Santiago de Compostela

 

STORIA
San Giacomo (Maggiore), apostolo di Cristo conosciuto come Baanerges (Figlio del Tuono) predicò in Spagna, secondo la tradizione, dopo l’apparizione della Madonna sulla Colonna (pilastro).
Tornato in Palestina fu decapitato per ordine di Erode Agrippa ma i suoi discepoli imbarcarono il suo corpo nel porto di
Gioppe e navigarono fino ad arrivare in Galizia, dove gli diedero sepoltura in un mausoleo ai piedi del Libredòn.
Le guerre e l’abbandono fecero sì che questo luogo del culto cristiano fosse dimenticato.

Al principio del secolo IX il vescovo di rio, Teodomiro, che in seguito volle essere sepolto vicino all’apostolo, riconobbe che le reliquie riscoperte erano quelle di Santiago e dei suoi discepoli Atanasio e Teodoro.
Alfonso Il visitò il luogo e ordinò che fosse eretta una prima e semplice basilica, successivamente sostituita da un’altra più grande sotto il regno del re Alfonso III.

Dopo il saccheggio di Almanzor del 991 e la ricostruzione del secondo tempio, il patrocinio di San Giacomo contro l’islam comincia a far sentire i suoi effetti: viene istituito il voto e si rinforza il ruolo del regno di Leòn, un cammino di stelle comincia a condurre i pellegrini verso occidente, i miracoli si susseguono.

Diego Pelàez comincia la cattedrale romanica (1015). Con Gelmirez si raggiunge l’apice del culto, il reliquiario viene benedetto e ottiene dignità arcivescovile.
Callisto Il istituisce
la grazia dell’Anno Santo Compostellano, anteriore all’Anno Santo Romano, confermata dalla bolla di Alessandro III Regis Aeterni (1119).
Si ottiene anche un
giubileo straordinario ogni volta che la festa dell’apostolo (25 luglio) cade di domenica, e questo succede con la periodicità di 6-5-6 e 11 anni. I più recenti sono quelli deI 1993 e del 1999.

Comincia così il periodo aureo dei pellegrinaggi nel quale Santiago si trasforma nel santuario più visitato del mondo cristiano superando di gran lunga Roma e Gerusalemme.
Santi, re, cavalieri, borghesi, artigiani e contadini, con o senza seguito, a piedi o a cavallo, tramandando diari di viaggio o anonimamente si avvicinarono a Compostella.

Un ambasciatore dell’emiro Ali Ben Yusuf si stupiva nel secolo XII di tale mobilitazione: "…è così grande il numero dei pellegrini che vanno a Compostella e di quelli che ne ritornano che appena rimane libera la strada verso occidente".

La lista delle nazioni che si riunivano nella cattedrale è numerosa, secondo il Còdex Colixtinus (Codice Callistino), il libro V del quale è una complessa guida medievale del pellegrinaggio dove vengono descritte le tappe del Cammino Francese, come erano i villaggi per i quali passava l’itinerario nel secolo XIII, la qualità dell’acqua, le numerose reliquie ed i corpi santi che possono essere visitati; particolare attenzione è data alla città di Santiago e alla sua Cattedrale.
Si pensa che ne sia l’autore il francese
Aymeric Picaud.

Con la Riforma, lo spirito umanista, le guerre di religione, l’affluenza dei pellegrini diminuì. NeI 1588 l’arcivescovo San Clemente nascose precipitosamente le reliquie temendo un attacco inglese ed anche se il flusso dei turisti aumentò durante l’epoca trionfale barocca, quasi disparve nel XIX secolo. Solo la tenacia del cardinale Payà, che scoprii resti durante alcuni scavi e la autenticazione spedita da Leòn XIII nella sua bolla Deus Omnipotens (1884) riuscirono a risvegliare l’antico fenomeno, del quale siamo eredi nonché i testimoni di un interesse sempre più crescente e spettacolare.

Negli anni 1982 e 1989 per la prima volta nella storia persino un Papa,
Giovanni
Paolo II, andò in pellegrinaggio a Compostella.

