Questo sito nasce da una pluridecennale esperienza
di vagamondo nei cinque continenti per 
offrire a tutti gli appassionati di viaggi
informazioni, consigli e suggerimenti

per meglio affrontare nuove avventure
lungo le strade ed i sentieri del mondo

> HOME

> PRIMA DI PARTIRE > I PAESI DEL MONDO > I VIAGGI DEL VAGAMONDO > I VOSTRI CONTRIBUTI > CUCINA ETNICA

> CURIOSITA'

2006


Un Paese in primo piano


I cavalieri della steppa (Mongolia)

 

>>segue

 

Immagini dal mondo:
galleria fotografica

 

 

 

 

ANIMALI MARINI PERICOLOSI


Questa sezione è parzialmente e liberamente tratta dall’omonimo libro del Dr. Giorgio Papeti che si ringrazia per la gentile autorizzazione alla riproduzione. 

SQUALI

Sono gli animali più temuti. In realtà il loro pericolo potenziale è molto basso poiché soltanto una trentina delle 200 specie esistenti si sono rese responsabili di aggressioni all’uomo.
Nonostante siano cosmopoliti, essi prediligono i mari tropicali e temperati.


Squalo bianco (Charcharodon carcharis) 

Le loro dimensioni variano, a seconda della specie, da alcune decine di centimetri fino a 15 metri, come lo squalo balena (Rhincodon tipus) che peraltro è inoffensivo e si nutre di plancton.
La maggior parte degli attacchi mortali all’uomo è da imputarsi allo squalo bianco (Charcharodon carcharias), una specie voracissima pelagica che raggiunge i 6 metri di lunghezza. La sua presenza è stata segnalata più volte anche nel Mediterraneo. Causa di varie vittime è anche lo squalo tigre (Galeocerdo cuvieri) che può superare la lunghezza di 6 metri e vive esclusivamente nei mari tropicali. Altre specie responsabili di aggressioni all’uomo sono: squalo limone (Negaprion brevirostris), che raggiunge i 3 metri di lunghezza ed è frequente lungo le coste americane; lo squalo verdesca (Prionace giauca), lungo oltre 3 metri, comune nel Mediterraneo; lo squalo toro (Charcharias taurus), di oltre 3 metri, comune anche nel Mediterraneo; lo squalo pinna bianca (Carcharias longimanus), di oltre 2 metri, tipico dei mari tropicali, molto raramente aggressivo; lo squalo smeriglio (Lamna Nesus), lungo 3 metri, comune nel Mediterraneo; lo squalo nutrice (Gynglymostoma cirratum), supera i 4 metri, frequente nei bassi fondali sabbiosi dei mari tropicali; lo squalo makò (Isurus oxyrinchus), lungo 3 metri e mezzo, molto aggressivo; lo squalo martello (Sphyrna zygaena), che supera i 4 metri, può vivere in branchi di numerosi individui


Squalo martello (Sphyrna zygaena)

Le specie che si nutrono di pesce sono dotate di più file di denti per ogni mascella. Gli squali posseggono uno straordinario olfatto e possono avvertire l’odore del sangue e del cibo a notevole distanza. Posseggono inoltre un organo sensitivo che consente loro di percepire le vibrazioni, a bassa frequenza, prodotte dai pesci feriti o da nuotatori in affanno.

Sia lo stimolo olfattivo che le vibrazioni, provocano negli squali un forte senso di eccitazione poiché spesso le aggressioni si verifica nelle ore notturne, si ritiene che lo squalo si cibi prevalentemente di notte.
Talvolta gli attacchi vengono preceduti da un rituale aggressivo: mentre nuotano gli squali compiono cerchi concentrici attorno alla preda, che puntano, cercando contatti preliminari. Si irrigidiscono incurvando il dorso ed arricciano il naso sino a mostrare le fauci. Tutti gli squali dotati di denti, che superano il mezzo metro di lunghezza, se eccitati, sono potenzialmente pericolosi.

Le sostanze repellenti antisqualo utilizzate durante la fase di eccitazione non sono risultate sempre efficaci. Talvolta è stato risolutivo colpire l’animale sul naso.

