Fiat lux
La regola d’oro
è che non ci sono regole d’oro.
Bernard Shaw
All’economia
si applicano leggi e regolarità che sembrano proiezioni di leggi fisiche e
naturali. Possiamo dare una definizione sintetica di legge di natura?
È inevitabile. Senza regolarità, il mondo sarebbe
incomprensibile, e forse non esisterebbe la vita.
L’ipotesi fondamentale della ricerca scientifica ¾ senza la quale non è possibile fare né ricerca né
scienza ¾ è
che i fenomeni naturali siano caratterizzati da poche leggi naturali necessarie
e preesistenti nel senso che, se esistesse una legge diversa per ciascun
fenomeno osservato, ricadremmo nel caos primigenio.
Sarebbe
tuttora valido lo spirito dei filosofi presocratici tesi alla ricerca
dell'immutabile “uno” dietro l'apparente “molteplice”?
Talete era uno di questi. Non sai quanto sia moderno
questo approccio. Oggi è di gran moda la ricerca della teoria del tutto, il
santo Graal della scienza, cioè quella legge che stabilisce che il mondo fisico
deve esistere necessariamente e, necessariamente, nella forma in cui si trova.
L'idea di legge di natura si può concepire in due modi:
come un’astrazione, anche arbitraria, compiuta dal ricercatore a partire dai
dati osservati, ossia come una creazione della mente umana; oppure come la
scoperta di un principio d’ordine preesistente ¾ il ricercatore si limiterebbe a riconoscerlo, a
estrarlo dalla massa dei dati osservati, eventualmente dopo l’eliminazione dei
fattori di disturbo ¾
ossia come la scoperta di una realtà indipendente ed esterna all'uomo.
Sul piano
filosofico, so che esiste un dibattito simile, riguardo agli oggetti della
matematica, tra i cosiddetti platonisti, che sostengono quest’ultima tesi, e i
formalisti secondo i quali le strutture della matematica, poiché derivano da
assiomi definiti in modo arbitrario, sono solo un prodotto della mente umana.
Le leggi di natura, e del resto anche le leggi
dell’economia, vengono espresse in forma matematica. C’è chi indaga sulla “irragionevole
adeguatezza della matematica” a descrivere il mondo.
In effetti, non si vede il motivo per cui il mondo debba
comportarsi in modo matematico e, in secondo luogo, per quale motivo le leggi
siano esprimibili in un linguaggio matematico relativamente semplice, tanto da
essere comprensibile all’uomo.
Una
risposta potrebbe essere questa: una legge fisica, o una legge economica, in
generale una teoria espressa in linguaggio matematico, non è la realtà ma solo
un modello, più o meno fedele, della realtà. Si usa dire che “la mappa non è il
territorio”.
È una buona osservazione. La mente umana è un prodotto
del mondo, quindi può e deve rispecchiarlo.
La scienza è essenzialmente la ricerca di modelli
semplici (non semplicistici né semplificati perché non si può rendere semplice
ciò che non lo è). Questo principio ha ispirato in modo pervasivo l’attività di
tutti gli scienziati moderni. Si tratta di capire l’essenziale, come dicevano
Galileo e Einstein.
Il passo successivo potrebbe essere quello di rivolgersi
a monte della matematica, a sua maestà la logica, e chiedersi per quale motivo
il mondo debba essere logico.
Anche qui si può obiettare che l’uomo, ragionando
secondo logica, la proietta sul mondo stesso e la trova dappertutto. Ma
potrebbe anche darsi che il mondo, essendo logico, abbia strutturato la mente
umana a sua immagine.
Visto che la logica c’entra in qualche modo, la ricerca
si svolge all’identificazione di quella struttura logica che, sola,
spiegherebbe l’intero universo.