Per completare l’analisi non resta che riflettere sul senso del pellegrinaggio, perché molte e distinte sono le ragioni per cui milioni di persone si sono recate in pellegrinaggio a Compostella.

Dante, nella Vita Nuova dice che l’unico pellegrino è quello che va o che viene dalla casa di San Giacomo ed anche se a partire da un’epoca remota nacque una picaresca del cammino non possiamo dimenticare che la maggior parte dei pellegrini è animata da motivi spirituali, siano questi un voto, delle penitenze o semplicemente rendere omaggio all’apostolo, pregare davanti alle reliquie di tanti santi, riflettere (che rappresenta di per sé un cammino simbolico come quello della vita), o cercare "qualcosa".

I pellegrini di oggi raccontano con grande interesse le emozionanti esperienze che vivono durante il cammino e molti di loro, emulando i loro antecessori, scrivono diari o "itinerari" che spesso sono pubblicati in distinti paesi.
Tutti sono d’accordo nel mettere in risalto la varietà culturale delle distinte regioni e province che attraversano, i dettagli sull’ospitalità della gente che incontrano e specialmente le riflessioni quotidiane, le loro impressioni sul paesaggio, le esperienze ed i coloriti aneddoti che si susseguono durante la grande
avventura giacobea.

NeI 1981 la rete degli itinerari giacobei a Santiago, grazie alla sua funzione di diffusione delle manifestazioni culturali e allo stesso tempo di creazione di un’identità comune tra i paesi del vecchio continente è stata riconosciuta dal consiglio Europea come Il Primo Itinerario Culturale Europeo.

IL CAMMINO FRANCESE

E’ il cammino giacobeo per eccellenza, il più conosciuto, il più transitato e quello che si trova in migliori condizioni.
Entra in Spagna attraverso
Somport o Roncesvalles, e le due diramazioni si uniscono a Puente la Reina. Si possono rinvenire tratti di cammino nella zona di Navarra e la Rioja, come San Millàn de la Cogolla e Sto. Domingo de la Calzada.
Le terre di
Castilla e Leòn sono ricche d’arte e di storia. Burgos con la sua Cattedrale, la Cartuja de Miraflores e il Monastero di Las Huelgas. Poi la pianura, che sembra non finire mai, dei gotici campi di Palencia, con tre nuclei romanici: Fròmista, Villalcàzar de Sirga e Carriòn de los Condes.
La bimillenaria città di
Leòn, dove si trovano la cattedrale, con la superficie dì vetrate gotiche più grande del mondo e la "cappella sistina* del romanico. Astorga, la Croce di Ferro e Villafranca del Bierzo costituiscono l’anticamera della Galizia.

