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LA GUERRA DEI TRENTANNI

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L'Esercito Veneziano.

Guerra dei Trentanni.

Amministrazione.
Nella Repubblica di Venezia, il Senato è l'unico organismo che può legiferare in materia militare, decide la strategia e delega gli aspetti amministrativi ed economici al Collegio dei 16 Savi: 6 rappresentano il Senato, 5 sono addetti alla flotta e 5 alla terraferma; tra questi ultimi ci sono in particolare il savio alla scrittura, che si occupa di paghe, fortificazioni e scuole militari, ed il savio delle ordinanze, che si occupa delle cernide (milizie).
Ogni grado militare è affiancato da un provveditore civile che cura gli aspetti politici ed economici delle decisioni militari. La carica più alta è quella di capitano generale, che si occupa anche di giustizia militare ed è affiancato da un provveditore generale.
Anche ogni fortezza ha il suo provveditore che dispone di ingenieri militari, architetti e lavoratori.
La produzione di armi è strettamente controllata con centri principali a Brescia, Pontebba (dismesso dopo la Guerra di Gradisca) e nell'arsenale di Venezia per gli armamenti navali. L'arsenale, definito da una legge "Cuore dello Stato Veneto" (1520), assorbe circa il 30% delle tasse ed il proggetto di riunire le svariate leggi che lo riguardano (1641) non inizia ad attuarsi che nel 1670. Comprende magazzini, depositi, sale d'armi, bacini artificiali, luoghi di stagionatura e trattamento del legno.
Nei territori della repubblica più di 50 stamperie concorrono alla pubblicazione di libri di argomento scientifico militare, comprese le opere di Galileo Galilei (professore a Padova), Tartaglia (autore dei primi studi balistici), Bringuccio (10 libri sulla pirotecnia), oltre a testi di architettura militare tattica.

La Cavalleria.
Il governatore generale di cavalleria è la seconda carica dopo quella di capitano generale, si occupa anche della giustizia tra i suoi sottoposti ed è affiancato da un provveditore.
La cavallaria è dei seguenti tipi:


La Fanteria.
La fanteria è in gran parte composta da mercenari italiani e stranieri.
Le principali zone di arruolamento dei mercenari sono l'Italia Centrale (Romagna, Umbia e Marche) e la Corsica, con il permesso di Genova, oltre a tedeschi, grigioni, svizzeri, lorenesi, albanesi e francesi. Durante la guerra di Gradisca sono assoldati 3.000 olandesi e durante la crisi della Valtellina sono contattati i capitani Ernst von Mansfeld ed Henrik Matthias conte di Thurn.
In tempo di pace gli effettivi di fanteria sono stimati sui 9.000 uomini, compresi 2.200 nei presidi e 4.500 in Dalmazia. Salgono a 13.000 (1620-1623), 18.000 (1625) e scendono nuovamente a 7.200 (1627).

Le Cernide.
Venezia continua l'utilizzo delle cerdine (da cernere, scegliere), istitute alla fine del medioevo.
Ogni villaggio e quartiere cittadino della Terrafema fornisce un numero prefissato di uomini, chiamato carata. Gli uomini sono scelti tra quelli di 18 e 34 anni, uno per famiglia esclusi i capofamiglia, i servi ed i poveri, devono essere adatti alle armi, servono per 10 anni, sono obbligati ad addestrarsi nei giorni ferstivi, a partecipare a mostre periodiche, ricevono in cambio il permesso di portare armi, come una spada personale (altrimenti vietato), l'esenzione delle tasse ed in caso di servizio attivo la paga.
I comuni sono obbligati a fornire il soldo, le armi ed il materiale di consumo. Le armi sono bollate con le insegne di San Marco e del comune di appartenenza; i corsaletti sono inoltre numerati per riconoscere a quale uomo sono assegnati. In alcuni casi sono marcate con il Leone Alato, la Vergine o lo stemma cittadino.
Gli uomini sono inquadrati in squadre di 10 uomini con un caporale eletto, riunite in centurie guidate da un "capo di cento", affiancato da un alfiere, quindi in compagnie di 500-750 uomini guidati da un colonnello.
Alla fine del quattrocento sono armate di celate, balestre (1/4) oppure spiedi e lance (3/4); adottano l'archibugio e l'armamento della centuria è fissato in 60 archibugieri, 13 picchieri con corsaletto (pettorale e schiena) e 27 picche "secche", cioè senza corsaletto (1553). I picchieri indossano il morione all'italiana, a tesa curva, mentre gli archibugieri indossano il morione alla spagnola, a tesa dritta. A fianco delle picche sono utilizzate anche le più corte corsesche.
Alla fine del cinquecento inizia ad essere utilizzato il moschetto mentre la corazza è dismessa, rimanendo al solo comandante. L'armamento è fissato in 40 picchieri, 50 archibugieri e 10 moschettieri (1593), proporzioni portate poi rispettivamente a 40, 40, 20 (1594) ed a 34, 33, 33 (1615). L'abbandono dell'archibugio porta la centuria a 30 picchieri e 70 moschettieri (1622).
L'efficenza non è alta e nemmeno la loro mobilitazione è rapida (come ad esempio della Guerra di Mantova, 1628).

L'Artiglieria.
Il governatore generale di artiglieria è la carica più alta di quest'arma e si occupa anche degli acquisti del materiale, della produzione dei pezzi e delle munizioni, delle scuole e dell'artiglieria navale, affiancato da un provveditore.
A fianco della scuola per artiglieri professionisti nella Calle dei Bombardieri a Venezia, dedicata a Santa Barbara, vi sono scuole per artiglieri della milizia nelle 17 principali fortezze della terraferma. Nel 1604 gli artiglieri professionisti sono 82 e quelli della milizia, chiamati scolari, sono 4.469.
L'artillaria veneziana dell'epoca è una delle migliori d'Europa ed è classificata in 8 tipi secondo il calibro (dal 1596): Doppio Cannone, Colubrina, Passavolante, Sagro, Aspide, Falcone, Petriero, Falconetto. Nell'armeria del palazzo del Doge è visibile un organo da fuoco a dieci canne.
A fine secolo (1683) la repubblica dispone di 1.002 pezzi d’artiglieria in terraferma e 707 in Istria e Dalmazia. Candia dispone di 259 pezzi d’artiglieria (1596).


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