Secondo questa impostazione, l’origine e l’esistenza
dell’universo sarebbero logicamente necessari (un ente fisico illogico, ossia
avente proprietà incoerenti, non può esistere). Altra cosa è un ragionamento
illogico, cioè un’accozzaglia di parole incoerente dal punto di vista
sintattico e semantico, che può esistere, ma solo come segno grafico o come
suono.
Da dove
vengono le leggi di natura? Sono originate assieme all’universo ¾ ammesso
che questo abbia avuto origine ¾ oppure
preesistono?
Già
sant’Agostino affermava che il tempo è nato assieme al mondo e questa è la
conclusione alla quale perviene anche la scienza moderna. Ma mentre il tempo è
un elemento costituente dell’universo, e, al pari dello spazio, ne costituisce
l’essenza, lo stesso non è evidente per le leggi fisiche.
Si suole attribuire a Dio l’origine delle leggi di
natura. Sarebbero l’espressione della sua volontà. Egli avrebbe creato leggi e
materia e avrebbe lasciato il tutto al suo corso. Altri addirittura chiamano
Dio le leggi stesse (Spinoza). Ma noi, come diceva Laplace, “non
abbiamo bisogno di questa ipotesi”.
Comunque
lo si intenda, un dio-persona o un dio-natura, è sempre stata ipotizzata una
causa prima, un motore immobile, come diceva Aristotele, dalla quale derivare
l’evoluzione successiva degli eventi.
Questa impostazione rispecchia la necessità di
rispettare la relazione causa-effetto, senza la quale il mondo sarebbe
incomprensibile e anche ingovernabile. Se non esistesse la relazione
causa-effetto sarebbe assolutamente inutile agire, visto che a un certo
comportamento non seguirebbe una conseguenza prevedibile.
Bisogna
stare attenti con la relazione causa-effetto, nella quale interviene un fattore
implicito ma fondamentale: il tempo. L’effetto segue la causa; esiste un prima
e un dopo.
Non si
deve neppure cadere nell’errore di ritenere che la relazione causa-effetto
implichi anche uno scopo.
Ed è anche molto difficile dire l’ultima parola. Secondo
una certa scuola di pensiero, una legge può essere dimostrata falsa in modo
definitivo ¾
basta un solo evento contrario per confutarla ¾ mentre non può mai essere dimostrata come vera, in
quanto occorrerebbero infiniti eventi. In pratica, si dovrebbero poter
esaminare tutti gli eventi dell’universo governati da quella legge.
È qui che
sorge la distinzione fra induzione e deduzione? Sono modi diversi di
acquisizione della conoscenza?
Per induzione, si definiscono le leggi partendo dalla
osservazione degli eventi, in numero necessariamente limitato, mentre, per
deduzione, si determinano le conseguenze degli eventi applicando le leggi.
Occorre attenzione nel maneggiare questi strumenti del
pensiero.
Per quanto riguarda l’induzione, l’osservazione di pochi
casi può portare alla formulazione di generalizzazioni errate. È noto che per n punti è possibile far passare un
numero infinito di curve continue, ognuno con la sua equazione che la
definisce; ma qual è quella “giusta”?
La domanda non ha senso, sono tutte giuste. Per ridurre
l’incertezza si può pensare di aumentare il numero dei punti, ma le curve sono
sempre infinite. Non c’è modo di ridurne il numero.
Allo stesso modo, i bambini talvolta giocano a creare un
racconto che comprenda n elementi
scelti prima. I racconti sono infiniti ma, aumentando gli elementi da
includere, si aumenta solo la complessità del gioco, senza diminuire il numero
delle storie possibili.
Infatti
non si arriva mai a una teoria definitiva.
Le teorie fisiche non sono mai definitive, ma possono
essere successivamente affinate, in una sequenza virtualmente infinita; ognuna
è più precisa ed esplicativa dei fenomeni della precedente, ma non si arriva
mai alla teoria ultima.