GALIZIA.
O
Cebreiro apre la porta della Galizia: qui restiamo sorpresi dalla presenza delle pallozas, antiche case della zona di Ancares e dintorni, che ricordano gli abitacoli fortificati per la loro forma ellittica ed il tetto di olmo (paglia di segale) cucito con saggina, che protegge molto efficacemente dal freddo e dalla neve.
Nonostante lo modestia del luogo, con le sue case di montagna e con le sue basse
pallozas, è un punto cruciale del pellegrinaggio. Un antico ospedale ed un monastero, probabilmente fondati da San Giraldo di Aurillac, ospitavano i giacobiti. Nel Santuario si conservano i ricordi del miracolo eucaristico che si congiunge con il ciclo del re Artù e con il poema Parsifal.
Il
9 settembre si celebra la famosa festa del miracolo intorno all’originale Tempio di S.ta Marìa la Real; secondo la leggenda un vicino di Borxomaior si avvicinò un giorno di tormenta al santuario per ascoltare la santa messa ed il sacerdote vedendolo entrare disse dentro di sé: "Guarda questo, che viene in un giorno simile e così affaticato solo per vedere un po’ di pane e di vino". In questo momento si produsse il miracolo della transustanziazione perché quel sacerdote incredulo aprisse gli occhi.
Due secoli più tardi la regina Isabella la cattolica donò le ampolle d’argento per conservare la carne ed il sangue di Gesù; unitamente a queste si possono ammirare il calice romanica e l’effigie medievale della Madonna il cui Bambino Gesù, dice la leggenda, aprì i suoi occhi dallo stupore di fronte a tal miracolo, e così è rimasto fino ad oggi.
Un busto ci ricorda
Elias Valitia, parroco di O Cebreiro durante molti anni e religioso entusiasta nel ricuperare il culto del Cammino di Santiago in questi ultimi tempi.
Tra antiche cime montagnose rotonde ed impressionanti si sale fino a
S. Rocco e O Poio (1311 m.)
Il
Liber Santi Jacobi descrive la Galizia come "uno terra frondosa, con fiumi, prati, orti straordinari, buoni frutti e fonti chiarissime, il fortunato paese dell’apostolo al quale deve tutti i suoi beni passando attraverso i villaggi di Linares, Hospital da Condesa e Fonfrìa.
Una volta scesi nella valle troviamo
Triacastela, con il suo tempio medievale ed un semplice monumento al pellegrino; a partire da qui il cammino si biforca e possiamo optare per il sentiero più diretto verso Calvor o continuare per la bucolica valle deIl’Oribio e visitare così lo grande abbazia benedettina di San Xuliàn de Samos una delle più antiche e più importanti della Galizia.
Le sue origini risalgono ai tempi di
S. Martìn Durmiense (VI sec) anche se la maggior parte dell’opera fu costruito ai tempi delle riedificazioni dei secoli XVII e XVIII; che ci appare improvvisamente a una svolta della valle dell’Oribio come luogo di pace. Probabilmente d’origine visigota, offre un insieme monumentale dal XVI secolo (Chiostro delle Nereidi) al XVIII (Chiostro grande e tempio).
Attraverso le sue gallerie sembra ancora di sentir risuonare i passi dell’erudito
Padre Feijoo mentre i monaci di oggi recitano le loro orazioni mattutine ed elaborano i liquori di erbe con ricette elaborate con gran cura; attraverso entrambi i cammini si giunge a Sarria.

Questa cittadina si trova in una fertile pianura che il pellegrino Domenico Laffi (dopo aver varie volte percorso il Cammino di Santiago) definì come "bella e fruttifera, molto abbondante in frutti, dove ci sono molte case, orti e giardini". Il centro storico si trova in alto, intorno ad una torre dell’antica fortezza, con il convento della Maddalena e la chiesa di San Salvatore - La festa dell’anno (il 15 di maggio) o quelle ordinarie (il 6, il 20 ed il 28 di tutti i mesi) sono occasioni propizie per comprare le famose zampette di maiale, le salsicce ed i formaggi tipici del Cebreiro, o per degustare le tipiche impannate ed il polipo.
Prima di giungere al
Mino vedremo l’originale tempio romanico di Santiago de Barbadelo con una torre integrata nella navata principale della chiesa e potremo rinfrescarci, d’estate, all’ombra dei molti boschi di querce della zona. In uno di questi si trova la fortificazione di San Michaelis, attraverso la quale passa il cammino.

Segue Portomarìn, che ho cambiato posto per la costruzione di una diga, e, se pure il luogo ha perso quello speciale atmosfera medievale, i suoi principali monumenti (S. Nicolàs e la facciata di S. Pedro) accolgono ancora con molto calore i pellegrini che arrivano, visto che sono stati ricostruiti pietra su pietra in un’altra zona. La loro festa viene celebrata la domenica di Pasqua e vi partecipano i cavalieri dell’Orden de la Alquitara.
Sono molto conosciute le sue torte e le sue famose
queimadas elaborate con famose vinacce della zona. A Ligonde una semplice croce ricorda che lì si trova un cimitero di pellegrini.
Appena fuori dal cammino troviamo
Vilar de Donas, monastero medievale con un alture di pietra nel quale viene rappresentato il miracolo eucaristico di O Cebreiro, un baldacchino, sepolture di cavalieri e alcuni bellissimi affreschi gotici con l’Annunciazione ed i busti delle donas, o signore che fondarono la casa.

