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INDICE | |||
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Battaglie Maccheroniche | LA SECCHIA RAPITA | Gemignani | Petroni |
LA PRESA DI SAMMINIATO | Battilani | Taglioni | |
IL TORRACCHIONE DESOLATO | Mangonesi | Torracchionesi | |
IL CATORCIO D'ANGHIARI | Anghiaresi | Borghesi | |
LA FIESOLEIDE | Romani | Fiesolani | |
LA PULCELLA D'ORLEANS | Francesi | Inglesi | |
ROBIN HOOD | Allegri Compagni | Uomini dello Sceriffo | |
Battaglie Ludiche | GLI SCACCHI | Bianchi | Neri |
LE CARTE | Francesi | Napoletane | |
THE BIG ONE | Tutti | Tutti |
|
Antefatti.
La rivalità tra Modena e Bologna è iniziata quando la prima era Longobarda e
la seconda Bizantina ed è continuata per tutto il medioevo.
Delle numerose battaglie combattute tra queste città, almeno due hanno
ispirato Alessando Tassoni (1565-1635), autore del poema eroicomico "La Secchia Rapita".
Alla nota battaglia della Fossalta (26 IV 1249) i guelfi Bolognesi
sconfiggono gravemente i ghibellini Modenesi e catturano Enzo re di
Sardegna, figlio naturale dell'Imperatore Federico II.
A Zappollino (15 XI 1325) i Modenesi, aiutati da Scaligeri e Viscontei,
sbaragliano i Bolognesi inseguendoli fino alla loro città, dalla quale
riportano come trofeo la secchia di un pozzo, che si trova ancora oggi
incatenata nella torre della Ghirlandina a Modena.
Lo schieramento Modenese.
I Bolognesi ed i loro alleati marciano su Modena ma trovano il ponte di
Castelfranco presidiato dai Modenesi (chiamati Gemignani dai loro avversari,
per il loro santo patrono San Gemignano) e dai loro alleati ghibellini,
che si schierano in tre battaglie.
Nel descrivere i Modenesi, Tassoni traspone sul campo di battaglia i suoi
amici e conoscenti, ne storpia il nome e ne descrive l'arme (in rima),
cosa che potete fare anche voi con il vostro esercito personalizzato (che
ne dite di un esercito composto dai soci del vostro Club ?).
La battaglia di sinistra comprende i seguenti comandanti e contingenti:
L'eroico Voluce conte di Miceno, fratello del podestà di Modena, con 800 fanti.
Rolando della Rosa con 100 cavalieri e 1.000 fanti.
Il vanitoso conte di Culagna (il cui stemma è un pavone in campo oro) con elmo piumato e 200 buoni a nulla.
Il vicario imperiale Manfredi Pio con 2.000 cavalieri.
Buoso da Dovara con 4.000 Cremonesi.
La battaglia centrale comprende i seguenti comandanti e contingenti di Modena e dintorni:
Il salsicciaio messer Lorenzo Scotti podestà di Modena, detto "Il Potta", con 12.000 cittadini modenesi armati di roncole, spiedi, padelle e secchi (usati come elmi).
L'eroico modenese Gherardo, armato di spada e mazza.
Renoppia, sorella di Gherardo, con 100 donzelle a cavallo armate d'arco.
Ramberto Balugola "Il Feroce" con 1.400 montanari di Sestolu vestiti di pelli di lupi e di orsi, armati di balestre, elmetti e spadaccie.
Il barone Lanciarotta con 600 cavalieri tedeschi.
Irneo di Montecuccoli con 700 ottimi guerrieri.
Camillo dal Forno con 500 canaglie fuorilegge e lazzaroni.
Attolino di Rodea con 300 prodi fanti.
L'Arciprete Guidoni ed il frate Bravi con 100 cavalieri e 900 fanti armati di lance e spiedi.
Alderan Cimicelli e Guazio Monte con 600 uomini.
Nerazio Bianchi con 80 cavalieri.
Tomasin Fontana con 600 fanti.
Bagarozzo con 400 uomini.
Manzol con 400 uomini.
Ugolin Novelli con 300 uomini.
Il dottor Masello e Bertoldo Guillenzon con 300 uomini.
Galvan Gastaldi con 300 uomini armati di ronca.
Franceschin Muraro con 300 uomini armati di picca.
Alberto Boschetti conte di San Cesario e di Bezzano con 100 cavalieri.
Bernardo Calori con 300 taglia-riccotte.
I fratelli Gherardo "Il Forte" e Jacopin "L'Astuto" con 100 cavalieri e 1.000 arcieri con frecce avvelenate con aglio, cipolla e porri.
Galeotto "Il Giovane" con 100 cavalieri.
Mauro Ruberti con 500 fanti armati di ronche e balestre.
Zaccaria Tosaboschi con 200 cavalieri e fanti, questi montati su asini.
Il cavalier Brusato con 400 fanti.
Guido Coccapan con 400 fanti.
Uberto Petrazzano con 300 uomini.
Baiamonte di Livizzano con 200 uomini armati di partigiane.
Uguccione di Castelvetro con 300 uomini armati di balestra e mazzafrusto.
Lanfranco Grisolfi con 500 uomini.
Stefano e Ghin dei conti di Folgliano con 280 uomini.
Folco Cesio signor di Pompeiano con 300 cavalieri e 50 donne armate d'arco.
Bruno di Carvarola con 200 sgherri.
Ranier signor di Mombarazone con 50 cavalieri e 400 fanti.
Alessio Pazzan con 500 fanti con pali e rampiconi.
Scardia Capo di Bue con 500 uomini.
Pancin Grassetti con 400 fanti.
Artimedor Masetti con 500 fanti.
Taddeo Sertorio conte di castel d'Aiano con 300 uomini armati di archi e spiedi.
Panfilo Sassi e Niccolò Adelardi con 1.000 uomini.
Morovico signore di Ronchi con 400 uomini armati di spuntoni.
Valentino con 500 uomini armati di giavellotti, gianettoni e targhe.
Pandolfo Bellacino con 300 cavalieri armati di balestrino e zagaglia.
I gemelli Bertrando e Gherardino con 600 uomini.
Vetidio Cavandino, Simon Bertacchi, Otton Campora e Jaconia di Ponzio Urbano con 6.000 fanti.
La battaglia di destra comprende i seguenti comandanti e contingenti:
Enzo re di Sardegna con 2.000 cavalieri e 6.000 fanti provenienti dalla Sardegna, da Pisa, dalla Liguria, da Lucca e dalla Garfagnana.
Leopoldo conte di Narbona con 600 cavalieri tedeschi.
In tutto le truppe ghibelline ammontano a 70 comandanti, più di 6.630 cavalieri (100 donne), 2.900 fanti armati di armi ad
asta, 2.150 fanti armati di archi e balestre (50 donne) ed altri 41.500 fanti variamente armati.
A questi si aggiunge Pasquino Ferrari con 600 ingegneri di Nonantola che accudiscono alle torri e alle macchine di guardia al
ponte.
Lo schieramento Bolognese.
I Bolognesi (chiamati Petronii dai loro avversari, per il loro santo patrono
san Petronio) ed i loro alleati guelfi si schierano in una lunga linea che
comprende, da sinistra a destra:
Il conte Romeo Pepoli con 26.000 fanti bolognesi (osti, dentisti, barbieri..).
Bigion de Geremia con tre squadroni di cavalieri bolognesi (2-3.000 cavalieri), tra i quali combatte l'eroico Perinto.