Pensa alla teoria della gravitazione di Newton, superata
da quella della relatività di Einstein, vecchia ormai di cent’anni e a sua
volta in fase di affinamento per spiegare fenomeni nuovi ignoti ai suoi tempi.
Bisogna stare attenti alla formulazione delle leggi. Ad
esempio, come puoi spiegare il fatto che tutti i sassi, lasciati liberi, cadono
verso terra?
L’hai
appena detto. È la teoria della gravitazione di Newton oppure, se vuoi, della
relatività di Einstein. Le due teorie non si contraddicono. Quella di Einstein
si riduce a quella di Newton per masse e velocità “piccole”.
Errore. Cadono verso terra per la teoria dell’evoluzione
di Darwin! Infatti, per selezione naturale, i sassi che cadono verso il cielo
se ne sono già andati da tempi immemorabili e sono rimasti solo gli altri.
Mi prendi
in giro!
Sì, è uno scherzo. La teoria citata è nata per spiegare
ben altri fatti e con grande coerenza interna. Tuttavia, sarebbe difficile con
Darwin andare molto oltre la caduta dei sassi.
Però è uno scherzo istruttivo. Mio nipote, a 5 anni, si
era convinto che fossero le cime degli alberi che, agitandosi, creavano il
vento.
È un ragionamento
tipico da bambini. Però, pensandoci bene, credo che, se dovessi dimostrargli
seriamente il contrario, avrei delle difficoltà. Effettivamente esiste una
relazione di causa-effetto tra movimento degli alberi e vento. Solo che la
direzione giusta non è quella.
Ma prova a pensare a qualcosa di più insidioso: ormai è
certa la relazione che intercorre tra esercizio fisico e buona salute. Però è
ancora da investigare a fondo se sia l’esercizio fisico a causare la buona
salute o se, piuttosto, le persone che fanno esercizio sono quelle che già
godono di buona salute.
In
effetti, nessuno che abbia l’artrosi si mette a pedalare sotto la pioggia, in
salita; mentre pare che si possa impedire l’artrosi anche pedalando in salita,
magari sotto la pioggia, però prima di avere l’artrosi.
Ma
torniamo al nostro argomento. Qual è l’origine dell’universo e delle sue leggi?
Per quanto riguarda l’origine dell’universo, oggi si
tende a ritenere che sia l’effetto di una fluttuazione quantistica del vuoto, avvenuta
circa 14 miliardi di anni fa (sarebbe un “prestito” dal nulla, avvenuto secondo
il principio di indeterminazione).
Impropriamente ho parlato di “effetto di una
fluttuazione quantistica”, in quanto l’evento in questione non è l’effetto di
alcunché, ma è un evento perfettamente casuale, cioè svincolato dalla relazione
di causa-effetto e, di conseguenza, anche dal tempo. Non c’era niente prima.
Le
definizioni “principio di indeterminazione” e “fluttuazione quantistica del
vuoto” necessitano di spiegazione.
La meccanica quantistica interessa perché introduce
concetti che esulano dal senso comune e dalla nostra esperienza quotidiana. Uno
di questi concetti, fondamentale, è il principio di indeterminazione dovuto al
fisico tedesco Werner Heisenberg.
Nella sua esposizione divulgativa più nota, dice che non
è possibile misurare contemporaneamente e con precisione arbitraria la
posizione e la velocità di una particella: poiché l’atto di misurare una delle
due grandezze richiede di “disturbare” in qualche modo la particella in esame,
si arriva alla conclusione che maggiore è la precisione ottenuta in una misura
e minore è la precisione ottenuta nell’altra.
Nel caso limite, misurando perfettamente la posizione,
perderemmo ogni informazione sulla velocità.
Si dimostra una relazione analoga anche tra l’energia e
il tempo: non è possibile misurare contemporaneamente e con precisione
arbitraria la durata della vita di una particella e la sua energia.
Questo comporta che, per un intervallo di tempo
sufficientemente breve, il principio di conservazione dell’energia può essere
violato.
