Partita doppia
Una grande società è una società in cui gli uomini d’affari hanno una grande idea delle loro funzioni.
In principio c’era un
uomo che voleva fare qualcosa di rilevante, qualcosa che avesse rilievo.
Si rendeva conto del
fatto che da solo non sarebbe riuscito e che avrebbe avuto bisogno di risorse.
Si associò con altri uomini e decise di fondare un’impresa. Era diventato
imprenditore.
In principio c’è il
nulla, ma il fatto stesso di voler destinare risorse all’impresa la fa nascere
dal nulla¼
Cos’è? una parodia della Genesi? o una contraddizione
logica?
La similitudine, non la
parodia, della Genesi risulterà molto appropriata se mi lasci continuare. E
poi, di grazia, perché avrei enunciato una contraddizione logica?
Perché non si può dire “c’è il nulla”, o meglio si può
dire, ma non è possibile attribuire un significato a tale affermazione, in
quanto se io dico “esiste il nulla”, il nulla diviene subito qualcosa che
esiste, mentre il concetto di “nulla” deve negare ogni esistenza, persino la
propria.
Eppure, quando si
compone al telefono il numero 555, si sente una voce che dice: attenzione, il
numero selezionato è inesistente (e meno male che l’informazione è gratuita).
Non dovrebbe essere possibile selezionare un numero “inesistente”.
Però mi hai dato lo
spunto per alcune precisazioni:
è possibile enunciare un’affermazione linguisticamente
corretta (dal punto di vista di ortografia, grammatica e sintassi) anche se falsa
o priva di significato, per esempio “la neve è nera”. Non si può dire che la
frase sia scorretta, salvo che, alla prova dei fatti (e solo alla prova dei
fatti) si scopre che è falsa. È uno dei misteri del linguaggio, anche se molto
provvidenziale, poiché permette di mentire! Però se voglio indagarne il
significato, non ho altra scelta che confrontarmi col mondo reale e andare a
vedere la neve.
Si cade in una trappola
quando si pensa che “esistente” sia una proprietà di un oggetto. In realtà,
secondo la logica moderna, trattasi non di un predicato, cioè una proprietà di
un oggetto, ma di un quantificatore, cioè un presupposto affinché un oggetto
possa avere delle proprietà.
Lo stesso sant’Anselmo
(prima d’Aosta, poi di Bec e infine di Canterbury) si è ingannato basando su
tale svista la sua celebre prova ontologica dell’esistenza di Dio formulata nel
1077. Poi è arrivato Kant a confutarlo definitivamente e proprio sul piano
della logica… A ogni buon conto, Dante lo aveva già collocato in Paradiso, tra
gli spiriti sapienti.
Perdona, se ti ho costretto a fare una divagazione
filosofica. Parlami ancora di impresa.
Stavo dicendo che
l’imprenditore fa nascere un’impresa dal nulla con il concorso di altri, che
chiamerà soci.
Considerando l’impresa
come un ente a sé, questa è titolare di un credito verso i soci pari
all’ammontare delle risorse che questi intendono conferire e di un debito di
pari importo verso gli stessi soci, in quanto questi sono pur sempre i
proprietari e l’impresa deve rendere loro conto.
Per avere un resoconto
preciso della situazione, si usa redigere un prospetto che mostri tutto ciò.
Tale prospetto si chiama “Bilancio” e prende il nome dal fatto che, se
registrati secondo il metodo della Partita doppia, gli importi si bilanciano
sempre perfettamente. Ecco il primo bilancio, subito dopo la fondazione:
Attivo
Credito verso i soci
(Capitale da ricevere) |
1.000 |
Passivo
Debito verso i soci
(Capitale sociale) |
1.000 |
Totale
|
1.000 |
Totale
|
1.000 |
Ed ecco il miracolo: il credito
verso i soci è pari al debito verso gli stessi soci.
+1.000
e –1.000 = 0 = nulla!
Eppure l’impresa esiste,
è un nulla che esiste, ed è già in grado di fare qualcosa, cioè l’unica cosa
che la legge permette a questo stadio: trasformare il credito in qualcosa di
più concreto.
Supponiamo che i soci
versino una parte del credito (pari a 400). Il nuovo bilancio sarà:
Attivo
Denaro in cassa |
400 |
Passivo
Debito verso i soci
(Capitale sociale) |
1.000 |
Credito verso i soci (Capitale
da ricevere) |
600 |
|
|
Totale
|
1.000 |
Totale
|
1.000 |
Col denaro in cassa si
può poi pensare di acquistare materiali e macchinari per la produzione per 100
e per 200. Il bilancio a questo punto sarebbe questo:
Attivo
Denaro in cassa |
100 |
Passivo
Debito verso i soci
(Capitale sociale) |
1.000 |
Materie prime |
100 |
|
|
Macchinari |
200 |
|
|
Credito verso i soci
(Capitale da ricevere) |
600 |
|
|
Totale
|
1.000 |
Totale
|
1.000 |
Si può anche pensare di acquistare
una sede sociale per 500 accedendo al credito bancario. Il nuovo bilancio è
questo:
Attivo
Denaro in cassa |
100 |
Passivo
Debito verso banche |
500 |
Materie prime |
100 |
Debito verso i soci
(Capitale sociale) |
1.000 |
Macchinari |
200 |
|
|
Immobile sociale |
500 |
|
|
Credito verso i soci
(Capitale da ricevere) |
600 |
|
|
Totale
|
1.500 |
Totale
|
1.500 |
Si potrebbe continuare
con tutte le operazioni che l’impresa compie nel corso della sua vita, ma a questo
punto oramai è tutto chiaro: partendo dal nulla, lo zero iniziale si sdoppia in
due componenti di pari importo ma di segno opposto, i debiti e i crediti verso
le stesse persone.
