|
Le prove di compatibilità sono effettuate al fine di prevenire le temibili reazioni trasfusionali di tipo emolitico che possono essere causate dagli anticorpi anti-eritrocitari del sistema gruppoematico AB0 (anticorpi "naturali" o "attesi") o da anticorpi di uno degli altri sistemi gruppoematici (anticorpi "irregolari" o "inattesi"). Le prove di compatibilità accompagnano il controllo del gruppo AB0 del donatore e comprendono la tipizzazione del ricevente, lo screening per la ricerca degli anticorpi irregolari e la prova crociata tra eritrociti del donatore e siero del ricevente (1). Qualora il/la paziente, nei tre mesi precedenti, sia stato trasfuso con un emocomponente contenente eritrociti o abbia avuto una gravidanza oppure qualora l'anamnesi sia incerta, le prove di compatibilità non dovrebbero essere effettuate su campioni di sangue raccolti da più di 72 ore rispetto al momento in cui è previsto l'inizio della trasfusione. Questo, in quanto ogni paziente sottoposto ad uno stimolo potenzialmente immunizzante è in grado di sviluppare una risposta immunitaria primaria entro tre mesi dall'eventuale immunizzazione. Ogni campione deve essere etichettato secondo le precise norme di sicurezza stabilite dalla legge.
La
tipizzazione AB0 prevede che le emazie del paziente siano testate
con siero anti-A ed anti-B. Dal momento che nel siero sono sempre
presenti gli anticorpi del sistema
AB0
relativi all'antigene assente sulla membrana eritrocitaria di
quell'individuo (anticorpi "naturali"), la tipizzazione AB0
rappresenta l'esame propedeutico all'assegnazione ed alla
trasfusione di qualsiasi componente ematica. Nella tabella che segue
è riportato il quadro delle possibilità nell'ambito del sistema
gruppoematico AB0.
La presenza o l'assenza dell'antigene D nel sistema gruppoematico Rh definisce la positività o la negatività Rh di quell'individuo. Contrariamente a quanto segnalato per il sistema AB0, i pazienti Rh negativi non possiedono anticorpi anti-Rh in assenza di una qualche esposizione all'antigene (feto-materna, post-trasfusione, per gravidanza etc.). I pazienti Rh-positivi possono pertanto ricevere componenti eritrocitarie sia Rh positive che negative mentre quelli Rh negativi dovrebbero ricevere soltanto componenti eritrocitarie negative, per non incorrere nel rischio di sviluppare anticorpi anti-Rh; soltanto in casi di estrema necessità (ad esempio per mancanza di emocomponenti Rh negativi) i pazienti Rh negativi possono essere trasfusi con componenti RH positive. Si deve comunque sottolineare come questa condotta possa esporli al rischio di immunizzazione. Uno screening anticorpale viene effettuato testando il siero del paziente con una miscela di emazie provenienti da numerosi donatori di gruppo 0, le cui membrane siano state in precedenza già completamente tipizzate al fine di conoscerne perfettamente i caratteri fenotipici. Il test deve essere effettuato nelle condizioni che permettono di svelare un anticorpo clinicamente significativo (a 37°C e con l'ausilio del test all'antiglobulina). Lo screening anticorpale è il test che permette di identificare la maggior parte di anticorpi inattesi ( o "irregolari") contro gli antigeni eritrocitari, che non siano l'anti-A e l'anti-B. Un approfondimento del significato della ricerca di anticorpi anti-eritrocitari inattesi o irregolari è riportato nella pagina collegata. Una prova di compatibilità crociata consiste nel testare il siero del paziente con emazie dell'unità di concentrato eritrocitario a lui destinata. Si possono effettuare due tipi di crossmatch:
STRATEGIE DI VERIFICA DELLA COMPATIBILITÀ IN ROUTINE Ogni volta che vengano richieste delle unità di eritrociti, vengono eseguiti di routine tipizzazione AB0 ed Rh, screening anticorpale e crossmatch. Se lo screening anticorpale è negativo ed eventuali registrazioni relative al paziente non mostrano alcuna precedente positività, il paziente può essere trasfuso con qualsiasi unità del tipo appropriato AB0/Rh. Un “immediate spin” può comunque fornire una sicurezza aggiunta. Se lo screening anticorpale è positivo, la specificità dell'anticorpo deve essere identificata provando il siero contro un "pannello" di 8-12 campioni di eritrociti a fenotipo variabile noto. Il profilo di reazioni positive e negative con queste cellule identifica l'antigene contro cui l'anticorpo è diretto.Qualora venga identificato un anticorpo clinicamente significativo potranno essere trasfuse solo unità eritrocitarie negative per il relativo antigene. Ad esempio, se l'anticorpo è anti-K, gli eritrociti del tipo appropriato AB0/Rh dovranno essere selezionati tra le unità K-negative (kk). Per una maggiore sicurezza, è opportuno in questi casi svolgere comunque una prova di compatibilità completa. In caso di positività dello screening anticorpale sarà sempre necessario un tempo aggiuntivo a quelli previsti per identificare l'anticorpo, trovare degli eritrociti antigene-negativi ed eseguire le prove di compatibilità complete. Questo tempo può variare da un'ora a dei giorni, in presenza di più anticorpi o anticorpi diretti contro antigeni ad alta prevalenza. Se la trasfusione appare indifferibile prima che siano disponibili eritrociti sicuramente compatibili, devono essere attentamente vagliate tutte le possibili alternative. RICHIESTE DI SANGUE PER INTERVENTO Se la necessità di trasfusione è probabile, è ragionevole richiederne un numero appropriato di unità in modo che siano disponibili per le esigenze che sopraggiungono in sala operatoria. Una procedura di “type&screen” (tipizzazione e screening anticorpale) dovrebbe essere prevista in tutti i casi nei quali ci sia una ragionevole possibilità che un paziente possa richiedere sangue durante un intervento ma l’eventualità di trasfusione è troppo bassa per giustificare una richiesta di unità compatibili. Come direttiva, se una procedura chirurgica richiede trasfusione in meno del 10% di casi, appare più appropriato un type&screen. Qualora il paziente richieda sangue durante l'atto chirurgico e lo screening anticorpale sia negativo, le unità possono essere consegnate dopo un “immediate spin”. Ciò può avvenire in circa 5-10 minuti. CHIRURGIA SENZA RICHIESTA DI SANGUE Per molti interventi, la probabilità di richiedere sangue è così bassa da non rendere necessario nemmeno richiedere un type & screen. RICHIESTA MASSIMA DI SANGUE PER INTERVENTO La "richiesta massima di sangue per intervento chirurgico" (Maximum Surgical Blood Order Schedule - MSBOS) è una lista degli interventi effettuati presso un reparto o un equipe chirurgica nella quale, per ogni intervento, è indicato il numero massimo di unità di emazie concentrate per cui fare una richiesta; per gli interventi in cui non si preveda necessità di sangue, sarà quindi indicata la procedura di type & screen. Il numero di unità deve essere calcolato preventivamente in base ai consumi storici per quel tipo di intervento, fissandolo sul numero necessario a coprire le esigenze del 90% dei pazienti. TRASFUSIONE IN CONDIZIONI DI EMERGENZA In situazioni di emergenza, può rendersi necessario trasfondere prima che i test pre-trasfusionali siano stati completati. Tali circostanze devono essere sempre documentate dal medico che richiede l’eccezione, che deve essere consapevole di attuare una procedura con un margine maggiore di rischio e deve quindi assumersene la responsabilità. Per una trasfusione in condizioni di emergenza si possono delineare le seguenti possibilità. EMAZIE DI GRUPPO 0, Rh-NEGATIVO, NON CROCIATE Per le trasfusioni urgentissime o immediate, sono indicate per tutti i pazienti emazie di gruppo 0 negativo; esse dovrebbero tuttavia essere usate soltanto per pazienti di cui non ci sia stato il tempo di determinare il gruppo sanguigno ed essere comunque applicata soltanto alle prime unità