Analisi di bilancio
Un critico teatrale è una
persona che sorprende il drammaturgo spiegandogli cosa ha voluto dire.
Wilson Mizner
Potresti indicarmi un metodo
efficiente e rapido per chi intenda servirsi del bilancio di un’azienda?
Ti insegnerò come eseguire un’analisi di bilancio che, a torto, è
comunemente considerata poco più di un semplice esercizio di aritmetica, o,
comunque, strumento di lavoro di operatori che utilizzano i bilanci aziendali
per scopi particolarissimi, quali, ad esempio, la speculazione in Borsa o la
concessione di un credito.
L’analisi di bilancio rappresenta
il passo immediatamente successivo alla semplice lettura del bilancio e
richiede solo poco impegno aggiuntivo, mentre consente un fondamentale salto di
qualità tra la semplice conoscenza dei fatti aziendali e la loro effettiva
comprensione.
Chi si avvale di questa
pratica? e quando?
Le persone che possono trarre
vantaggio dalla analisi di bilancio sono tante quante quelle che utilizzano i
bilanci di un’azienda, al fine di trarne elementi di supporto a qualsivoglia
decisione. Tra queste persone possono facilmente
identificarsi le seguenti:
¾
l’imprenditore, per comprendere meglio la posizione della propria
azienda rispetto alla concorrenza;
¾
il dirigente, per valutare l’effetto delle proprie decisioni;
¾
il dipendente, per
valutare la solidità e le prospettive di sviluppo della società per cui lavora;
¾
il consulente aziendalista,
in sede d’indagine conoscitiva e di diagnosi delle situazioni da sanare;
¾
il sindaco, in sede di discussione e di valutazione della bozza di bilancio;
¾
il revisore contabile, in sede d’indagine conoscitiva, al fine
di identificare e valutare le aree di rischio per definire la natura, la tempistica
e l’estensione delle verifiche da effettuare;
¾
il consulente fiscale, in sede di definizione delle politiche
di bilancio;
¾
l’ispettore
fiscale, in sede di identificazione preliminare delle
possibili aree da esaminare, o, addirittura, in sede di accertamento induttivo;
¾
il gestore di capitali,
per identificare le aziende oggetto di investimento;
¾
il risparmiatore, per avere un’idea della bontà dell’investimento
fatto;
¾
il responsabile
fidi, in sede di valutazione del limite
di credito accordabile ad un’azienda cliente. A questo proposito considera che
esistono autorevoli studi tendenti alla previsione dello stato d’insolvenza
attraverso l’analisi di bilancio. È recente l’accordo interbancario, noto come
Basilea 2, che si propone di valutare la capacità di affidamento delle aziende
in base ad un rating ottenuto mediante l’analisi dei bilanci.
Ciascuno potrà soddisfare le
proprie esigenze utilizzando una metodologia comune.
Quanto
tempo occorre per un’analisi di bilancio? e quale preparazione?
Pochi calcoli, fatti anche nei
ritagli di tempo, permettono di giungere a un elevato grado di comprensione
dell’azienda esaminata o, almeno, a indirizzare correttamente le ulteriori
indagini da effettuare.
Merita rilievo la caratteristica
dell’affidabilità. L’analisi di bilancio viene ovviamente effettuata sulla base
delle informazioni esposte nel bilancio stesso. È quindi intuitivo che, più i
bilanci sono redatti secondo metodologie di generale adozione e le varie voci
sono valutate in conformità a criteri di generale accettazione, più le analisi
che partono da questi dati possono avvantaggiarsi dell’attendibilità e
comparabilità dei risultati raggiunti.
A questo tende tutto il processo di
redazione di schemi unificati di bilancio e di statuizione di principi contabili
di generale accettazione. Pur essendo stati compiuti notevoli progressi negli
ultimi anni, per certi versi questo processo può dirsi ancora abbastanza
lontano dal punto di stabilizzazione.
La statuizione di norme di generale
accettazione in materia di bilanci è un fatto troppo importante e utile per
poter essere trascurato a tempo indefinito. L’utilità, in genere, fa premio su
ogni altra considerazione, come si può notare in tutti i campi della tecnica e,
se gli ingegneri sono riusciti a trovare accordo perfino sull’unificazione del
passo delle viti, non dovrebbero frapporsi ostacoli insormontabili
all’unificazione globale della normativa sull’informazione societaria.
