"Istantanee con riflessi"
è un lavoro esteriormente "anomalo" che affianca,
in legame ambivalente, parola e segno grafico e la sua
lettura - non sempre facile - presuppone un atteggiamento di
base altrettanto anomalo: dotarsi di un buon occhio
fotografico per capire delle "traduzioni"!
Che di traduzioni si tratti lo dichiara lo
stesso autore (89) mostrandoci così, da una parte, l'origine
in altro codice della sua ispirazione, dall'altra la costante
tensione di farsi ripagare dai segni scelti.
Che sotto questa tensione, anche dopo il flash,
perduri un occhio fotografico è una scoperta graduale e
piacevole che diviene traccia di interpretazione ad una
rilettura più attenta per l'atmosfera che riesce a creare
soprattutto nei momenti di passaggio.
Ma quest'atmosfera, delineata con
articolazioni formali che si strutturano in criteri diversi e
sono fruibili a diversi livelli, non deve stornare dalla
sostanziale unitarietà del registro di lettura che si impone.
L'occhio è solo il filo conduttore del
desiderio costante e granitico di confrontarsi con tutto; il
filtro (la calcolata deformazione dell'insieme) non fa che da
veicolo ad un piccolo nucleo altrettanto coerente di
convinzioni che si sviluppano con estremo rigore passando
dalla percezione di sè stesso, all'astrazione, alla
convinzione, al coinvolgimento.
Su tutto gioca da contrappunto la "riflessione"
che è contemporaneamente intesa sia come il rinvio di un
segnale che come il bisogno di restituirlo personalizzato, ad
effetto.
Questa ricerca dell'effetto costringe l'autore
ad un gioco di equilibrio fra un'enunciazione tutta
imperniata su concetti che rischiano con coraggio l'aforisma
ed un segno grafico inteso a negare drasticamente la
tentazione di riempire l'occhio e basta e non solo sa evitare
le sterilità del determinismo spicciolo ma assume
addirittura il ruolo di obiettivo fondamentale e provocatorio:
rimpallare verso il lettore stesso la responsabilità di
contornare dei flashes che accendono una realtà diversa,
obbligarlo a confrontarsi con una normalità ripensata.
E' un coinvolgimento che ribalta il meccanismo
del gioco: al lettore viene proposto in più solo un punto di
riferimento non indifferente nè oggettivo. Egli viene
ricondotto, più che alla regola del dialogo, a quella del
confronto, è quasi obbligato, prima ancora di ogni
elaborazione dialettica, a riflettersi in modo viscerale
dentro valori, a ridefinire parametri di fondo.
Invito scomodo, tanto più provocatorio e
puntiglioso quanto più si può essere, legittimamente,
lontani dai criteri culturali di rilettura che vengono
proposti.
Comunque un invito sempre ripagato appieno
dall'originale riproduzione del gioco dei segni, dalla volontà
- spesso capace di risultati affascinanti - di tracciare un
nuovo margine di significati tra la percezione sofferta e la
leggibilità del segno che la deve esprimere.
Prof. FABRIZIO BETTONI
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