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BATTAGLIE MACCHERONICHE per H.o.T.T..


INDICE

Battaglie Maccheroniche LA SECCHIA RAPITAGemignaniPetroni
LA PRESA DI SAMMINIATOBattilaniTaglioni
IL TORRACCHIONE DESOLATOMangonesiTorracchionesi
IL CATORCIO D'ANGHIARIAnghiaresiBorghesi
LA FIESOLEIDERomaniFiesolani
LA PULCELLA D'ORLEANSFrancesiInglesi
ROBIN HOODAllegri CompagniUomini dello Sceriffo
Battaglie Ludiche GLI SCACCHIBianchiNeri
LE CARTEFrancesiNapoletane
THE BIG ONETuttiTutti


CASTELFRANCO, XIII sec. d.C. (La Secchia Rapita)


Antefatti.
La rivalità tra Modena e Bologna è iniziata quando la prima era Longobarda e la seconda Bizantina ed è continuata per tutto il medioevo.
Delle numerose battaglie combattute tra queste città, almeno due hanno ispirato Alessando Tassoni (1565-1635), autore del poema eroicomico "La Secchia Rapita".
Alla nota battaglia della Fossalta (26 IV 1249) i guelfi Bolognesi sconfiggono gravemente i ghibellini Modenesi e catturano Enzo re di Sardegna, figlio naturale dell'Imperatore Federico II.
A Zappollino (15 XI 1325) i Modenesi, aiutati da Scaligeri e Viscontei, sbaragliano i Bolognesi inseguendoli fino alla loro città, dalla quale riportano come trofeo la secchia di un pozzo, che si trova ancora oggi incatenata nella torre della Ghirlandina a Modena.

Lo schieramento Modenese.
I Bolognesi ed i loro alleati marciano su Modena ma trovano il ponte di Castelfranco presidiato dai Modenesi (chiamati Gemignani dai loro avversari, per il loro santo patrono San Gemignano) e dai loro alleati ghibellini, che si schierano in tre battaglie.
Nel descrivere i Modenesi, Tassoni traspone sul campo di battaglia i suoi amici e conoscenti, ne storpia il nome e ne descrive l'arme (in rima), cosa che potete fare anche voi con il vostro esercito personalizzato (che ne dite di un esercito composto dai soci del vostro Club ?).

La battaglia di sinistra comprende i seguenti comandanti e contingenti:

La battaglia centrale comprende i seguenti comandanti e contingenti di Modena e dintorni:

La battaglia di destra comprende i seguenti comandanti e contingenti:

In tutto le truppe ghibelline ammontano a 70 comandanti, più di 6.630 cavalieri (100 donne), 2.900 fanti armati di armi ad asta, 2.150 fanti armati di archi e balestre (50 donne) ed altri 41.500 fanti variamente armati.
A questi si aggiunge Pasquino Ferrari con 600 ingegneri di Nonantola che accudiscono alle torri e alle macchine di guardia al ponte.

Lo schieramento Bolognese.
I Bolognesi (chiamati Petronii dai loro avversari, per il loro santo patrono san Petronio) ed i loro alleati guelfi si schierano in una lunga linea che comprende, da sinistra a destra:

L'esercito guelfo ammonta in totale a 23 capitani, circa 10.000 cavalieri (100 decorativi), 50.000 fanti, il carroccio, 1.000 muli carichi di noci ed il vicario papale monsignor Antonio Querenghi.

La Battaglia.
I Modenesi ed i loro alleati caricano gli avversari che resistono tenacemente al centro, specie i Faentini ed i Riminesi, ma si trovano in difficoltà alle ali.
Tognon Lambertazzi, due aristocratici della famiglia Malvezzi e l'eroe Perinto soccorrono i Bolognesi all'ala sinistra, impegnati a difendere il carroccio dagli attacchi di re Enzo.
Frattanto però i cavalieri di Manfredi Pio sbaragliano completamente i Fiorentini all'ala destra, che fuggono trascinando con sÉ i Ferraresi.
Buoso da Bovara interviene al centro, respinge i Milanesi ed affronta i Perugini e Riminesi, ma il grosso dell'ala ghibellina vincitrice non lo segue, si è infatti avidamente gettato sui muli fiorentini sontuosamente addobbati, credendo di fare un ricco bottino, e si azzuffa contendendosi le bestie.
Grazie a ciò il centro guelfo resiste ai Modenesi mentre i Bolognesi all'ala sinistra sconfiggono gli attaccanti e catturano re Enzo.
La notte pone fine allo scontro che termina in sostanziale parità. I ghibellini si ritirano oltre il fiume e gli eserciti rimangono più giorni a fronteggiarsi, chiamando nuovi alleati (vi risparmio di contingente padovano inviato da Ezzelino da Romano).