Norme di prevenzione dell’incontro e dell’attacco
- Evitare di nuotare di notte nelle aree a rischio
- Evitare di nuotare dove è stato avvistato uno squalo
- Se pescate, non tenete vicino a voi pesci feriti o morti
- Non immergetevi se avete ferite sanguinanti
- Se avvistate uno squalo mentre nuotate in superficie, uscite prontamente dall’acqua senza provocare spruzzi e senza voltare le spalle all’animale
- Evitare il contatto diretto con la pelle dello squalo perché è molto ruvida e provoca gravi abrasioni
- Non nuotate nei porti, vicino alle discariche, vicino a qualcuno che pesca
Gli amanti di subacquea ricordino inoltre
- Che i grandi squali predatori (come Bianco, Tigre, Makò) sono sempre pericolosissimi; si diffidi comunque dagli esemplari lunghi oltre 2 metri (salvo l’innocuo e facilmente riconoscibile squalo balena

- Generalmente la pericolosità degli squali è superiore nei mari temperati, poveri di pesce, piuttosto che nei mari tropicali dove il pesce abbonda
- Non provocateli, né feriteli, né cercate di catturarli
- Non eccitateli dando loro cibo


Squalo toro (Carcharias taurus)

- In presenza dell’animale cercate di nuotare lungo una parete o sul fondo marino fin sotto la barca per riemergere
- In superficie si è più vulnerabili: non agitarsi, stare in gruppo, non sollevare spruzzi d’acqua
- Non immergetevi si qualcuno scarica in acqua rifiuti o se sta pescando
- Evitate le immersioni notturne in mare aperto e nelle zone a rischio
- Se siete vittime di un naufragio, conservate i vestiti, che vi preserveranno da possibili abrasioni: non annaspate, aggrappatevi a tavole o salvagenti senza lasciare arti penzoloni in acqua

Primo soccorso
E’ opportuno estrarre immediatamente il ferito dall’acqua per impedire che possa di nuovo essere aggredito dallo stesso squalo o da altri. Di solito in questo caso gli squali trascurano i soccorritori.
Poiché la causa più frequente di morte è lo shock emorragico, occorre tamponare la ferita con un bendaggio compressivo e stringere alla radice l’arto colpito con un legaccio. Per aumentare la stretta basta introdurre un bastone sotto il legaccio e torcerlo sino al blocco del flusso sanguigno.
Per evitare che i tessuti non irrorati muoiano, bisogna allentare la legatura ogni dieci minuti.
E’ consigliabile far bere abbondantemente acqua per sopperire alla perdita di liquido plasmatici.
La vittima deve restare sdraiata, con gli arti inferiori sollevati (posizione antishock), fino al pronto soccorso più vicino, dove deve essere sottoposta alla emostasi chirurgica ad alla terapia emotrasfusionale.

BARRACUDA

Sono pesci predatori che vivono solamente, in grandi branchi, nei mari tropicali.
Il Barracuda gigante (Sphyraena barracuda)è invece spesso solitario. Può raggiungere i 50 kg di peso ed i 2 metri di lunghezza. Di solito i suoi attacchi non risultano letali per l’uomo; sono stati riferiti casi di aggressione ai subacquei.


Barracuda gigante
(Sphyraena barracuda)

Prevenzione
I barracuda sono attratti dai colori sgargianti e dagli oggetti luccicanti oltre che dai pesci feriti e sanguinanti. L’atteggiamento aggressivo è facilmente riconoscibile poiché l’animale spalanca l’enorme bocca e mostra i lunghi denti aguzzi; in questo caso è opportuno allontanarsi, senza voltargli le spalle. 

Primo soccorso
Estrarre prontamente il ferito poiché il sangue nell’acqua non coagula; applicare un tamponamento compressivo o provvedere alla legatura dell’arto alla radice, per fermare l’emorragia. Accompagnare rapidamente la vittima al pronto soccorso per l’emostasi chirurgica.

MURENE


Murena del mar Rosso 

Vivono nei mari tropicali o temperati e trascorrono gran parte del tempo dentro anfratti e spaccature della roccia. Alcune specie superano i 3 metri di lunghezza. Di solito non sono aggressive, ma possono diventarlo se ferite o provocate. Il morso delle murene è molto doloroso poiché la loro saliva contiene una sostanza velenosa. 
Questa tossina è presente anche nel loro sangue; è di natura proteica e pertanto viene inattivata dal calore della cottura. 
La stessa tossina è presente anche nel sangue delle anguille e dei gronghi


Grongo (Conger conger) 

Prevenzione
Non ferite o molestate le murene. E’ rischioso anche accarezzarle od offrire loro del cibo. Evitare di introdurre le mani nelle spaccature della roccia. Prima di introdursi nelle grotte sottomarine è prudente esplorarle attentamente con la luce della torcia. La carne delle murene diventa commestibile solo dopo la cottura.