Tra
i requisiti dei bilanci oggetto di analisi c’è quello della verità?
In realtà, anche bilanci non
veritieri, purché redatti secondo criteri uniformi nel tempo, possono essere
utili all’analisi; il fattore che viene penalizzato in tali casi è solo quello
della comparabilità dei risultati ottenuti con quelli di altre aziende.
I già citati studi diretti alla
previsione di stati d’insolvenza evidenziano proprio il fatto che i bilanci,
comunque redatti, hanno pur sempre un valore informativo sulla realtà della
situazione aziendale. Si potrebbe affermare che l’analisi del bilancio riesce a
far emergere un grado di verità che il bilancio stesso non possiede, è, in
altre parole, capace di rilevarne la coerenza interna.
Questa caratteristica viene messa
maggiormente in luce qualora all’analisi del bilancio vengano abbinate tecniche
di indagine mutuate dalla teoria statistica. In questi casi è addirittura
possibile quantificare la probabilità di errori d’importo predeterminato o,
simmetricamente, l’importo massimo di errore associato a una certa probabilità.
L’analisi di bilancio guadagna in
affidabilità quanto più l’oggetto delle indagini viene ampliato nello spazio e
nel tempo: tre bilanci consecutivi illustrano la situazione di un’azienda
meglio di uno solo. È intuitivo che l’avere calcolato il rapporto tra “attivo corrente”
e “passivo corrente” pari a 1 ha certamente una rilevanza, ma piuttosto
limitata; è molto più interessante sapere che, per l’esercizio precedente,
detto rapporto era pari a 0,75 e, ancora più interessante, sapere che per la
media dei concorrenti questo stesso rapporto è pari a 1,26.
La metodologia dell’analisi di
bilancio si avvale dei due filoni classici del ragionamento: deduzione e
induzione.
Come è noto si procede per
deduzione quando, note le cause, si ricercano gli effetti. Si parla invece di
induzione quando da una serie coordinata di (presunti) effetti si tenta di
formulare delle ipotesi che siano in grado di giustificarli come cause.
Il metodo deduttivo si basa sulla
riclassificazione dei bilanci e sulla successiva costruzione di indici, al fine
di evidenziare tendenze da comprendere e farsi spiegare.
È opportuno, per fissare le idee,
avere presente il seguente schema di classificazione delle “parti” dello Stato
Patrimoniale, che è peraltro reperibile in ogni libro dedicato all’argomento:
Attivo |
Passivo |
|
|
Corrente |
Corrente
|
||
A lungo |
Capitale circolante |
|
|
Immobilizzato |
|
||
Patrimonio |
E facile vedere come i “blocchi” siano
costituiti dalla classificazione delle voci di bilancio tra correnti e
immobilizzate e dalla netta
separazione del patrimonio della
società.
Ottenere questa classificazione dal
bilancio, redatto secondo lo schema del Codice Civile, non è immediato, ma non
dovrebbe neppure comportare eccessive difficoltà. In pratica, si tratta di
riepilogare le voci secondo lo schema della Tabella
1 (allegato) desunta da uno dei tanti testi che trattano l’argomento. Non
esiste uno schema migliore in assoluto, in quanto è buono quello schema che
mette in evidenza le informazioni che realmente servono: nulla di più, nulla di
meno.
Ma
dal bilancio si capisce qual è l’attività dell’impresa? che cosa produce? chi
ci lavora?
Più complessa è la questione della
riclassificazione del Conto Economico. Come è noto, la classificazione di costi
e ricavi prevista dal Codice Civile prevede il raggruppamento delle voci “per
natura”, cioè, in pratica, poco importa se un dipendente ha lavorato in un
reparto di produzione piuttosto che in amministrazione oppure si sia impegnato
nella vendita dei prodotti: il suo costo finirà comunque nella voce “spese per
prestazioni di lavoro subordinato”.
La dottrina e la pratica
riconoscono invece grande utilità al raggruppamento delle voci “per destinazione”,
metodo secondo il quale va perso il dato del costo totale del personale, ma
viene evidenziata l’incidenza di tale voce di spesa sulle varie attività del
ciclo aziendale (addetti alla produzione, addetti alla vendita, uffici di
direzione, passacarte, ecc.).