Il carroccio bolognese trainato da 12 buoi e scortato da Antonio Lambertazzi (detto "Tognon") con 100 cavalieri, e da Filippo Ugone podestà di Bologna, detto "Il Sipa", con fanti armati di roncole e balestre, affiancati da 400 barbute di Brescia (800 cavalieri).
Il contingente di Pesaro.
Scarpetta degli Ordaleffi con 1.000 uomini di Forlì e Sinbaldo degli Ordaleffi con 800 arcieri da Forlimpopoli.
Mainardo d'Ircon di Susiana con 800 buoni fanti di Cesena.
Pietro Pagani con 1.100 cavalieri, cavalleggeri e fanti da Imola.
Sagramoro Bicari con 1.000 fanti da Fano.
Il capitano Fracassa dei Manfredi con 700 cavalieri di Faenza (dei quali 100 sono solo decorativi).
Guido da Polenta con 300 cavalieri e 2.000 fanti di Ravenna e Cervia armati alla leggera di lance e spiedi.
Paolo Malatesta con 1.000 cavalieri e 1.000 fanti di Rimini.
Il Capitano Paolucci con 3.000 uomini di Perugia.
Martino e Galeazzo della Torre con 1.000 cavalieri milanesi e il tagliapelle Marion di Marmotta con 6.000 fanti milanesi.
Anton Francesco Dini e Averardo di Braccio Cavalcanti con 5.000 cavalieri e fanti fiorentini, che hanno dietro 1.000 muli riccamente addobbati per celare le loro misere provviste costituite da noci.
L'eroico Salinguerra con i capitani Bevilacqua Borso alla testa di 3.000 cavalieri ferraresi, Maurelio Turchi con 2.000 fanti ferraresi bene armati e Faceo Milani con 4.000 volontari del contado ferrarese.
L'esercito guelfo ammonta in totale a 23 capitani, circa 10.000 cavalieri (100 decorativi), 50.000 fanti, il carroccio, 1.000 muli carichi
di noci ed il vicario papale monsignor Antonio Querenghi.
La Battaglia.
I Modenesi ed i loro alleati caricano gli avversari che resistono tenacemente al centro, specie i Faentini ed i Riminesi, ma si trovano in
difficoltà alle ali.
Tognon Lambertazzi, due aristocratici della famiglia Malvezzi e l'eroe Perinto soccorrono i Bolognesi all'ala sinistra, impegnati a
difendere il carroccio dagli attacchi di re Enzo.
Frattanto però i cavalieri di Manfredi Pio sbaragliano completamente i Fiorentini all'ala destra, che fuggono trascinando con
sÉ i Ferraresi.
Buoso da Bovara interviene al centro, respinge i Milanesi ed affronta i Perugini e Riminesi, ma il grosso dell'ala ghibellina vincitrice
non lo segue, si è infatti avidamente gettato sui muli fiorentini sontuosamente addobbati, credendo di fare un ricco bottino, e
si azzuffa contendendosi le bestie.
Grazie a ciò il centro guelfo resiste ai Modenesi mentre i Bolognesi all'ala sinistra sconfiggono gli attaccanti e catturano re
Enzo.
La notte pone fine allo scontro che termina in sostanziale parità. I ghibellini si ritirano oltre il fiume e gli eserciti rimangono
più giorni a fronteggiarsi, chiamando nuovi alleati (vi risparmio di contingente padovano inviato da Ezzelino da
Romano).
Gemignani | (14 elementi): | 1 Bh e generale ("Il Sippa" con il Carroccio e la scorta), 1 He (Perinto), 4 Kn (cavalieri guelfi), 1 Ho (cavalieri decorativi), 7 Ho (fanti guelfi). |
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Petroni | (13 elementi): | Strongold (il ponte e le torri di guardia), 1 He e generale (Gherardo), 1 Pa (Renopia & C.), 1 Wb (Ramberto Balugola & C.), 1 Sh (Gherardo "Il Forte", Jacopin "L'Astuto" & C.), 2 Kn (cavalieri), 1 Re (cavalieri), 6 Ho (fanti ghibellini). |
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Nell'anno 1397 il capitano Cantino Cantini con 2.000 fanti di Monterappoli, Pontorme ed altre
terre vicino ad Empoli penetra di notte in San Miniato per un sotterraneo e s'impossessa della
cittadina. II vicario fiorentino Davanzato Davanzati, che ha tradito Firenze, viene gettato da
una finestra. Secondo gli usi del tempo, Cantino porta ad Empoli per trofeo un catorcio
(catenaccio) che viene appeso nel palazzo del comune.
Il fatto storico ha ispirato il poeta Ippolito Neri, autore del poema eroicomico "La Presa di
Samminiato".
Gli Empolesi.
I Samminiatesi sorprendono il presidio di Marcignana intento a giocare a carte, lo arrestano
(non avendo le carte il dovuto bollo) e saccheggiano il villaggio.
Gli Empolesi (chiamati Battilani dagli avversari), dopo un'inutile ambasciata, radunano le loro
forze per assediare la cittadina rivale. L'armata è composta delle seguenti truppe e capitani
(come per la Secchia Rapita si tratta di amici dell'autore anagrammati e muniti di insegna
appropriata):
Il capitan maggiore Baronto Prelioni, noto per la sua ferocia, astuzia e per essere stato il più veloce a fuggire da Vienna assalita dagli Osmani.
L'eroico Tognaccio Buscatti (buona forchetta) con 100 uomini da San Giusto.
Selvaggio Pesipani da Cornuola con 100 villani.
Carlaccio Tinconiani da Castagneto.
Nero Perinti da Corticella con 150 frombolieri.
Lionato Calunai da Cerbajolo con una lancia, una pistola ed un seguito di ladri di pollai.
Ceppin Paliotti.
Lardonetto Rossi da Montefaldi.
Garfalano Sabatini, che non amando cavalcare combatte su un calesse, seguito da più di cento capibanditi.
Malietto Granchi con Puntormesi.
Ceccone Ronellai con le truppe della federata Capraja.
Nassendoni di Marcignana.
Luvigio Tanganetti da Pravecchio.
Neppo Torili (l'autore) con l'amico e poeta lombardo Ambrosio Tonnini armato di archibugio donatogli dal pascià di Anatolia e 100 fanti da Pagnana.
Cecchino Ghianderai da Ripa con 200 uomini armati di falci da fieno.
Fernando Sonnin da Sandonnino con soldati "Indomiti e Bestiali".
Zaccaria Duranni da Maolo.
Pesamonte Guisaini da Sandonato con spadaccini armati di picche (di quelle per cogliere i fichi dagli alberi).
Il maresciallo di cavalleria Turno Comodei.
Como Cacciolini con un reggimento di dragoni.
Manicheo Pierligi con uno squadrone di archibugieri.
Petruccio Sali e Roberto Gambui con cannoni e bombardieri.
Caccoper Saccaceci con i carri, le tende, la cassa militare trainata da cento buoi, i guastatori, minatori e granatieri.
I Samminiatesi.
Vistisi assaliti, i Samminitesi (chiamati Taglioni dagli avversari) chiedono rinforzi dai dintorni radunando i seguenti capitani e
contingenti:
L'eroica Silvera, al comando effettivo dell'esercito.
Il gran maresciallo Varro Mangiatori, eccellente nelle armi e nelle lettere, con uno spadone, alla guida di picchieri e moschettieri.
Amato Bonripari con cento corazze, in parte montate su asinelli.
Il doge di Samminiato con 50 alabardieri (che dopo aver arringato le truppe per uscire in battaglia cade da cavallo e rimane nel palazzo del comune).