Gemignani(14 elementi):

1 Bh e generale ("Il Sippa" con il Carroccio e la scorta), 1 He (Perinto), 4 Kn (cavalieri guelfi), 1 Ho (cavalieri decorativi), 7 Ho (fanti guelfi).

Petroni(13 elementi):

Strongold (il ponte e le torri di guardia), 1 He e generale (Gherardo), 1 Pa (Renopia & C.), 1 Wb (Ramberto Balugola & C.), 1 Sh (Gherardo "Il Forte", Jacopin "L'Astuto" & C.), 2 Kn (cavalieri), 1 Re (cavalieri), 6 Ho (fanti ghibellini).




SAMMINIATO, XIV sec. d.C. (La Presa di Samminiato)


Nell'anno 1397 il capitano Cantino Cantini con 2.000 fanti di Monterappoli, Pontorme ed altre terre vicino ad Empoli penetra di notte in San Miniato per un sotterraneo e s'impossessa della cittadina. II vicario fiorentino Davanzato Davanzati, che ha tradito Firenze, viene gettato da una finestra. Secondo gli usi del tempo, Cantino porta ad Empoli per trofeo un catorcio (catenaccio) che viene appeso nel palazzo del comune.
Il fatto storico ha ispirato il poeta Ippolito Neri, autore del poema eroicomico "La Presa di Samminiato".

Gli Empolesi.
I Samminiatesi sorprendono il presidio di Marcignana intento a giocare a carte, lo arrestano (non avendo le carte il dovuto bollo) e saccheggiano il villaggio.
Gli Empolesi (chiamati Battilani dagli avversari), dopo un'inutile ambasciata, radunano le loro forze per assediare la cittadina rivale. L'armata è composta delle seguenti truppe e capitani (come per la Secchia Rapita si tratta di amici dell'autore anagrammati e muniti di insegna appropriata):

I Samminiatesi.
Vistisi assaliti, i Samminitesi (chiamati Taglioni dagli avversari) chiedono rinforzi dai dintorni radunando i seguenti capitani e contingenti:

La Guerra.
Giunti presso Samminiato, gli Empolesi con un petardo fanno saltare la porta di un'osteria fuori porta, catturano l'oste e pongono il campo.
Al consiglio di guerra viene proposto di affamare l'esercito Samminiatese, di offrire cibo soporifero oppure di attaccarlo in vantaggio numerico due a uno, ma prevale infine l'idea di Tognaccio di attaccare l'avversario di sorpresa nel sonno.
L'attacco prima dell'alba riesce ed infligge numerose perdite ai Samminiatesi. Nella mischia Ceccone affronta Silvera, la tramortisce, la riconosce e sviene essendo innamorato di lei. Per lavare l'onta Silvera sfida a duello Ceccone ma perde.
Deciso a rifarsi dei due smacchi subiti, Varro Mangiatori decide di sorprendere a sua volta gli Empolesi nel sonno, ma l'attacco è prontamente respinto. I Samminiatesi lasciano molti caduti e sono costretti a ripiegare nell'abitato. All'offerta di un'onorevole resa Silvera risponde che ciò avverrà quando gli asini voleranno.
Gli Empolesi stringono il cerchio e si preparano ad assalire le porte. A Porta Palaja gli attaccanti guidati da Ceccone sono agevolmente respinti e derisi. A Porta Bresciana sono respinti a sassate ma si giustificano dicendo di non aver trovato posizione adatta alle artiglierie. A Porta Empoli hanno luogo i combattimenti più duri ed accaniti (se non volete leggervi tutto il poema leggetevi almeno l'ultimo capitolo).
Nella mischia sono impiegati spade, spadoni, magli, scale, elmi, fionde, paioli di brodo bollente ed un cannone spruzza-inchiostro nelle mani di Amato Bonripari (che colpisce l'autore). Dopo eroici sforzi gli attaccanti prendono esultanti un rivellino davanti alla porta, aprono una breccia ma falliscono tutti i tentativi di entrare.
Gli Empolesi stanno quasi per desistere quando il villano Cantin propone un sotterfugio che viene accettato. La notte Cantin con trenta compagni muniti di trombe e tamburi conduce alla porta un gregge di capre alle corna delle quali ha legato delle torce. I difensori impauriti dal numeroso "esercito" abbandonano la porta permettendo agli assedianti di entrare e saccheggiare la cittadina. Silvera lascia l'armatura, indossa i suoi abiti più seducenti, riesce ad ottenere una tregua ed a fermare il saccheggio.
Gli sconfitti devono atterrare le mura della propria cittadina perdendo quindi la gabella delle porte, devono rendere i prigionieri e pagare le spese di guerra entro un anno (foro competente quello di Fucecchio).
I vincitori entrano in trionfo ad Empoli con lo storico catorcio e le capre vestite di velluto rosso e le corna argentate (meriterebbero persino una costellazione accanto al Toro ed al Centauro). Le campane suonano a festa per tre settimane e la vittoria è commemorata ogni anno lanciando dal campanile un asino legato ad una carrucola.

