Radioattività

Gli atomi di uno stesso elemento hanno tutti uno stesso numero di protoni (numero atomico) e di elettroni, quindi uguali proprietà fisiche e chimiche.

Possono però non avere nel loro nucleo lo stesso numero di neutroni, e quindi possono avere masse diverse. Gli atomi di uno stesso elemento che hanno un diverso numero di neutroni si chiamano isotopi e si distinguono per avere un numero di massa (che è la somma del numero dei protoni e del numero dei neutroni che ne costituiscono il nucleo) diverso.

L’uranio 235 (U235), per esempio, ha 92 protoni (e 92 elettroni) e 143 neutroni;
l’uranio 238 (U
238) ha ugualmente 92 protoni (e 92 elettroni) ma 146 neutroni.

Mentre le proprietà chimiche dei vari isotopi di uno stesso elemento sono uguali, può essere diversa la stabilità del loro nucleo atomico; mentre il nucleo dell’atomo di alcuni isotopi di un elemento è stabile, quello di altri isotopi dello stesso elemento è instabile e si disgrega più o meno velocemente: è questo il fenomeno della radioattività.

Una sostanza radioattiva può emettere tre tipi di radiazioni che vengono indicate con le lettere greche (alfa), (beta), (gamma). La radiazione alfa è costituita da particelle formate da due protoni e due neutroni, che hanno quindi complessivamente una carica elettrica positiva.

Le particelle della radiazione alfa possono essere fermate da un foglio di carta di giornale. La radiazione beta è costituita da elettroni, con carica elettrica negativa. La radiazione gamma è invece un particolare tipo di radiazione che ha la stessa natura delle onde radio o della luce, ma, rispetto a queste, ha una lunghezza d’onda molto più piccola; questo rende i raggi gamma molto penetranti, tanto che possono superare lastre di piombo spesse vari centimetri.
Nel classico esperimento allestito per mettere in evidenza la diversa natura delle radiazioni emessa da una sorgente radioattiva naturale, facendo passare le radiazioni fra due lastre metalliche, una con carica elettrica positiva e l’altra con carica elettrica negativa, si osserva che la radiazione alfa devia verso la lastra negativa, la radiazione beta verso quella positiva, mentre la radiazione gamma non subisce alcuna deviazione.

Quando il nucleo di un atomo emette particelle alfa, beta o gamma, varia di conseguenza il numero di cariche elettriche che lo costituiscono; si ha quindi la formazione di un nuovo atomo, con caratteristiche diverse da quelle dell’atomo di partenza.
Sappiamo infatti che le caratteristiche chimiche di un atomo dipendono esclusivamente dal numero delle cariche elettriche, cioè dai protoni, presenti nel nucleo. Quando un atomo si trasforma in un altro, emettendo radiazioni, si parla di
decadimento radioattivo.

Ad esempio, un isotopo dell’uranio, l’U238, il cui nucleo ha 92 protoni, emettendo una particella alfa, si trasforma nell’atomo di Torio, che ha appunto 90 protoni nel nucleo e quindi numero atomico 90. Un particolare isotopo dei carbonio, con 6 protoni e 8 neutroni nel nucleo, emettendo una particella beta si trasforma in un atomo di azoto, avente 7 protoni e 7 neutroni; con l’emissione beta, infatti, un neutrone (formato da un protone + un elettrone) si trasforma in un protone perché perde la carica elettrica negativa dell’elettrone.

Ciò che caratterizza un decadimento radioattivo è il cosiddetto periodo di dimezzamento. Vediamo di che cosa si tratta.

Supponiamo di avere un certo numero di atomi A che, per effetto del decadimento radioattivo, si trasformano in atomi B di un altro tipo. Questa trasformazione avviene con una determinata frequenza, cioè in un certo intervallo di tempo, per esempio in un secondo. Per periodo di dimezzamento s’intende appunto il tempo necessario perché metà degli atomi A si trasformino negli atomi B.

Il periodo di dimezzamento è molto diverso secondo il tipo di atomo. Ad esempio: l’isotopo più stabile dell’uranio ha un periodo di dimezzamento di 4,5 miliardi di anni, il C14 di circa 5.700 anni, uno degli isotopi del plutonio ha un periodo di dimezzamento di 0,2 secondi.

Quando conosciamo il periodo di dimezzamento di un materiale radioattivo, sappiamo che, trascorso un tempo pari a quel periodo, gli atomi inizialmente presenti sono ridotti alla metà; in un tempo doppio invece gli atomi presenti sono un quarto e così via; è impossibile però prevedere quali atomi in ognuno di questi intervalli di tempo subiranno dei decadimenti.
Diciamo per questo che il decadimento radioattivo è un processo statistico. Possiamo cioè stabilire la probabilità che un atomo ha di decadere in un certo intervallo di tempo, ma non quale atomo esattamente decadrà.