Un’ulteriore utile analisi potrebbe
essere fatta distinguendo i vari tipi di costo tra fissi e variabili. ma a
questo punto si tratta di chiedere troppo ai bilanci pubblicati e pertanto non
conviene approfondire l’argomento, che ci porterebbe tra l’altro a riconoscere
che non esistono costi totalmente fissi o totalmente variabili.
Occorre notare il fatto che gli
schemi di riclassificazione del Conto Economico, che tentano di realizzare il
raggruppamento “per destinazione”, si scontrano col fatto che un piano
dei conti studiato “per natura” non può superare i propri limiti.
Uno schema utile da realizzare per
i nostri fini, in forma scalare, è il seguente:
Ricavi Netti Costo del Venduto: Materiali Personale Spese produttive Ammortamenti Margine Lordo Spese operative: Ricerca
e sviluppo Spese
di vendita Generali e amministrative Utile Operativo Proventi e oneri diversi: Proventi
e oneri finanziari Proventi e oneri patrimoniali Utile Ordinario Proventi
e oneri straordinari Utile prima delle
imposte Imposte Utile Netto |
Sulla base delle suddette
informazioni è possibile costruire gli indici presentati in Tabella 3 (allegato) e scelti tra quelli
più utilizzati e di maggior valore indicativo per l’analisi.
Per meglio illustrare la metodologia
è opportuno procedere con un esempio concreto che mostri l’andamento degli
indici stessi nonché l’indagine sulle cause che hanno originato le variazioni
identificate (Tabelle 2a e 2b in allegato).
1.
Le attività correnti sono
aumentate complessivamente del 31,5% e in particolare sono aumentati i crediti
verso clienti del 28,6% e le rimanenze del 71,4%. Le altre voci dell’attivo
corrente non presentano variazioni degne di nota. È tuttavia un fatto da
esaminare con la massima attenzione il mancato adeguamento del fondo
svalutazione crediti, nonostante il consistente incremento dei crediti. Inoltre
non è da sottovalutare il forte incremento delle rimanenze che può essere originato
sia da motivi gestionali contingenti sia da cambiamenti del criterio di
valutazione o dall’esistenza di materiali a lento rigiro o non vendibili.
2.
Le attività immobilizzate
non presentano variazioni di rilievo. Nell’esercizio non sembrano essere stati
fatti grossi investimenti ma neppure molti ammortamenti. Converrà tornare
sull’argomento in seguito.
3.
Le immobilizzazioni
immateriali e gli oneri pluriennali sono sorti tutti nell’Anno 2. Sono
realmente attività per l’azienda o sono semplicemente l’indice di una politica
di bilancio tendente ad evidenziare più utili di quelli conseguiti?
4.
Dall’analisi del passivo
emerge solamente il forte incremento dello scoperto bancario, evidentemente
originato dalla necessità di finanziare l’incremento dei crediti e delle rimanenze.
L’esame dello Stato Patrimoniale
evidenzia sinora la fondata possibilità che il bilancio dell’Anno 2 sia
inficiato da politiche di scarsa prudenza; sono cattivi segnali, in
particolare, il mancato incremento del fondo svalutazione crediti, lo scarso
incremento degli ammortamenti e le capitalizzazioni di costi sotto le voci
“oneri pluriennali” e “immobilizzazioni immateriali”.
Gli indici di liquidità e di
copertura delle immobilizzazioni non denunciano peraltro sostanziali
peggioramenti della situazione patrimoniale-finanziaria. Pertanto, per
conoscere tutta la verità è necessario esaminare il Conto Economico.
Colpisce subito il buon incremento
dei ricavi (+10,8%) ma ancora di più il raddoppio del margine lordo (+53,8%)
dovuto principalmente al mancato incremento del costo del venduto. Dall’analisi
dei componenti appare di nuovo un decremento dell’accantonamento ai fondi di
ammortamento e una stasi del costo dei materiali. L’andamento degli altri componenti
può essere considerato come rientrante nei limiti fisiologici. L’andamento del
costo dei materiali può essere indicativo di un cambiamento dei criteri di
valutazione delle rimanenze, come già ipotizzato in precedenza.
