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Le vasculiti sistemiche comprendono un gruppo eterogeneo di patologie caratterizzate da infiammazione e necrosi delle pareti vasali di vario calibro e di qualsiasi distretto corporeo. Il risultato finale è in genere una stenosi del lume di arterie e/o vene e, talora, dilatazioni aneurismatiche, con lesioni ischemico-emorragiche dei parenchimi colpiti.
La terapia farmacologica delle vasculiti sistemiche varia in rapporto al tipo,
all’intensità ed all’estensione della malattia. I farmaci più impiegati sono i cortisonici e gli immunosoppressori, in particolare la
ciclofosfamide; nella panarterite nodosa HBV positiva sono stati utilizzati con
successo anche farmaci antivirali (vidarabina ed a-interferone).
Attualmente
le vasculiti
sistemiche rientrano nella classe II,
sia
secondo i criteri dell’ASFA che secondo quelli dell’AABB. L’efficacia del trattamento aferetico
tuttavia,
considerata l’estrema variabilità dell’espressione clinica,
non è valutabile nel complesso ma soltanto nei singoli casi, sulla base di
sopravvivenza (a breve ed a lungo termine) e miglioramento della patologia d’organo (rene, sistema nervoso centrale e
periferico, etc.).
associate ad un’aumentata mortalità a 5 anni, tali da rendere consigliabile un approccio terapeutico “aggressivo” che comprende anche il plasma-exchange. Come terapia alternativa al plasma-exchange, sono state utilizzate occasionalmente nella granulomatosi di Wegener le Ig e.v. ad alte dosi (400 mg/Kg/die per 5 gg).
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