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LE ALZATE LATERALI COMPOSTE: UNA "NUOVA" SOLUZIONE PER I DELTOIDI?


A quanti di voi sarà capitato di vedere atleti (amatoriali e non) con trapezi enormi e - al contempo - deltoidi così piccoli da produrre un insieme così "disarmonico" da risultare lontano anni luce dai canoni estetici di linea ed eleganza che invece ogni body-builder dovrebbe ricercare? Beh, anche se è la genetica a condizionare fortemente i progressi e lo sviluppo muscolare dell'atleta, l'allenamento giusto e personalizzato ha sicuramente la sua importanza.

È nostra convinzione che una delle condizioni indispensabili per poter risolvere un problema sia conoscere a fondo l'argomento trattato. Bisogna cioè liberarsi dagli empirismi, dal "sentito dire" e dai "facili" consigli dell'autoproclamatesi esperto di turno.
Nel caso specifico, conoscere l'argomento vuol dire - tra l'altro - aprire un buon libro di fisiologia (cioè rivolgersi alla scienza) e cercare di capire com'è che funziona il deltoide che è un muscolo monoarticolare che, agendo sull'articolazione scapolo-omerale, determina quanto vedremo adesso.

1) Nell'articolazione scapolo-omerale, si vengono a realizzare una serie di movimenti, nei vari piani spaziali, intorno ai principali assi aventi come punto comune la testa dell'omero. Scendendo nei particolari, possiamo distinguere in:
1.a) Movimenti intorno all'asse antero-posteriore, con conseguente rotazione dell'omero sul piano frontale: adduzione in anteposizione fino a 45°; adduzione in retroposizione fino a 20°; abduzione fino a 90°.
1.b) Movimenti intorno all'asse trasverso: anteposizione o flessione fino a 60°; retroposizione o estensione fino a 20°.
1.c) Movimenti intorno all'asse verticale: rotazione interna di 80°; rotazione esterna di 60°.

2) Vediamo, adesso, come agisce il muscolo deltoide nei movimenti elencati nel punto "1".
2.a) Intorno all'asse anteroposteriore: adduzione a carico dei fasci clavicolari e spinali; abduzione del fascio acromiale (0 a 90°) con l'intervento pressoché immediato dei fasci spinali e dei fasci clavicolari (già dopo i 20-30°).
2.b) Intorno all'asse trasverso: flessione dell'omero a carico dei fasci clavicolari (da 0 a 60°); estensione dell'omero a carico dei fasci spinali (da 0 a 50°).
2.c) Intorno all'asse verticale: rotazione interna dell'omero a carico dei fasci clavicolari; rotazione esterna dell'omero a carico dei fasci spinali.

Dalla sbrigativa e sicuramente non approfondita analisi biomeccanica effettuata si possono trarre le basi per l'assegnazione degli esercizi più idonei in funzione delle varie problematiche.
Gli esercizi, sono il mezzo che ci consente di instaurare quell'insieme di situazioni che conducono ai complessi meccanismi di ipertrofia/iperplasia, ma non sempre - a causa della radicata sottocultura presente nel nostro ambiente e della capillare diffusione di pseudoallenatori - i movimenti scelti richiedono l'intervento dei muscoli da stimolare. I motivi per cui un muscolo non svolge un adeguato lavoro durante l'esecuzione di un esercizio che lo interessa possono essere, a grandi linee, i seguenti:

  1. scarsa mobilità articolare a livello delle articolazioni interessate, direttamente o indirettamente, dall'esercizio;
  2. prepotenza di altri muscoli, che agiscono in sinergia con il muscolo da allenare, ma svolgono la maggior parte del lavoro;