Primo soccorso
Spremere la ferita per provocare un abbondante sanguinamento e la conseguente fuoriuscita della tossina inoculata. Disinfettare con cura e recarsi al pronto soccorso. 

RAZZE

Sono pesci cartilaginei diffusi in tutti i mari; possono raggiungere dimensioni notevoli (alcuni metri) sia di larghezza che di lunghezza. Le specie pericolose sono i trigoni (Dasyatidae), le razze farfalla (Gymnuridae), le aquile di mare (Myliobatidae), le razze a muso di vacca (Rhinoptedidas) e le razze rotonde (Urolophidae); possiedono tutte una lunga coda munita di un grosso aculeo che può raggiungere svariati centimetri di lunghezza.


Razza farfalla (Gymnuridae)

Questi animali vivono prevalentemente sui fondali sabbiosi anche poco profondi. Pur non attaccando l’uomo, si rendono spesso responsabili di incidenti anche gravi. Infatti le razze possono essere inavvertitamente calpestate da un bagnante incauto. In tal caso il pesce, rizzando la coda, può trafiggere con il pungiglione il malcapitato, provocandogli una ferita sempre molto dolorosa. Il dolore è soprattutto dovuto al veleno contenuto nell’aculeo. Questa tossina provoca una violenta vasocostrizione che causa cianosi e necrosi dei tessuti circostanti; inoltre può determinare febbre, vomito, diarrea; molto raramente collasso e morte.


Razza rotonda (Urolophidae) 

Prevenzione
Evitare di camminare sui bassi fondali. Se nel corso di una immersione subacquea si incontra una razza, non cercare di afferrarla e non molestarla. Se l’avete pescata, tenetela per la testa e tagliate la coda alla radice prima di avvicinarla ulteriormente.

Primo soccorso
Estraete l’aculeo se è rimasto conficcato. Provocate un abbondante sanguinamento con la suzione oltre che con la spremitura della ferita; scaldate la parte colpita con acqua bollente o lame roventi per inattivare la tossina che è tremolabile. 
Trasportare il ferito in pronto soccorso per la sutura chirurgica. La terapia medica prevede antidolorifici, antibiotici e cortisonici. E’ necessario predisporsi per un trattamento di rianimazione cardiorespiratorio, anche se lo shock è un evento eccezionale.

TRACINE (PESCI RAGNO)

Sono piccoli pesci ossei che vivono nei bassi fondali sabbiosi del Mediterraneo e del Nordest Atlantico. Rimangono a lungo infossati nella sabbia che li ricopre quasi totalmente. Presentano delle spine velenifere sia dorsali che opercolari. 


Tracina drago (trachinus draco)

Le loro vittime sono di solito i bagnanti che, camminando nelle acque basse, li calpestano inavvertitamente. Le specie più pericolose sono la Trachinus vipera e la Trachinus draco; la loro puntura provoca un dolore molto intenso, raramente febbre, vomito e collasso. Non sono noti casi mortali.

Prevenzione
Evitare di camminare senza scarpette da bagno nei bassi fondali sabbiosi. I pescatori devono usare molta cautela nel maneggiare le tracine anche dopo morte.

Primo soccorso
Fate sanguinare la ferita abbondantemente, sia con la spremitura che con la suzione. Gli impacchi di acqua bollente possono inattivare la tossina perché è tremolabile.

SCORPENIDI (SCORFANI, PESCE PIETRA)


Sono un’ottantina le specie appartenenti alla famiglia degli Scorpenidi e sono suddivise in tre gruppi:
- le specie di tipo Scorfani, con spine corte e robuste; vivono mimetizzandosi nei fondali rocciosi dei mari temperati e tropicali
- le specie di tipo Pterois, le cui spine lunghe e sottili somigliano a delle piume; sono diffuse nell’Indopacifico; posseggono una magnifica livrea molto colorata ed abitano gli anfratti ombrosi dei reefs corallini.
- Le specie di tipo Synanceja, chiamate anche pesci pietra per la loro stupefacente capacità mimetiche, sono diffuse nell’Indopacifico; presentano spine velenifere corte e robuste.
La sintomatologia locale causata dalle punture degli Scorpenidi è simile per tutti e tre i gruppi: il dolore è molto intenso ed è accompagnato da gonfiore, cianosi e necrosi dei tessuti vicini. La sintomatologia nei tipo Pteroide e Synanceja è però più imponente soprattutto è accompagnata da sintomi generalizzati quali il vomito, la febbre, la paralisi, la convulsione, l’arresto cardiaco e, non raramente, la morte.

