Il Cammino Reale Francese

Di tutti i cammini che portano a Santiago, quello più frequentato è il cosiddetto Cammino Reale Francese, punto di confluenza nei Pirenei Navarri delle vie Lemovicense e Podense nonché di parte della Turonense che all’itinerario costiero preferisce quello dell’entroterra peninsulare.

Il percorso è questo:

Luzaide-Valcarlos e Orreaga-Roncesvalles sono le prime due località che il pellegrino troverà sul suo cammino in terra navarra, I loro nomi fanno affiorare alla memoria le numerose leggende che associano la figura dell’imperatore Carlo Magno alla creazione del Cammino.
Il penitente, può, infatti, seguirne i passi partendo da Valcarlos, dove si racconta che il celebre monarca si accampò dopo la durissima sconfitta inferta dal re arabo di Saragozza al suo esercito.

La leggenda dice che avendo dato sepoltura alle spoglie del nipote, Orlando, e inginocchiatosi sullAlto de Ibaneta, un angelo apparve a Carlo Magno per indicargli il cammino delle stelle, l’unico che porta al perdono. Oggigiorno, una croce infissa nel terreno, circondata tutt’intorno da altre centinaia di piccole croci lasciatevi da altrettanti fedeli, testimonia tale momento.
In queste terre pirenaiche, le vestigia carolingie sono ampiamente diffuse, sparse qua e là lungo questo itinerario, sia sotto il profilo geografico, basti citare le gole a picco che lo stesso Orlando aprì a colpi di spada - che sotto quello umano come può essere il monastero di
San Salvador de Ibaneta, convento che ospitò anticamente la cosiddetta cappella di Carlo Magno e l’Ospizio di Orlando.
Vanno inoltre ricordati gli apporti più recenti, quali il monolito e una suggestiva raffigurazione delle armi di quel primo cavaliere, Orlando a ricordo delle gesta francesi a
Ibaneta: la spada Durlindana e un paio di mazze.

Alle falde di questo monte scosceso, nella vicina, boscosa e appartata Roncesvalles, teatro della sanguinosa battaglia raccontata nella Chanson de Roland, un intervento quanto mai pratico del vescovo Sancho de Larrosa richiamò, in pieno Medioevo, l’attenzione che i camminanti erano soliti riversare sulla montuosa Ibaneta.

A tale intervento si fa risalire la Real Colegiata de Nuestra Senora de Roncesvalles, una costruzione che, sebbene ampiamente rimaneggiata, denota chiaramente lo stile gotico. Le sue dipendenze erano adibite ad ospizio e ossario per i viandanti, noto con il nome di Silo de Carlomagno, che la tradizione popolare associava direttamente alla battaglia carolingia. Come non poteva essere altrimenti, del tesoro fanno parte anche gli scacchi rinascimentali del sovrano.
Poco dopo, il cammino sfila accanto alla
Cruz del Peregrino (Croce del Pellegrino), monumento votivo di tradizione popolare.

Condizioni meteorologiche permettendo, certuni preferiscono abbandonare l’itinerario della leggenda e intraprendere quello di Napoleone. Si dice che Buonaparte volendo evitare il massacro delle sue truppe com’era già avvenuto nel Medioevo, sfruttò i valichi di montagna battuti dai pastori in primavera.
Si tratta di un tragitto d’enorme bellezza paesaggistica, da dove si può ammirare uno splendido panorama, che partendo dalla località francese di
Saint Michel le Vieux, si snoda per faggeti per approdare sul Collado Lepoder, a 1.440 m. di altitudine.
Di qui, di montagna in montagna, si dirige verso
Poyo de Roldàn, nell’Alto de Ibaneta.
Oltre ad evitare gran parte del tracciato stradale, quest’itinerario fornisce al viaggiante l’opportunità di contemplare le bellissime montagne pirenaiche.

Dopo aver superato il grande ostacolo delle cime, inizia la tappa che porta verso le terre di Pamplona. Si tratta di un tratto ricoperto di boschi ove centri abitati signorili come Auritz-Burguete ed Erro, con la sua cappella ogivale, si alternano ad altri molto più moderni come Zubiri.

Le rovine del monastero e dell’ospizio che vi avevano sede, testimoniano l’importanza passata della località di Larrasoana, dove il viaggiante avrà modo di ritrovare i gioielli artistici del Cammino, sebbene si tratti soltanto del modesto Puente de los Bandidos.
Costruito sull’
Arga, i viandanti medievali facevano del loro meglio per evitarlo, contribuendo così a diffondere l’idea, quanto mai errata, della pericolosità della Navarra.
Il tempo però sa dare alle cose il suo giusto valore e il camminante odierno è consapevole di trovarsi in una delle regioni più accoglienti e affabili della geografia toccata dal Cammino.

Il ponte di Zabaldika preannuncia l’arrivo ad Arre dove, grazie al recente sforzo di ristrutturazione, si può ammirare il complesso della Trinità, con la chiesa, il ponte e la pensione per i pellegrini, nonché altri edifici tradizionali come i mulini sulle rive del fiume.

Poco più avanti, Villava, paese del celebre ciclista Miguel lnduràin, informa il viaggiante di essere giunto alle porte di Pamplona, città dove l’ospitalità è di rigore.

Navarra

L’accesso a Pamplona avviene nel migliore dei modi, come non poteva essere altrimenti per una città bimillenaria che ha saputo mantenere intatto il suo fascino.