Le spese di vendita presentano un
notevolissimo incremento, segno di un grosso sforzo commerciale effettuato
nell’esercizio che, in parte almeno, sembra essersi effettivamente tradotto in
un incremento delle vendite. È peraltro ipotizzabile che una parte consistente
dei costi commerciali sia stata capitalizzata, come già detto in precedenza,
poiché, evidentemente, si ritiene che una parte degli oneri sostenuti possa
esplicare un benefico effetto anche negli esercizi futuri.
Tutto bene, quindi, sembrerebbe di
poter concludere: “La nostra società ha effettuato una politica di mercato
aggressiva, e, anche se per far emergere un ragionevole livello di utile ha
dovuto raschiare qui e là il fondo dei... fondi e magari adottare un criterio
meno “penalizzante” per valutare le rimanenze, tuttavia le cose funzionano benissimo, come gli indici di liquidità
e di struttura sembrano confermare”.
Purtroppo, gli indici di rotazione
dei crediti e delle scorte non lo sono altrettanto. Un peggioramento c’è
effettivamente stato e si può ipotizzare che l’incremento dei ricavi sia stato
raggiunto soprattutto con una politica di maggior dilazione dei pagamenti, o,
peggio, di minor selezione della clientela. In questo caso sfortunato le
conseguenze negative non tarderanno a manifestarsi.
A
questo punto, cosa si fa?
L’analisi non può dire molto di
più. Ora è compito del professionista indagare le varie questioni identificate
e, attraverso un intelligente colloquio con la direzione, conoscere la verità e
le motivazioni delle scelte operate.
Oggi esistono numerosi programmi
che con poca spesa permettono di effettuare tutte le riclassificazioni e i
calcoli con un personal computer.
Il calcolo di un indice non è in sé
significativo quanto l’esame dell'andamento dell'indice stesso nel tempo.
Si deve tuttavia tenere presente la
relatività delle informazioni fornite dagli indici: tutto quanto detto sopra è
valido se si parte dal presupposto che il bilancio dell’Anno 1 sia corretto e
affidabile. Infatti, può capitare di scambiare gli errori dell’esercizio
precedente per anomalie dell’esercizio in corso.
Mentre con l’analisi degli indici
si parte dalle variazioni intervenute nelle voci del bilancio per ricercarne le
cause, qui si parte da alcuni fatti noti per vedere se le presumibili
conseguenze sono correttamente riflesse nel bilancio.
Questo modo di operare è tipico di
quei professionisti che intendono scoprire informazioni che presumibilmente
sono state omesse o occultate. È quindi tipico degli esperti in valutazione di
imprese, degli ispettori fiscali e dei revisori dei conti.
Immaginiamo di dover verificare il
bilancio di una società di spedizioni. Per essere ragionevolmente sicuri di
aver contabilizzato tutti i ricavi è normalmente necessario effettuare un
gravoso controllo delle fatture emesse e, magari, per maggior scrupolo, tentare
una quadratura delle fatture con le bolle di accompagnamento, per scoprire
infine che queste non sono poi così precise nelle descrizioni e ancora meno nei
numeri e che non sempre ad ogni spedizione corrisponde una fattura, ecc.
È molto meglio tentare per altre
vie di farsi un’idea ragionevole di quanto potrebbe essere il giro d’affari
dello spedizioniere. Un metodo in grado di funzionare potrebbe essere quello di
rilevare le percorrenze dei camion, oppure il consumo di carburante, fattori,
questi, facilmente accertabili e meno soggetti a manipolazioni.
Limite a questo tipo d’indagine
sono la fantasia del professionista che esamina il bilancio e il grado di
rilevanza e di attendibilità delle informazioni già disponibili.
Il metodo è più diffuso di quanto
si pensi. È ben conosciuto, ad esempio dai mediatori di esercizi commerciali
che, per determinare il valore di un bar, ne stimano i ricavi sulla base del
consumo di caffè, sempre ben documentato per motivi di deducibilità fiscale.
Per maggior completezza si fa
seguire una tavola riassuntiva (Tabella 4
in allegato) dei fattori che possono essere presi in considerazione in
diversi tipi d’aziende, per verificare in questo modo alcune voci di bilancio.
In generale, per ottenere buoni
risultati, è necessario partire da fattori facilmente misurabili e che abbiano
il massimo grado di correlazione con la grandezza che si vuole verificare per
via induttiva.
