- "IL GELSOMINO NOTTURNO"
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- E s'aprono i fiori notturni,
- nell'ora che penso a' miei cari.
- Sono apparse in mezzo ai viburni
- le farfalle crepuscolari.
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- Da un pezzo si tacquero i gridi:
- là sola una casa bisbiglia.
- Sotto l'ali dormono i nidi,
- come gli occhi sotto le ciglia.
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- Dai calici aperti si esala
- l'odore di fragole rosse.
- Splende un lume là nella sala.
- Nasce l'erba sopra le fosse.
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- Un'ape tardiva sussurra
- trovando già prese le celle.
- La Chioccetta per l'aia azzurra
- va col suo pigolio di stelle.
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- Per tutta la notte s'esala
- l'odore che passa col vento.
- Passa il lume su per la scala;
- brilla al primo piano; s'è spento...
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- É l'alba: si chiudono i petali
- un poco gualciti; si cova,
- dentro l'urna molle e segreta,
- non so che felicità nuova.
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ALCUNI
PASSI DA "LA DIGITALE PURPUREA"
- Siedono. L'una guarda l'altra.
L'una
- esile e bionda, semplice di vesti
- e di sguardi; ma l'altra, esile e
bruna,
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- l'altra... I due occhi semplici e
modesti
- fissano gli altri due ch'ardono.
[...]
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- In disparte da loro agili e sane,
- una spiga di fiori, anzi di dita
- spruzzolate di sangue, dita umane,
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- l'alito ignoto spande di sua vita.
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- [...] poi volta la parola
- grave a Maria, ma i neri occhi no: "Io -,
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- mormora,- sì, sentii quel fiore. Sola
- ero con le cetonie verdi. Il vento
- portava odor di rose e di viole a
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- ciocche. Nel cuore il languido fermento
- d'un sogno che notturno arse e che s'era
- all'alba, nell'ignara anima, spento.
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- Maria, ricordo quella grave sera.
- L'aria soffiava luce di baleni
- silenziosi. M'inoltrai leggiera,
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- cauta, su per i molli terrapieni
- erbosi. I piedi mi tenea la folta
- erba. Sorridi? E dirmi sentia: Vieni!
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- Vieni! E fu molta la dolcezza! molta!
- tanta, che, vedi... (l'altra lo stupore
- alza degli occhi, e vede ora, ed ascolta
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- con un lungo brivido...) si muore!"
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