Palas de Rei segna l’inizio dell’ultima tappa del Callistino.
Nel
Campo dos Romeiros, nella parte inferiore della città, i pellegrini si riunivano prima di cominciare Io sforzo finale, mentre da lontano già si scorge Informa inconfondibile del leggendario Pico Sacro. Lasciamo la zona dell’ UIla con i suoi pazos (case signorili) immortalati nelle opere letterarie della contessa di Pardo Bazàn e dominata dall’ impressionante fortezza di Pambre una delle poche a resistere ai combattimenti degli Irmandinos nel XV secolo.
Una volta attraversato il tipico nucleo rurale di
S. Xuliàn do Camillo, con la sua semplice chiesa romanica ed i suoi antichi canastros (hòrreos, granai di pietra sopra palafitte independenti dalle case principali) dove si conservava il mais, entriamo nella provincia della Coruna percorrendo a Leboreiro un’autentica via romana, una delle poche che restano, e che era usata dai pellegrini medievali.
Questo nucleo rurale conserva l’antico
casona, che servì da ospedale ai pellegrini, e un tempio medievale.

Il Ponte Furelos già conosciuto nel XII secolo conduce a Mélide: questo ponte fu l’unico passaggio sul fiume dello stesso nome fino al 1862.
Con
l’ospedale di San Giovanni, già menzionato, troviamo altri vari templi interessanti (S. Pietro, Sancti Spiritus, e di Santa Maria) ed un antico cruceiro molto rozzo (oggi non possiamo stimare l’enorme valore che ebbero nel passato queste costruzioni che erano considerate come opere pie).
Vi si trova un museo etnografico che raccoglie pezzi archeologici e oggetti tradizionali della regione (
A terra de Melide), e quest’ultima mantiene oggi la stessa tradizione artigiana (cuoio, bocce, zoccoli).
Nei dintorni si possono visitare vari insiemi megalitici e fortificazioni: l’umile ma antico tempio pre-romanico di
San Antolin de Yoques, la chiesa di Santa Maria di Mezonzo (Vilasantar), resto dell’antico monastero duplice nel quale predicò S. Pietro de Mezonzo, vescovo di Santiago nei difficili tempi di Almanzor, che compose la Salve Regina; vi troviamo anche l’importante monastero di Sobrado de los Monjes.

Castalleda fu il luogo dei forni di calce per la costruzione della cattedrale di Santiago, alla costruzione della quale i pellegrini contribuirono secondo le loro possibilità, portando nel loro carniere una pietra dei monti di Triacastela ed accentuando così la loro penitenza.
Nell’avvallamento di
Ribadiso appare un’altra volta il frequente binomio ponte-ospedale, quest’ultimo in pessime condizioni.

In alto, Arzùa, centro di una regione di formaggi deliziosi dove la gente nel viale dei pioppi del centro della cittadina ha elevato un monumento alle venditrici di questi ultimi; la fiera annualeviene celebrata la prima domenica di marzo.
La cappella gotica della Maddalena costituisce l’unico resto del convento degli Agostiniani, dove albergavano i pellegrini.
Il nostro cammino giunge a termine, I pellegrini si bagnavano a
Labacolla, in un piccolo torrente e correndo salivano in cima al Monte della Gioia per vedere chi era il primo ad ammirare le torri della cattedrale e ad essere eletto, secondo la tradizione, re del pellegrinaggio, fatto che si tramanda in molti cognomi.
Da questo
Monxoi i cavalieri, scendendo dalle loro cavalcature, percorrevano a piedi l’ultimo tratto di cammino fino a Santiago e tutti rendevano grazie all’apostolo per aver potuto concludere il pellegrinaggio felicemente.

Un giorno di pioggia e di vento deI 1669 arrivò a Santiago il corteggio di Cosimo de’ Medici, granduca di Toscana. Quella che videro fu una città ancora medievale che parve loro rozza e grigia, come sprofondata tra i monti, con alcune case di legno molto umili, eccezion fatta per quattro o cinque grandi edifici.
Questa è solo una prova di come la città attuale, premiata dal Consiglio d’Europa e dichiarata patrimonio culturale dell’umanità daII’Unesco, si deve soprattutto alle grandi opere barocche che le conferiscono (a sua particolare fisionomia inviluppando completamente le strutture ed i monumenti anteriori.