Uno squadrone composto da volontari rompicollo, discoli, insolenti, disoccupati, accattoni e qualche straniero ai quali è promessa l'impunità per i loro reati.
Il sergente generale Milone Spezzanasi (che alla chiamata stava poetando e dalla rabbia perde la rima).
Tolomeo Bargucci.
Il supremo maresciallo Saladin Tonnai.
Mastro Biffo Lippi, che guida la costruzione del campo presso l'osteria del Pidocchio.
La Guerra.
Giunti presso Samminiato, gli Empolesi con un petardo fanno saltare la porta di un'osteria fuori
porta, catturano l'oste e pongono il campo.
Al consiglio di guerra viene proposto di affamare l'esercito Samminiatese, di offrire cibo
soporifero oppure di attaccarlo in vantaggio numerico due a uno, ma prevale infine l'idea di
Tognaccio di attaccare l'avversario di sorpresa nel sonno.
L'attacco prima dell'alba riesce ed infligge numerose perdite ai Samminiatesi. Nella mischia
Ceccone affronta Silvera, la tramortisce, la riconosce e sviene essendo innamorato di lei. Per
lavare l'onta Silvera sfida a duello Ceccone ma perde.
Deciso a rifarsi dei due smacchi subiti, Varro Mangiatori decide di sorprendere a sua volta gli
Empolesi nel sonno, ma l'attacco è prontamente respinto. I Samminiatesi lasciano molti
caduti e sono costretti a ripiegare nell'abitato. All'offerta di un'onorevole resa Silvera
risponde che ciò avverrà quando gli asini voleranno.
Gli Empolesi stringono il cerchio e si preparano ad assalire le porte. A Porta Palaja gli
attaccanti guidati da Ceccone sono agevolmente respinti e derisi. A Porta Bresciana sono
respinti a sassate ma si giustificano dicendo di non aver trovato posizione adatta alle
artiglierie. A Porta Empoli hanno luogo i combattimenti più duri ed accaniti (se non
volete leggervi tutto il poema leggetevi almeno l'ultimo capitolo).
Nella mischia sono impiegati spade, spadoni, magli, scale, elmi, fionde, paioli di brodo bollente
ed un cannone spruzza-inchiostro nelle mani di Amato Bonripari (che colpisce l'autore). Dopo
eroici sforzi gli attaccanti prendono esultanti un rivellino davanti alla porta, aprono una
breccia ma falliscono tutti i tentativi di entrare.
Gli Empolesi stanno quasi per desistere quando il villano Cantin propone un sotterfugio che viene
accettato. La notte Cantin con trenta compagni muniti di trombe e tamburi conduce alla porta
un gregge di capre alle corna delle quali ha legato delle torce. I difensori impauriti dal
numeroso "esercito" abbandonano la porta permettendo agli assedianti di entrare e saccheggiare
la cittadina. Silvera lascia l'armatura, indossa i suoi abiti più seducenti, riesce ad
ottenere una tregua ed a fermare il saccheggio.
Gli sconfitti devono atterrare le mura della propria cittadina perdendo quindi la gabella delle
porte, devono rendere i prigionieri e pagare le spese di guerra entro un anno (foro competente
quello di Fucecchio).
I vincitori entrano in trionfo ad Empoli con lo storico catorcio e le capre vestite di
velluto rosso e le corna argentate (meriterebbero persino una costellazione accanto al Toro ed
al Centauro). Le campane suonano a festa per tre settimane e la vittoria è commemorata ogni anno
lanciando dal campanile un asino legato ad una carrucola.
Battilani | (11 elementi): | 1 Kn e generale (Baronto Prelioni), 1 Re (Como Cacciolini con dragoni), 1 He (Tognaccio Buscatti), 2 Sp (picche e falci), 1 Sh (Manicheo Pierligi con archibugieri), 1 Sh (Nero Perinti con frombolieri), 1 Art (Petruccio Sali e Roberto Gambui con cannoni), 1 Sk (Cantin & C.), 2 Ho (fanti empolesi). |
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Taglioni | (13 elementi): | Strongold (Samminiato), 1 Kn e comandante (Varro Mangiatori), 2 Sh (archibugieri), 1 He (Silvera), 1 Kn (corazze), 1 Art (Amato Bonripari con cannoni), 2 Sp (picchieri e alabardieri), 5 Ho (fanti samminiatesi). |
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Nel poema eroicomico "Il Torracchione Desolato", Bartolomeo Cosini (1606-1675) illustra perchè
vicino alla sua città natale, Barberino di Mugello (FI), vi siano i ruderi di un castello.
I Mangonesi.
Alcidamante conte di Mangone intende liberare l'amata Elisea, contadina sospettata di avere
nobili origini rapita dal gigante Giuntone e dal cavaliere Bruno, figlio di Lazzeraccio
imperatore di Ortaglia.
Al conte di Mangone si uniscono i seguenti contingenti e capitani (amici e compaesani
dell'autore, con i nomi anagrammati ed appropriate insegne):
L'eroica Polinesta, armata di asta, elmo e scudo.
Pier Maria del Riccio con molti tagliacantoni del Bruscolese con maglie e piastre.
Andon de' Betti della Consuma con elmo con piuma rossa, alla testa dei montanari di Terenzana, Molina, Torrecella e Vezzana.
Giovanni di Parrino con più di 400 tagliaricotte (banconieri) da Vignale, Pratolino, Larnano e Castagnamonte, armati di aste e di parlar rozzo.
Pier Nencetti d'Erbaja con circa 500 tagliafieno da Coscino, Monte Carelli e dalle campagne Adimarine, armati di squarcine.
Michelon dei Rulla con spadone ed elmo con pennacchio bianco, ed una schiera da Ponte a Buchi, Buttoli, Corzanoi, Corranello, Prunetola e Corniano.
Pippo della Collina con più di 1.000 valorosi scrocchi affumicati da Frescian, Borgo, Laiano, Comignano e val di Tonella.
La vedova Margherita con pennacchio azzurro e bianco, una gonna verde ed un destriero nero, armata di arco e bipenne, seguite da 100 donzelle con archi e balestre, tra le quali Armilla di Migliari da Milano, che ha giurato di sposarsi con il cavaliere da lei conosciuto in un sogno.
Domenico Bettini da Villanova, detto "Caciolone" per aver detto ad una sua conquista che il suo bacio è più saporito del cacio, seguito da 1.000 guastatori (di pane e uova) della campagna tra Calacchia e Traviano.
Bovanin Domenico con 1.000 bravi abbacchianoci da Capannale, Chiusaraccia, Pezzano, Contoja e Croci.
Chio da Gaglian con 400 balestrieri a cavallo con scudi e lance e Tavolone con 300 fanti armati di tavoloni e spiedi.
Turlaccio con 400 boscoiali del Bosco dei Frati armati di ronconi.
Vincenzo Nini detto "Gradasso" con clava ed armatura, seguito da 700 Barberinesi armati di lance di bacchie e targhe di cardi.
L'ex-contrabbandiere Sabato Buccianera con 800 fanti barberinesi armati di morion, asta corta e targa.
L'astuto Giovanni Manganorre con 300 uomini da Ruzza, Crignano, Cerreto e Piangianni armati di pennata e scrella.
Il protomastro Adriano Fini con 200 uomini armati di daghe, protetti da corpetti di cuoio di scorta alle macchine, ai carri ed alle bestie da soma.
Il bolognese don Domenico Mennini sacerdote ed aruspice.
I Torrachionesi.