Battilani(11 elementi):

1 Kn e generale (Baronto Prelioni), 1 Re (Como Cacciolini con dragoni), 1 He (Tognaccio Buscatti), 2 Sp (picche e falci), 1 Sh (Manicheo Pierligi con archibugieri), 1 Sh (Nero Perinti con frombolieri), 1 Art (Petruccio Sali e Roberto Gambui con cannoni), 1 Sk (Cantin & C.), 2 Ho (fanti empolesi).

Taglioni(13 elementi):

Strongold (Samminiato), 1 Kn e comandante (Varro Mangiatori), 2 Sh (archibugieri), 1 He (Silvera), 1 Kn (corazze), 1 Art (Amato Bonripari con cannoni), 2 Sp (picchieri e alabardieri), 5 Ho (fanti samminiatesi).




ORTAGLIA (Il Torracchione Desolato)


Nel poema eroicomico "Il Torracchione Desolato", Bartolomeo Cosini (1606-1675) illustra perchè vicino alla sua città natale, Barberino di Mugello (FI), vi siano i ruderi di un castello.

I Mangonesi.
Alcidamante conte di Mangone intende liberare l'amata Elisea, contadina sospettata di avere nobili origini rapita dal gigante Giuntone e dal cavaliere Bruno, figlio di Lazzeraccio imperatore di Ortaglia.
Al conte di Mangone si uniscono i seguenti contingenti e capitani (amici e compaesani dell'autore, con i nomi anagrammati ed appropriate insegne):

I Torrachionesi.
Lazzeraccio dice di discendere dagli antichi Terquini re di Roma, si è quindi autonominato imperatore di Ortaglia, chiamata così per i suoi famosi orti con foglie d'argento e pomi d'oro.
In suo soccorso giungono i seguenti contingenti e capitani:

La Guerra.
Fallita un'ambasciata, i Mangonesi avanzano verso Ortaglia e si accampano sulla riva del Lora in piena.
All'alba subiscono l'assalto di sorpresa da parte dei Torracchionesi, che dall'argine opposto bersagliano di dardi l'accampamento, subito contrastati dalle fanciulle guidate da Margherita ed Armilla, mentre gli attaccati formano un muro di scudi.
Il grosso Meone de Cerchiai riempie la propria umile veste di sassi e si unisce allo scambio di proiettili. Il suo esempio è subito seguito dai combattenti di entrambi gli eserciti, ai quali il greto del fiume fornisce numerosi sassi e ciottoli. Lo stesso Meone viene ferito al naso e reagisce con maggior furia nei lanci.
Numerosi sono i feriti ed i caduti ma gli attaccanti sono avvantaggiati nel tiro dall'argine, finché interviene il conte Alcidamante con un velo donatogli da Diana, le acque del Lora si aprono permettendo il guado ed i Torracchionesi si danno alla fuga.
Dopo una notte piena di personaggi vaganti, il cavallo di uno di questi passa tra i due eserciti, causa una scaramuccia per catturarlo che degenera in battaglia. Lo scontro è subito interrotto da un misterioso cavaliere che sfida a duello i campioni del conte e li abbatte uno ad uno. Lo affronta il conte in persona, ma dopo un breve duello è attirato in una trappola preparata dalla maga Dianora, il cavaliere misterioso si tramuta in drago, lo rapisce e lo porta ad Ortaglia.
Subito riprende l'accanita mischia (leggetevi lo splendido XIIo capitolo) che vede la vittoria dei Mangonesi, pur privi di capitano. Per la raccolta dei caduti e la cura dei feriti sono stabiliti sei giorni di tregua durante i quali il conte resiste agli inganni di Dianora, è liberato da Pegaso e gli altri personaggi intrecciano le loro avventure personali.
Il poema quindi prosegue con l'ultima battaglia ad esito alterno fino alla morte di Virgilio Forti, capitano dei Torracchionesi, i quali fuggono nel Torracchione. La pesante saracinesca si chiude lasciando fuori parte dei fuggitivi, che sono uccisi, dentro parte degli inseguitori, che sono uccisi, e lo sventurato Bettino mezzo dentro e mezzo fuori, completamente morto.
Il giorno seguente il Torracchione è assalito, dopo dura lotta viene preso ed incendiato, mentre anche Lazzeraccio gli dà fuoco affinché non cada in altre mani, e muore tra le fiamme.

