Fondazione Arturo Pinna Pintor SIQuAS VRQ
Dalla qualità percepita alla percezione dell'errore medico - Metodologia integrata per l'individuazione dell'errore medico
Sabato 15 Ottobre 2005
Aula Fondazione Arturo Pinna Pintor
Via Vespucci 61 – Torino

Tavola Rotonda

La pubblicizzazione dell'errore medico e l'aumento del contenzioso influenzano la qualità delle cure?

Intervento del  Dott. Leonardo la Pietra 

Direttore Sanitario Istituto Europeo di Oncologia IRCCS

I parte
…Spero innanzitutto di non deludervi, perché non vi parlerò né di colpa né di responsabilità, né di denunce né di querele né di contenzioso, perché di questo me ne occupo come Direttore Sanitario, ma sono stato invitato qui a parlare a nome della Joint Commission (JC), e in tale veste vi porto i saluti del Presidente della Joint Commission International Karen Timmons e di Paul Van Ostenberg che sono molto lieti di quest’evento. Vi porterò poi l’esperienza sul tema della qualità e della sicurezza dei pazienti legati alla gestione del rischio, rievocando penso un coetaneo di Arturo Pinna Pintor, Ernest Amory Codman [2]  laureatosi alla fine dell’800 a Boston con una tesi sull’anestesia. Anzi, all’epoca non si parlava di anestesia, e neanche di cartella anestesiologica. La tesi che lui fece era sulla “Ether Chart”. Compagno di tesi era Harvey Cushing, un altro noto chirurgo. Già all’inizio del 900 Codman sosteneva che noi medici dovremmo preoccuparci di analizzare i nostri errori, di non parlare solo dei nostri successi e quindi di non alimentare la cultura di queste aspettative illimitate di una medicina mitica. Dovremmo analizzare soprattutto i nostri errori [3]. E Codman per questa ragione diciamo non se la passò bene. Infatti fu considerato un eccentrico rispetto a quella che era la società medica dell’epoca [4].
Comunque la nostra storia inizia da Codman, da quegli anni. Non dimentichiamo però che Codman era negli Stati Uniti. Qualcuno parlava dell’importanza della formazione, e c’era un altro coetaneo e collega di Codman qui in Italia che si chiamava Augusto Murri, clinico medico a Bologna che invitava a istituire una Cattedra di Storia della Medicina, o meglio lui suggeriva di Storia degli Errori in Medicina [5]. Sarebbe l’arma più potente per far apprendere la logica medica ai nostri studenti, quindi riprendendo l’aspetto dell’importanza della formazione, di cui si è parlato molto poco – penso -  in questo contesto. E allora parliamo di formazione, perché l’approccio di JC è un approccio che parte con la formazione e termina con la formazione, ed è l’arma più potente di prevenzione degli errori in medicina.
Come dicevo, JC innanzitutto nasce dall’American College of Surgeons, e quindi già porta in sé l’esperienza dei chirurghi americani che si approcciano all’analisi degli errori, e nel 1917 è stata istituita, ed è stata citata anche oggi, la Mortality & Morbidity review, che in Italia ancora oggi non esiste, cioè l’analisi critica degli eventi avversi, quindi sia decessi che gravi complicanze, un’analisi non mirata ad accertare le responsabilità o il chi, ma focalizzata a capire il come e il cosa. Quindi nasce questa riflessione. Nel 1951 nasce ufficialmente la JC con la mission di promuovere la sicurezza (safety) del paziente e la qualità delle cure. Come promuovere questa sicurezza e questa qualità delle cure? Attraverso due strade comuni. Una è un mezzo potente di riduzione del rischio, che loro chiamano Accreditation [6], che si basa sul raggiungimento di standard [7] di eccellenza,  standard che riguardano tutto il sistema “ospedale”, che è un sistema complesso. Quindi non riguardano solo alcuni specialisti o alcune specialità o alcuni settori dell’ospedale, ma riguardano l’ospedale nella sua completezza. Ho portato un dato ancora inedito che deriva da uno progetto di ricerca finalizzata promosso dalla ASSR. Ci  lamentiamo effettivamente che in Italia ci mancano dati ed è vero, non abbiamo dati autoctoni sulla prevalenza e sull’incidenza di eventi avversi nell’ospedale, abbiamo dati ricavati per interpolazione da altri studi condotti all’estero. Abbiamo però fatto in Italia uno studio finanziato dal Ministero della Salute e realizzato dall’Agenzia per i Servizi Sanitari Regionali, che ha coinvolto 10 regioni italiane e che tra l’altro per la prima volta , ed è lo studio più grosso in Europa, è andato ad esaminare 8757 cartelle cliniche in tutte le realtà ospedaliere in Italia: varie regioni, vari tipi di ospedale. Uno dei 26 criteri utilizzati per valutare la “accettabilità” di una cartella clinica è la presenza di un consenso informato scritto e firmato da parte del paziente e del medico. Per JC uno dei 378 standard [8] [9] [10] riguarda l’informazione al paziente e tra l’altro anche il processo di acquisizione del consenso. Quindi è un meccanismo sistemico che riguarda tutto l’ospedale, che fa leva su chi lavora in ospedale e non su qualcuno che viene da fuori a giudicare chi lavora in ospedale, perché appunto sono gli operatori i protagonisti del cambiamento, e quindi sono loro che esattamente conoscono molte volte cosa non va in un ospedale, e quindi sono loro gli attori di una reale prevenzione.