Successivamente, crediti
e debiti si trasformano in altri elementi di attivo, passivo, ricavi e costi,
la cui somma algebrica risulta comunque zero.
È il metodo della
Partita doppia che si incarica con il suo algoritmo di bilanciare perfettamente
le cose, in ciascun momento.
Quello che realmente
importa è che il nulla sia diventato qualcosa in grado di agire e di
raggiungere gli obiettivi dei soci imprenditori.
Mi pare interessante l’idea di quello zero, quel nulla,
che si scinde in vari elementi che singolarmente sono qualcosa di concreto ma
che, sommati, danno ancora zero.
Ma è interessante anche
quell’algoritmo, la Partita doppia, che segue puntualmente tale fenomeno e lo
rappresenta in modo chiaro e fedele.
Infatti, nella soluzione
dei problemi la parte più difficile, e ciò che più conta, sta nel trovare un
linguaggio simbolico che li rappresenti in modo efficiente ed efficace e uno
strumento matematico che li risolva.
Se si scorre la
biografia di Albert Einstein, si scopre che aveva già maturato nella mente le
sue teorie sulla relatività, a livello intuitivo, per così dire, ma che poi ha
avuto bisogno di anni di studio per impadronirsi di uno strumento matematico
scoperto poco prima da Gregorio Ricci Curbastro onde formalizzare i suoi
problemi e formulare le equazioni risolutive.
Certo, certo. Ma torniamo alla Partita doppia. Chi l’ha
inventata? e quando?
Saprai che agli albori
del rinascimento i mercanti fiorentini avevano la necessità di registrare con
precisione lo operazioni commerciali di volume sempre crescente e che tenevano
una contabilità per seguire la consistenza del loro patrimonio: denaro, merci,
crediti, debiti.
Vero è che le
registrazioni contabili si sono sempre tenute, da quando l’uomo ha iniziato a
commerciare.
Andando molto indietro
nel tempo si scopre che gli antichi egiziani erano molto precisi e tracce di
registrazioni si possono trovare addirittura nelle antichissime e famosissime
tavolette babilonesi.
Se può interessare, il
professor Carlo Antinori, uno dei maggiori storici della ragioneria, in uno dei
suoi ultimi articoli riferisce di una recente scoperta archeologica che
dimostra come, già 8.000 anni or sono, gli abitanti della Mesopotamia tenessero
conto delle loro merci per mezzo di sfere cave di argilla che contenevano
piccole pietre in quantità e qualità proporzionali ai beni che dovevano
rappresentare.
Mi riesce difficile
pensare che non fossero anche arrivati al concetto di assegno, mediante
trasferimento di tali sfere di argilla in luogo dei beni corrispondenti.
C’era anticamente una
classe sociale, gli scribi, che si dedicavano alle attività contabili,
principalmente per motivi fiscali.
E si trova anche traccia
di una particolare figura di professionista che registrava e attestava
operazioni per conto terzi: addirittura un commercialista, un revisore contabile,
un certificatore ante litteram.
Del resto, è noto che
san Matteo era uno di questi professionisti, addetti alla riscossione dei
tributi. Non credo di sbagliare affermando che, secondo me, il suo è il Vangelo
redatto nel modo più ponderato e più preciso.
A titolo di curiosità
aggiungerò che san Matteo è il protettore dei Ragionieri e dei Dottori
Commercialisti e che la sua cappella in Sant’Angelo a Milano è conservata a
cura di questi professionisti che, una volta l’anno, in novembre, lo onorano con
una cerimonia di commemorazione dei colleghi defunti e con una messa.
La vera novità del
metodo denominato Partita doppia è l’introduzione della sistematicità nelle
registrazioni, dovuta alla comprensione del fatto che ogni operazione economica
“muove” almeno due voci tra attivo, passivo, costi e ricavi.
Mi spiego meglio con un
esempio: stamattina sono passato in banca a ritirare 500 euro per le piccole
spese; nella mia contabilità personale mi affretto a registrare il prelievo su
un foglietto che, se ben tenuto, con pazienza, assiduità e precisione, alla
fine del mese sarà uno specchio fedele dell’estratto conto che mi invia la
banca.