Tanto per cominciare, si dovrà attraversare il ponte medioevale della Maddalena, la cui tradizione pellegrina è confermata dal crocevia con immagine dell’apostolo su un lato, per poi fiancheggiare le mura. L’usanza vuole che ci si diriga in primo luogo alla cattedrale, sede in passato dell’Ospizio di San Miguel, edificio in stile gotico francese, con elegante tacciata neoclassica, eretto laddove ne sorgeva un altro in precedenza, in stile romanico.
All’interno, spicca il bel chiostro gotico e la porta d’ingresso nonché il deambulatorio che circonda l’abside, caratteristica dei luoghi di pellegrinaggio.

La visita alla città prosegue lungo la calle de la Curia fino ad incrociare calle Mayor, ove si erge la chiesa romanica del popolare San Cernin, la cui galleria è sovrastata da una statua dell’apostolo. I pellegrinaggi hanno segnato profondamente la città di Santiago, alla cui Patrona, la Virgen del Camino, è dedicata una cappella nella chiesa di San Cernin, con raffigurazioni dell’apostolo in ogni suo tempio, come quello di Santo Domingo (dalle porte al retablo maggiore).

D’altro canto, i cartelli recanti i nomi delle vie forniscono indicazioni al nuovo arrivato sull’itinerario per Compostela, contrassegnato da una freccia a forma di stella. Il Cammino sfila anche davanti alla chiesa di San Lorenzo che ospita la cappella del celebre San Fermino.

Si lascerà la città uscendo dalla Vuelta del Castillo che circonda la bella e ben tenuta Cittadella, per incrociare poi l’Università e raggiungere il ponte sul Sadar che riporterà il viandante sui suoi passi solitari. Dal capoluogo della Navarra, l’itinerario diventa però facilmente percorribile e offre lo spunto per numerose contemplazioni artistiche. In questo modo, belle espressioni gotiche sono rinvenibili a Cizur (chiesa di San Andrés), Astrain e Legarda fino al punto di confluenza delle due vie (Navarra e Aragonesa) con il tragitto del Cammino Reale Francese: Obanos, anticamera di Puente la Reina.

A Puente la Reina, si imboccherà la calle Mayor su cui si affacciano dimore signorili e palazzi dagli incantevoli soffitti a cassettoni nonché la chiesa del Crucifijo, collegata alla pensione per i pellegrini da un arco gotico. Sulla stessa strada si trova il tempio di Santiago el Mayor che ospita la celebre statua apostolica, nota popolarmente con il nome di ‘el Beltza’.
Si lascerà Puente la Reina seguendo sempre la
calle Mayor, attraversando però il ponte donde il suo nome, meravigliosa opera romana a sei archi e dal pavimento leggermente bombato.

L’esatta segnaletica stradale della Navarra, consentirà al viandante di dirigersi senza problemi verso Estella, passando da borghi assai piccoli. Cirauqui, modesto centro abitato appollaiato su un colle, è un bellissimo borgo le cui vie e blasoni delle case ci riportano al Medioevo. Merita davvero una visita attenta e pacata.
Vi si trova la chiesa di
San Romàn, di origine romaniche e influenze cistercensi, che racchiude ancora tra le sue mura un altare romano.
Conclude il complesso artistico di
Cirauqui un ponte senza grandi pretese, che annuncia l’imminente strada romana, ampiamente rimaneggiata, lungo la quale si scende dalla collina.

Estella (Lizarra) è il prossimo abitato di rilevanza, soprannominato "la Toledo del nord", tanto è ricco di monumenti. Il pellegrino dovrà, innanzitutto, visitare la chiesa di San Miguel in Excelsis, un tempio romanico di forte influenza gotica (fine del sec. XII) in cui spicca il loggiato settentrionale riccamente adornato (Pantocrator, San Michele, ecc.), nonché un retablo gotico al suo interno.

Proseguendo lungo la stessa via, si sfilerà davanti alla fontana rinascimentale della Mona prima di giungere ai palazzi di San Cristoforo (con facciata plateresca) e dei Re di Navarra, magnifico e nano esempio del romanico civile peninsulare, abbellito da leggendarie scene belliche. Le parrocchie del Santo Sepulcro, San Pedro de la Rùa, Santo Domingo, EI Puy, ecc. completano l’interminabile elenco dei monumenti di Estella che termina con l’immancabile basilica di Nuestra Senora de Rocamador.

Estella è l’ultimo centro abitato di grandi dimensioni in terra navarra in cui s’imbatterà il viandante diretto ora a Logrono, nelle terre de La Rioja.
Dovrà comunque solcare ancora i fertili campi della vallata navarra, con frutta e vigneti abbondanti.
A sorprendere il pellegrino nel tratto seguente sarà la fontana di
lrache, affiancata dal suggestivo monastero di Santa Maria la Real, d’origini visigote.

lI Cammino, che adesso coincide con la strada, fiancheggia località dal forte sapore storico, come la piccola e fortificata Villamayor de Monjardin, di tradizione carolingia (si dice sia stata espugnata dall’imperatore dalla barba fiorita), o la romana Los Arcos, crogiolo di stili artistici basti pensare alla sua chiesa romanica di Santa Maria con torre e chiostro gotici e interno barocco.
La chiesa di
Torres del Rio riprende la tradizionale pianta ottagonale del Santo Sepolcro importata dalla Terra Santa, già vista a Eunate.
Al pari di quella cappella, il tempio del Santo Sepolcro disponeva anticamente di un’enorme lanterna in cima alla torre che fungeva da faro ai pellegrini.

