Alterum non laedere
Nessuno
ricorderebbe il buon samaritano se avesse avuto solo buone intenzioni: aveva
anche i soldi.
Potresti dirmi cosa pensi della presenza del male nel mondo?
Ho letto qualcosa di recente, ma ho le idee confuse.
Su questo argomento, il
Catechismo della Chiesa Cattolica (compendio 2005) si esprime nei seguenti
termini:
Articolo 57. Se Dio è onnipotente e
provvidente, perché allora esiste il male?
A questo interrogativo, tanto doloroso
quanto misterioso, può dare risposta soltanto l’insieme della fede cristiana.
Dio non è in alcun modo, né direttamente né indirettamente,
la causa del male. Egli illumina il mistero del male nel suo Figlio, Gesù
Cristo, che è morto e risorto per vincere quel grande male morale, che è il
peccato degli uomini e che è la radice degli altri mali.
Articolo 58. Perché Dio permette il male?
La fede ci dà la certezza che Dio non
permetterebbe il male, se dallo stesso male non traesse il bene.
Dio
questo l’ha già mirabilmente realizzato in occasione della morte e resurrezione
di Cristo: infatti dal più grande male morale, l’uccisione del suo Figlio, egli
ha tratto i più grandi beni, la glorificazione di Cristo e la nostra redenzione.
Articolo 368. Quando l’atto è moralmente
buono?
L’atto è moralmente buono quando
suppone ad un tempo la bontà dell’oggetto, del fine e delle circostanze.
L’oggetto scelto può da solo viziare tutta un’azione, anche se l’intenzione è
buona.
Non è lecito compiere un male perché ne
derivi un bene. Un fine cattivo può corrompere l’azione, anche se il suo
oggetto, in sé, è buono. Invece un fine buono non rende buono un comportamento
che per il suo oggetto è cattivo, in quanto il fine non giustifica i mezzi.
Le circostanze possono attenuare o
aumentare la responsabilità di chi agisce, ma non possono modificare la qualità
morale degli atti stessi, non rendono mai buona un’azione in sé cattiva.
Una prima analisi dei
citati articoli fa emergere alcune contraddizioni.
L’articolo 57 afferma
che Dio non è in alcun modo, né
direttamente né indirettamente, la causa del male invece l’articolo 58
afferma che Dio non permetterebbe il
male, se dallo stesso male non traesse il bene.
Abbiamo visto che
permettere il male ne implica la responsabilità, sia pure indiretta. Non
dimentichiamo che la dottrina cattolica prevede peccati di “pensieri, parole,
opere e omissioni”.
La più classica delle
omissioni consiste proprio nel non impedire il male.
l’articolo 368 afferma
che non è lecito compiere un male perché
ne derivi un bene… in quanto il fine non giustifica i mezzi.
Questo deriva
direttamente dal pensiero di sant’Agostino, ma contrasta apertamente con
l’articolo 58 che afferma che Dio non
permetterebbe il male, se dallo stesso male non traesse il bene.
Dio potrebbe non aver
avuto scelta al momento della creazione, né in sede di decisione se compiere o
no quell’impresa, in quanto atto necessario, né successivamente, una volta
creato l’universo, poiché questo, per la sua natura materiale, non poteva non
incorporare il male.
Bisogna
però ammettere che quella del Catechismo è una posizione che viene da lontano
ed è sostenuta dai massimi teologi. Per esempio, san Tommaso d’Aquino sostiene
che Dio ha permesso il peccato originale per trarne un dono grande, la nascita
di Suo Figlio Gesù. E anche il papa Leone Magno, sempre a proposito del peccato
originale afferma che la grazia che ci è venuta da Cristo è ben più grande dei
doni di cui siamo stati privati col peccato originale.
Queste citazioni
dovrebbero rispondere alla domanda: perché
Dio non ha impedito il peccato originale? Sembra comunque che già allora
Egli volesse impedirlo e, infatti,
aveva proibito di cogliere i frutti dell’albero della conoscenza del bene e del
male. Sembra di capire che il “dono” del libero arbitrio non fosse stato ancora
consegnato agli uomini e che Eva se lo fosse preso di sua iniziativa, sia pure
indotta dal serpente!
Ma torniamo agli
articoli del Catechismo: fanno riferimento al solo male “morale”, cioè a quello
causato o commesso da un essere libero e senziente, quale potrebbe essere
l’uomo; non è considerato esplicitamente il male “fisico”, cioè causato o
commesso ad esempio da elementi naturali come terremoti o uragani o anche da
batteri o lupi.