Prevenzione
Per evitare di calpestare il pesce pietra si raccomanda di non camminare nell’acqua bassa dei mari tropicali, soprattutto senza scarpette. Per i praticanti gli sport subacquei è opportuno che usino sempre i guanti e le mute, anche se questi indumenti non rendono immuni dalle micidiali punture. E’ pertanto buona norma non tocare il fondale e non aggrapparsi alle rocce, poiché il mimetismo del pesce pietra è perfetto. 


Pesce pietra (Synaceja horridus) 

Non introdurre mai le mani negli anfratti del reef. E’ opportuno che esploriate attentamente le grotte con la torcia prima di entrarvi. Non fidatevi dell’apparente lentezza degli Pterois che, se spaventati, si muovono a scatti per difendersi. I pescatori devono maneggiare con molta attenzione gli scorfani anche dopo morti. 

Primo soccorso
Bisogna prontamente legare alla radice l’arto colpito, per evitare che il veleno si propaghi. Occorre inoltre incidere la ferita e provocare un abbondante sanguinamento anche con la suzione oltre che con la spremuta. Gli impacchi bollenti o le lame roventi possono con il calore inattivare, almeno in parte, la tossina . Non esistono antidoti specifici; somministrare cortisone può essere utile per prevenire il collasso. Trasportare la vittima in pronto soccorso e, nel caso di punture da parte delle specie Pterios e Synanceja, tenersi pronti a praticare le tecniche di rianimazione cardiorespiratorie qualora necessario.

PESCI BALESTRA

Raggiungono i 70 cm di lunghezza e possiedono robustissimi denti incisivi. Sono pesci molto aggressivi quando proteggono le uova, ossigenandole, dopo averle deposte nella sabbia. Più volte hanno inflitto ferite ai subacquei che hanno invaso il loro territorio. Il morso dei pesci balestra non è velenoso ma molto potente


Pesce balestra (balistes venula)

Prevenzione
Non avvicinarsi a questi animali quando, pur pinneggiando, restano fermi sospesi a pochi centimetri dal fondale sabbioso: sono intenti alla cura delle loro uovo e in quel frangente possono diventare molto aggressivi.

Primo soccorso
Disinfettare la ferita e, se necessario, recarsi in pronto soccorso per la sutura chirurgica.

CERNIE


Cernia (epinephelus marginatus) 

Si trovano in tutti i mari e vivono preferibilmente nelle grotte e nei relitti di imbarcazioni affondate. Alcune specie possono raggiungere i 3 metri e mezzo di lunghezza ed i 320 kg di peso. Essendo animali molto curiosi si avvicinano all’uomo senza timore, ma raramente lo aggrediscono. Le cernie posseggono un’enorme bocca ed il loro morso è meno energico di quello degli squali

Prevenzione
Esaminare con attenzione le grotte prima di entrarvi. Non disturbare l’animale.
Primo soccorso
Estrarre prontamente la vittima dall’acqua, fermare il sanguinamento con un bendaggio compressivo e legando alla radice l’arto colpito. Recare la vittima al pronto soccorso per l’eventuale emostasi chirurgica.

MANTE

Vivono soprattutto nei mari tropicali; possono raggiungere i 6 metri di apertura alare e superare i 1700 kg di peso. Si cibano di plancton e piccoli crostacei. Non sono animali aggressivi e non possiede, a differenza delle razze, la spina caudale velenifera. La sua pericolosità è legata alla pelle molto ruvida che può provocare gravi abrasioni a chi vuole tentare di cavalcarla senza muta protettiva.

PESCI ELETTRICI

Vi sono alcuni pesci che, se toccati, sprigionano una scossa elettrica. Tra le specie marine i più importanti appartengono alle famiglie degli Uranoscopi (Astrascopus) ed alle razze (Torpedo, Narcine, Hypnarce, ecc…). Vivono sia nei mari tropicali che in quelli temperati. I pesci elettrici posseggono un organo esteso lungo il corpo che presenta tra le due estremità una differenza di potenziale elettrico.


