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Colla di fibrina

 

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L’accelerazione dei processi emostatici a livello dei tessuti lesi nel corso dell’intervento chirurgico rappresenta da sempre il metodo principale per limitare le perdite ematiche perioperatorie e, di conseguenza, ridurre la morbidità indotta dall’accumulo di sangue o altri fluidi nei tessuti limitrofi alla ferita chirurgica (ritardata guarigione, infezioni, etc.) e la necessità di supporto trasfusionale.

La continua ricerca di metodi atti a conseguire tale obiettivo ha portato alla realizzazione degli elettrocoagulatori ed allo sviluppo dei moderni bisturi laser. Nel corso degli anni, inoltre, sono stati sviluppati numerosi agenti emostatici naturali o sintetici quali i prodotti a base di collagene, le spugne di gelatine riassorbibili, i composti di cellulosa ossidata e le colle a base di cianacrilato sintetico.

Tra questi tipi di prodotti la “colla di fibrina” é stata considerata da molti chirurghi come il prodotto che più si avvicina “collante” topico ideale (1).

La “colla di fibrina” é un adesivo a 2 componenti composto da un concentrato di fibrinogeno ottenuto con varie modalità (concentrato che contiene anche altri fattori attivi nei processi emostatici quali il fattore XIII, la fibronectina e l’aprotinina) e da soluzioni di trombina.

Al momento dell’utilizzo i 2 componenti vengono miscelati in presenza di ioni calcio, riproducendo così le fasi finali del processo della coagulazione: la trombina induce il distacco dei fibrinopeptidi A e B dalle rispettive catene A-alfa e B-beta del fibrinogeno e la formazione di monomeri di fibrina che polimerizzano immediatamente mediante deboli legami a idrogeno, per formare un primo coagulo gelatinoso ed instabile. Il fattore XIII, a seguito dell'attivazione indotta dalla stessa trombina e in presenza di ioni calcio, catalizza la conversione dei deboli legami ad idrogeno tra i monomeri di fibrina in forti legami covalenti e conseguentemente induce la formazione di un coagulo stabile, insolubile e non friabile. Il fattore XIII inoltre induce il legame al coagulo di un inibitore della plasmina (l’a2 plasmin inhibitor) svolgendo così un ruolo molto importante nel proteggere il coagulo da una precoce degradazione da parte della plasmina plasmatica. Il fattore XIII, infine, interagendo con fibronectina ed altre glicoproteine plasmatiche concorre ad aumentare l’adesione del coagulo alla sede della lesione (2,3).

La colla di fibrina é priva di tossicità per i tessuti su cui viene applicata, promuove la formazione in pochi secondi di un coagulo ben adeso ai tessuti, é completamente riassorbita in qualche giorno e appare in grado di stimolare i processi riparativi e la crescita dei tessuti lesi su cui é applicata (1).

Attualmente vengono utilizzati diversi tipi di “colla di fibrina” che vengono normalmente suddivisi in 2 categorie, i prodotti commerciali e quelli realizzati in laboratorio (o “home-made”), che si differenziano per la metodologia di preparazione del concentrato di fibrinogeno.

Nei prodotti commerciali il fibrinogeno é estratto da pool di un elevato numero di unità di plasma prevalentemente utilizzando il processo di frazionamento di Cohn mentre nella colla di fibrina "home made" il fibrinogeno viene ottenuto da singole unità di plasma allogenico o autologo per lo più attraverso il processo della crioprecipitazione.

 

Colle di fibrina del commercio

 

Attualmente in Europa sono disponibili in commercio diversi prodotti identificati come colla di fibrina tra i quali i più comunemente utilizzati sono noti con il nome commerciale di Tissucol/Tissel, Biocol e Beriplast.

Nella maggior parte dei prodotti per la preparazione del concentrato di fibrinogeno viene utilizzato il metodo del frazionamento di Cohn che consente, attraverso ripetuti passaggi di precipitazione termo-chimica, di ottenere un prodotto con elevate concentrazioni di fibrinogeno (circa 80-120 mg/ml) e di fattore XIII (10-30 UI/ml) (3,4). Il frazionamento di Cohn viene inoltre utilizzato da tutti i produttori per la preparazione delle soluzioni di trombina che attualmente nella quasi totalità dei prodotti disponibili in Europa viene preparata esclusivamente da plasma umano.

Nel corso del processo di preparazione, tutti i prodotti attualmente in commercio sono sottoposti a uno o più processi di sterilizzazione ed inattivazione virale che variano da prodotto a prodotto (trattamento con solvente-detergente, pastorizzazione, autoclave, etc.) garantendo la pressoché assenza di rischio di trasmissione di agenti virali, in particolare per quanto concerne i virus dell’epatite e l’HIV.