Mangonesi(11 elementi):

1 He e generale (Alcidamante conte di Mangone), 1 Pa (Polinesta), 1 Re (Chio de Gaglian & C.), 1 Re (cavalieri), 1 Sp (Barberinesi), 1 Sh (Margherita, Armilla & C.), 1 Sh (arcieri e balestrieri), 1 Art (Adriano Fini & C.), 3 Ho (Mangonesi ed alleati).

Torracchionesi(11 elementi):

Strongold (Il Torracchione), 1 He e comandante (Virgilio Forti), 1 Dr (Drago), 1 Ma (Dianora ed Asmodeo), 1 Sp (Guardia Imperiale), 2 Re (cavalieri), 1 Sh (Meone de Cerchiai & C.), 4 Ho (Torrachionesi ed alleati).




ANGHIARI (Il Catorcio d'Anghiari)


Nel poema eroicomico "Il Catorcio d'Anghiari" Federico Nomi (1633-1705) descrive la guerra tra la cittadina umbra di Borgo (dove ha origine la sua famiglia) e quella toscana di Anghiari (dove vive).
La rivalità tra le due cittadine ha origine dai tempi dalla loro fondazione, secondo alcuni da parte di due diverse tribù di Galli, secondo altri da due sorelle fuggite da Troia.
Attualmente il Tevere segna il confine e genera dispute per l'uso dell'acqua nell'irrigazione, l'abbeveraggio delle mandrie, l'alimentazione dei Mulini e soprattutto per un ponte di proprietà dei Borghesi, che impongono gabelle per il transito, protestano per l'uso dei guadi e pretendono di essere risarciti di metà delle spese di manutenzione dello stesso da parte degli Anghiaresi, dispostissimi a contribuire quando il fiume scorrerà per metà dell'anno in senso opposto.

I Borghesi.
Ghirone re di Biturgia decide di muovere guerra ad Anghiari, quindi raduna i seguenti capitani e contingenti Umbri e Sabini, per un totale di 50.120 uomini:

Gli Anghiaresi.
Giano re di Anghiari, saputo dei preparativi d'invasione del vicino, munisce la cittadina e raccoglie i seguenti capitani e contingenti Toscani e Romagnoli per un totale di quasi 40.000 uomini:

A questi bisogna aggiungere gli alleati, che partecipano al secondo anno della guerra:

La Guerra.
Mentre Giano è occupato a raccogliere l'esercito, Ghirone passa di sorpresa il Tevere ed assalta Anghiari, validamente difesa dai cittadini. Gli attacchi si concentrano contro una breccia delle mura, dove i difensori erigono barricate con botti di vino. Il prode e balbuziente Carlone, armato di clava, riesce a respingere gli attaccanti ed anche a dileggiarli.
Giano giunge in soccorso della cittadina ma non c'è battaglia e gli eserciti si fronteggiano per un mese, passato in scorribande e scaramucce. In una di queste i Borghesi prendono un castello, ne asportano la porta per scaldarsi ed appendono il catorcio (serratura) sopra la porta di San Leo di Borgo dicendo che è stato preso ad Anghiari. Inoltre decidono di celebrare la presunta vittoria ogni anno con solenni feste ed una gara di tiro con la balestra.
In primavera Ghirone attacca la repubblica neutrale di Montedoglio, tentando di scalarne le mura con piramidi umane, ma Giano giunge in soccorso e dopo una breve mischia mette in fuga i cavalieri facendo strage di fanti. I fuggitivi riparano in Borgo e gli inseguitori si rifanno su sei lavandaie rimaste accidentalmente fuori dalle mura che vengono picchiate ed evitano altri oltraggi in quanto troppo brutte.
Ai Borghesi si aggiunge il forte mezzo-asino Miccione che sfida a duello numerosi avversari avendo la meglio contro tutti tranne contro Maurizio Magi che resiste fino a sera. Il giorno seguente gli eserciti danno inizio ad una mischia furibonda efficacemente descritta nei capitoli XIII e XIV. L'oscurità divide i combattenti che per metà sono feriti, molti sono stati calpestati. Lattanzio Capassini cerca il figlio Guido, lo trova morto e lo piange nella scena più struggente del poema, se non si esprimesse in un pseudo-dialetto veneto che la rende quasi comica.
In soccorso di Giano giungono quindi i Fiorentini, i Pisani ed i Perugini ma il necromante Cianciano evoca una nebbia che confonde le menti. Gli Aretini si credono Fiorentini, i Fiorentini diventano ghibellini, gli ufficiali pisani si credono soldati semplici e ricordano ai Lucchesi che sono loro schiavi, i Perugini, Aretini e Crotonesi rievocano le loro discordie passate dai tempi di Virgilio, i Pistoiesi si dividono nei partiti bianchi e neri. La nebbia colpisce anche fuori dal campo di battaglia, infatti la Sardegna dichiara guerra alla Corsica, Palermo a Messina e lo stesso autore polemizza con i suoi colleghi criticoni.
Giove invia la Pace e la fata Bella a disbrogliare la matassa, queste convincono facilmente Roberto Vaesio, giunto da Parigi, a mediare la pace. Roberto, sentite entrambe le parti, giunge ad un accordo su tasse, spese, acqua, mulini e confini ma non sulla riconsegna del catorcio al quale Giano non vuole rinunciare per il suo onore e Ghirone per il suo orgoglio. Infine Roberto impone un compromesso : Ghirone tiene il catorcio ma concede agli Anghiaresi di dire "Ho rinchiuso Ghirone !".
La pace torna in Toscana (ma non tra Palermo e Messina).