A Viana, il Cammino prende congedo dalla Navarra. In questa città anticamente di frontiera (e in quanto tale, fortificata), vale la pena di passeggiare e ammirare la bella chiesa di Santa Maria, in prevalenza in stile gotico (torri, navate e volte) ma perfettamente integrata dal deambulatorio barocco e le cappelle absidali. A Viana erra lo spirito di Cesare Borgia delle cui spoglie, seppellite nell’atrio dell’anzidetto tempio, si è persa ogni traccia. Un monumento fa sì che il ricordo di questo ecclesiastico discusso e appassionato uomo del suo tempo non cada nell’oblio.
La cappella delle
Cuevas (antico ospizio di pellegrini del sec. XIII) e una pineta annunciano la prossimità del fiume e l’ingresso nella regione La Rioja.

La Rioja

Piccola comunità privilegiata dalla generosità di Madre Natura e dalla Storia, La Rioja svolge un ruolo importante nella configurazione del Cammino di Santiago.
Di conseguenza, non deve sorprendere il fatto che l’ingresso nelle sue terre sia così allettante. Intatti, nell’attraversare il ponte che dà accesso a questa regione, lo sguardo del viandante avrà modo di posarsi su campi coltivati a verdura che ricordano la proverbiale tenerezza dei loro prodotti (in prevalenza, asparagi, carciofi e peperoni), il sapore della frutta (ciliege, pere e pesche) e il prestigio universale de vini.
Se uno qualsiasi di questi ingredienti potrà accompagnare un buon capretto arrosto preparato secondo lo stile tradizionale o, per lo meno, un insaccato della sierra (prosciutti stagionati al peperone), il pasto sarà stato una delizia.

Un’opera di pietra consente di attraversare l’Ebro, che qui si fa ricco d’acqua, e di giungere nel capoluogo, Logrono. Si tratta di una cittadina che è cresciuta adeguandosi alle esigenze del Cammino; non invano si afferma che la tradizione dell’itinerario di Santiago ha attecchito profondamente in tutte le terre de La Rioja come avvalorato dalla ricchezza monumentale e dalle leggende.

L’itinerario urbano comincia ai piedi di Santa Maria del Palacio, eretta nel sec. X, di cui rimangono ben poche vestigia. Attualmente, si possono ammirare la guglia piramidale della torre, un crocevia gotico e un retablo rinascimentale oltre a qualche affresco del sec. XVIII con immagini della Passione.
La visita prosegue con la chiesa di
Santa Maria la Redonda, edificio del sec. XV, eretto sul sito di un altro, ottagonale (donde il nome) del Medioevo. La chiesa parrocchiale di San Bartolomeo è più antica e unitamente allo stile gotico primitivo, vi spicca un complesso scultoreo - uno dei maggiori di questa regione - raffigurante il santo.

E visto che non poteva mancare un tempio dedicato a Santiago, ecco Santiago el Real, sul cui portico sud si può ammirare una modesta statua rinascimentale del santo pellegrino, cui ne fa ombra un’altra, in stile barocco, di Santiago Matamoros.
Quest’ultima fu scolpita a ricordo della battaglia combattuta nella vicinissima
Clavijo, nelle cui cappelle e parrocchie si venera l’apparizione di Santiago dell' 844 quando, come si racconta, montato su un cavallo bianco, il santo si scagliò contro l’esercito di Abderramàn, propiziando così la vittoria cristiana.

I solitari campi de La Rioja si estendono fino a Navarrete, nel cui cimitero si sono impiegati i resti architettonici del vecchio ospizio dei pellegrini che adesso fungono da portale gotico a tale luogo. In direzione di Nàjera, il viandante avrà modo di imbattersi nuovamente in alcune tracce del leggendario paladino francese, soprattutto a Poyo Roldàn.

Nàjera dà prova della stretta collaborazione esistente in passato tra il mondo politico e quello spirituale. Qui, per volere del re, si fece passare l’itinerario costiero del Cammino giacché Nàjera era sede della Corte Reale.
Vi si può visitare il monastero, oggi retto dall’ordine dei francescani, di
Santa Maria la Real con un magnifico chiostro, eretto per fungere da pantheon di monarchi e ove riposano le spoglie di Blanca di Navarra. Adibito anche a rifugio di pellegrini, nel suo interno si può venerare una statua miracolosa.

Si racconta che un giorno, un cavaliere nell’inseguire una colomba, si addentrò in una grotta dove rinvenne la statua della Madonna illuminata da una lucerna; la colomba si rifugiava ai suoi piedi, accanto ad un vaso contenente dei gladìoli

I miracoli, opera di Santiago o altro, sono assai frequenti in queste terre che iniziano a Clavijo e il cui centro si trova a Santo Domingo de la Calzada, città che sorge nelle immediate vicinanze, raggiungibile direttamente seguendo il tracciato oppure lasciandosi guidare dalla curiosità, come facevano i pellegrini di una volta.
Infatti, quando non imperava ancora la fretta e il logorio, oltrepassata
Azofra i credenti deviavano senza troppa difficoltà in direzione del monastero di San Millàn de la Cogolla, Yuso e Suso, Patrimonio Mondiale dell’UNESCO, nonché quello di Santa Maria de las Canas, anch’esso vicino, che si ergono tutti alle falde della sierra.
Ai quei tempi, non erano certamente mossi da curiosità artistica o storica come avviene oggigiorno, ma certamente dalla fervente adorazione per tutte le reliquie conservate nei santuari.