Lazzeraccio dice di discendere dagli antichi Terquini re di Roma, si è quindi autonominato
imperatore di Ortaglia, chiamata così per i suoi famosi orti con foglie d'argento e pomi
d'oro.
In suo soccorso giungono i seguenti contingenti e capitani:
Virgilio Forti, nominato capitano generale (Lazzeraccio resta nel Torracchione).
La guardia dell'imperatore, armata di grosse daghe ed alabarde.
Dianora maga d'Ortaglia con il suo servente Asmodeo.
Piacente da Gavazzo con 200 montanari a cavallo bene armati provenienti da monte Cuccolese e il monco Giovanmaria di Prugnana con altrettanti montanari a piedi.
Pin del Toro con fanti in armatura da Ortaglia, Camoggiano, Poggio, Alteto e Giratola.
Il guercio Cecco di Braccio con un migliaio tra cavalieri e fanti armati di ronche, spiedi e balestre, provenienti dai monti Calvani. I fanti sono guidati dal grosso Meone de Cerchiai vestito solo di un corpetto di cuoio legato da una briglia d'asino (dono della sua amata e quindi da lui tenuto in gran considerazione), un cappello di cuoio, scalzo e armato di un grosso bastone.
Meo degli Alberi con 700 carbonari e legnaioli da Casagliuola, Saccianico, Colle e Morelo.
Don giovanni del Gambo e Anton Saltini con 600 cavalieri e fanti da Senario, Vaglia e Bonsolazzo.
Pagnon Oste con 200 uomini su cavalli da tiro e Sandrone Sbacchieri con 300 fanti, provenienti da San Pietro a Sieve.
Jacopo Cigolan della Scarsella con 500 fanti e donna Brandina con 500 cavalieri, da Caffaggiuolo, Trebbio, Nebbiaja, Cigoli, Pretojo e Cerbaja.
Cosmo Riccione con 400 cavalieri di Torracchione e Santi degli Ughi con 300 fanti da Cavallina.
Vittorio Mazzetti con i carri ed il bagaglio.
La Guerra.
Fallita un'ambasciata, i Mangonesi avanzano verso Ortaglia e si accampano sulla riva del Lora in piena.
All'alba subiscono l'assalto di sorpresa da parte dei Torracchionesi, che dall'argine opposto
bersagliano di dardi l'accampamento, subito contrastati dalle fanciulle guidate da Margherita
ed Armilla, mentre gli attaccati formano un muro di scudi.
Il grosso Meone de Cerchiai riempie la propria umile veste di sassi e si unisce allo scambio di
proiettili. Il suo esempio è subito seguito dai combattenti di entrambi gli eserciti, ai quali
il greto del fiume fornisce numerosi sassi e ciottoli. Lo stesso Meone viene ferito al naso e
reagisce con maggior furia nei lanci.
Numerosi sono i feriti ed i caduti ma gli attaccanti sono avvantaggiati nel tiro dall'argine,
finché interviene il conte Alcidamante con un velo donatogli da Diana, le acque del Lora si
aprono permettendo il guado ed i Torracchionesi si danno alla fuga.
Dopo una notte piena di personaggi vaganti, il cavallo di uno di questi passa tra i due
eserciti, causa una scaramuccia per catturarlo che degenera in battaglia. Lo scontro è subito
interrotto da un misterioso cavaliere che sfida a duello i campioni del conte e li abbatte uno
ad uno. Lo affronta il conte in persona, ma dopo un breve duello è attirato in una trappola
preparata dalla maga Dianora, il cavaliere misterioso si tramuta in drago, lo rapisce e lo porta ad Ortaglia.
Subito riprende l'accanita mischia (leggetevi lo splendido XIIo capitolo) che vede la
vittoria dei Mangonesi, pur privi di capitano. Per la raccolta dei caduti e la cura dei feriti
sono stabiliti sei giorni di tregua durante i quali il conte resiste agli inganni di Dianora,
è liberato da Pegaso e gli altri personaggi intrecciano le loro avventure personali.
Il poema quindi prosegue con l'ultima battaglia ad esito alterno fino alla morte di Virgilio
Forti, capitano dei Torracchionesi, i quali fuggono nel Torracchione. La pesante saracinesca
si chiude lasciando fuori parte dei fuggitivi, che sono uccisi, dentro parte degli inseguitori,
che sono uccisi, e lo sventurato Bettino mezzo dentro e mezzo fuori, completamente morto.
Il giorno seguente il Torracchione è assalito, dopo dura lotta viene preso ed incendiato, mentre
anche Lazzeraccio gli dà fuoco affinché non cada in altre mani, e muore tra le fiamme.
Mangonesi | (11 elementi): | 1 He e generale (Alcidamante conte di Mangone), 1 Pa (Polinesta), 1 Re (Chio de Gaglian & C.), 1 Re (cavalieri), 1 Sp (Barberinesi), 1 Sh (Margherita, Armilla & C.), 1 Sh (arcieri e balestrieri), 1 Art (Adriano Fini & C.), 3 Ho (Mangonesi ed alleati). |
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Torracchionesi | (11 elementi): | Strongold (Il Torracchione), 1 He e comandante (Virgilio Forti), 1 Dr (Drago), 1 Ma (Dianora ed Asmodeo), 1 Sp (Guardia Imperiale), 2 Re (cavalieri), 1 Sh (Meone de Cerchiai & C.), 4 Ho (Torrachionesi ed alleati). |
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Nel poema eroicomico "Il Catorcio d'Anghiari" Federico Nomi (1633-1705) descrive la guerra tra la
cittadina umbra di Borgo (dove ha origine la sua famiglia) e quella toscana di Anghiari (dove vive).
La rivalità tra le due cittadine ha origine dai tempi dalla loro fondazione, secondo alcuni da
parte di due diverse tribù di Galli, secondo altri da due sorelle fuggite da Troia.
Attualmente il Tevere segna il confine e genera dispute per l'uso dell'acqua nell'irrigazione,
l'abbeveraggio delle mandrie, l'alimentazione dei Mulini e soprattutto per un ponte di proprietà
dei Borghesi, che impongono gabelle per il transito, protestano per l'uso dei guadi e pretendono
di essere risarciti di metà delle spese di manutenzione dello stesso da parte degli Anghiaresi,
dispostissimi a contribuire quando il fiume scorrerà per metà dell'anno in senso opposto.
I Borghesi.
Ghirone re di Biturgia decide di muovere guerra ad Anghiari, quindi raduna i seguenti capitani e
contingenti Umbri e Sabini, per un totale di 50.120 uomini:
Angiolo degli Attalberti del Monte, nominato capitano generale.
La milizia di Borgo e dintorni che ammonta a 14.000 uomini (forse una ventina in meno) guidati da sette capitani : il bel Galeazzo Giovagnuoli, Rigio de' Rigi, Caglio, Achille Picconi, Gherardo de' Gherardi, Ignazio Miglioni e Prospero Guelfi.
L'abate Robertello Malatesta con numerosi frombolieri di Farpa (13.000 secondo una cronichetta).
Il forte Micchione, asino nella testa, nella schiena e nel basso ventre, uomo negli arti ma coperto da pelle d'asino, più alto di un uomo a cavallo e vestito di porpora secondo l'uso dei suoi simili.
Ercole Ervestico con 2.000 castratori di Norcia di dubbio valore militare.
Santinelli re di Cerreto, Narni e Visse.
Federico Brancaleoni con 3.000 buoni soldati di Spoleto.
Giulian de' Conti di Montegranello con il contingente di Foligno.
Alessandro Montevecchio, fratello del conte Guido, con il contingente di Assisi.
Bartolomeo Saliceti alla testa dei Tudertini.