Anghiaresi(12 elementi):

Strongold (Anghiari), 1 Kn e generale (Alessandro del Borro), 1 Pa (Filizia da Chiusi), 1 He (Carlone), 1 Sp (Astor Baglioni e Perugini), 1 Wb (Teuzzon dei Guidi e Casentini), 2 Re (cavalieri Anghiaresi & alleati), 1 Sh (tiratori c.s.), 4 Ho (fanti c.s.).

Borghesi(11 elementi):

1 Kn e comandante (Angiolo degli Attalberti del Monte), 1 Ma (Piero Cianciano), 1 Bh (Miccione), 1 Kn (lance francesi), 1 Sh (frombolieri di Farpa), 1 Art (Roberto Vaesio con macchine e carcassa), 1 Re (cavalieri Borghesi ed alleati), 4 Ho (fanti c.s.).




FIESOLE, I sec. a.C. (La Fiesoleide)


Giovanni Domenico Pieri (XVII sec.), nel poema eroicomico "La Fiesoleide" descrive l'assedio di Cesare, tornato vittorioso dall'oriente, alla città etrusca di Fiesole, colpevole di aver aiutato Catilina.

I Romani.
L'esercito di Cesare comprende i seguenti capitani e contingenti:

I Fiesolani
Fiesole si eleva su un'altura scoscesa, protetta da tre lati dal fiume Mugnone e possiede tre cinte di mura.
Per Ircano re di Fiesole combattono i seguenti capitani e contingenti:

La Guerra.
Dopo alcuni duelli e le prime avventure ad intreccio dei singoli eroi, il poema descrive l'attacco alla cittadina che fallisce a causa dell'intervento del mago Zambardo, il quale evoca una tempesta malefica con lampi, neve e fulmini che causa ai romani mal di pancia, febbre e mal di denti.
Il giorno seguente, aiutati dalla nebbia, i barbari giunti in soccorso di Fiesole attaccano di sorpresa il campo romano, aiutati da una sortita di Ircano. I Romani subiscono una strage, soprattutto ad opera dei carri falcati dei Tartari. Cesare si mette alla testa dei suoi, guida una sortita e compie atti di valore abbattendo Drago re di Scozia, lo stregone Bimago di Biarme ed altri compagni.
Frattanto alcuni demonietti evocati da Zambardo provocano la piena dell'Arno, del Mugnone, della Chiana e di tutti gli altri corsi d'acqua, mentre altri loro simili ne bloccano le foci in modo da impedire ai Romani la fuga e l'arrivo di vettovaglie, ma sono subito cacciati da Rosmondo e Brimarte.
Al sopraggiungere dell'oscurità, dopo una giornata di lotta, i Romani ripiegano all'interno del campo fortificato.
All'alba del giorno dopo Rosmondo con Clorindo, Druarte, Brimarte ed altri eroi, tornati da varie avventure, amori o prigioni al campo romano, attaccano i barbari alle spalle e si riaccende la battaglia.
I Romani abbattono Narbante capo degli Svevi, Sarmante "Il Forte" capo dei Goti ed altri eroi mettendo i Fiesolani in fuga verso la cittadina. Re Ircano, i figli Fiesolano Armonte, con Rubeno capo dei Lituani e Durippe capitana delle vergini della Scizia, tentano invano di fermare i guerrieri e sono costretti a ritirarsi. Gli inseguitori vogliono intrufolarsi per la porta assieme ai fuggitivi ma sono fermati dall'intervento del mago Zambardo e dell'eroica Mirtilla, che salva dalla cattura lo stesso re.
I Romani assalgono da tre lati la cittadina e danno il via ad accaniti combattimenti. Rosmondo uccide Fiesolano, figlio di Ircano. Armonte, l'altro figlio di Ircano, salva Mirtilla. Ircano affronta lo stesso Cesare. Le difese cedono e gli attaccanti superano la prima cinta ma interviene il mago Zambardo che evoca numerosi demonietti, questi scavano rapidamente una grossa voragine tra il primo ed il secondo muro di cinta facendovi precipitare 1.200 attaccanti, gli altri arretrano sbigottiti e ripiegano sconsolati al campo. Rosmondo rimane solo, bloccato nella cittadina e si apre la strada a forza uccidendo Rubeno capo dei Lituani, Sandranapeo capo dei Norvegesi, Rinoceo capo dei Tartari, Radasso capo degli Ungari e dei Moscoviti, altri capitani e numerosi uomini.
Per rianimare il suo esercito Cesare adotta una serie di provvedimenti:

Ircano invece propone di risolvere la cosa con un duello tra due campioni ma sono estratti Rosmondo e Mirtilla che essendo innamorati tra loro iniziano un duello-farsa tra loro, combattuti dentro tra l'onore e l'amore nei versi tra i più originali e commuoventi dell'opera (consiglio caldamente la lettura del verso XV). La farsa viene interrotta dal geloso Armonte e degenera in battaglia. Dopo una bella mischia i Fiesolani sono messi in rotta nonostante l'intervento di Armonte che colpisce sia gli inseguitori che i fuggitivi. Questi sono messi in salvo ancora una volta dall'intervento del mago Zambardo che evoca un'oscurità allucinogena. Mirtilla vede Armonte e Rosmondo uccidersi a vicenda e si vede attaccata da numerose belve. I Romani sono invischiati con visioni d'amore, di cibo allettante, di fantasmi, di mostri, di ninfe, di puzzo o di sonnolenza.
Dopo venti giorni in soccorso dei Romani interviene la Sibilla Cumana che disperde la nebbia, distrugge il palazzo di Zambardo e poiché questi tenta la fuga su una quadriga alata lo fa precipitare uccidendolo.
Mirtilla può così sposare Rosmondo e dichiararsi neutrale mentre Cesare guida l'attacco alla tenace cittadina da quattro lati : Rosmondo riesce ad aprire una breccia nel portone ed uccide Arbante di Ardea, poi assale la seconda porta dove uccide Pindauro di Lepanto e mette in fuga i difensori.
Guiscardo invece vede respinti i suoi attacchi dal trace Ormida.
Ircano fa crollare una torre sugli attaccanti uccidendole più di un migliaio ma Cesare penetra per la breccia creatasi nonostante la pioggia di calce ed acqua bollente mischiate. Duarte sconfigge Gelio, che si arrende, e ferisce la vergine Durippe, che si innamora di lui. Brimarte con 1.000 uomini frattanto penetra in città per il cunicolo sotterraneo e mette a fuoco il palazzo di Ircano. Oramai sconfitto, Ircano assale Cesare che lo uccide.
Fiesole è distrutta e desolata.

Romani(12 elementi):

1 Bd e generale (Cesare), 1 He (Rosmondo), 2 Cv (cavalieri), 4 Bd (legionari), 1 Art (macchine), 3 Ho (ausiliari).

Fiesolani(11 elementi):

Strongold (Fiesole), 1 Bd e generale (Ircano & C.), 1 Pa (Mirtilla), 1 Ma (Zambardo), 1 Kn e 1 Sp (Norvegesi), 1 Kn (carri falcati tartari), 1 Wb (Goti), 1 Cv (Lituani), 1 Sh (Durippe & C.), 2 Ho (fanterie).