La pianura che s’intravede in lontananza, avverte il viandante che si sta dirigendo verso Santo Domingo de la Calzada.
Tutti i centri abitati odierni possono essere ritenuti opera di questo Santo, primitivo ingegnere del sec. XI, che per tutta la vita si adoperò per migliorare le vie di comunicazione di questa zona allo scopo di agevolare lo svolgimento dei pellegrinaggi.
Pur di dimensioni ridotte, si tratta di un borgo ben dotato: mura, strade, una Casa del Santo che dà rifugio agli ultimi arrivati e un
Parador de Turismo per i più esigenti.

E, poi, naturalmente, una cattedrale - San Salvador - in cui, oltre alla tomba del santo, si conserva un singolare pollaio zeppo di uccelli, a ricordo di uno dei più noti miracoli con cui Santiago protegge i viandanti. Racconta la leggenda che per opera del SS. Apostolo, un uccello ormai fatto arrosto ritornò in vita per ovviare a una ingiustizia.

Un ponte di pietra, anch’esso opera del Santo, condurrà il viandante lontano da questo centro in direzione di Granon ultimo abitato de La Rioja dove egli avrà modo di deliziarsi con l’arte mistica di qui: all’interno della chiesa parrocchiale potrà contemplare un retablo rinascimentale quanto meno interessante.

Burgos

Benché l’entrata in Castiglia possa sembrare insolita - un cartello ne indica la direzione nel bel mezzo del Cammino - il paesaggio ben presto annuncerà al viandante che si sta addentrando in una zona diametralmente opposta alle fertili vallate de La Rioja.

Ci troviamo a Burgos dove, da questo momento in poi, il suo sguardo si poserà su interminabili campi di spighe al sole, punteggiati, qua e là, di qualche collinetta di calcare rosso mentre le isolate torri di una chiesa parrocchiale annunciano la vicinanza di un centro.
Talvolta, la testa prima e il lungo profilo di una cicogna poi si avvistano ancor prima delle torri.

Il viandante non deve lasciarsi trarne in inganno dalla sobrietà del paesaggio e dall’apparente modestia dei centri, giacché dietro queste facciate si celano, talvolta, veri e propri tesori. è il caso, ad esempio, di Redecilla del Camino, la cui chiesa conserva un fonte battesimale romanico con richiami bizantini, In un altro fonte - quella della chiesa di Viloria - ricevette il sacramento del battesimo Santo Domingo.
Il monumento più spettacolare è però la
Cattedrale. (FOTO 1 2 3 ). Interessante anche il Castello.

Poco dopo si raggiunge Belorado, località di profonda tradizione giacobea come testimoniano alcuni resti architettonici, tra cui un ponte in rovina e quanto rimane dell’Ospizio della Misericordia. Conserva però al suo ingresso, la cappella di Nuestra Senora de Belén, eretta sulle rovine di un ospizio, e le chiese di Santa Maria e San Pedro. Sulla sua plaza Mayor poi, il viandante potrà concedersi un meritato riposo, al fresco.

Il seguente centro abitato degno di nota è Villafranca de Montes de Oca, il cui nome riecheggia lo splendore passato, quand’era sede episcopale. Con il trascorrere del tempo, il prestigioso Ospizio di San’Antonio Abate venne abbandonato al proprio destino, anche perché Villafranca incuteva un certo timore al viandante che qui doveva addentrarsi nella fitta boscaglia dei Montes de Oca.
Oggigiorno, grazie a un intervento di disboscamento, il transito è reso molto più gradevole dalla varietà e frescura di questi paraggi, la cui ascesa si fa leggermente impegnativa in cima alla
Pedraja (1150 m.).

A San Juan de Ortega fondata dall’omonimo santo, donde il nome, al confine del sistema montuoso, l’ospitalità è di rigore come testimonia, ai giorni nostri, la pensione di grande capienza e una scodella di minestra di aglio, invariabilmente offerta agli ultimi arrivati.

Sempre all’operato di tale Santo, è riconducibile l’odierno monastero - che del suo fondatore conserva le spoglie - con varie dipendenze, quali la cappella rinascimentale di San Nicola di Bari e, nella chiesa monastica, un’Annunciazione alquanto singolare: si tratta di un capitello raffigurante la scena biblica su cui al tramonto, all’inizio della primavera, si posa un raggio di luce che la illumina da una piccola cavità orientata a meridione.

Uscendo da San Juan de Ortega, il viandante potrà scegliere tra diverse possibilità, sebbene la più raccomandabile sia, forse, l’itinerario tradizionale, vale a dire, quello che attraversa Agés, Atapuerca (nota per i suoi scavi archeologici preistorici) e Cardeinuela. Davanti agli occhi del viandante si schiuderanno nuovamente le sconfinate pianure della Castiglia punteggiate, di tanto in tanto, di qualche bosco, a breve distanza dalla potente città di Burgos.

Se certi borghi devono la loro esistenza al Cammino, data la rilevanza della vecchia corte reale castigliana di Burgos e in seguito agli sforzi compiuti dai suoi monarchi, si fece in modo che il principale itinerario giacobeo, che inizialmente si snodava lungo la costa della Cantabria, passasse di qui. In questa città, il pellegrino dovrà seguire il tracciato segnato dalla tradizione.
Vi accederà percorrendo le vie
Vitoria, Covadonga e las Calzadas per sboccare in piazza San Juan, ove in passato, sorgeva uno dei trenta ospizi che davano rifugio ai pellegrini, l’odierna Casa della Cultura che conserva soltanto il portale gotico.