Se i rischi di trasmissione di agenti virali attraverso questi prodotti sono da ritenersi oggi superati, persistono invece numerosi timori per quanto riguarda la trasmissione di prioni o il rischio di immunizzazione nei confronti di uno o più componenti delle colle di fibrina (5).

Tali rischi, benché ridotti rispetto ad un recente passato per la sostituzione di trombina di origine bovina con quella di origine umana, sono tuttavia motivati dalla presenza nei prodotti del commercio di aprotinina di origine bovina.

Un ulteriore elemento che ha limitato l’uso delle colle di fibrina del commercio, soprattutto per quei campi di utilizzo che richiedono l’applicazione di elevati volumi di prodotto, è rappresentato dall’elevato costo, che in Italia è attualmente di circa 80-100 euro/mL.

 

Colle di fibrina “home-made”

 

L’elevato costo dei prodotti del commercio e il divieto posto nel 1978 dalla Food and Drug Administration alla loro distribuzione negli Stati Uniti ha stimolato la produzione delle cosiddette colle di fibrina “home-made” ossia di preparati a base di concentrato di fibrinogeno realizzati nei laboratori di centri trasfusionali e di banche del sangue a partire da singole unità di plasma allogenico o autologo.

Per la produzione di concentrati di fibrinogeno in laboratorio sono stati sperimentati e messi a punto sia metodi di precipitazione chimica che di crioprecipitazione. Benché i metodi di precipitazione chimica consentano di ottenere concentrazioni di fibrinogeno e fattore XIII simili a quelle dei prodotti del commercio i sistemi di gran lunga più utilizzati in laboratorio sono quelli che si basano sulla crioprecipitazione in quanto la precipitazione chimica può essere realizzata solo su limitati volumi di plasma e richiede l’impiego di sistemi aperti.

La metodica di crioprecipitazione che viene utilizzata per la preparazione del concentrato di fibrinogeno delle colle di fibrina “home-made" è la medesima che viene adottata per la preparazione del crioprecipitato, normalmente prodotto nei centri trasfusionali e utilizzato a scopi trasfusionali e prevede lo scongelamento a + 4°C per circa 12 ore (nel corso della notte) di una unità di plasma fresco congelato, da donazione convenzionale o da aferesi, e contemporaneo trasferimento per sifonamento del plasma sovranatante in una sacca satellite posta ad un livello più basso della sacca madre (6). Tale metodica, molto semplice ed economica, consente tuttavia di ottenere concentrazioni di fibrinogeno sensibilmente inferiori a quelle presenti nei prodotti del commercio e raramente superiori a 25-30 mg/ml.

Per incrementare il contenuto di fibrinogeno del crioprecipitato sono state messe a punto numerose varianti alla metodica classica tra le quali, in particolare, quelle che prevedono la centrifugazione dell’unità di plasma dopo lo scongelamento o un doppio ciclo termico di crioprecipitazione della unità di plasma seguito da centrifugazione (1,7-9). Tali metodologie di crioprecipitazione consentono di ottenere concentrazioni di fibrinogeno di circa 40-60 mg/ml (10).

La colla di fibrina “home made” presenta, nei confronti dei prodotti del commercio, un importante vantaggio in termini di economicità ma ha altresì rilevanti svantaggi che ne hanno limitato l’utilizzo.

In primo luogo la concentrazione di fibrinogeno e fattore XIII è sensibilmente inferiore a quella presente nei prodotti commerciali e soprattutto altamente variabile da una preparazione all’altra. Inoltre, benché la metodica di preparazione sia semplice ed  utilizzi procedure familiari al personale che lavora in centro trasfusionale, la produzione in laboratorio richiede molto tempo (il che rende di fatto impossibile l’utilizzo di prodotti “home made” in interventi d’urgenza) ed un consistente impegno di personale.

Le colle di fibrina prodotte in laboratorio, infine, non vengono sottoposte a processi di sterilizzazione o di inattivazione virale, il che rende tali prodotti, in particolare quelli che vengono preparati da unità di plasma allogenico, meno sicuri dei prodotti del commercio anche per il rischio di inquinamento batterico in corso di preparazione, sempre presente quando vengono utilizzati sistemi aperti.