E comunque da segnalare che questo tipo d’attività è possibile
normalmente solo per coloro che hanno accesso alla società in esame. Pertanto
non è possibile generalizzare la metodologia da utilizzare nelle varie
circostanze, né valutare a priori l’attendibilità e il beneficio dei risultati
raggiunti. Applicare questo metodo presuppone esercitare un forte senso critico
e, in definitiva, avere una notevole esperienza.
Tra i bilanci e la poesia ci sono parecchie parentele:
entrambe sono opere di fantasia.
Raffaele Mattioli
Riclassificazione dello Stato Patrimoniale
Attività
|
Passività e Patrimonio netto |
|
|
Attività correnti: |
Passività correnti: |
Cassa e banche |
Banche |
Titoli |
Fornitori |
Crediti verso
clienti |
Debiti diversi |
Crediti diversi |
Ratei e risconti
passivi |
Meno: Fondo svalutazione crediti |
Fondo imposte |
Rimanenze di
magazzino |
Parte corrente di
debiti a lungo termine |
Ratei e risconti
attivi |
|
|
|
Totale
|
Totale
|
|
|
Attività immobilizzate: |
Passività a medio-lungo termine: |
Partecipazioni |
Obbligazioni |
Immobilizzazioni
tecniche |
Mutui |
Immobilizzazioni
immateriali |
Fondo TFR
dipendenti |
Oneri pluriennali |
|
|
|
Totale
|
Totale
|
Totale
attivo
|
Totale passivo
|
|
|
|
Patrimonio netto |
|
Capitale sociale |
|
Riserve |
|
Utile
dell’esercizio |
|
Totale Patrimonio netto
|
Totale attivo |
Totale passivo e Patrimonio netto |
|
Anno 2 |
Anno 1 |
Differenza |
Differenza %
|
Attività |
|
|
|
|
Attività correnti: |
|
|
|
|
Cassa e banche |
100 |
200 |
(100) |
(50,0) |
Titoli |
1.200 |
1.100 |
100 |
9,1 |
Crediti verso
clienti |
4.500 |
3.500 |
1.000 |
28,6 |
Crediti diversi |
250 |
300 |
(50) |
(16,7) |
Meno: Fondo svalutazione crediti |
(300) |
(300) |
0 |
0,0 |
Rimanenze di
magazzino |
2.400 |
1.400 |
1.000 |
71,4 |
Ratei e risconti
attivi |
200 |
150 |
50 |
33,3 |
Totale attività correnti |
8.350 |
6.350 |
2.000 |
31,5 |
Attività immobilizzate: |
|
|
|
|
Partecipazioni |
6.200 |
6.200 |
|
|
Finanziamenti a
terzi |
750 |
750 |
|
|
|
6.950 |
6.950 |
0 |
0,0 |
Immobilizzazioni
tecniche |
10.700 |
10.500 |
200 |
1,9 |
Meno: Fondi ammortamento |
(5.400) |
(5.100) |
(300) |
5,9 |
|
5.300 |
5.400 |
(100) |
(1,9) |
Immobilizzazioni
immateriali |
250 |
0 |
250 |
|
Oneri pluriennali |
150 |
0 |
150 |
|
Totale attività immobilizzate |
12.650 |
12.350 |
300 |
2,4 |
Totale attivo |
21.000 |
18.700 |
2.300 |
12,3 |
Passività e Patrimonio netto |
|
|
|
|
Passività correnti: |
|
|
|
|
Banche |
2.250 |
1.450 |
800 |
55,2 |
Fornitori |
4.300 |
4.000 |
300 |
7,5 |
Debiti diversi |
500 |
450 |
50 |
11,1 |
Ratei e risconti
passivi |
250 |
200 |
50 |
25,0 |
Fondo imposte |
550 |
100 |
450 |
450,0 |
Parte corrente di
debiti a lungo termine |
250 |
250 |
0 |
0,0 |
Totale passività correnti |
8.100 |
6.450 |
1.650 |
25,6 |
Passività a medio-lungo termine: |
|
|
|
|
Obbligazioni |
3.500 |
3.500 |
0 |
0,0 |
Mutui |
1.500 |
1.500 |
0 |
0,0 |
Fondo TFR
dipendenti |
1.100 |
1.000 |