Accanto, si potrà visitare la chiesa di San Lesmes, anch’essa gotica, - santo caritatevole della congregazione di Cluny - dal suggestivo portale meridionale e pulpito plateresco.
La Puerta de San Juan immette nelle vie San Juan, Gonzàlez Avellanos e Fernàn Gonzàlez dove il viandante si troverà davanti alla cattedrale. Si tratta di un monumento davvero formidabile, la cui leggerezza architettonica contrasta con il suo immenso volume, suscitando stupore in chi Io contempla. Consacrata a Santa Maria, è una costruzione complessa in un gotico elegantissimo, dichiarata Patrimonio Mondiale dell’UNESCO.

Della sua molteplice ricchezza artistica, mettiamo in rilievo la celebre facciata principale con le sue due torri, che richiamano, in un certo qual modo, lo stile francese.
L’interno debitamente illuminato da un incantevole insieme di vetrate, si compone di tre navate, del
deambulatorio e di una bella torre ottagonale centrale.

Si lascia Burgos imboccando il Puente de los Malatos, in pietra, che attraversa I’Arlanzòn e ci si dirigerà verso l’Hospital del Rey, l’ospizio più importante di tutto il Cammino unitamente a quello di Compostela. Vi spiccano gli elementi in plateresco (portale) e una profusione di raffigurazioni del Santo, iniziando dalle statue della porta. Nei pressi si trova il monastero delle Huelgas Reales.

Incurante dell’asfalto e del fluire dei secoli, il Cammino prosegue da Hornillos a Hontanas e da qui, correndo parallelamente al torrente Garbanzuelo che si snoda in una gola, si giunge poco dopo alle rovine del convento di Sant’Antonio, quanto rimane di un ordine ormai scomparso, di grande prestigio alcuni secoli fa poiché si diceva che i suoi membri potessero curare la cancrena.

A Castrojeriz, esempio tipico di borgo-strada giacché sui suoi due chilometri che fiancheggiano il Cammino, si affacciano negozi, una collegiata dedicata alla Virgen del Manzano - con importanti elementi gotico-romanici, quali un rosone e i portali - la plaza Mayor una chiesa di Santo Domingo che conserva arazzi fiamminghi su disegni di Rubens e un’altra di San Juan di lunga tradizione.

La tappa successiva in direzione di Fròmista, sorprende il viandante con l’ascesa alla Colina de Mostelares (1400 m.) dove inizio, cima e discesa sono contrassegnati da croci. Dall’alto s’intravede Itero del Castillo, l’ultima località della provincia di Burgos, e l’alveo del Pisuerga che annuncia l’arrivo a Palencia.

Palencia

Intatti, uscendo da ltero, le undici arcate del ponte in pietra di Fitero indicano l’itinerario che dovrà ora addentrarsi nella cosiddetta Tierra de Campos, che da ltero de la Vega si spinge fino a Fròmista.

Itero de la Vega è un villaggio rivierasco, come indicato dal nome, dotato attualmente di una pensione moderna oltre alla classica cappella (della Pietà), contenente una statua dell’apostolo pellegrino, che annunciano l’arrivo a Bobadilla del Camino, di maggior importanza artistica grazie al fascicolo isabelino e alla sua incantevole chiesa, anch’essa rinascimentale.

Per il celebre cronista del pellegrinaggio, l’arrivo a Fròmista metteva fine alla sua sesta tappa. Più che la stanchezza, a richiedere una sosta è la chiesa di San Martin di tale località, esempio romanico di incomparabile bellezza che denota quella sintesi di semplicità e ricchezza di forme, propria del suo stile. Nelle vicinanze, sono visibili i resti di una sinagoga del quartiere ebreo mentre nell’antico Ospizio di Palmeros e in quello rinascimentale di Santiago si riesce a immaginare il fervore dei pellegrini. A Fròmista sorgono anche i templi gotici di San Pedro, Santa Maria del Castillo e Santiago.

Villalcàzar de Sirga stupirà certamente il viandante con il suo grandioso tempio dedicato a Santa Maria la Bianca al cui interno, oltre a conservare elementi visigoti, vi è una vera e propria profusione di stili, dal gotico delle tombe a quello rinascimentale delle statue.

La tappa successiva è Carrion de los Condes la cui via di Santa Maria passa davanti alla chiesa di Santa Maria del Cammino, all’inizio, e una volta nel centro urbano, davanti alla chiesa romanica di Santiago. I bei rilievi della facciata sono ritenuti i migliori esempi di arte giacobea di tutto l’itinerario. Scendendo in direzione del fiume si può scorgere, sull’altra riva; la bellezza del monastero romanico di San Zoilo, le cui tombe rivaleggiano con il chiostro rinascimentale.

Il Cammino si snoda lungo la strada fino al fiume poi attraversare dei campi coltivati da dove si possono vedere, nei dintorni, gli sterili terreni color rossiccio della campagna di Palencia.
Sono tappe che inducono alla meditazione, durante le quali il viandante impara ad amare la bellezza di un paesaggio sobrio.
A sinistra, lungo la strada rimane
Calzada de los Molinos - meritano davvero una sosta le raffigurazioni ibride di Santiago che si conservano nelIa chiesa parrocchiale in stile mudéjar - Cervatos de la Cueza, Quintanilla de la Cueza, sede di scavi romani. Calzadilla de la Cueza, nome che allude alla via romana da cui era attraversata, è la tappa successiva, raggiungibile sia imboccando il sentiero che lungo la strada.
Le successive sono
Lédigos, Terradillos de Templarios, Moratinos e San Nicolàs che abbelliscono con le loro edificazioni in mattoni e le loro modeste chiese parrocchiali l’ultimo pezzo prima di raggiungere Leòn.