Questo è un argomento sottile. Avevo già letto diversi
articoli che, forse strumentalmente, mettevano in evidenza l’apparente
contraddizione tra le disposizioni degli articoli del Catechismo e non celavano
lo stupore sul fatto che un documento come il Catechismo, curato da un teologo
di eccelsa fama, potesse contenere conflitti così evidenti.
La mia precisazione sul
male morale può solo significare che il male in natura non esiste.
In effetti, abbiamo già
visto che è inutile, e anche puerile, considerare cattivo (cioè agente del
male) un lupo. Un lupo è tuttalpiù pericoloso, non malvagio: fa soltanto il suo
mestiere, ciò per cui la natura lo ha generato. Se lo si combatte, o lo si
mette in gabbia, non è per punire la sua malvagità. Il povero lupo non sospetta
neppure di fare male, quando azzanna le pecore del pastore! In una parola, non
ha responsabilità di quello che compie.
Del resto, gli uomini vengono impiccati non perché rubano
i cavalli, ma per evitare che i cavalli siano rubati.
Se consideriamo il male
commesso da eventi naturali inconsapevoli, ad esempio uno tsunami, appare
evidente la mancanza di ogni forma di volontà malvagia.
E se l’onda si trasforma
in un danno per le persone, ciò può essere ricondotto al normale corso degli
eventi. Il mondo funziona così e, visto che un evento deve capitare, non ha
senso chiedersi perché, o persino perché capita a me.
Conviene ricordare
quanto abbiamo già detto a proposito dei limiti del mondo fisico e della
necessità dell’accadere di certi eventi.
Diverso sembrerebbe il caso in cui il male è commesso da
esseri liberi e senzienti, come l’uomo.
Il concetto di libertà
può essere ingannevole. Anzi, portando il nostro ragionamento alle estreme
conseguenze, il cosiddetto libero arbitrio non è che una illusione, utile al
massimo per governare le società.
E poi, forse che l’uomo
non fa parte della natura? e non abbiamo appena deciso che il male in natura
non esiste?
Si arriverà mai a una conclusione?
Potremmo arrivare a due
conclusioni, l’una estrema e l’altra di compromesso.
La conclusione estrema è
che il male non esiste, e che è vano parlare di giudizio di Dio e di Inferno.
La seconda conclusione,
più tradizionale, porta a chiederci, una volta escluso il male fisico, in che
cosa consista il male morale.
Le religioni danno
risposte diverse, ma probabilmente la più semplice, quella che richiede il
minor numero di concetti aggiuntivi, è che il male consiste nel fare soffrire
qualcuno.
Non c’è male senza
sofferenza. I cosiddetti peccati di pensiero, ad esempio, non sarebbero male,
in quanto nessuno ne patisce.
Altre azioni normalmente
considerate riprovevoli in realtà non sono male se non ne deriva sofferenza
individuale o turbamento sociale che possa risolversi in male per qualcuno.
Pensa a una coppia di amanti
segreti, non sposati: nessuno soffre per adulterio, la società non ne è al
corrente e quindi non c’è scandalo, e i due sono felici. Che male c’è?
Qual è l’etica perfetta, senza che si cada nella trappola
del relativismo?
Ci si potrebbe
avvicinare molto, senza mai arrivarci. Si potrebbero ipotizzare società in cui
sia considerato lodevole fare soffrire qualcuno.
Pensa a Gengis Khan, che
considerava come massimo bene uccidere i nemici e razziarne i cavalli e le
donne (in stretto ordine decrescente di valore). Tra l’altro Gengis Khan deve
avere applicato diligentemente i suoi principi se, come documenta un
interessante studio sul Dna degli abitanti odierni del territorio del suo
impero, i suoi discendenti sarebbero oggi almeno 16 milioni.
Ma se non possiamo stabilire dei principi assoluti, come
dobbiamo comportarci? come fa poi Dio a giudicarci?
Questo è il vero
problema, che a sua volta si sdoppia.
Se si aderisce a una
religione, il problema si risolve da sé, salvo complicarsi ulteriormente: il
bene è fare la volontà di Dio.
Ma qual è la volontà di
Dio? come possiamo conoscerla? Detto per inciso, non è assolutamente necessario
dal punto di vista logico credere in Dio per astenersi dal fare il male.
Questa regola può
desumersi semplicemente dalle semplici norme di convivenza sociale, riassunte
nell’imperativo “Non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te”.
Non è un caso che questa
regola si trovi in tutte le religioni e anche nei principi del diritto: il
famoso alterum non laedere dei romani.
I valori imperituri non vanno soggetti a
oscillazioni:
non sono quotati in borsa.