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L'emoglobina rappresenta, ai fini cui è preposta, un sistema superiore ad ogni altro, essendo capace di legare con legami reversibili una notevole quantità di ossigeno molecolare nei polmoni per liberarne gran parte a livello tissutale. Per sostituirne tale capacità, sono state studiate due classi principali di sostanze: a. sostituti di sintesi; (emulsioni di idrocarburi fluorurati o perfluorocomposti); b. sostituti biologici; (soluzioni emoglobiniche ottenute mediante lisi delle emazie lavate e private degli stromi o “stroma free hemoglobin”).
Perfluorocomposti (PFC)
I perfluorocomposti sono degli idrocarburi alogenati con fluoro, inerti dal punto di vista biologico. A differenza dell'emoglobina, trasportano l'ossigeno e l'anidride carbonica come gas disciolti allo stato fisico. L'avidità per l’ossigeno (alla stessa tensione possono portarne tre volte la quantità trasportata dall'emoglobina) ne rappresenta anche il principale ostacolo all’uso clinico, dal momento che impedisce una corretta cessione di ossigeno ai tessuti. I principali vantaggi dei PFC sono riassumibili nei seguenti punti:
Naturalmente i PFC presentano anche degli svantaggi, tra i quali i principali sono:
Nonostante la presenza di tali svantaggi non ancora risolti, abbia consigliato diverse farmacopee nazionali a non approvarne l'uso clinico, in letteratura sono riportati diversi casi di utilizzazione sperimentale dei PFC delle generazioni più recenti nella patologia tumorale, nella terapia d'urgenza dell’avvelenamento da CO, in casi di ischemie cerebrali e cardiache (fino all'infarto miocardico, per la perfusione di organi isolati, interventi chirurgici ed emodiluizione, come mezzo di contrasto selettivo (elevata radiodensità a livello del fegato e della milza).
Soluzioni di emoglobina
Le soluzioni di emoglobina ottenuta per lisi da globuli rossi lavati sono i principali sostituti biologici della capacità ossiforetica attualmente allo studio. I principali parametri da controllare nelle soluzioni di emoglobina sono:
Per quanto riguarda le soluzioni di origine umana, gli effetti collaterali verso i quali oggi si cerca una soluzione non sono più quelli dovuti a pirogeni ed alle reazioni post-trasfusionali, poiché l'obbiettivo di una drastica riduzione della nefrotossicità dovuta agli agenti stromali è stato raggiunto, ma a quelli legati alla produzione di un composto puro, cioè privo di residui liberi e con la migliore modificazione molecolare. Gli effetti collaterali sono: vasocostrizione portata dall'Hb libera, che si pensa inattivi e leghi NO (in tal modo si inibisce la vasodilatazione mediata da NO); accumulo dei prodotti emici liberi, tossici per le cellule epiteliali renali; possibili infezioni batteriche dovute ad accumulo di eme e Fe liberi che fungono da substrato per la crescita batterica; formazione di radicali liberi. Sono stati condotti in questi ultimi anni vari studi clinici, oltre a quelli pre-clinici, su modello animale. I risultati ottenuti su vari gruppi di pazienti trasfusi con Poli-SHb sono stati decisamente incoraggianti. Attualmente la SHb si ottiene partendo da eritrociti scaduti nei Servizi Trasfusionali. Dal momento che questa fonte di approvvigionamento è assai scarsa (rarissime sacche di sangue conservate nei Centri Trasfusionali arrivano a scadenza), la ricerca si sta indirizzando verso l’Hb bovina, che nella sperimentazione animale sembra essere addirittura più efficace di quella umana nella cessione di O ai tessuti. Per quanto riguarda questa SHb, sono stati già effettuati vari studi clinici su diversi gruppi di pazienti fra cui portatori di HbS. I risultati della fase I/II sono di buona tolleranza al prodotto e di nessuna complicazione clinica. Attualmente si sta infine provando a "stabilizzare" la SFH con la costruzione di membrane artificiali biodegradabili, ottenute da un emolisato di fosfatidilcolina e colesterolo; si producono delle sferule di 2 micron di diametro, dette neoemociti, che sembrano presentare una maggiore capacità di conservazione. Si può dire che a tuttoggi non si è ritrovato il sostituto ideale del sangue umano, dal momento che né PFC né SHb possono svolgere i molteplici ruoli che esso ricopre. Il nuovo impulso che si sta dando alle ricerche su PFC e SHb ha riaperto il capitolo trasfusionale, in quanto l’uso di questi prodotti in combinazione con la tecniche trasfusionali autologhe potrebbe ridurre l’esposizione del paziente alla trasfusione allogenica riducendo sempre più il rischio trasfusionale.
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