solo il Sovrano Pontefice ed i suoi più fidati consiglieri possiedono la conoscenza del catalogo dei preziosi libri. Questo sostengono Saint Yves d' Alveydre e Jaques Weiss. D' altro canto, Trarieux d' Egmond aggiunge che nei sotterranei di Agartha sono conservati anche studi sulle energie della natura, sulla matematica e sulla chimica, studi ai quali si erano già dedicati gli antichi abitanti di Gondwana. Dunque l 'Agartha esiste realmente? La razza primigenia di Gondwana è ancora tra noi? Quali e quante gallerie e città sotterranee continuano una loro vita così lontana eppure così vicino alla nostra
Forse il futuro potrà darci queste risposte.
Consigli
ai naviganti:
www.tmcstargate.tv
www.heramagazine.net
Le Piramidi di Giza La Sfinge Il Triangolo delle Bermuda Tunguska Nazca
Atlantide Lemuria Mu