Pesce elettrico (Narcine entemedor)

A seguito di una stimolazione tattile esso produce una scarica di voltaggio compreso tra 8 e 220 volts, molto efficace per allontanare i malintenzionati. Questa reazione può avvenire anche quando l’animale è fuori dall’acqua.

Prevenzione
Evitare il contatto diretto con questi pesci anche se già pescati e portati all’asciutto.

Primo soccorso
Non è necessario alcun trattamento specifico.

ALTRI PESCI PERICOLOSI

I Callionimidi o Dragoncelli vivono nel Mediterraneo e nel nord Atlantico. Posseggono spine velenifere, ma la piccola quantità di tossina che viene inoculata con la puntura determina solo un intenso dolore.
I Siganidi assomigliano ai pesci chirurgo e vivono nell’Indopacifico. Presentano aculei veleniferi come gli scorfani ma le conseguenze di una loro puntura è meno grave. Abbondano nei reefs corallini e vengono pescati per scopi alimentari.


Uranoscopus japonicus 


Gli Uranoscopidae vengono così chiamati perché avendo gli occhi posti alla sommità del capo sembrano guardare verso l’alto. Posseggono una cresta dorsale velenosa e vivono immersi nella sabbia dei bassi fondali. La specie tipica dell’Indopacifico è l’ Uranoscopus japonicus, mentre l’Urano scopuscaber – detto anche pesce prete o pesce lucertola – vive nel Mediterraneo e nell’Atlantico. Vi sono dubbi sul fatto che la loro tossina possa essere letale.
I pesci chirurgo (Acanturidi) non hanno ghiandole velenifere, ma se irritati sollevano il “bisturi” posto sul peduncolo caudale che può provocare profonde ferite. Si trovano frequentemente nei mari tropicali. 

Prevenzione
Camminare con le scarpette nei bassi fondali per evitare contatti con i pesci che vivono nei bassi fondali mimetizzandosi nella sabbia. I pescatori devono maneggiare con cautela tutti i pesci che posseggono spine velenifere, anche se morti. I subacquei, che spesso amano attirare con il cibo branchi di pesci chirurgo, quando ne vengono circondati non devono agitarsi né tentare di toccarli.

Primo soccorso
Per le punture velenose dei dei Dragoncelli o dei Siganidi è opportuno provocare un abbondante sanguinamento con la spremuta e la suzione della ferita. La tossina può essere resa inattiva con acqua bollente,
Le ferite prodotte dai pesci chirurgo necessitano solo di una disinfezione.

CONI

Sono gli unici molluschi gasteropodi pericolosi per l’uomo; bellissime conchiglie a forma conica (da cui il nome) che vivono soprattutto nell’Indopacifico. Nella parte acuminata della conchiglia posseggono un apparato velenifero dotato di frecce avvelenate ed organuli preposti a scagliare i dardi. La puntura provoca ischemia e torpore nella zona colpita. Il torpore può estendersi a tutto il corpo fino al coma.
La morte può sopraggiungere in poche ore per arresto cardiaco. La potente tossina è di natura proteica e può essere inattivata dal calore (acqua bollente o lama arroventata). 

Prevenzione
Evitare di raccogliere i coni. Non toccarli mai prendendoli dalla parte della punta e non riporli nelle tasche: i dardi possono passare attraverso il tessuto. 

Primo soccorso
Occorre legare l’arto colpito alla radice, incidere la ferita e succhiare il veleno. Scaldando la ferita con acqua bollente o con lame roventi la tossina può essere resa inattiva. La vittima va trasportata al più presto in pronto soccorso predisponendosi per praticare il massaggio cardiaco e la respirazione artificiale se necessari. La prognosi resta riservata nelle prime 24 ore.

POLPI


Octopus maculosus 

Sebbene vi siano alcune specie di enormi dimensioni (oltre i 15 metri), sono due e molto piccole (15 cm) le specie fatali per l’uomo; infatti le specie giganti vivono negli abissi e non sono noti, al di là di più o meno fantasiosi racconti marinareschi, casi di aggressioni. L’ Octopus maculosus e l’ Octopus lunulatus, tipici dell’Indopacifico australe, posseggono una tossina nelle ghiandole salivari poste vicino al becco. Questo veleno è letale per l’uomo sia se inoculato con il morso dell’animale, sia se ingerito anche dopo la cottura del polpo.

Prevenzione
Non toccare né mangiare i piccoli polpi australiani. E’ opportuno che i subacquei usino i guanti ed evitino di introdurre le mani nelle fenditure del reef in quanto possibili tane del polpo.

