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Concetto base delle procedure aferetiche è che, per essere utili, deve esistere un eccesso di un normale costituente o una sostanza patogena (tossici, cataboliti, anticorpi etc.) da rimuovere. Le sostanze nocive devono essere poi suscettibili, in seguito al trattamento, di riduzione a livelli che incidano sul decorso della malattia. I fattori che influenzano la capacità di ottenere una tale riduzione sono:
In alternativa, il plasma deve essere carente di una sostanza essenziale che viene fornita con le soluzioni reinfuse.
La plasmaferesi può prevedere in alcuni casi la semplice sostituzione
del materiale rimosso, (plasma-exchange), in altri una sua elaborazione e integrazione,
per modulare la concentrazione plasmatica
delle sostanze il cui eccesso può essere responsabile della patologia (plasmaferesi
terapeutica semiselettiva e selettiva). In tali condizioni, questa terapia è ben tollerata e permette di acquisire risultati molto soddisfacenti, migliorando la prognosi dei pazienti. Meritano comunque attenzione i possibili rischi legati a questa procedura.
Le
modificazioni del volume intravascolare che si verificano durante l'aferesi e lo
sbilanciamento degli elettroliti e delle globuline possono far precipitare una
situazione già grave nel paziente.
Le più comuni
cause di morte (3 casi ogni 10.000 pazienti trattati) sono rappresentate dagli incidenti cardiovascolari (aritmia o
arresto cardiaco durante o immediatamente dopo la procedura) e da quelli
respiratori (edema polmonare e ARDS, che generalmente insorgono durante la
procedura).
Altre
complicanze gravi della terapia aferetica sono le crisi ipotensive, le reazioni
anafilattiche, la tossicità da citrato, l'emolisi, disturbi respiratori ed
infezioni.
Si deve infine ricordare che la plasmaferesi può diminuire in maniera rapida ed in misura notevole i livelli ematici dei farmaci in circolo, aggravando situazioni cliniche già compromesse.
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