Leon

Giunto a Leòn il viandante si troverà davanti ad un crocevia, dove il sentiero pedonale che devia a destra, porta in direzione del ponte sul Valderaduey, che funge da confine.
Sull’altra riva, la cappella della
Virgen del Puente annuncia il centro di Sahagùn, uno dei tanti che nelle terre dell’antico regno di Lèon, svolgono un ruolo importante sia per quanto riguarda la tradizione dell’itinerario dì Santiago che la stessa storia del paese.

La cittadina di Sahagùn sorse nei dintorni del monastero cluniacense dedicato a San Facundo, donde il nome. A testimoniare la passata grandezza troviamo solamente pochi resti come l’Arco di San Benito e la Torre del Reloj.
Quantunque l’abbandono monastico sia palpabile, la brillantezza del tempo che fu è ancora percettibile nel romanico
mudéjar di alcuni suoi templi: ne sono la nipnova la cappella di San Mancio e il santuario della Pellegrina - la statua della Madonna viene oggi conservata presso il museo delle Benedettine - nonché le chiese di San Tirso e San Lorenzo.

Il Cammino scende dolcemente verso il fiume Cea e Io attraversa, allontanandosi poi dalla strada a Calzada del Coto. Qui si biforca: a destra, si snoda la Calzada de los Peregrinos che segue il tracciato, acciottolato e solitario, della via romana e a sinistra, si estende il Cammino Reale Francese che attraversa i centri di Bercianos, El Burgo Ranero e Reliegos dove le due diramazioni si ricongiungono nuovamente per raggiungere Mansilla de las Mulas. In questo tratto, il Cammino Francese è dotato di numerose aree di riposo.

Le mura di cinta di Mansilla de las Mulas discorrono dei tempi in cui tale località era poderosa e strategica. In un’epoca in cui le battaglie per la conquista di maggiori territori non conoscevano sosta, a Mansilla, che giace sulle rive dell’Esla, si eressero spesse mura di protezione con torri merlettate, munite di quattro porte di cui soltanto due sono tuttora visibili: l’Arco de la Concepciòn e l’Arco de San Agustin da dove i pellegrini abbandonano il borgo.

Nello spazio racchiuso fra le mura, sorgevano un monastero e non meno di sette chiese.

Da questo momento in poi, e fintantoché il viandante non sarà giunto al capoluogo di provincia, il tragitto è punteggiato qua e là di resti storici. Ad esempio, a Villamoros si potrà ammirare un castro, fortificazione degli antichi astures conquistata dai romani nei primi anni della nostra epoca.
Poco dopo si attraversa il fiume
Porma sul ponte di Villarente, ricurvo, di tali dimensioni da contare ben diciassette volte appartenenti a epoche diverse.
Ad una delle sue estremità, sorge un ospizio per i viandanti. Soltanto
Archajuela e Valdelafuente separano il viandante da Leòn non prima di aver superato l’Alto del Portillo (1200 m.) da dove si potranno ammirare, senza problema alcuno, le belle torri della cattedrale.
La discesa termina al
ponte del Castro che, dopo aver attraversato il Torìo, si addentra nell’antico quartiere ebreo.
Eccoci quindi giunti a
Leòn.

Al viandante rimane da sapere se il Cammino è conseguenza diretta dell’importanza rivestita dalle corti o se invece la capitale del regno deve ad esso la sua esistenza.
Comunque sia, l’itinerario per Compostela che anticamente toccava le capitali della Castiglia, della Navarra e dell’ Aragona, attraversa oggigiorno la capitale dell’antico regno di Leòn. Inoltre, seppe conquistare il suo rango di capitale disputando terre dapprima
all’Ovìedo degli astures e poi alla Burgos castigliana.
Grazie ai suoi sforzi, il regno leonés fu prospero e potente come testimoniato dalla città che, a mille anni di distanza, si schiude davanti agli occhi del pellegrino.

Si attraversa la città una volta oltrepassato il ponte sul Torìo, proseguendo per via Alcalde Miguel Castano fino a piazza Santa Ana. Via Barahona conduce fino alle mura che racchiudono la piazza del Mercato, sovrastata dal tempio romanico della SS. Patrona, Santa Maria del Camino, a cui i visitatori accedevano dalla Puerta del Perdòn sita a sud.

Le vie acciottolate e i portici condurranno fino alla cattedrale di Santa Maria de Regia, ritenuta il miglior esempio di gotico peninsulare, ove primeggiano particolarmente le vetrate.
Edificata sulle antiche terme romane e sul sito di edificazioni successive romaniche e
mozàrabe, i credenti circolavano nel suo meraviglioso deambulatorio fino a raggiungere la cappella di Santiago e della Virgen Blanca. Merita infine una visita la chiesa di S.Isidoro.

Prima dì riprendere l’itinerario giacobeo imboccando via della Abadìa, converrebbe ritornare sui propri passi e sostare più a lungo nella città che si apre dentro e fuori le mura. Solo così, infatti, si potrà contemplare la Rùa chiusa su entrambi i lati da numerosi palazzi e, più in là, la casa della famiglia Botines, opera di Gaudi.
Via
Renueva, situata fuori le mura, conduce al convento di San Marcos - odierno Parador de Turismo di lusso - e all’ospizio dei pellegrini, l’ultimo gioiello su cui si poserà lo sguardo dei viandante prima di lasciare Leòn.
Davanti alla facciata, si erge una maestosa croce proveniente
dall’Alto del Portillo, la cui bellezza non giunge però ad eclissare il frontespizio rinascimentale dell’edificio di stampo inequivocabilmente giacobeo.