Santi Mattei con il contingente di Rieti.
Pavol Gerardini con 2.000 uomini da Amelia.
Obizzo Bentivolgio con 300 "Titolati" da Agubbio.
Ranuccio Farnese con forti fanti armati di asta, pavese, sferza e forti cavalieri da Camerino.
Bernardino Palamidesse con una squadra di leggeri.
Onofrio Tiberti con 1.000 fanti ed un migliaio di cavalieri da Tiferno.
Moro da Tiferno alla testa dei fanti mercenari e l'anziano Chiappino alla testa dei cavalieri mercenari.
Il consigliere Piero Cianciano di ritorno dall'estero, dove è diventato necromante, con 20.000 lance promesse dal re di Francia, un drappello di Elvezi, numerosi Tedeschi ed altri mercenari da Piemonte, Provenza, Bretagna e Scozia.
Infine è in arrivo Roberto Vaesio da Parigi con catapulte, baliste e una carcassa, cannone che lancia proiettili infuocati.
Gli Anghiaresi.
Giano re di Anghiari, saputo dei preparativi d'invasione del vicino, munisce la cittadina e
raccoglie i seguenti capitani e contingenti Toscani e Romagnoli per un totale di quasi 40.000 uomini:
Alessandro del Borro, nominato capitano generale.
L'eroica Filizia figlia di Panicone re di Chiusi, a cavallo, armata d'arco, frecce e scudo, con corazza e lancia dorate.
Corazzino con 1.000 uomini da Caprese.
Malatesta re di Pieve con più di 1.100 fanti e cavalieri.
Alberto Squarcialupi signor della Fioraja vestito con pelli di lupo alla testa dei contingenti di Cagliano, Salutio, Talla e Trivignate.
Bacciarino de Cafaggio armato di scure, abile nel tendere agguati, nell'erigere fortificazioni e nell'ideare macchine, con picchieri di Castel Focognano.
Mandricardo armato di fionda con il contingente di Gelbiscardo.
L'eroico Ercole dei conti di Mammi.
Maurizio Magi, che dice aver per antenati i re Magi, con uno spadone a due mani.
Alessandro Castiglione Ubertini con truppe del Borro e di Fibocchi.
I contingenti di Subbiano, Bibbiena, Pratovecchio, Stia e del Casentino.
A questi bisogna aggiungere gli alleati, che partecipano al secondo anno della guerra:
Astor Baglioni signore di Perugia con 8.000 guerrieri più forti dei Mirimidoni.
Leon Passerini con 3.000 Crotonesi.
Ildebrando Ubertini con 6.000 Aretini più altri 3.000 dei castelli confinari guidati dal grosso Pier Saccone, a cavallo di una mula a causa del suo peso.
Rinaldo Pazzi, ritenuto da molti il primo a piantare lo stendardo sulle mura di Gerusalemme, con 2.000 uomini di Valdarno protetti da cotte di maglia e di piastre.
Merlin Mercuriali con arco e faretra (sostiene non potersi dimostrare che la retta infinita non esiste e l'ha raffigurata sulla bandiera) alla testa di 8.000 Romagnoli.
Teuzzon dei conti Guidi che ha addomesticato un leone della Numidia con 3.000 selvaggi del Casentino.
Il condottiero Camillo Borbone da Montescuro, parente del re di Francia (con il quale tiene una fitta corrispondenza), alla testa di 300 mercenari.
Infine sono attese truppe dai re di Firenze, di Siena, di Pisa, di Arezzo, di Valdichiana e delle isole toscane.
La Guerra.
Mentre Giano è occupato a raccogliere l'esercito, Ghirone passa di sorpresa il Tevere ed assalta
Anghiari, validamente difesa dai cittadini. Gli attacchi si concentrano contro una breccia
delle mura, dove i difensori erigono barricate con botti di vino. Il prode e balbuziente
Carlone, armato di clava, riesce a respingere gli attaccanti ed anche a dileggiarli.
Giano giunge in soccorso della cittadina ma non c'è battaglia e gli eserciti si fronteggiano per
un mese, passato in scorribande e scaramucce. In una di queste i Borghesi prendono un castello,
ne asportano la porta per scaldarsi ed appendono il catorcio (serratura) sopra la porta
di San Leo di Borgo dicendo che è stato preso ad Anghiari. Inoltre decidono di celebrare la
presunta vittoria ogni anno con solenni feste ed una gara di tiro con la balestra.
In primavera Ghirone attacca la repubblica neutrale di Montedoglio, tentando di scalarne le
mura con piramidi umane, ma Giano giunge in soccorso e dopo una breve mischia mette in fuga i
cavalieri facendo strage di fanti. I fuggitivi riparano in Borgo e gli inseguitori si rifanno su
sei lavandaie rimaste accidentalmente fuori dalle mura che vengono picchiate ed evitano altri
oltraggi in quanto troppo brutte.
Ai Borghesi si aggiunge il forte mezzo-asino Miccione che sfida a duello numerosi avversari
avendo la meglio contro tutti tranne contro Maurizio Magi che resiste fino a sera. Il giorno
seguente gli eserciti danno inizio ad una mischia furibonda efficacemente descritta nei
capitoli XIII e XIV. L'oscurità divide i combattenti che per metà sono feriti, molti sono stati
calpestati. Lattanzio Capassini cerca il figlio Guido, lo trova morto e lo piange nella scena
più struggente del poema, se non si esprimesse in un pseudo-dialetto veneto che la rende quasi
comica.
In soccorso di Giano giungono quindi i Fiorentini, i Pisani ed i Perugini ma il necromante
Cianciano evoca una nebbia che confonde le menti. Gli Aretini si credono Fiorentini, i
Fiorentini diventano ghibellini, gli ufficiali pisani si credono soldati semplici e ricordano
ai Lucchesi che sono loro schiavi, i Perugini, Aretini e Crotonesi rievocano le loro discordie
passate dai tempi di Virgilio, i Pistoiesi si dividono nei partiti bianchi e neri.
La nebbia colpisce anche fuori dal campo di battaglia, infatti la Sardegna dichiara guerra alla
Corsica, Palermo a Messina e lo stesso autore polemizza con i suoi colleghi criticoni.
Giove invia la Pace e la fata Bella a disbrogliare la matassa, queste convincono facilmente
Roberto Vaesio, giunto da Parigi, a mediare la pace. Roberto, sentite entrambe le parti, giunge
ad un accordo su tasse, spese, acqua, mulini e confini ma non sulla riconsegna del
catorcio al quale Giano non vuole rinunciare per il suo onore e Ghirone per il suo
orgoglio. Infine Roberto impone un compromesso : Ghirone tiene il catorcio ma concede
agli Anghiaresi di dire "Ho rinchiuso Ghirone !".
La pace torna in Toscana (ma non tra Palermo e Messina).
Anghiaresi | (12 elementi): | Strongold (Anghiari), 1 Kn e generale (Alessandro del Borro), 1 Pa (Filizia da Chiusi), 1 He (Carlone), 1 Sp (Astor Baglioni e Perugini), 1 Wb (Teuzzon dei Guidi e Casentini), 2 Re (cavalieri Anghiaresi & alleati), 1 Sh (tiratori c.s.), 4 Ho (fanti c.s.). |
---|---|---|
Borghesi | (11 elementi): | 1 Kn e comandante (Angiolo degli Attalberti del Monte), 1 Ma (Piero Cianciano), 1 Bh (Miccione), 1 Kn (lance francesi), 1 Sh (frombolieri di Farpa), 1 Art (Roberto Vaesio con macchine e carcassa), 1 Re (cavalieri Borghesi ed alleati), 4 Ho (fanti c.s.). |
|
L'eroico romano Rosmondo con il fratello Druante alla testa di 300 valorosi.