Tutti gli itinerari entravano in distinti punti dello città, però l’itinerario classico che seguono i pellegrini del Cammino Francese comincia per los Cancheiros, dove si vendevano le conchiglie, e scende poi per la via di San Pedro, vicino al convento di Bonaval e per il cruceiro do Home Santo fino alla Porta do Camino.
Qui cominciava il recinto delle mura. Seguono la strada
Casas Reales con le chiese di Santa Marta del Camino e (a Piazza Cervantes e la Azabacheria (quartiere dove si lavorava la lignite), altro nome collettivo che si riferisce alle antiche maestranze ed ai laboratori che lavorano ancora oggi questa materiale.
Si entra nella cattedrale attraverso la facciata nord, eccetto durante gli Anni Santi, durante i quali si uso la
Porta Santa della Quintana.

Il rito del pellegrino, una volta entrato nella cattedrale, comincia con il Portico della Gloria dove si deve mettere la mano nella cavità formata da tante migliaia di persone che ci hanno preceduto.
Sul lato opposto della bifora daremo tre colpi di testa contro quella del
Maestro Matteo, conosciuto popolarmente come Santo delle Testate perché si dice che trasmettesse la sua saggezza in questa modo.
Nella cripta si può visitare l’arco delle reliquie dell’apostolo per poi risalire ed abbracciare l’immagine di
San Giacomo sull’altare maggiore.
Tutti i giorni o mezzogiorno si celebra la messa del pellegrino e con un po’ di fortuna si potrà veder valore il
botafumeiro (enorme incensario) per la navata del transetto.
Sicuramente questo grande incensiere, il più grande del mondo, aromatizzava già le navate della cattedrale durante il medioevo anche se il suo disegno doveva essere più primitivo.
Non ci resta ora che richiedere la
Compostela, un documento che attesta che abbiamo completato il cammino nel modo tradizionale.

Quando il pellegrino francese Manier arrivò a Compostella neI 1126 i pellegrini erano fortunati perché potevano mangiare cioccolato nella chiesa di S. Francesco, pranzare nella chiesa di S. Martino, delle Carmelite e dei Gesuiti e cenare in quella di San Domenico grazie alla carità del convento; per di più nel Hospital Real riservavano loro dei buoni letti; nel caso avessero avuta ancora fame c’erano le taverne del Franco per provare le sardine ed il vino della regione.
Anche se i tempi sono cambiati, il pellegrino attuale ha ancora il diritto con Io sua
certificazione Compostellana di cibarsi per tre giorni nel Parador dei Re Cattolici e ritirarsi nel rifugio che gli sarà offerta nella chiesa di S. Francesco o nel Seminario Minore.

La città dell’apostolo è piena di monumenti e di richiami artisticamente interessanti, ed è il luogo ideale per le passeggiate calme, senza fretta eccessiva, scoprendo le strade della città; le sue piazze ed i suoi angoli sono un premio per lo sforzo realizzato durante tanti giorni.

Il pellegrino o il turista può degustare tutta la cucina galiziana a Compostella: pesce e frutti di mare (non dimentichiamo i singolari Santiaguinos o le conchiglie di San Giacomo, simbolo del pellegrinaggio), carni, i migliori vini del paese (ribeiro, ulla, valdeorras) e come dessert Io tipica torta di mandorle di Compostella.
Nelle strade del centro storico è frequente gustare
tapas e consumare razioni nelle taverne.

Le feste più importanti sono quelle di luglio in onore dell’apostolo San Giacomo, la notte del 24 si brucia la facciata di legno situata nell’Obrodoiro e si assiste alla spettacolare esplosione dei fuochi artificiali.

Santiago fu sempre una città di artigiani e lo dimostra la sua famosa oreficeria (oggetti giacobei d’argento), gli originali oggetti di lignite i cui atelier hanno dota il loro nome ad una strada e ad una facciata della Cattedrale, gli intagli, la ceramica, le bambole, le candele egli ex-voto, la fucina, ecc. Intorno alla Cattedrale si concentra il commercio tradizionale.


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