Primo soccorso
Legare prontamente l’arto offeso alla radice. Incidere la ferita e succhiare il sangue per rimuovere il veleno che è resistente al calore: è pertanto inutile ustionare la ferita. I primi sintomi compaiono nella vittima dopo pochi minuti: nausea, vomito, paralisi progressive fino al coma, possono preludere alla morte per arresto cardiorespiratorio. Predisporsi al massaggio cardiaco ed alla respirazione artificiale. Non esistono antidoti specifici.

TRIDACNE

La Tridacne gigante è un mollusco bivalve molto diffuso nell’Indopacifico; di enormi proporzioni può superare il quintale di peso. Vive sui fondali rocciosi ai quali è saldamente ancorata. E’ responsabile di molti incidenti, alcuni mortali, perché qualche incauto subacqueo ha introdotto nella sua apertura una mano ed è rimasto intrappolato.

Prevenzione
Non introdurre mani o piedi nella tridacne. Se si resta intrappolati mantenere la calma e con un coltello cercare di tagliare il muscolo adduttore del mollusco. Chiamare aiuto picchiando il coltello sulla bombola, su un sasso o su una roccia.

CELENTERATI

Appartengono a questo tipo zoologico i Polipi del corallo, le Meduse, gli Anemoni e gli Idrozoi. Non tutti i Celenterati sono pericolosi per l’uomo. Qualche specie possiede un apparato velenifero costituito da alcune cellule aventi delle vescicole e da un pungiglione. Quando questi organismi vengono toccati, spremono le vescicole e la tossina contenuta viene inoculata, attraverso il pungiglione, nel derma della vittima.
Corallo di fuoco (Millepora Alcicornis e Millepora Dicotoma) sono largamente diffusi in tutti i mari tropicali. I loro polpi formano colonie alte alcune decine di centimetri adese ad un substrato roccioso. Il contatto con la pelle causa un forte dolore urente per qualche minuto ed una dermatite che perdura alcuni giorni.
Le Meduse vivono in tutti i mari; vengono trasportate passivamente dalle correnti anche se, contraendosi, possono compiere piccoli spostamenti. Il contatto con la maggior parte delle meduse provoca solamente un dolore molto acuto ed una persistente dermatite irritativi. In alcuni casi compaiono anche sintomi sistemici quali la febbre, la nausea, il vomito, la confusione mentale e il collasso cardiocircolatorio.


Caravella portoghese
(Physalia physalis)

La Caravella portoghese (Physalia physalis) non è un singolo individuo, ma una colonia di celenterati pelagici. Uno di essi assume la forma di grossa vescicola ripiena di gas e funge da galleggiante e da vela. Gli indivisui della colonia formano il corpo ed i lunghi tentacoli, ricchi di cellule urticanti. La specie atlantica (Physalia physalia) è pericolosissima. La vescica è alta 30 cm ed i tentacoli possono raggiungere i 30 metri di lunghezza. La varietàpresente nell’Indopacifico (Physalia urticulus) è meno pericolosa ed è molto più piccola: la vela non supera i 10 cm ed i tentacoli non superano i 12 metri. Il contatto della pelle nuda con le caravelle provoca sempre un violento dolore ed una dermatite irritativa; talvolta può causare paralisi e shock.

Gli Anemoni di mare sono largamente diffusi in tutti i mari ma specialmente in quelli tropicali. Vivono adesi ad un substrato roccioso anche se possono compiere piccoli spostamenti. Raggiungono la dimensione di qualche decina di centimetri quadrati. Anche questi celenterati possiedono tentacoli urticanti. Generalmente provocano dolore e dermatite solo alle persone molto sensibili.
Gli Idroidi sono Celenterati che hanno laperticolarità di alternare una generazione con la forma di medusa – e pertanto pelagica – ad una con la forma di polipo, costituita da colonie su un substrato fisso, di solito un corallo morto. In questo secondo caso l’aspetto degli idroidi è simile a quello di un’alga piumata. Quando vengono toccati causano un dolore pungente ed una dermatite che persiste per molti giorni. Le specie più pericolose (Aglaophenia cupressiva e Lyctocarpus nuttungi) sono diffuse nell’Indopacifico e raggiungono i 15 cm di altezza.

Prevenzione
Evitare assolutamente di toccare le meduse, gli anemoni ed i coralli. E’ meglio non avvicinarsi alle meduse perché i loro tentacoli possono essere molto lunghi e poco visibili. E’ opportuno che i subacquei indossino sempre muta e guanti.

