Anatomia dell’errore: errore personale o errore di sistema?
Marco Rapellino
Direttore, Struttura complessa Qualità e Risk Management, Ospedale S.Giovanni Battista, Torino
To err is human (Errare è umano) è il titolo di una
monografia della National Academy of Sciences Statunitense, pubblicata
nel 2000, il cui scopo era un approccio globale all’errore
medico, cercando in primo luogo di ridurlo quantitativamente e
successivamente di ridurre i danni per il paziente e i danni economici
e soprattutto morali per il medico. L’affermazione della
ineluttabilità dell’errore umano sembra in Italia possa
essere applicata a tutte le categorie professionali, eccetto forse ai
medici. Le richieste di risarcimento erano nel 2001 12.000, dati
successivi parlano di 15.000 richieste di risarcimento l’anno,
con un aumento negli anni di cause penali. Le cause di questo
progressivo aumento del contenzioso sono molteplici:
l’ineluttabilità della morte è messa in discussione
ogni giorno a livello dei media, con notizie eclatanti su
miracolistiche scoperte, che forse tra 10-15 anni e solo nel 30%
dei casi avranno un’applicazione pratica; la Magistratura
è sempre più attenta (forse giustamente) ai problemi
legati ad errori medici, ma d’altra parte spesso vi
è un riconoscimento della responsabilità del sanitario in
via probabilistica e basato su interpretazioni più o meno
personali; è sempre più presente una cultura del
risarcimento, che porta a denunce penali, a volte indotte, che
divengono una sorta di grimaldello legale per ottenere un vantaggio da
un qualsiasi problema sanitario. Questo ha provocato da una parte
una difficile assicurabilità delle strutture sanitarie,
dall’altra un atteggiamento dei medici caratterizzato da uno
stato di iperreattività notevole, che ha portato ad un
comportamento di tipo difensivo sia a livello relazionale, sia a
livello di approccio diagnostico-terapeutico al paziente. Pare ovvio
che si debba intervenire in qualche modo per rompere questo circolo
vizioso, che mina in maniera drammatica il rapporto medico-paziente,
non più basato sull’accordo comune per un ristabilimento
delle condizioni di salute, ma su una base di diffidenza reciproca e di
assenza di una comunicazione leale. Con una legislazione come quella
italiana, se è possibile trasferire alle assicurazioni il
compito risarcitivo, non è invece possibile per il medico
evitare il peso morale della denuncia penale, che è in molti
casi destruente. E’ quindi indispensabile intervenire sulla
prevenzione del cosidetto rischio medico, cioè tentare di
ridurre in qualche maniera il pericolo di sbagliare o meglio di avere
un comportamento che possa essere giudicato a posteriori gravato da
imperizia, negligenza , omissione. E’ indispensabile valutare
attentamente i vari tipi di errore sanitario e di evento avverso a
livello delle proprie ASO e ASL, con una ricerca attenta degli eventi
sentinella e della incidenza nelle varie specialità e aree
omogenee. Questo è il primum movens di una ricerca dei fattori
favorenti il rischio.
James Reason è il teorico di un modello secondo il quale
l’accadere di un evento avverso è possibile per un active
failure (azione od omissione) che supera le barriere difensive della
prevenzione e dell’attenzione, ma che è provocato
soprattutto dalle condizioni (latent failure) in cui si svolgono le
azioni stesse. Le latent failure sono identificabili in errori di
programmazione, di organizzazione, di gestione, che tendono a rendere
debole il sistema e ad esporlo a possibili errori; soprattutto sono
molto più difficilmente rilevabili degli errori attivi, che
invece sono sotto gli occhi di tutti.
Per una buona gestione del rischio a livello Ospedaliero e anche della
Medicina sul territorio, è necessario quindi riflettere sulle
condizioni generali del lavoro, dal punto vista organizzativo,
strutturale, fino a giungere all’aspetto di gratificazione e
soddisfazione dell’operatore.
E’ sicuramente utile, oltre ai fattori di rischio generali,
ricercare, con la collaborazione degli specialisti, i fattori di
rischio che caratterizzano le varie aree funzionali. Infatti è
ovvio che il rischio di subire eventi avversi non è uguale per
ogni paziente. Sono anche estremamente diversi i fattori di rischio,
che sono legati ovviamente alla situazione (emergenza), al percorso
diagnostico terapeutico, all’uso di particolari tecnologie e, in
ambito ospedaliero, come si diceva, all’area specialistica.
last
update:
2005/11/06 |
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