Per uscire dalla città e dirigersi verso le terre del Pàramo, i pellegrini dovranno attraversare il ponte di San Marcos, sul Bernesga.
A indicare che si è percorso metà del tragitto, troviamo la torre del santuario moderno della
Virgen del Camino con bronzi di Subirachs.
Oltrepassato
San Miguel del Camino, iniziano le terre del Pàramo la cui asprezza è stata oggi mitigata da una rete di canali e coltivazioni di mais.
Essi annunciano l’arrivo
all’Hospital de Orbigo, bella località cui si accede attraversando il famoso ponte del Paso Honroso, nome che risale al 1434 quando fu teatro di una giostra di cavalieri.

Nell’ascesa verso la Meseta, situata nella regione della Maragaterìa, si scorge la bella Astorga.
Un ponte romano suI fiume
Tuerto preannuncia una località dalla profonda tradizione latina: dell’antica Astùrica sono visibili numerose tracce nel centro della cittadina.
Vi sorge pure il convento gotico di
San Francisco e l‘Hospital de las Cinco Llagas. Si prosegue per piazza Mayor di cui l’orologio raffigurante due maragatos (abitanti di questa regione) e posto sul muro del municipio, fa suonare le campane del carillon.

Nelle vicinanze, fu costruita la cattedrale tardogotica di Santa Maria, con profusione di vetrate e raffigurazioni giacobee, tra cui la statua dell’eroe maragato della battaglia di Clavijo, Pero Mato.
Accanto a questa mole, il
palazzo episcopale denota lo stile ben diverso dell’architetto catalano Antonio Gaudì; ospita un Museo de los Caminos, oltre a quello giacobeo e delle strade romane.

Nei pressi dei monti di Leòn, non molto elevati, che da Rabanal del Camino conducono tino a Ponferrada, è palpabile la presenza della Galizia. In questo tratto il viandante s’imbatterà nella miglior usanza giacobea, i monjoies, detti anche milladoiros nella zona nordest della penisola.
Sul
valico di Foncebadòn, una croce posta su un mucchio di ciottoli indica l’itinerario ed esorta il viandante a dare il suo contributo in pietra.
Dall’alto di questo passo di montagna che raggiunge i 1517 m., si gode un meraviglioso panorama sulle fertili terre del
Bierzo.

Nelle immediate vicinanze di Ponferrada, la bella cappella delle Angustias di Molinaseca segna l’inizio di un complesso monumentale ben curato: ponte romano e vecchie strade porticate su cui si affacciano palazzi signorili. In fondo, la cappella di San Roque annuncia l’uscita da Molinaséca e l’imminente arrivo a Ponferrada.

A Ponferrada, città mineraria e storica, dal ponte rafforzato con ferro (Pons Ferrata) al castello templare, tutto testimonia il suo passato di roccaforte.
Nel centro storico si trova
l’Hospital de la Reina, un ospizio rinascimentale che sorge nei pressi della chiesa di San Andrés, dove si conserva un Cristo dei templari.
Pronti per la partenza,, i pellegrini dovranno comunque ancora sfilare davanti alla basilica della
Virgen de la Encina (bella torre barocca) che allude a un’apparizione miracolosa.

Il tratto seguente si snoda tra i fertili campi del Bierzo, giungendo, ben presto, a Cacabelos che, oltre a dare il proprio nome ai vini della zona, ospita il museo di nuestra Senora de la Plaza.
Si sbocca quindi a
Villafranca del Bierzo, dove i pellegrini che lo ritengano opportuno, possono ritenere concluso il loro itinerario, evitando la parte finale.
Qui sorge una
chiesa romanica di Santiago con l’immancabile Puerta del Perdono. Nei dintorni, il convento di San Francesco sovrasta la discesa verso il centro storico sulle cui strade si affacciano belle dimore signorili. DaIl’altra parte si trova il castello delle severe inferriate e dai possenti muri.

Mentre il pellegrino attraversa le anse del fiume Valcarce si addentra nella zona montuosa dove il viandante dovrà prepararsi per la conquista della Galizia dall’ O Cebreiro.

Galizia

Ed eccoci, finalmente, in Galizia, regione che conserva le spoglie dell’apostolo Giacomo.

Terra fertile, montuosa, talvolta dura, gratificante sempre come può constatare il viandante che dall’alto di Pedrafita svolta a sinistra e, sempre in salita, arriva a O Cebreiro, un villaggio dove sono tuttora visibili delle pallozas, case in pietra con tetto di paglia, abitate fino a poco tempo fa.
Una di queste, di taglio moderno, fa parte dì una delle due infrastrutture di ecoturismo che vanta la città; un’altra, molto più antica, è stata trasformata in museo: aperto mattina e pomeriggio con ingresso libero.

A O Cebreiro è d’obbligo una visita alla sua chiesa - vi si conserva un Santo Graal - le cui campane venivano fatte suonare nella stagione invernale per orientare i pellegrini avvolti dalla nebbia.
Altra sosta irrinunciabile è la foresteria
San Giraldo de Aurillac, sicuramente la più frequentata da Roncisvalle giacché entrata in funzione nel sec. Xl, ha chiuso i battenti per poco più di cent’anni solamente.

Occorre poi dirigersi verso Linares dove si avrà modo di ammirare il tempio di Santo Estevo di grande semplicità e bellezza, appartenuto ai monaci di O Cebreiro, per poi proseguire l’ascesa verso San Roque prima e verso O Penedo.
Infine, si raggiungeranno
Hospital, Padornelo - fontana di Pingueia e chiesa di San Xoàn - e poi, più su, Poio a 1.335 m. di altitudine, e, giunto il momento di scendere, ci si incamminerà per Fonfria, anch’essa dotata un tempo di ospizio, e Biduedo, sede di una cappella posta sotto l’invocazione di San Pietro, per raggiungere Triacastela dove la corretta segnalazione del saliscendi che qui ha inizio, esclude il pericolo di potersi smarrire.