 

ORLEANS, XV sec. d.C. (La Pulcella d'Orleanas)


Françoise Marie Voltaire (n. 1694) ha scritto tra l'altro il poema maccheronico, colto ed irriverente "La Pulcella d'Orleans", dove gli attacchi alla verginità della protagonista sono più frequenti di quelli alla martoriata città.
Tralasciando quelli, uno di questi inizia mentre i Francesi festeggiano con canti e fuochi d'artificio la presa di una rocca piena di armi e vino. Gli Inglesi fanno saltare una porta grazie a due grossi petardi e si lanciano all'assalto guidati da Talbò (Talbot).
Fortunatamente La Hiro ("La Hire") e Ponton (Ponton de Saintrailles) hanno costruito dietro alla porta un bastione munito di artiglierie. La mischia è combattuta con scale, pece infuocata e olio bollente.
Tra gli Inglesi combattono anche Sandò (Chandos) e Bedforte (Bedford) mentre tra i Francesi c'è Trimuglio (Tremoille), soccorso da Riccamonte (Richemont) con 500 plebei scelti ubriachi (quindi più coraggiosi). Frattanto Giovanna convince il delfino Carlo ad unirsi a lei e a Donoè (Dunois "Bastardo d’Orleans"), insieme intervengono alle spalle degli attaccanti ma vengono respinti.
In cielo litigano anche san Giorgio e san Dionigi (patroni rispettivamente d'Inghilterra e di Francia) mentre la battaglia attorno Orleans diviene talmente accanita che l'autore si dichiara impossibilitato a descriverla.

Francesi(10 elementi):

Strongold (Orleans), 1 Kn e generale (delfino Carlo), 1 Pa (Giovanna d'Arco), 1 He (La Hiro), 1 Kn (Donoè), 1 Bd (Riccamonte), 2 Sp (fanti), 1 Sh (balestrieri), 1 Ho (plebei ubriachi), 1 Art (cannoni).

Inglesi(10 elementi):

1 He e generale (Talbò), 1 Bd (Sandò), 1 Bd (Bedforte), 5 Sh (arcieri), 2 Art (cannoni).




ROBIN HOOD (Leggende Popolari Inglesi)


Eterni avversari in innumerevoli racconti, film e giochi, non possono mancare proprio qui.
Ricordatevi di mettere in campo la foresta di Sheerwood !

Allegri Compagni(11 elementi): 1 He (Robin Hood), 1 He (Little John), 1 Sk (Frà Tuc & Lady Marion), 5 Sh (arcieri), 3 Ho (contadini).
Uomini dello Sceriffo(11 elementi): Strongold (castello di Nottingham), 1 He (Sceriffo di Nottingham), 2 Kn (cavalieri), 1 Sh (arcieri o balestrieri), 1 Sp (lancieri), 4 Bd (lame), 2 Wb (celti o ausiliari).



GLI SCACCHI (Ludomachia)


A volte i giochi si incontrano e... si piacciono !
Il risultato, in questo caso, può essere variamente interpretato.
Se si è privi di miniature si può utilizzare i pezzi degli scacchi per familiarizzare con questo regolamento. È poi possibile realizzare con le miniature due eserciti, uno dipinto di bianco ed uno di Nero, per giocare sia a H.O.T.T. che a Scacchi.
Infine (o inizialmente ?) gli Scacchi possono essere solo il motivo ispiratore per schierare due eserciti speculari e farli combattere tra boschi, fiumi e colline.
Come variante si può adottare gli scacchi arabi, con al posto del Re lo Shah (da cui "Scacco"), al posto della Regina il Visir (arabo Firz, traslato "Vergine"), al posto dell'Alfiere l'Elefante (Al-fil, "Be" invece che "Bh" per motivi di punti e volendo di scala), ed al posto della Torre il Carro da Guerra (Rukhk, traslato "Rocca").
La variante cinese invece ha un generale e due mandarini (nel palazzo), due elefanti, due cavalli, due carri, due bombarde e cinque soldati.
Sono quindi possibili anche una sfide incrociate tra pezzi Classici, pezzi Arabi e pezzi Cinesi.
Il gioco ha orgine in India, dove in sanscrito era chiamato Chatur-Anga, cioè quattro Angas (Combattenti), perchè si giocava in quattro, con un dado (aksha). È citato nel poema Mahabharta (800-1100 a.C.) ed è probabilmente molto più antico.
Dall'India il gioco è passato in Persia, con nome persiano Chatrang, poi agli arabi (VII sec.), con nome Shatranj, infine in Europa (X sec.). Dal persiano Shah Mat (Il Re è Morto), deriva il nostro "Scacco Matto".
Occhio all'apertura e... fate a pezzi l'armata avversaria!

Classici(15 elementi):

Strongold (Re), 1 He e generale (Regina), 2 Sp (Alfieri), 2 Kn (Cavalli), 2 Bd (Torri), 8 Ho (Pedoni).

Arabi(15 elementi):

Strongold (Shah), 1 He e generale (Visir), 2 Be (Elefanti), 2 Re (Cavalli), 2 Kn (Carri da Guerra), 8 Ho (Pedoni).

Cinesi(13 elementi):

Strongold (Palazzo e 2 Mandarini), 1 Ho e generale (Generale), 2 Be (Elefanti), 2 Re (Cavalli), 2 Kn (Carri da Guerra), 2 Art (Bombarde), 5 Ho (Pedoni).