Primo soccorso
Rimuovere nel più breve tempo possibile i tentacoli rimasti adesi alla pelle, senza toccarli ma usando acqua, stracci, sabbia, La maggior parte delle tossine dei celenterati sono inattivate dal calore e dall’alcool. Pertanto è opportuno, in casi gravi, scottare la cute vorticata con acqua bollente o lame roventi. E’ indicata l’assunzione di farmaci e cortisonici. Predisporre il trasporto in pronto soccorso ed intervenire con la rianimazione cardiorespiratoria se necessario.

VESPA DI MARE (BOX JELLYFISH)

La Vespa di mare (Chironex fleckeri) in inglese detta box jellyfish è una medusa dei mari tropicali che in pochi minuti può provocare nell’uomo che incautamente la tocca la morte per arresto cardiorespiratorio. Ha un corpo a forma di campana cava lungo 20-25 cm e tentacoli trasparenti, azzurrognoli. Si mimetizza tra i flutti del mare ed individuarla è quasi impossibile. Popola da novembre ad aprile le acque costiere degli oceani Indiano e Pacifico, fra Equatore e Tropico del Capricorno. 


Vespa di mare (Chironex fleckeri)

Ne sono infestate tutte le acque del nord dell’Australia.
L’arma micidiale dello stinger, così la chiamano in Australia) sono i tentacoli che allunga da pochi centimetri fino a diversi metri. Con le sue lunghe appendici circonda le gambe o le braccia della vittima, a cui inietta nelle vene, per mezzo di pungiglioni, un liquido tossico. Un contatto di 30 secondi può essere letale. Questa medusa è l’animale marino più velenoso.

Prevenzione
Su tutte le spiagge australiane cartelli mettono in guardia contro la presenza di queste meduse. Evitare di immergersi nelle acque durante il periodo di presenza delle meduse o indossare almeno una muta protettiva.

Primo soccorso
Il più empirico e immediato metodo di soccorso è rappresentato da taniche piene di aceto disposte sulle spiagge. La vittima deve essere subito prelevata dall’acqua e la parte offesa va irrorata abbondantemente e a lungo con aceto ma senza strofinarla. Chiedere immediatamente l’intervento del pronto intervento affinché provveda ad inoculare il siero anti-jellyfish ed intanto predisporsi al massaggio cardiaco ed alla respirazione artificiale. Qualora si debba provvedere al trasporto della vittima al pronto soccorso, dopo che ha ripreso conoscenza il ferito va mantenuto immobile per 10 minuti prima di procedere al trasporto.

SPUGNE


Spugna di fuoco (Tedania nigrescens) 

Alcune specie tropicali del genere Tedania (spugne di fuoco) posseggono una tossina 
e se vengono a contatto con la cute provocano una dolorosa dermatite. Altre specie contengono spicole silicee e, se urtate, provocano abrasioni cutanee.

Prevenzione
Evitare il contatto diretto con la cute. Usare i guanti.

Primo soccorso
Per le dermatiti causate dalle spugne di fuoco usare creme antiistaminiche e cortisoniche. Per le abrasioni è sufficiente disinfettare.

ANELLIDI


Vermocane (Hermodice caruncolata) 

Tra gli Anellini Policheti esistono alcune specie pericolose: nel Mediterraneo è molto comune il Vermocane (Hermodice caruncolata), urticante. Anche negli altri mari vi sono specie similmente urticanti. Gli Anellini non sono animali aggressivi, ma le loro setole, quando toccano la pelle nuda, provocano dolore talvolta intenso. La cute si arrossa e si gonfia, poiché l’animale inietta una sostanza tossica. La sintomatologia regredisce in pochi giorni.

Prevenzione
Evitare il contatto diretto con la cute. Usare i guanti.

Primo soccorso
Effettuare impacchi di ammoniaca e applicare pomate antiistaminiche.

STELLE MARINE

Esistono oltre duemila specie di stelle marine nei mari di tutto il mondo; si nutrono di crostacei, molluschi e piccoli pesci che paralizzano con una tossina secreta da alcune ghiandole presenti sulla loro pelle. Alcune specie sono dotate di aculei, come la Corona di spine (Acanthaster planci) che vive nei mari tropicali e specialmente nel Pacifico australe; raggiunge un diametro di 60 cm e la puntura dei suoi aculei provoca un intenso dolore con eritema ed edema nella zona colpita. Talvolta può causare torpore e paralisi temporanee.


