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Errore trasfusionale

 

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La causa ancor oggi più frequente di eventi avversi è legata ad un uso non corretto delle unità trasfusionali, intendendo con tale termine soprattutto l’inappropriatezza del ricorso alla trasfusione e gli errori trasfusionali.
La terapia trasfusionale deve essere adottata soltanto quando esistano chiare e condivise indicazioni e comunque dovrebbe essere sempre seguita da un attento monitoraggio.

Attualmente, inoltre, non possono essere trascurate tutte le misure di supporto terapeutico alternative alla trasfusione, come  ferro, eritropoietina umana, interleukina 11, fattori di crescita granulocitari e l’impiego delle cellule staminali autologhe ed omologhe. E' stato dimostrato che tali presidi terapeutici sono in grado di ridurre il fabbisogno trasfusionale di un 35-40% rispetto a gruppi di controllo. 

Gli errori trasfusionali sono il risultato finale di uno o più errori procedurali o difetti tecnici nel processo che inizia con la decisione di trasfondere un paziente e si conclude con l’effettiva trasfusione. L'Istituto Superiore di Sanità ha di recente calcolato che ogni 4400-9800 morti dovute a errori medici una morte sia dovuta ad errore trasfusionale.
L’errata identificazione di un ricevente e le sue conseguenze spesso drammatiche rappresentano tuttora un problema importante in campo trasfusionale. In una revisione del 2000 (1), i dati riguardanti le cause di morte legate a trasfusione hanno rivelato una percentuale compresa fra il 20% e il 75% di decessi per somministrazione dell'emocomponente ad un paziente diverso da quello programmato.

Le più frequenti cause di errore nella trasfusione appaiono attribuibili a errori di etichettatura e di identificazione del paziente da trasfondere (2) che possono verificarsi sia nella struttura trasfusionale, sia in reparto, al momento del prelievo di campioni di sangue per gruppo e/o compatibilità.

Il progetto SHOT (Serious Hazards of Transfusion) condotto nel Regno Unito nel periodo 1996-1999 ha evidenziato, su 618 segnalazioni di incidenti trasfusionali, 335 casi di trasfusione di sangue errato (il 54,2%), di cui 140 per errata identificazione al letto del paziente, con 4 morti e 29 casi di morbilità maggiore immediata (3).

Se nei paesi di lingua anglosassone sono state proposte varie strategie per un'identificazione sicura del paziente, già dal 1992 in Italia il documento “Il buon uso del sangue” della Commissione Nazionale per il Servizio Trasfusionale proponeva “misure attuabili anche in assenza di strumenti oggettivi di identificazione: controllo a due livelli dell’identità del paziente, dei campioni di sangue e dei moduli di richiesta” descrivendo nel dettaglio la procedura: “l’infermiere responsabile verifica l’identità tra ricevente e nominativo al quale l’unità è stata assegnata, riportato sia sulla sacca sia sul modulo d’assegnazione-trasfusione; tale verifica viene quindi ripetuta dal medico che effettua la trasfusione, il quale controlla inoltre la compatibilità potenziale tra gruppo sanguigno del paziente e gruppo sanguigno dell’unità da trasfondere” un metodo tutto sommato semplice, che non richiedeva investimenti economici ma soltanto l’istituzione di linee guida chiare, sia nelle procedure di prelievo dei campioni sia nella somministrazione delle unità di sangue.

La constatazione che l’inosservanza delle procedure e dei protocolli operativi è responsabile della maggioranza degli errori trasfusionali ha portato numerosi autori a promuovere l’istituzione di Sistemi di Verifica e Revisione della Qualità o chiare procedure scritte, tra le quali le fondamentali linee guida proposte nel 1999 dal British Committee for Standards in Haematology, che dettano i principi basilari da cui possono trarre origine politiche gestionali locali, procedure scritte, protocolli (4).

Tra le strategie attuate per la sicurezza del ricevente grande rilevanza viene data alla componente umana, parte attiva di questa delicata fase del processo trasfusionale e, in particolare, alla necessità dell’identificazione di personale con training appropriato addetto alla trasfusione è stata più volte sottolineata ed i risultati di vari studi hanno dimostrato il notevole vantaggio che rappresenta l’istituzione di una figura professionale specificamente preparata nel coordinare l’intero processo trasfusionale (5, 6).

Partendo dalla considerazione che una parte dei danni subiti dai pazienti sono il risultato di un’interazione tra errori commessi dal personale e carenze nel sistema organizzativo, molti autori hanno anche puntato la loro attenzione sul contesto lavorativo (7), arrivando alla conclusione che un sistema organizzativo di reporting che incoraggiasse la rivelazione di errori costituirebbe un grande vantaggio per la gestione del rischio in medicina trasfusionale.

Altre strategie introducono infine nella pratica clinica l’utilizzo di dispositivi più o meno complessi volti a limitare o, perlomeno, a supportare l’impegno umano, quali l’utilizzo di braccialetti identificativi, sistemi computerizzati che ricordano on line le operazioni da compiere, ne documentano l’esecuzione e segnalano eventuali non conformità e sistemi di barriera concepiti in modo che una scorrettezza in una fase del processo renda impossibile l’esecuzione delle fasi successive.

Bibliografia

  1. Myhre BA, McRuer D: Human error: a significant cause of transfusion mortality. Transfusion, 40, 879, 2000.

  2. Ingrand P, Surer-Pierres N, Houssay D, Salmi LR: Reliability of the pretransfusion bedside compatibility test: assodation with transfusion practice and training. Transfusion, 38, 1030, 1998.

  3. Williamson LM, Cohen H, Love EM, Jones H, Todd A, Soldan K: The Serious Hazards of Transfusion (SHOT) Initiative: The UK Approach to Haemovigilance. Vox Sang, 78 (suppl 2), 291, 2000.

  4. British Committee for Standards in Haematology: Guidelines – The administration of blood and blood components and the management of transfused patient. Transfusion Medicine, 9, 1999, pp. 227–238

  5. C. McKenna: Blood minded. Nursing Times, 96, 14, 2000, pp. 27–28

  6. J. I. O. Craig et al.: Nurse practitioner support for transfusion in patients with haematological disorders in hospital and at home. Transfusion Medicine, 9, 1999, pp. 31–36

  7. H. S. Kaplan et al.: Identification and classification of the causes of events in transfusion medicine. Transfusion, 38, 1998, pp. 1071–1081

Normativa di riferimento

 

  • Piano Nazionale Sangue e Plasma 1999 – 2001

  • Ministero della Sanità – Commissione Nazionale per il Servizio Trasfusionale: Il buon uso del sangue, 1992

  • Decreto Ministeriale 3 marzo 2005 “Caratteristiche e modalità per la donazione di sangue e di emocomponenti”

  • Decreto Ministeriale 3 marzo 2005 “Protocolli per l’accertamento dell’idoneità del donatore di sangue e di emocomponenti”

   

 Copyright© 1999/2005 - Francesco Angelo Zanolli - Ultimo aggiornamento in data 16/11/2005