LE CARTE (Ludomachia)


Ecco un altro amore a prima vista, per il quale vale quanto è stato detto qui sopra per gli scacchi.
Le carte possono essere usate per familiarizzare con il regolamento, oppure gli eserciti possono essere dipinti con i simboli dei semi sugli stendardi, gli scudi e le gualdrappe. Risulta invece più problematico mescolare le miniature e giocare a ramino o scopone.
E' possibile scegliere tra diversi tipi di mazzi e di semi standard, che con un pizzico di fantasia possono essere personalizzati. In alternativa si può inventare il seme per il proprio esercito personalizzato senza limiti alla propria fantasia (Il re di Pizze, l'asso di Pizze...).
Quindi sperate che esca il Jolly, giocate al momento giusto il vostro Asso nella Manica (risorsa dei bari), e alla fine saprete quale sarà.. La Carta Vincente !

Francesi (15 elementi):

Strongold (Castello di Carte), 1 God (Jolly), 1 Pa (Asso), 1 Kn e generale (K), 1 Re (Q), 1 Bd (J), 9 Ho (carte dal 2 al 10), 1 Lk (1 o Asso nella Manica).

Semi Standard: Cuori - Amazzoni leggiadre vestite di rosa.
Fiori - Elfi o Folletti dei Boschi.
Picche - Macedoni, Pretoriani, Caotici o Demoni.
Quadri - Romani, con scudi quadrati, o Medioevali pesantemente corazzati (il seme rappresenta i mattoni).

Napoletane
(10 elementi):

Strongold (Castello di Carte), 1 Pa (Asso), 1 He e generale (Re), 1 Kn (Cavallo), 1 Bd (Fante), 6 Wb (carte dal 2 al 7).

Semi Standard: Bastoni - Barbari selvaggi o Trogloditi, armati di bastoni e clave.
Coppe - Nani ubriaconi con botti e fiasche.
Denari - Mercenari riccamente ornati.
Spade - Spadaccini dandy rinascimentali ornati di piume.



THE BIG ONE (Ludomachia)


Questo scenario, ispirato dal gioco stesso, è un "Tutti contro Tutti", infatti gli eserciti contrapposti comprendono tutti i tipi di elementi.
L'ambientazione, per la scelta e la pitturazione delle miniature, può simulare una delle tante contrapposizioni tipiche: Bianchi-Neri, Buoni-Cattivi, Belli-Brutti, Amici-Nemici, Simpatici-Antipatici, Occidente-Oriente, Nord-Sud, Destra-Sinistra, Emiliani-Romagnoli, Bergamo di Sopra-Bergamo di Sotto, Roma-Lazio, Scapoli-Ammogliati, Conmaglietta-Pettonudo, Guelfi-Ghibellini, Fiamminghi-Valloni, Paperopoli-Topolinia, Ricchi-Poveri, Dollaro-Euro, Frutta-Verdura, Inferno-Paradiso, Guardie-Ladri, Uomini-Macchine, Maschi-Femmine... Tutti contro Tutti !

L'esercito "The Big One" sotto riportato è frutto delle seguenti considerazioni:

Tutti(31 elementi):

Strongold, 1 FH, 1 God, 1 Dr, 1 Ab, 2 Fl, 1 He, 1 Pa, 1 Bh, 2 Kn, 2 Re, 2 Be, 1 Ma, 1 Ch, 1 Sk, 1 Art, 2 Bd, 2 Sp, 2 Wb, 2 Sh, 1 Lk, 3 Ho.

Tutti(31 elementi):

Strongold, 1 FH, 1 God, 1 Dr, 1 Ab, 2 Fl, 1 He, 1 Pa, 1 Bh, 2 Kn, 2 Re, 2 Be, 1 Ma, 1 Ch, 1 Sk, 1 Art, 2 Bd, 2 Sp, 2 Wb, 2 Sh, 1 Lk, 3 Ho.


Se vi è tutto chiaro siete pronti per passare a qualcosa di più impegnativo...

The Big One Duel

È una sfida a due riservata ai giocatori più accaniti, pronti a affrontarsi disputando 80 partite con le seguenti regole:

Se per voi 80 partite sono troppe (ad esempio avete famiglia) potete fermarvi prima oppure giocare una delle seguenti nove varianti ridotte della sfida:

Se invece ottanta partite sono pochine, è possibile giocare tutte le dieci versioni della sfida, per un totale di 186 partite (massimo 7.800 punti). Nessun altro gioco può darvi tanto!


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