È il caso delle particelle virtuali, che si chiamano
così perché non possono essere rivelate in modo diretto, dato che vivono per un
tempo troppo breve, addirittura nullo in proporzione al crescere all’infinito
della loro energia.
Una particella virtuale, interagendo con un’altra
particella, può tuttavia diventare reale.
Siamo sicuri che stiamo parlando di
qualcosa di sensato? Le particelle virtuali sono solo una speculazione, un artificio
per tenere in vita qualche teoria o forse un semplice sottoprodotto matematico
della teoria senza un vero significato? o hanno davvero qualche effetto non
solo virtuale sul mondo reale?
La
meccanica quantistica è la disciplina scientifica i cui risultati sono stati
verificati con il massimo grado di precisione.
La
teoria funziona: tutta la tecnologia moderna basata sull’elettronica ne
dipende. In particolare, per quanto riguarda le particelle virtuali, il loro
effetto sul mondo reale è stato misurato e confermato in accordo con la teoria.
Vediamo dove ci porta tutto questo
e perché parliamo di vuoto quantistico.
I
fisici chiamano il nulla “vuoto” o, più precisamente, “vuoto quantistico”. Si
tratta di un’entità la cui esistenza è espressamente prevista dalla meccanica
quantistica. Non è il “nulla” contemplato dalla filosofia.
Il
vuoto quantistico non è affatto vuoto. Per il principio di indeterminazione,
non può essere perfettamente vuoto, poiché allora potremmo conoscerne
esattamente tutti i parametri e questo non è possibile, in linea di principio.
Pertanto,
è necessariamente il teatro di un brulicare continuo di particelle e di
antiparticelle, dalla vita in genere brevissima, ma proporzionata alla loro
energia, che vengono generate e annichilite subito dopo, in un processo
infinito. Le particelle più energetiche avranno vita breve, quelle meno
energetiche vita più lunga.
Ogni
particella che emerge dal vuoto quantistico lo fa assieme alla corrispondente
antiparticella. Questa è del tutto simile alla particella ordinaria tranne che
per alcune proprietà: nel caso, ad esempio, dell’elettrone e dell’antielettrone
(o positone) cambia solo il segno della carica elettrica che nell’elettrone è
negativo e nel positone è positivo; il protone ha carica positiva, mentre
l’antiprotone ha carica negativa.
Con
questo meccanismo può essere temporaneamente violato il principio di
conservazione dell’energia, almeno fino alla scadenza del tempo concesso a
ciascuna particella dal proprio livello di energia. L’ordine viene ristabilito
con l’annichilazione, quando particella e antiparticella pagano al tempo il
loro debito di energia.
Questa
incessante attività fornisce, complessivamente, un’energia al vuoto, ma questa energia
ha la stessa intensità in ogni punto e perciò non può essere utilizzata.
L’energia può fare del lavoro solo se c’è una differenza tra un luogo e un
altro.
Qui
vediamo all’opera il principio dello zero che si sdoppia e diventa qualcosa:
particella e antiparticella di segno opposto; vuoto che acquista energia.
Sembra un principio fondante di portata cosmica. Quali
conseguenze ne derivano?
La
conseguenza estrema e naturale di tutto quello ho esposto è nientemeno che la
teoria sull’origine dell’intero universo, che si inquadra in quella nota come
del Big Bang, e trova il maggior credito fra gli astrofisici.
In cosa consiste?
Parte
dall’ipotesi che, circa 14 miliardi di anni fa, l’intero universo abbia preso
origine da una singola particella, piccola ma incredibilmente pesante e calda,
comparsa improvvisamente e senza causa dal nulla, cioè dal vuoto quantistico,
in una situazione di equilibrio instabile che i fisici chiamano “falso vuoto”.
Tutto ciò secondo il principio di indeterminazione, il quale garantisce che
nulla è determinato con precisione assoluta, ma che ogni cosa è possibile,
anche la più improbabile.