100 |
10,0 |
Totale passività a medio-lungo termine |
6.100 |
6.000 |
100 |
1,7 |
Totale passivo |
14.200 |
12.450 |
1.750 |
14,1 |
Patrimonio netto: |
|
|
|
|
Capitale sociale |
4.000 |
4.000 |
0 |
|
Riserve |
2.250 |
2.000 |
250 |
|
Utile
dell’esercizio |
550 |
250 |
300 |
|
Totale Patrimonio netto |
6.800 |
6.250 |
550 |
8,8 |
Totale come sopra |
21.000 |
18.700 |
2.300 |
12,3 |
|
% su vendite |
Importi |
Differenza |
|||
|
Anno 2 |
Anno 1 |
Anno 2 |
Anno 1 |
Importi |
In % |
Ricavi netti per vendite |
100,0 |
100,0 |
12.300 |
11.100 |
1.200 |
10,8 |
Costo del venduto: |
|
|
|
|
|
|
Materiali |
30,4 |
54,1 |
6.200 |
6.000 |
200 |
3,3 |
Personale |
12,6 |
13,5 |
1.550 |
1.500 |
50 |
3,3 |
Spese di produzione |
10,2 |
10,8 |
1.250 |
1.200 |
50 |
4,2 |
Ammortamenti |
2,4 |
4,1 |
300 |
450 |
(150) |
33,3 |
Totale costo del venduto |
75,6 |
82,4 |
9.300 |
9.150 |
150 |
1,6 |
Margine lordo |
24,4 |
17,6 |
3.000 |
1.950 |
1.050 |
53,8 |
Spese operative: |
|
|
|
|
|
|
Ricerca e sviluppo |
0,4 |
2,3 |
50 |
250 |
(200) |
80,0 |
Spese di vendita |
5,7 |
2,7 |
700 |
300 |
400 |
133,3 |
Generali e amministrative |
3,3 |
3,2 |
400 |
350 |
50 |
14,3 |
Totale spese operative |
9,3 |
8,1 |
1.150 |
900 |
250 |
27,8 |
Utile operativo |
15,0 |
9,5 |
1.850 |
1.050 |
800 |
76,2 |
Proventi e oneri diversi: |
|
|
|
|
|
|
Proventi e (oneri)
finanziari |
|
|
(500) |
(300) |
(200) |
66,7 |
Proventi e (oneri)
patrimoniali |
|
|
(200) |
(200) |
0 |
0,0 |
Utile ordinario |
9,3 |
5,0 |
1.150 |
550 |
600 |
109,1 |
Proventi (oneri)
straordinari |
(0,4) |
(0,5) |
(50) |
(50) |
0 |
0,0 |
Utile prima delle imposte |
8,9 |
4,5 |
1.100 |
500 |
600 |
120,0 |
Imposte |
4,5 |
2,3 |
550 |
250 |
300 |
120,0 |
Utile netto dell’esercizio |
4,5 |
2,3 |
550 |
250 |
300 |
120,0 |
Indici di
Bilancio
Indice |
Formula |
Anno
1 |
Anno
2 |
a)
Coefficiente di |
Attività Correnti |
1,03 |
0,98 |
b) Rotazione delle scorte (numero di giorni) |
Giacenze di Magazzino -------------------------------- x 365 |
94 |
56 |
c)
Rotazione dei crediti (numero di
giorni) |
Crediti verso Clienti |
134 |
115 |
d) Copertura finanziaria delle immobilizzazioni |
Patrimonio + passivo a lungo termine |
1,02 |
0,99 |
e)
Redditività del Capitale proprio |
Utile Netto |
8% |
4% |
Metodo induttivo
Tipo di azienda
|
Voci da verificare |
Fattori da considerare |
Banche
|
Interessi attivi Interessi passivi |
Saldi medi
giornalieri Tassi medi
praticati |
Spedizionieri |
Ricavi |
Numero
dei veicoli |
Percorrenza in
chilometri |
||
Consumo di
carburanti |
||
Costo dei veicoli |
Numero dei veicoli |
|
Percorrenza in
chilometri |
||
Consumo di
carburanti |
||
Alberghi |
Ricavi |
Numero di camere |
Registro delle
presenze |
||
Tariffe medie
praticate |
||
Compagnie di Assicurazione |
Riserve Tecniche |
Numero di sinistri
denunciati Valore medio del
sinistro |
Lavanderie |
Ricavi/Costi |
Consumo di acqua e
detersivi |
Bar |
Ricavi/Costi |
Consumo di caffè |
Ecc, ecc. |
|
|