L'anziano Anselmo da Arezzo e l'astuto Guglielmo alla testa di 4.000 cavalieri e 1.000 fanti provenienti da Siena, Perugia, Arezzo, Saturnia, Chiusi, Roselle, Crotona, compresi bellicosi montanari del monte Armita.
Il valoroso Brimarte, con armi dorate ed argentate, alla testa di 4.000 cavalieri e 1.000 fanti più valorosi dei precedenti, provenienti dal Lazio, da Gaeta, Miseno, Sesso, Teano, Capua, Cuma, Palermo, Naia, Agrigento, Gela ed Imera.
Il mauritano Arbante con 500 cavalieri e 300 fanti dalla Liguria.
Averardo con 3.000 fanti da Felsina, Ravenna e Ferrara.
Manfredi con 300 cavalieri e 300 fanti di Mantova e Verona.
Arnaldo di Populonia con le truppe di Alessandria, Como, Milano e Bergamo.
Navarrese Arbano con 2.000 ausiliari Hispanici.
2.000 ausiliari Galli di Rubicone.
Altri ausiliari Frisoni, Traci, Britanni e Mauri.
Torri mobili, arieti, schermi, catapulte ed altalene con gabbioni.
I Fiesolani
Fiesole si eleva su un'altura scoscesa, protetta da tre lati dal fiume Mugnone e possiede tre cinte di mura.
Per Ircano re di Fiesole combattono i seguenti capitani e contingenti:
Armonte, figlio di Ircano.
La valorosa e virtuosa Mirtilla, originaria della Scizia, armata di usbergo, scudo ed asta.
Il necromante Zambardo, aiutato da Plutone dio degli inferi che vuole impedire a Roma di diventare capitale della cristianità.
Fiesolano, figlio primogenito di Ircano, che porta in soccorso i barbari sotto-indicati (30.000 guerrieri e 1.000 maghi).
Sarmante "Il Forte" con 7.000 Goti veterani.
Il crudele Sandranapeo con 300 cavalieri corazzati Norvegesi e 3.000 fanti Novergesi armati di lance ed archi.
Rubeno alla testa di 600 cavalieri e 3.000 fanti Lituani selvaggi, rapidi, vestiti di lana e pelli, armati di spade ed aste.
Rinoceto con 300 cavalleggeri, 400 fanti Tartari e 100 carri falcati.
Grifone con un contingente di Lapponi con corazze fatte di scaglie di pesce.
Lo stregone Bimago con 5.000 selvaggi e feroci Biarmi.
Lo spietato Radasso con 600 cavalieri e 1.200 fanti Ungari e Moscoviti.
Amorco alla testa dei Boemi e Polacchi.
I giovani fratelli Nicandro e Argeo con 2.000 cavalieri e 2.000 fanti Franchi.
L'altera Durippe della Scizia con 200 vergini armate di corazze di maglia ed archi.
Drago re di Scozia.
Osmida, armato di mazza, con 1.000 Traci armati di grandi archi.
Arbante di Ardea con i masnadieri della selva di Ercine, feroci ed armati di archi e faretre.
Il feroce e coraggioso Pindauro di Lepanto con 2.000 bellicosi Elvezi.
La Guerra.
Dopo alcuni duelli e le prime avventure ad intreccio dei singoli eroi, il
poema descrive l'attacco alla cittadina che fallisce a causa dell'intervento
del mago Zambardo, il quale evoca una tempesta malefica con lampi, neve e
fulmini che causa ai romani mal di pancia, febbre e mal di denti.
Il giorno seguente, aiutati dalla nebbia, i barbari giunti in soccorso di
Fiesole attaccano di sorpresa il campo romano, aiutati da una sortita di
Ircano. I Romani subiscono una strage, soprattutto ad opera dei carri falcati
dei Tartari. Cesare si mette alla testa dei suoi, guida una sortita e compie
atti di valore abbattendo Drago re di Scozia, lo stregone Bimago di Biarme
ed altri compagni.
Frattanto alcuni demonietti evocati da Zambardo provocano la piena dell'Arno,
del Mugnone, della Chiana e di tutti gli altri corsi d'acqua, mentre altri
loro simili ne bloccano le foci in modo da impedire ai Romani la fuga e
l'arrivo di vettovaglie, ma sono subito cacciati da Rosmondo e Brimarte.
Al sopraggiungere dell'oscurità, dopo una giornata di lotta, i Romani
ripiegano all'interno del campo fortificato.
All'alba del giorno dopo Rosmondo con Clorindo, Druarte, Brimarte ed altri
eroi, tornati da varie avventure, amori o prigioni al campo romano,
attaccano i barbari alle spalle e si riaccende la battaglia.
I Romani abbattono Narbante capo degli Svevi, Sarmante "Il Forte" capo dei
Goti ed altri eroi mettendo i Fiesolani in fuga verso la cittadina.
Re Ircano, i figli Fiesolano Armonte, con Rubeno capo dei Lituani e Durippe
capitana delle vergini della Scizia, tentano invano di fermare i guerrieri
e sono costretti a ritirarsi. Gli inseguitori vogliono intrufolarsi per
la porta assieme ai fuggitivi ma sono fermati dall'intervento del mago
Zambardo e dell'eroica Mirtilla, che salva dalla cattura lo stesso re.
I Romani assalgono da tre lati la cittadina e danno il via ad accaniti
combattimenti. Rosmondo uccide Fiesolano, figlio di Ircano. Armonte, l'altro
figlio di Ircano, salva Mirtilla. Ircano affronta lo stesso Cesare.
Le difese cedono e gli attaccanti superano la prima cinta ma interviene il
mago Zambardo che evoca numerosi demonietti, questi scavano rapidamente una
grossa voragine tra il primo ed il secondo muro di cinta facendovi
precipitare 1.200 attaccanti, gli altri arretrano sbigottiti e ripiegano
sconsolati al campo. Rosmondo rimane solo, bloccato nella cittadina e si
apre la strada a forza uccidendo Rubeno capo dei Lituani, Sandranapeo capo
dei Norvegesi, Rinoceo capo dei Tartari, Radasso capo degli Ungari e dei
Moscoviti, altri capitani e numerosi uomini.
Per rianimare il suo esercito Cesare adotta una serie di provvedimenti:
Armeno è inviato con una flotta in Africa a raccimolare truppe, vettovaglie e tesori. Ma i demonetti evocati da Zambardo causano una burrasca che affonda parte delle navi e spinge le altre oltre le Colonne d'Ercole, fino in America (ed i superstiti danno così il via al popolamento di quelle terre).
Il resto dell'esercito sfila in processione per richiamare l'aiuto divino contro il demoniaco Zambardo.
Il campo viene ulterirmente fortificato divenendo una vera e propria città. I lavori coprono anche la realizzazione di una galleria verso la piazza principale di Fiesole.
Ircano invece propone di risolvere la cosa con un duello tra due campioni ma
sono estratti Rosmondo e Mirtilla che essendo innamorati tra loro iniziano
un duello-farsa tra loro, combattuti dentro tra l'onore e l'amore nei versi
tra i più originali e commuoventi dell'opera (consiglio caldamente la
lettura del verso XV). La farsa viene interrotta dal geloso Armonte e
degenera in battaglia. Dopo una bella mischia i Fiesolani sono messi in rotta
nonostante l'intervento di Armonte che colpisce sia gli inseguitori che i
fuggitivi. Questi sono messi in salvo ancora una volta dall'intervento del
mago Zambardo che evoca un'oscurità allucinogena. Mirtilla vede Armonte e
Rosmondo uccidersi a vicenda e si vede attaccata da numerose belve.