Un ulteriore problema dei prodotti “home made” è rappresentato dal tipo di soluzione che viene miscelato al momento dell’applicazione al concentrato di fibrinogeno per indurne la trasformazione in fibrina. A tale scopo sono state utilizzate soluzioni di trombina, bovina o umana, o prodotti surrogati.

L’uso della trombina bovina, benché efficace ed economico, è stato ormai abbandonato in quasi tutti i Paesi non solo per il rischio di trasmissione di prioni ma anche per il documentato e grave rischio di indurre la produzione di anticorpi nei confronti di fattori della coagulazione bovini (in particolare del fattore V) in grado di “cross-reagire” con quelli umani e di indurre gravi coagulopatie (3,11).

Le soluzioni di trombina umana, che nei prodotti commerciali hanno rimpiazzato quelle di origine bovina, sono difficilmente reperibili in quanto quelle in commercio sono generalmente approvate per esclusivo uso diagnostico ed hanno costi elevatissimi. I prodotti surrogati, quali la batroxobina (Botropase), seppur molto economici inducono un'attivazione molto lenta del fibrinogeno, il che li rende idonei all’utilizzo pratico solo in un limitati campi di impiego.

Una potenziale soluzione ai problemi che limitano l’utilizzo della colla di fibrina “home made” appare essere offerto da un sistema altamente innovativo recentemente introdotto in commercio e denominato “Cryoseal System”, prodotto dalla società Thermogenesis Inc. e  distribuito dalla ditta Dideco SpA (12).

Tale sistema, composto da una apparecchiatura dedicata dotata di uno scambiatore termico a controllo computerizzato e di specifici dispositivi monouso, consente di produrre, in modo totalmente automatico ed in circa 1 ora,  6-8 ml di concentrato di fibrinogeno e di un equivalente volume di trombina umana a partire da una singola unità di plasma allogenico o autologo.

L’intera procedura avviene in circuito chiuso e prevede, al termine del ciclo produttivo, il trasferimento delle due componenti in siringhe separate e preconfezionate all’interno di un involucro che ne conserva la sterilità  e consente il trasferimento con procedura sterile al campo operatorio.

 

Uso clinico delle colle di fibrina     

 

La preparazioni di colla di fibrina, sia del commercio che “home made”, hanno trovato un largo impiego in vari campi della pratica chirurgica ove sono state utilizzate principalmente con uno dei seguenti obiettivi: facilitare l’adesione tessutale, coadiuvare le suture chirurgiche e favorire l’emostasi (1,3,4,13). Purtroppo, benché in letteratura siano reperibili numerosissimi studi clinici in una ampia varietà di applicazioni chirurgiche, la maggior  parte delle pubblicazioni si riferiscono a studi non controllati e condotti su un limitato numero di pazienti.

Le più comuni applicazioni cliniche della colla di fibrina sono nel campo della chirurgia cardiovascolare, toracica e neurochirurgica. Importanti risultati sono inoltre stati ottenuti anche nel campo della chirurgia addominale, epatica e maxillofacciale.

La più ampia esperienza finora acquisita sulla colla di fibrina riguarda probabilmente l’ambito cardiovascolare nel quale tali prodotti sono stati utilizzati come emostatici per ridurre il sanguinamento, lento e diffuso, che si produce su ampie superfici di tessuti cruentati o lungo linee di sutura di anastomosi vascolari o da sedi di puntura d’ago. Numerosi studi pubblicati in questo ambito, molti dei quali randomizzati e controllati, sembrano dimostrare l’efficacia della colla di fibrina nel ridurre il sanguinamento nei reinterventi su bypass coronarico e nella chirurgia delle cardiopatie congenite (14).

Importanti risultati sono stati ottenuti nella chirurgia toracica ed in particolare per il trattamento di lesioni o fistole bronchiali con fuoriuscita gassosa che possono verificarsi nel corso di interventi di decorticazione o resezione polmonare. In un importante studio controllato e randomizzato (15) condotto su un totale di 114 pazienti l’incidenza di complicazioni tali da causare fuoriuscita gassosa è risultato del 41% inferiore nel gruppo trattato con colla di fibrina rispetto a quello di controllo (p<0.02). Nel gruppo dei pazienti trattati è stata inoltre osservata una riduzione del periodo di ospedalizzazione, con un valore mediano di  1 giorno (p<0.05).

In campo neurochirurgico la colla di fibrina è utilizzata con ottimi risultati nel trattamento di brecce della dura con perdite di liquor e come sigillante nelle anastomosi vascolari intracraniche o nelle suture della dura dopo craniotomia.