Fissione e Fusione Nucleare

La disgregazione del nucleo di un isotopo può essere provocata anche
artificialmente utilizzando un neutrone accelerato con velocità opportuna.
Nel caso, per esempio, dell’uranio (U
235) esso viene spaccato in due frammenti,
più o meno delle stesse dimensioni, e in due o tre neutroni secondari.

Questo fenomeno si chiama fissione nucleare. Sia i frammenti sia i neutroni
così prodotti hanno un’elevata velocità, possiedono pertanto
energia cinetica.
Con la rottura del nucleo di uranio si ha quindi liberazione di energia cinetica.

I frammenti prodotti dalla fissione sono nuclei di atomi radioattivi, il cui numero atomico è circa la metà di quello dell’uranio. Si può dimostrare che il peso complessivo dei prodotti della fissione è minore di quello iniziale del nucleo di uranio più il neutrone: si ha cioè la perdita di una certa quantità di materia. Dove va a finire questa materia?
La risposta a questa domanda era nota ancor prima che fosse conosciuto il fenomeno della fissione; essa è contenuta nella teoria della relatività elaborata da Einstein agli inizi del secolo scorso.

Di che cosa si tratta? Fino ad allora erano noti due principi di conservazione; uno riguarda la materia e può essere così enunciato: in un sistema chiuso, che non può né cedere né ricevere materia dall’esterno, la quantità di materia in esso contenuta rimane costante. L’altro principio riguarda l’energia: in un sistema chiuso, che non può scambiare energia con l’esterno, la somma delle varie forme di energia presenti rimane costante.

Una rivoluzionaria conseguenza della teoria della relatività di Einstein è che questi principi non sono più separabili in quanto è possibile trasformare la materia in energia e l’energia in materia secondo la relazione: E = mc2

dove m è la quantità di materia e c è la velocità della luce (sappiamo che c è pari a 300.000 km/s). Dunque, secondo questa teoria, la materia non è altro che un "grumo" di energia altamente concentrata e localizzata,

I due principi di conservazione sono quindi unificati in un principio unico: in un sistema isolato, che non può scambiare né materia né energia con l’esterno, si mantiene costante la quantità totale di materia più energia.Il fenomeno della fissione costituisce un’importante verifica della relazione di equivalenza fra materia ed energia.

Quanta energia è possibile produrre dalla fissione di un grammo di uranio? In seguito alla fissione, 1/1000 di grammo di materia, cioè 0,001 g, si trasforma in energia. A questa quantità di materia, secondo la relazione di Einstein, corrisponde l’energia: E = 0,000001 * (300.000.000)2

(per avere l’energia espressa in joule è necessario esprimere la quantità di materia in chilogrammi e la velocità della luce in metri al secondo).

È chiaro allora che la quantità di energia che è possibile ottenere dalla materia è enorme. Eseguendo il calcolo troviamo che l’energia prodotta da 1/1000 di grammo di materia è E = 9 * 1010 J

Abbiamo visto che con la fissione si producono due o tre neutroni secondari. Questo fatto è molto importante perché rende possibile lo stabilirsi di una reazione a catena, cioè i neutroni prodotti da una fissione possono, a loro volta, produrre altre fissioni.E questo meccanismo che rende possibile lo sfruttamento del fenomeno per produrre energia su larga scala.
Quando la reazione a catena non è controllata e l’uranio è in quantità superiore a un certo valore critico, il fenomeno diventa esplosivo: come accade in una bomba atomica.
Se la reazione a catena viene invece controllata, facendo in modo che in media non più di un neutrone secondario produca una nuova fissione, è possibile utilizzare l’energia prodotta.
I moderni reattori nucleari basano il loro funzionamento appunto su questa possibilità: il controllo della fissione.


Un altro tipo di reazione nucleare è la reazione di fusione che consiste nell’unione di due nuclei atomici, ad esempio dell’isotopo dell’idrogeno, il deuterio, per formare un solo nucleo di elio con liberazione di energia.
Anche in questa reazione si ha la trasformazione di una piccola quantità di materia in energia, che appare sotto forma d’energia cinetica del nucleo di elio.

Affinché possa avvenire la fusione è necessario che i due nuclei di partenza siano dotati di una velocità elevata, per vincere la notevole forza di repulsione elettrostatica fra i due protoni. Tale velocità si ottiene portando i gas di deuterio a una temperatura elevatissima, di milioni di gradi, e questo ora in natura avviene solo all’interno delle stelle.


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