I Romani sono invischiati con visioni d'amore, di cibo allettante, di
fantasmi, di mostri, di ninfe, di puzzo o di sonnolenza.
Dopo venti giorni in soccorso dei Romani interviene la Sibilla Cumana che
disperde la nebbia, distrugge il palazzo di Zambardo e poiché questi tenta
la fuga su una quadriga alata lo fa precipitare uccidendolo.
Mirtilla può così sposare Rosmondo e dichiararsi neutrale mentre Cesare guida
l'attacco alla tenace cittadina da quattro lati : Rosmondo riesce ad aprire
una breccia nel portone ed uccide Arbante di Ardea, poi assale la seconda
porta dove uccide Pindauro di Lepanto e mette in fuga i difensori.
Guiscardo invece vede respinti i suoi attacchi dal trace Ormida.
Ircano fa crollare una torre sugli attaccanti uccidendole più di un migliaio
ma Cesare penetra per la breccia creatasi nonostante la pioggia di calce ed
acqua bollente mischiate. Duarte sconfigge Gelio, che si arrende, e ferisce
la vergine Durippe, che si innamora di lui. Brimarte con 1.000 uomini
frattanto penetra in città per il cunicolo sotterraneo e mette a fuoco il
palazzo di Ircano. Oramai sconfitto, Ircano assale Cesare che lo uccide.
Fiesole è distrutta e desolata.
Romani | (12 elementi): | 1 Bd e generale (Cesare), 1 He (Rosmondo), 2 Cv (cavalieri), 4 Bd (legionari), 1 Art (macchine), 3 Ho (ausiliari). |
---|---|---|
Fiesolani | (11 elementi): | Strongold (Fiesole), 1 Bd e generale (Ircano & C.), 1 Pa (Mirtilla), 1 Ma (Zambardo), 1 Kn e 1 Sp (Norvegesi), 1 Kn (carri falcati tartari), 1 Wb (Goti), 1 Cv (Lituani), 1 Sh (Durippe & C.), 2 Ho (fanterie). |
ORLEANS, XV sec. d.C. (La Pulcella d'Orleanas) |
Françoise Marie Voltaire (n. 1694) ha scritto tra l'altro il poema maccheronico, colto ed
irriverente "La Pulcella d'Orleans", dove gli attacchi alla verginità della protagonista sono
più frequenti di quelli alla martoriata città.
Tralasciando quelli, uno di questi inizia mentre i Francesi festeggiano con canti e fuochi
d'artificio la presa di una rocca piena di armi e vino. Gli Inglesi fanno saltare una porta
grazie a due grossi petardi e si lanciano all'assalto guidati da Talbò (Talbot).
Fortunatamente La Hiro ("La Hire") e Ponton (Ponton de Saintrailles) hanno costruito dietro alla
porta un bastione munito di artiglierie. La mischia è combattuta con scale, pece infuocata e
olio bollente.
Tra gli Inglesi combattono anche Sandò (Chandos) e Bedforte (Bedford) mentre tra i Francesi
c'è Trimuglio (Tremoille), soccorso da Riccamonte (Richemont) con 500 plebei scelti ubriachi
(quindi più coraggiosi). Frattanto Giovanna convince il delfino Carlo ad unirsi a lei e a Donoè
(Dunois "Bastardo d’Orleans"), insieme intervengono alle spalle degli attaccanti ma vengono
respinti.
In cielo litigano anche san Giorgio e san Dionigi (patroni rispettivamente d'Inghilterra e di
Francia) mentre la battaglia attorno Orleans diviene talmente accanita che l'autore si dichiara
impossibilitato a descriverla.
Francesi | (10 elementi): | Strongold (Orleans), 1 Kn e generale (delfino Carlo), 1 Pa (Giovanna d'Arco), 1 He (La Hiro), 1 Kn (Donoè), 1 Bd (Riccamonte), 2 Sp (fanti), 1 Sh (balestrieri), 1 Ho (plebei ubriachi), 1 Art (cannoni). |
---|---|---|
Inglesi | (10 elementi): | 1 He e generale (Talbò), 1 Bd (Sandò), 1 Bd (Bedforte), 5 Sh (arcieri), 2 Art (cannoni). |
|
Allegri Compagni | (11 elementi): | 1 He (Robin Hood), 1 He (Little John), 1 Sk (Frà Tuc & Lady Marion), 5 Sh (arcieri), 3 Ho (contadini). |
---|---|---|
Uomini dello Sceriffo | (11 elementi): | Strongold (castello di Nottingham), 1 He (Sceriffo di Nottingham), 2 Kn (cavalieri), 1 Sh (arcieri o balestrieri), 1 Sp (lancieri), 4 Bd (lame), 2 Wb (celti o ausiliari). |
|
A volte i giochi si incontrano e... si piacciono !
Il risultato, in questo caso, può essere variamente interpretato.
Se si è privi di miniature si può utilizzare i pezzi degli scacchi per
familiarizzare con questo regolamento. È poi possibile realizzare con le
miniature due eserciti, uno dipinto di bianco ed uno di Nero, per giocare
sia a H.O.T.T. che a Scacchi.
Infine (o inizialmente ?) gli Scacchi possono essere solo il motivo
ispiratore per schierare due eserciti speculari e farli combattere tra
boschi, fiumi e colline.
Come variante si può adottare gli scacchi arabi, con al posto del Re lo Shah
(da cui "Scacco"), al posto della Regina il Visir (arabo Firz, traslato "Vergine"), al posto
dell'Alfiere l'Elefante (Al-fil, "Be" invece che "Bh" per motivi di punti e volendo di
scala), ed al posto della Torre il Carro da Guerra (Rukhk, traslato "Rocca").
La variante cinese invece ha un generale e due mandarini (nel palazzo), due elefanti, due cavalli,
due carri, due bombarde e cinque soldati.
Sono quindi possibili anche una sfide incrociate tra pezzi Classici, pezzi Arabi e pezzi Cinesi.
Il gioco ha orgine in India, dove in sanscrito era chiamato Chatur-Anga, cioè
quattro Angas (Combattenti), perchè si giocava in quattro, con un dado (aksha).
È citato nel poema Mahabharta (800-1100 a.C.) ed è probabilmente molto più antico.
Dall'India il gioco è passato in Persia, con nome persiano Chatrang, poi agli arabi (VII sec.), con
nome Shatranj, infine in Europa (X sec.). Dal persiano Shah Mat (Il Re è Morto), deriva il
nostro "Scacco Matto".
Occhio all'apertura e... fate a pezzi l'armata avversaria!
Classici | (15 elementi): | Strongold (Re), 1 He e generale (Regina), 2 Sp (Alfieri), 2 Kn (Cavalli), 2 Bd (Torri), 8 Ho (Pedoni). |
---|---|---|
Arabi | (15 elementi): | Strongold (Shah), 1 He e generale (Visir), 2 Be (Elefanti), 2 Re (Cavalli), 2 Kn (Carri da Guerra), 8 Ho (Pedoni). |
Cinesi | (13 elementi): | Strongold (Palazzo e 2 Mandarini), 1 Ho e generale (Generale), 2 Be (Elefanti), 2 Re (Cavalli), 2 Kn (Carri da Guerra), 2 Art (Bombarde), 5 Ho (Pedoni). |
|
Ecco un altro amore a prima vista, per il quale vale quanto è stato detto qui sopra per gli scacchi.