Numerosi studi hanno dimostrato l’efficacia dell’applicazione per via endoscopica della colla di fibrina per il trattamento dell’ulcera gastrica sanguinante. In uno studio condotto su 955 pazienti, in 716 casi è stato possibile arrestare l’emorragia dopo una singola applicazione di colla di fibrina ed in altri 239 pazienti dopo una seconda applicazione (16). Un  successivo studio ha inoltre dimostrato la maggior efficacia della applicazione della colla di fibrina nei confronti del trattamento con soluzioni sclerosante: nei pazienti trattati con colla di fibrina è stata infatti rilevata una riduzione del 33.3 della frequenza di recidive e una riduzione del 40.8% nella frequenza dei fallimenti terapeutici (17).

L’applicazione di colla di fibrina è risultata altamente efficace nel ridurre il sanguinamento dalle superficie di taglio in corso di epatectomia ed uno studio randomizzato condotto su 62 pazienti sottoposti a resezione epatica ha dimostrato la maggior efficacia della colla di fibrina nei confronti dell’applicazione di microcristalli di collagene nel prevenire sanguinamento postoperatorio o stravasi biliari (18).

La colla di fibrina è stata inoltre utilizzata con successo per controllare il sanguinamento dopo estrazioni dentali o nel corso di piccoli interventi chirurgici in pazienti ad elevato rischio di sanguinamento per difetti congeniti della coagulazione o perché in terapia anticoagulante (2,4)

Infine, la colla di fibrina viene largamente utilizzata e con ottimi risultati in chirurgia plastica (soprattutto per facilitare l’attecchimento di trapianti cutanei in pazienti ustionati) e  maxillofacciale.

Nell’ambito della chirurgia maggiore ad elevato sanguinamento gli studi disponibili sono, fatta eccezione per l’ambito cardiovascolare e della chirurgia epatica, limitati. Recentemente é stato condotto nel nostro Istituto uno studio controllato per valutare l’efficacia della colla di fibrina, prodotta da crioprecipitato autologo, nel limitare il sanguinamento in 20 pazienti sottoposti ad intervento di protesi totale d’anca (19). Per la preparazione del crioprecipitato é stata utilizzato il sistema  Cryoseal Thermogenesis-Dideco, precedentemente descritto. Il crioprecipitato è stato applicato nel canale femorale prima della installazione della protesi mediante un applicatore, attraverso il quale è altresì avvenuto il miscelamento, con rapporto 1:1, del concentrato di fibrinogeno con una soluzione di 100 U/ml di trombina umana (Ortho Diagnostic System) .

L’efficacia della colla di fibrina é stata valutata comparando tra i 2 gruppi le perdite eritrocitarie calcolate sommando alla riduzione della massa eritrocitaria circolante tra il preintervento ed il 5° giorno postoperatorio il volume di eritrociti trasfusi nello stesso periodo. Nonostante i due gruppi presentassero caratteristiche sovrapponibili per età, sesso, ematocrito basale e preoperatorio, nel gruppo di pazienti in cui é stata utilizzata la colla di fibrina la perdita di RBC é risultata significativamente inferiore (640 + 121 ml vs 904 + 152 ml di RBC p= 0.000). In nessuno dei pazienti sono stati osservati effetti indesiderati attribuibili all’uso della colla di fibrina.

Tali risultati, sebbene preliminari, sembrano indicare che la colla di fibrina “home made” prodotta con procedura automatica e a circuito totalmente chiuso possa rappresentare un efficace e sicura strategia per ridurre le perdite ematiche anche nella chirurgia maggiore. Sono tuttavia necessari ulteriori studi per definire il rapporto costo-efficacia della procedura e il ruolo che la colla di fibrina può svolgere nella medicina trasfusionale.

 

Conclusioni

 

 

Bibliografia

 

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  4. Alving BM, Weinstein JS, Finlayson JE, Menitove JE, Fratantoni JC. Fibrin sealant: summary of a conference on characteristics and clinical use. Transfusion 1995; 35: 783-90

  5. Nichols W. Adverse antibody-mediated reactions to topical bovine thrombin and fibrin glue. Symposium on Fibrin Sealant: Characteristics and Clinical Use. Bethesda, Uniformed Services University of the Health Sciences. 1994 pp 5-10

  6. Strada P, D’Angiolino A, Caloprisco G. Prelievo, preparazione. Conservazione e assegnazione di componenti del sangue umano per uso terapeutico non trasfusionale. Il Servizio Trasfusionale 2000; 6: I-XII

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 Copyright© 1999/2005 - Francesco Angelo Zanolli - Ultimo aggiornamento in data 16/11/2005