Successivamente
questa particella passò a uno stato di “vero vuoto”, ossia a una condizione di
energia minore, e quindi più stabile, che causò una fantastica espansione, fino
a fare raggiungere dimensioni enormi alla particella in brevissimo tempo.
Questa
espansione, che i fisici chiamano “inflazione”, provocò la formazione di
particelle primitive (fra cui elettroni e quark che in seguito avrebbero dato
vita alla materia) e di fotoni, ossia di particelle energetiche, luce e onde
elettromagnetiche.
Sembra
incredibile che tutto ciò che esiste, cioè circa 1050 tonnellate di
materia, per non parlare dell’energia, possa essere scaturito dal nulla, senza
alcuna causa. Ma quanto è attendibile la fisica quantistica?
È attendibilissima. Gli scostamenti rilevati tra
esperimenti e previsioni teoriche sono dell’ordine di qualche parte per
miliardo.
È stato anche detto che chi non trova incredibile questa
teoria è perché non l’ha capita.
A favore dell’ipotesi descritta, circa trent’anni fa è
apparso uno studio che ha destato scalpore nella comunità scientifica. Si
dimostrava che il valore complessivo della materia e dell’energia di tutto
l’universo era esattamente equivalente al valore, negativo, della forza
gravitazionale generata dalla materia e dell’energia stesse.
Capisci? Sommando tutti gli elementi costitutivi
dell’universo si otterrebbe esattamente “zero”.
E questo zero, dal punto di vista del contenuto di
energia, sarebbe equivalente a quel nulla che si è sdoppiato diventando
qualcosa; anzi, addirittura tutto. L’intero universo sarebbe quindi “un pasto
gratis”, come diceva un famoso fisico americano.
È
fantastico. Ma c’è una cosa che ancora non capisco. Perché avvenga una
fluttuazione quantistica, perché il nulla si scinda generando il tutto, è
necessario che, prima, esistano le leggi quantistiche, in particolare il
principio di indeterminazione.
Pertanto
abbiamo fatto solo un passo indietro, verso il regresso all’infinito. Anche
accettando che l’origine e l’esistenza dell’universo siano spiegate dalle leggi
di natura, da dove vengono queste leggi?
Non c’è una risposta generalmente accettata, per ora.
Mentre per tutto quello che abbiamo discusso in precedenza sono in compagnia di
scienziati che hanno lavorato con precisione matematica e ponderato a lungo le
loro affermazioni, da qui in poi posso solo offrire una speculazione personale,
senza supporto matematico.
Abbiamo già trovato, nel corso delle nostre
conversazioni, l’elemento che ci serve: il caso.
Partendo dal presupposto che l’unica struttura logica è
che non esistano leggi, non è impossibile, anzi è necessario, che a un certo
punto emerga qualcosa dal nulla.
L’idea è che il nulla, inteso come assenza di materia,
di energia e di leggi fisiche, è incoerente dal punto di vista logico e
pertanto è instabile. Se così non fosse, esisterebbe come minimo una legge che
impone che il nulla non possa evolvere. Ma noi abbiamo ipotizzato l’assenza di ogni
legge, anche di questa.
Una volta dato origine all’universo, attraverso lo
sdoppiamento del nulla in materia ed energia positiva da un lato e campo
gravitazionale di energia negativa in misura equivalente dall’altro, le leggi
hanno cominciato la loro opera sul mondo, in qualità di proprietà emergenti,
favorite dalle interazioni casuali. Ma questo non è più un problema.
Abbiamo già visto che un mondo casuale deve essere
anche probabilistico. E che dall’infinito susseguirsi degli eventi devono
emergere, necessariamente, delle regolarità e tutto ciò che non è logicamente o
fisicamente impossibile deve accadere, e deve accadere infinite volte.
Dio ha tratto ogni cosa dal nulla,
ma il
nulla traspare.