consegnate. Questa situazione può verificarsi, ad esempio, nei gravi traumi. EMAZIE GRUPPO-SPECIFICHE, NON CROCIATE Non appena possibile, si dovrebbero utilizzare unità di emazie omogruppo o compatibili, al fine di preservare le risorse di emazie 0 negative. Sono in genere sufficienti 5 minuti per determinare il gruppo sanguigno di un paziente e per consegnare delle unità omogruppo. In tutte le situazioni di emergenza, è opportuno effettuare le prove di compatibilità anche per le unità già consegnate "non crociate" e crociare delle unità in aggiunta a quelle richieste. Qualora emergano durante tali prove discrepanze anche minime, il medico curante ne deve essere immediatamente reso edotto. SITUAZIONI IN CUI è DIFFICILE O IMPOSSIBILE TROVARE SANGUE COMPATIBILE Un paziente può presentare più di un anticorpo anti-eritrocitario. In tal caso può essere estremamente difficile trovare unità di emazie compatibili. A seconda del tempo disponibile per la ricerca, si possono seguire due possibili vie al fine di trovare emazie compatibili:
Pazienti con un anticorpo contro un antigene eritrocitario estremamente comune (antigene ad "alta prevalenza") possono essere incompatibili con tutte le unità testate. E' in tal caso importante conoscere la rilevanza clinica dell'anticorpo, in quanto alcuni di essi possono causare soltanto una ridotta sopravvivenza delle emazie, senza tuttavia dar luogo a pericolose reazioni trasfusionali. Emazie compatibili per questi soggetti possono altresì essere cercate tra i familiari o negli archivi di donatori con gruppi rari. Alcuni pazienti presentano autoanticorpi che reagiscono contro tutte le emazie. In questi casi sono state delineate varie strategie che è fondamentale conoscere. Prova di compatibilità "IN VIVO" La presenza nel siero di un paziente di un anticorpo non implica necessariamente che la trasfusione di emazie incompatibili esiterà in una ridotta sopravvivenza degli eritrociti trasfusi. Può essere preferibile, in alcuni pazienti, trasfondere emazie incompatibili per ottenere un beneficio temporaneo anche se si ha la pressoché totale certezza che quelle emazie non sopravviveranno normalmente. Un metodo di valutare la futura riuscita di una trasfusione quando sia impossibile reperire sangue compatibile è la cosiddetta "prova di compatibilità in vivo". Il metodo più sensibile è la valutazione preliminare della sopravvivenza di un piccolo volume di eritrociti marcati. Un metodo alternativo è quello di infondere un'aliquota di 40-50 mL di eritrociti in un periodo di tempo di circa 20-30 minuti. In questo tempo, il paziente deve essere continuamente sorvegliato alla ricerca della comparsa dei segni di una reazione trasfusionale emolitica; dopo l'infusione della "dose test" deve essere raccolto un campione di sangue per studiare eventuali segni di emolisi, tenendo presente che la lisi intravascolare di meno di 5 mL di eritrociti fa aumentare la concentrazione di emoglobina plasmatica in un adulto di circa 50 mg/100 mL, una quantità facilmente visibile anche ad occhio nudo. La mancanza di emoglobina libera nel plasma suggerisce che la trasfusione può essere tollerata e permette di trasfondere l'intera unità. RELAZIONE TRA COMPATIBILITà E REAZIONI EMOLITICHE FATALI La perfezione raggiunta nell'effettuazione delle prove di compatibilità non garantisce purtroppo completamente dalla possibile comparsa di reazione emolitiche fatali. Tali reazioni non sono dovute ad incompatibilità, ma ad un cosiddetto "clerical error". Con questo termine si indicano in genere tutti i possibili errori connessi ad un errata identificazione di paziente ed unità destinatagli, che possono portare alla trasfusione ad un paziente di un'unità non compatibilizzata per lui (somministrazione di un'unità al paziente sbagliato, invio al Trasfusionale di un campione errato, scambio di etichette sulle provette o sulle unità di emazie etc.).
|
|