Si giunge così a questa città dove andava a morire l’undicesima tappa del Codice Calixtino. Ospita una chiesa ricostruita verso la fine del sec. XVIII sul sito di una romanica, di cui rimangono tuttora in piedi i contrafforti e l’abside.

L’itinerario meno impegnativo conduce ad A Balsa (cappella) e San Xil. Un altro, egualmente frequentato sebbene più lungo, porta all’incantevole monastero di Samos.
Qui visse una comunità eremitica che, favorita dalle iniziative della gerarchia religiosa, eresse poco a poco il
cenobio che eclissa il resto del borgo.
A Samos, visse ed esercitò il proprio magistero il noto erudito
Benito Feijòo, più celebre con il nome di padre Feijòo, un abitante di Orense che nato nel sec. XVII, morì il secolo successivo lasciando una traccia indelebile nella storia della Galizia.

Verso la metà di questo secolo, il monastero venne severamente danneggiato da un incendio ma grazie al fortunato restauro che ne seguì, il pellegrino può ancora passeggiane nei suoi due chioschi: quello di Feijòo e quello delle Nereidas.

Entrambe le ramificazioni conducono a Sarria, città fondata da Alfonso IX con il nome di Vilanova de Sarria. In seguito a uno dei paradossi della vita, il monarca si spense in questa stessa cittadina mentre l’attraversava in pellegrinaggio, diretto a Compostela.

Si consiglia di sostarvi per ammirare il castello, il convento della Maddalena, le chiese di Santa Maria e El Salvador e, perché no, per dare uno sguardo agli oggetti messi in vendita nei negozi d’antiquariato locali.

Si raggiunge poi Barbadelo, sede di una chiesa dalla bellissima facciata e torre romaniche, passando più tardi da Morgade dove si avrà modo di ammirare una fontana quanto mai singolare e i resti di una cappella, Mirallos con il tempio ivi traslato alla fine del sec. XVIII dai vicini e Vilachà.
Poi tocca a
Portomarin, sommerso dalle acque del bacino artificiale di Belesar.

Esiste però un Portomanìn nuovo che, per quanto meno affascinante dell’altro, conserva la medesima chiesa eretta in fondo alla vallata che adesso occupa la parte più elevata di una collina. Dedicato a San Nicola, la merlatura superiore di questo edificio religioso ci riporta indietro nel tempo, quando la croce e la spada non erano necessariamente in antagonismo.

Palas de Rei, dopo aver oltrepassato Castromaior con il suo tempio romanico e Vendas de Naròn con la cappella della Maddalena, fa da anticamera a un borgo il cui centro storico è stato oggetto di particolari cure nel corso dei secoli.

Si tratta di Melide, meritevole di una sosta per visitare dapprima la cappella di San Roque, all’entrata, con una croce che per decenni fu ritenuta la più antica della Galizia.

Si deve quindi entrare nel Museo da Terra de Melide, per proseguire l’itinerario lungo la piazza del Convento su cui si affacciano la chiesa di San Pedro - vi si conservano degli interessanti sepolcri medioevali - e il locale adibito a municipio, del sec. XVII.
All’uscita, il tempio di
Santa Maria, anch’esso del sec. XII, indica la direzione del Cammino che s’inclina verso la ridente vallata del fiume Iso dove si potrà ammirare il ponte medioevale e l’ospizio di Sant’Antonio.

E si giunge così nelle vie di Arzùa, capitale del formaggio, con la chiesa gotica della Maddalena e quella di Santiago, dove s’imboccano gli ultimi chilometri che porteranno a Santiago de Compostela.

Ad attendere il viandante, appena uscito da Arzùa, non saranno certo monumenti di rilievo, ma piuttosto piccoli villaggi unitamente alla fontana del Cammino Francese e al pazo - casa avita - di San Lazzaro, e un’altra bella fontana a Sant’Irene, dove sorge una cappella dei primi anni del sec. XVIII.

E per raggiungere Lavacolla non è necessario affrontare grandi salite: i pellegrini si davano una bella ripulita nelle acque del suo fiume, prima dì intraprendere l’ultima discesa che porta al Monte do Gozo da dove si intravedono le torri della Cattedrale di Santiago.

Giunti nel centro storico, imboccando via San Pedro si sbocca nella Porta do Camino per poi raggiungere piazza de Cervantes, sede in altri tempi di un frequentatissimo mercato, salendo lungo via Casas Reals.
Il viandante viene così a trovarsi nel bel mezzo del centro storico di Santiago, all’interno delle mura scomparse e a pochi metri dalla facciata di
Azabacherìa, cui si accede dalla via omonima.

In occasione del Giubileo, la Porta Santa dell’abside viene aperta. All’ interno di questo maestoso tempio - dichiarato Patrimonio Mondiale dell’UNESCO - l’attende l’ arca argentea contenente le reliquie di San Giacomo Apostolo.

Si guardi bene il viandante di uscire dalla chiesa senza aver prima compiuto il rito d’infilare le dita nel Portico della Gloria, capolavoro del romanico europeo, di toccare con la testa la statua del Maestro Matteo, artefice del Portico, e di abbracciare il busto di San Giacomo, posto sullaltare maggiore.

Solo allora, il pellegrinaggio sarà valso la pena.


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