Le carte possono essere usate per familiarizzare con il regolamento, oppure gli eserciti possono
essere dipinti con i simboli dei semi sugli stendardi, gli scudi e le gualdrappe. Risulta invece
più problematico mescolare le miniature e giocare a ramino o scopone.
E' possibile scegliere tra diversi tipi di mazzi e di semi standard, che con un pizzico di
fantasia possono essere personalizzati. In alternativa si può inventare il seme per il proprio
esercito personalizzato senza limiti alla propria fantasia (Il re di Pizze, l'asso di
Pizze...).
Quindi sperate che esca il Jolly, giocate al momento giusto il vostro Asso nella Manica (risorsa
dei bari), e alla fine saprete quale sarà.. La Carta Vincente !
Francesi | (15 elementi): | Strongold (Castello di Carte), 1 God (Jolly),
1 Pa (Asso), 1 Kn e generale (K), 1 Re (Q), 1 Bd (J), 9 Ho (carte dal 2 al 10), 1 Lk (1 o Asso nella Manica). |
---|---|---|
Semi Standard: |
Cuori - Amazzoni leggiadre vestite di rosa. Fiori - Elfi o Folletti dei Boschi. Picche - Macedoni, Pretoriani, Caotici o Demoni. Quadri - Romani, con scudi quadrati, o Medioevali pesantemente corazzati (il seme rappresenta i mattoni). | |
Napoletane | (10 elementi): | Strongold (Castello di Carte), 1 Pa (Asso), 1 He e generale (Re), 1 Kn (Cavallo), 1 Bd (Fante),
6 Wb (carte dal 2 al 7). |
Semi Standard: |
Bastoni - Barbari selvaggi o Trogloditi, armati di bastoni e clave. Coppe - Nani ubriaconi con botti e fiasche. Denari - Mercenari riccamente ornati. Spade - Spadaccini dandy rinascimentali ornati di piume. |
|
Questo scenario, ispirato dal gioco stesso, è un "Tutti contro Tutti", infatti gli
eserciti contrapposti comprendono tutti i tipi di elementi.
L'ambientazione, per la scelta e la pitturazione delle miniature, può simulare una delle
tante contrapposizioni tipiche: Bianchi-Neri, Buoni-Cattivi, Belli-Brutti, Amici-Nemici,
Simpatici-Antipatici, Occidente-Oriente, Nord-Sud, Destra-Sinistra, Emiliani-Romagnoli,
Bergamo di Sopra-Bergamo di Sotto, Roma-Lazio, Scapoli-Ammogliati, Conmaglietta-Pettonudo,
Guelfi-Ghibellini, Fiamminghi-Valloni, Paperopoli-Topolinia, Ricchi-Poveri, Dollaro-Euro,
Frutta-Verdura, Inferno-Paradiso, Guardie-Ladri, Uomini-Macchine, Maschi-Femmine...
Tutti contro Tutti !
L'esercito "The Big One" sotto riportato è frutto delle seguenti considerazioni:
Secondo il regolamento metà dei punti dell'esercito devono essere spesi per elementi che costano 1 o 2 punti.
Prendendo un solo elemento di ogni tipo; quelli da 3, 4 e 6 punti costano in tutto 40 punti mentre quelli da 1 e 2 punti costerebbero in tutto 18 punti. Quindi sono stati aggiunti altri 22 punti tra gli elementi da 1 e 2 punti.
Si può utilizzare l'esercito "The Big One" al completo, pari a 80 punti.
Si può realizzare l'esercito "The Big One" al completo ed ogni volta scegliere quali elementi schierare spendendo 24 punti.
Tutti | (31 elementi): | Strongold, 1 FH, 1 God, 1 Dr, 1 Ab, 2 Fl, 1 He, 1 Pa, 1 Bh, 2 Kn, 2 Re, 2 Be, 1 Ma, 1 Ch, 1 Sk, 1 Art, 2 Bd, 2 Sp, 2 Wb, 2 Sh, 1 Lk, 3 Ho. |
---|---|---|
Tutti | (31 elementi): | Strongold, 1 FH, 1 God, 1 Dr, 1 Ab, 2 Fl, 1 He, 1 Pa, 1 Bh, 2 Kn, 2 Re, 2 Be, 1 Ma, 1 Ch, 1 Sk, 1 Art, 2 Bd, 2 Sp, 2 Wb, 2 Sh, 1 Lk, 3 Ho. |
È una sfida a due riservata ai giocatori più accaniti, pronti a affrontarsi disputando 80 partite con le seguenti regole:
La prima partita si gioca senza Strongold e con un esercito da 1 punto.
Chi vince ottiene 1 punto-vittoria mentre chi perde ha diritto ad avere lo Strongold la partita successiva.
La seconda partita si gioca con un esercito da 2 punti.
Chi vince ottiene 2 punti-vittoria mentre chi perde ha diritto ad avere lo Strongold la partita successiva.
Le partite dalla terza alla settantanovesima si giocano come la seconda, con punti-esercito e punti-vittoria corrispondenti al numero della partita.
L'ottantesima ed ultima partita si gioca con un esercito da 80 punti. Chi vince ottiene 80 punti-vittoria.
Dopo l'ottantesima partita vince chi ha più punti-vittoria (il massimo, vincendo tutte le partite, è 3.240 punti-vittoria).
Il vincitore diviene di diritto detentore del titolo "The Big One"!
Se per voi 80 partite sono troppe (ad esempio avete famiglia) potete fermarvi prima oppure giocare una delle seguenti nove varianti ridotte della sfida:
Uno Secco: Una partita con esercito da 80 punti (80 punti-vittoria).
Scusate la banalità ! L'ho buttata per completezza.
Due senza Tre: 2 partite, con eserciti da 40 e da 80 punti (massimo 120 punti-vittoria).
Basta vincere la seconda partita, la prima è di riscaldamento.
Non dire Quattro:
4 partite, con eserciti da 20, 40, 60, 80 punti (massimo 200 punti-vittoria).
Le cose si fanno "un sacco" più interessanti, ma in caso di pareggio arrangiatevi.
Batti il Cinque:
5 partite, con eserciti da 16, 32, 48, 64, 80 punti (massimo 240 punti-vittoria).
Qui almeno è impossibile pareggiare.
Quattroequattrotto:
8 partite, con eserciti da 10, 20, 30 .. 80 punti (massimo 360 punti-vittoria).
Versione consigliata se odiate le tabelline, non avrete difficoltà con quella del 10 ?
Dieci per me posson bastare:
10 partite, con eserciti da 8, 16, 24 .. 80 punti (massimo 440 punti-vittoria).
Versione consigliata se vi piacciono i numeri tondi, non solo lo "zero".
S.D.C. (..e sedici):
16 partite, con eserciti da 5, 10, 15 .. 80 punti (massimo 680 punti-vittoria).
Una carica di T.N.T. con H.O.T.T.!
La Rosa dei Venti:
20 partite, con eserciti da 4, 8, 12 .. 80 punti (massimo 840 punti-vittoria).
Si comincia con la "bonaccia" e si arriva alla "burrasca" !
Scala Quaranta:
40 partite, con eserciti da 2, 4, 6 .. 80 punti (massimo 1.640 punti-vittoria).
E siete arrivati in cima all'ultimo "gradino".
Se invece ottanta partite sono pochine, è possibile giocare tutte le dieci versioni della
sfida, per un totale di 186 partite (massimo 7.800 punti). Nessun altro gioco può darvi tanto!
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