Così fedele che, se
tutto va bene, il saldo del foglietto coinciderà con quello della banca, mentre
se qualcosa non gira, potrò capire se ho sbagliato qualcosa oppure dovrò
correre in banca per lamentarmi.
Agendo in questo modo,
posso congratularmi con me per la diligenza esercitata, no? È quello che
penserebbe l’uomo medio. Invece no!
Ho registrato con cura
il movimento bancario e, se sono stato bravo, ho quadrato i numeri con quelli
della banca.
Ma non basta! Se
tornando a casa mi sfilo il fazzoletto dalla tasca e con questo un bel
bigliettone da 50 che ¾ orrore ¾ finisce in strada, come faccio a saperlo a fine mese? Mi sembrerà di
averlo speso per qualche motivo; al massimo potrò dire: “ma quanto ho speso
questo mese” oppure “i soldi non bastano mai, con questa inflazione”.
Ma mi ingannerei. In
realtà non sono stato affatto diligente perché non ho registrato correttamente
e completamente l’operazione di prelievo.
In realtà, avrei dovuto
registrare –500 sul foglietto intitolato “Banca” e +500 su un altro foglietto
intitolato “Denaro in tasca”. Così facendo, il totale del foglietto “Denaro”
corrisponderebbe a quanto giace nelle mie tasche e, anzi, potrei facilmente
controllarlo rovesciando i pantaloni e contando quanto cade per terra.
Si noti che con questa
operazione non mi sono né arricchito né impoverito: infatti +500 e –500 = zero.
È un altro esempio dello zero che si scinde in due elementi che però sono
qualcosa.
Incidentalmente, poiché
la somma di tutto quello che registro deve essere zero, scopro immediatamente
se ho registrato tutto e bene semplicemente facendo le somme e verificando
questa condizione.
Ecco la potenza della
Partita doppia.
Bellissimo, ma chi l’ha inventata?
Si attribuisce
l’invenzione a fra Luca Pacioli, nato a Borgo San Sepolcro nel 1445 e morto a
Roma nel 1514 o forse nel 1517, matematico, che pubblicò in lingua volgare a
Venezia la Summa, un testo di
aritmetica, algebra e trigonometria che, tra l’altro, pose le basi della
moderna scienza della ragioneria e dell’economia aziendale.
Fu un divulgatore della
Partita doppia ragionieristica. è
da quest’opera che nacque il Metodo veneziano di rilevazione dei conti che è
strumento indispensabile e insuperato anche nell'era dei computer.
Nel 1994 la Zecca italiana coniò una moneta commemorativa
da 500 lire in suo onore e le Poste Italiane, in occasione del quinto
centenario della pubblicazione della Summa,
misero in circolazione un francobollo da 750 lire.
Fu autore anche del De Divina Proportione, un altro manuale
di aritmetica, matematica e geometria.
Nel 1494 Ludovico il
Moro gli conferì la cattedra di matematica a Milano, dove, tra gli altri, incontrò
Leonardo da Vinci.
È interessante notare
che il libro è parzialmente illustrato da Leonardo da Vinci, amico di Pacioli.
I suoi lavori gli valsero infatti l'appellativo di Ragioniere di Leonardo.
Scrive fra Luca Pacioli: “Mai si deve mettere in dare che
quella ancora non si ponga in avere, e così mai si deve mettere cosa in avere
che quella ancora quella medesima con suo ammontare non si metta in dare. E di
qua nasci poi al bilancio che del libro si fa: nel suo saldo tanto convien che
sia il dare quanto l'avere”.
Questo
Pacioli doveva essere un tipo in gamba.
Aveva, tra l’altro, una mentalità molto pratica. A lui si
attribuisce l’invenzione di una formula semplicissima che serviva per calcolare
il numero di anni necessari affinché un capitale impiegato al tasso d’interesse
composto i potesse raddoppiare.
Com’è
la formula?
La formula è: numero di
anni per il raddoppio = 72/i.
Pertanto, un capitale
impiegato all’8% raddoppia in (72/8) = 9 anni (se non vengono ritirati gli
interessi).
Se si fanno i calcoli
per bene, con i logaritmi o con un foglio elettronico, si scopre che dopo 9
anni un capitale di 1.000 euro diventa pari a 1.999 euro, con un solo euro di
errore!
Un capitale impiegato al
3% raddoppierebbe in (72/3) = 24 anni.
Facendo i calcoli, lo
stesso capitale di 1.000 euro dopo 24 anni diventa 2.032 euro, con soli 32 euro
di errore.
È evidente l’utilità
pratica di una formula tanto semplice.
È interessante notare
che il numero fisso 72 ha un gran numero di divisori (2, 3, 4, 6, 8, 12, 18,
24, 36) ed è divisibile quasi esattamente per 5, 7 e 10.
Viene da pensare che il
Pacioli lo abbia scelto per questo motivo, visto che sarebbe possibile creare
una formula simile, ma ancora più precisa, utilizzando tuttavia altri parametri
ben più scomodi per i calcoli manuali.
che gli piace veramente, altrimenti
farla diventa impossibile.