Per far comprendere meglio il discorso, consideriamo un caso pratico prendendo in considerazione un esercizio piuttosto comune, come le classiche
aperture laterali con manubri in piedi.
Tanto per cominciare andiamo a considerare il punto di partenza, quando il braccio è parallelo al vettore "forza di gravità" perpendicolare al suolo; in tale punto il deltoide laterale non compie alcun lavoro (punto morto). Iniziando il sollevamento, ecco che tale muscolo inizia ad essere interessato fino al punto di massimo sforzo, ossia quando il braccio è parallelo al suolo. Ma adesso
attenzione: se ci fate caso in questo punto non è il deltoide laterale il solo muscolo ad essere coinvolto, ma piuttosto quello (a parte altri che ne stabilizzano il movimento) che tende ad effettuare maggiormente il lavoro è il "muscolo trapezio" [NB: Il coinvolgimento di tale muscolo varia in più od in meno da soggetto a soggetto tant'è che l'esercizio appena analizzato può portare ad uno sviluppo ottimale dei deltoidi laterali in alcuni (in quei pochi favoriti geneticamente) soggetti ed invece allo sviluppo dei trapezi in altri (la maggioranza), tanto da dar loro la classica disarmonica forma "a piramide". Quindi se spunta il "classico" pseudo-campione con la storiella "…a me con le alzate laterali crescono i deltoidi e non i trapezi", potete anche credergli, ma non aspettatevi che ciò accada anche per voi…]

Un esercizio interessante

Un esercizio, a volte (sicuramente a torto!) dimenticato, che può aiutare tantissimo per massimizzare lo sviluppo dei deltoidi laterali è quello delle Alzate laterali sdraiati su un fianco (alcuni lo denominano Alzate laterali su panca "stile Arnold", in quanto esiste una famosa foto che ritrae il noto campione austriaco intento ad eseguire tale esercizio).

Osservando il movimento, si può facilmente notare che - a causa della posizione inclinata del corpo - il punto morto iniziale dell'apertura laterale in piedi classica è assente e che il trapezio è molto meno interessato.


Ma non basta
: a conferma della bontà dell'esercizio, l'analisi elettromiografica relativa alla stimolazione del deltoide laterale, lo posiziona davanti ad altri esercizi estremamente più diffusi (fatevi spiegare dal vostro istruttore perché continua ostinatamente a farveli eseguire, visto che sono meno efficaci….) come le già citate alzate laterali all'impiedi o le alzate laterali ai cavi.

Nonostante tali vantaggi anche questo esercizio presenta dei punti deboli: il punto di massimo sforzo si raggiunge quando il braccio è parallelo al suolo, per cui il movimento tende a perdere efficacia in prossimità della posizione di massima contrazione.

Cosa si può fare allora per ottimizzarlo?
Beh, un'idea potrebbe essere quella di eseguire una superserie di
Alzate laterali sdraiati su un fianco e di Alzate laterali nella classica posizione in piedi; in tal modo, prima si cerca di preaffaticare il deltoide senza interessare particolarmente il trapezio e poi si completa il movimento sfruttando anche la posizione di massima contrazione.

Ecco un possibile esempio:

APERTURE LATERALI COMPOSTE IN SUPERSERIE: 3 x 5 + 5-7  (ossia 5 ripetizioni in posizione inclinata + 5-7 ripetizioni in superserie in piedi, un braccio per volta)

Attenzione: questo è solo un esempio che va poi applicato e personalizzato sull'atleta. Tanto per fare un esempio, il numero di ripetizioni e la frequenza di allenamento variano a seconda della composizione di fibre dei deltoidi. Inoltre, l'allenamento per i deltoidi va inserito in un programma globale organizzato in base all'eterocronismo del ripristino muscolare ed associato ad una corretta alimentazione e ad una specifica (fondamentale per alcune biotipologie) integrazione.

Non ci resta che augurarvi, buon allenamento … e non prendetevela con noi se il vostro budget ne risentirà pesantemente: sarete obbligati a rinnovare il vostro guardaroba ed a comprarvi delle magliette più larghe…


BIBLIOGRAFIA:




Ha collaborato alla stesura dell'articolo Nazareno Cannuci, istruttore di bodybuilding e fitness, personal trainer e relatore nei corsi dell'Accademia del Fitness. Partecipa da anni a seminari specializzati su alimentazione ed integrazione personalizzata in base al particolare biotipo morfologico.

    http://digilander.libero.it/nazareno77/ - http://blog.libero.it/nazareno77/ - E-mail: nazarenocannuci@virgilio.it