Qualche commento rispetto agli interventi degli oratori che mi hanno preceduto. Mi piaceva molto il discorso del bollino blu. C’è qualcuno che pensa che ottenere l’accreditamento di JC, quello che in Italia viene chiamato accreditamento all’eccellenza, perché poi noi abbiamo un’altra via italiana all’accreditamento, che però è istituzionale e basata su requisiti minimi. C’è qualcuno che pensa che l’accreditamento all’eccellenza sia un bollino blu. E infatti anche alcuni colleghi con un sottile velo di ironia mi dicono: ah, ma voi avete l’accreditamento all’eccellenza, quindi voi non sbagliate, da voi va tutto bene e i pazienti se la passano bene. E io rispondo molto francamente, perché sono veramente convinto (e qui rientro nel filo di questa tavola rotonda) che chi è accreditato, e io sono molto convinto, sbaglia assolutamente molto più di prima. Vi faccio vedere qualsiasi tipo di statistica, io sono peggio di tutti gli ospedali con cui mi misuro da quando ho iniziato il processo di accreditamento. Quindi, questo è l’outcome di un processo di accreditamento. Se volete sbagliare di meno non iniziate a fare questo percorso e chiedetelo ai vostri direttori sanitari quante sono le infezioni nei loro ospedali o quanti sono gli errori e vi diranno zero. Quindi l’idea è che qui tutto va bene.
Secondo, quello che in effetti è cambiato non è quanti errori facciamo, perché questo è cambiato, facciamo sicuramente più errori di prima. Sicuro, questo sarà il primo risultato, e il fatto che negli anni aumentano sempre di più, perché i meccanismi di rilevazione degli errori poi iniziano a funzionare, si crea questa cultura della sicurezza e aumentano sempre di più, se vedete i nostri grafici. Io gli dico: quello che è cambiato è l’uso che facciamo di questi errori, non è il numero degli errori, quello aumenta. L’uso che ne facciamo è cambiato: si è messo in moto un meccanismo per cui nulla è come prima. E’ irreversibile, perché poi è vero che è difficile creare questa cultura del trust, di fiducia all’interno dell’ospedale, è molto difficile perché abbiamo alle spalle anni di cultura di blame e di caccia al colpevole ma quando si crea è difficile tornare indietro. E’ l’uso che si fa dell’errore, è l’uso che si fa del cosa è successo, del come e del perché è successo, non ci interessa chi è stato, non ci interessa la colpa; ci interessa cosa è successo, ma non per fare analisi (non me ne vogliano i colleghi epidemiologi che fanno bellissime analisi statistiche ecc.), ma per cambiare le circostanze e i sistemi che generano l’errore. Allora, e qui mi riallaccio a quanto diceva Andrea Gardini ed alla visione della Società Italiana per la Qualità dell’Assistenza Sanitaria (SIQuAS), non partite sul percorso, non iniziate a fare analisi, non mettete in moto una macchina che poi è difficilissimo fermare e tornare indietro, se non avete già le idee chiare e se non siete pronti e disposti poi a cambiare le cose. Non lo fate, conviene continuare come prima, non sapere e andare avanti con la routine [11].

II parte
…….ci sarebbe molto da aggiungere, ma visti i tempi ristretti faccio come Andrea Gardini e chiudo con una battuta che mi ha offerto il dr. Laudi. Joint Commission ha superato la segnalazione degli eventi sentinella e degli eventi avversi gravi, aspetto particolarmente rilevante in Italia  anche per i nostri problemi di responsabilità e di obbligatorietà dell’azione penale, e invita tutti ad adottare dei propri sistemi di reporting interno e soprattutto a rilevare i near miss, cioè quegli eventi che non hanno determinato danno al paziente, ma che da un punto di vista organizzativo ci dicono esattamente le stesse cose su un errore che avrebbe potuto causare un danno grave. Ma d’altra parte ci offrono la possibilità di realizzare questi eventi in un clima sereno, senza il magistrato, senza il direttore sanitario sul collo, senza la stampa, senza i parenti e senza tutto il corteo che potete immaginare…..


 
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