Corona di spine (Acanthaster planci) 

Tra l’altro l’Acanthaster planci è responsabile della distruzione di vaste aree della barriera corallina australe a causa della sua eccezionale proliferazione e della voracità nel mangiare i polpi del corallo.
Prevenzione
Non toccare le stelle marine, in particolare la Corona di spine non va toccata nemmeno con i guanti da subacqueo poiché gli aculei possono trapassarli facilmente.
Primo soccorso
Rimuovere le spine ed applicare creme antiistaminiche o cortisoniche.

RICCI DI MARE


Sphaerechinus granularis 

Quasi tutte le specie posseggono dei fragili aculei che, se toccati, penetrano in profondità nella pelle e si spezzano lasciando la punta conficcata. Alcune specie tropicali contengono delle tossine nelle loro lunghe spine cave. La puntura dei ricci di mare, oltre ad un intenso dolore, causa talvolta paralisi motorie localizzate, transitorie. Le ingestioni a scopo alimentare dei ricci crudi, nel periodo riproduttivo, provoca un avvelenamento con vomito e diarrea: è stata infatti isolata una sostanza tossica nelle loro uova.

Prevenzione
Evitare di toccare i ricci di mare anche con i guanti e fare attenzione a non calpestarli; indossare scarpette da mare. Non mangiarli crudi nel periodo riproduttivo.

Primo soccorso
Rimuovere le spine, disinfettare la ferita ed applicare creme antiistaminiche. Talvolta si rendono necessari gli antibiotici per le infezioni susseguenti.

OLOTURIE (CETRIOLI DI MARE)

Alcune specie emettono filamenti vischiosi che, se toccati, causano una dermatite. Alcune popolazioni orientali utilizzano le specie Stichopus ed Holothuria per scopi alimentari; esistono però specie affini altamente velenose se ingerite poiché posseggono una neuro tossina che provoca paralisi talvolta letali.


Holoturia atra 

Prevenzione
Evitare il contatto diretto con la pelle ed evitare di cibarsene se non si è in grado di riconoscere le specie tossiche.

Primo soccorso
Applicare sulla pelle pomate antiistaminiche.
Per l’avvelenamento alimentare l’unico rimedio è la lavanda gastrica.

SERPENTI DI MARE

Se ne conoscono una cinquantina di specie, tutte velenose e quasi tutte esclusivamente marine. I serpenti di mare prediligono le tiepide acque tropicali dell’oceano Indiano e del Pacifico. Solo poche specie sono presenti nel mar Caraibico. Sono capaci di apnee prolungate (oltre un’ora), ma poiché devono riemergere per respirare, sono più frequenti nei bassi fondali soprattutto in vicinanza delle foci dei fiumi. Non è raro tuttavia il loro avvistamento anche in mare aperto. Le dimensioni sono solitamente non superiori al metro. 

Si nutrono principalmente di piccoli pesci che localizzano con l’olfatto e che uccidono con il morso velenoso. In genere sono timidi e poco aggressivi ed attaccano l’uomo solo se spaventati o provocati. Le vittime sono per lo più pescatori che non si accorgono di averli catturati con le reti; raramente si segnalano vittime tra subacquei e bagnanti.

La sopravvivenza dell’uomo dipende dalla quantità di veleno inoculata. La morte può sopraggiungere dopo un’ora per arresto della respirazione, proceduto da paralisi progressive causate dal blocco della trasmissione neuromuscolare.

Prevenzione
Se si incontra un serpente marino non avvicinarsi e non molestarlo; tenere presente che è un rapido nuotatore. Se si pesca con le reti usare prudenza nel maneggiare il pescato.

Primo soccorso
Provocare un abbondante sanguinamento, spremendo e succhiando il sangue dalla ferita dopo averla incisa. E’ molto importante legare l’arto a monte con un legaccio, per evitare che il veleno si diffonda rapidamente. Poiché esistono sieri specie-specifici molto efficaci bisogna cercare di catturare il serpente (facendo attenzione!!) e trasportarlo con il ferito al più vicino posto di pronto soccorso.

COCCODRILLI DI MARE


Coccodrillo di mare (Crocodylus porosus) 

Se ne conoscono una cinquantina di specie, tutte velenose e quasi tutte esclusivamente marine. I serpenti di mare prediligono le tiepide acque tropicali dell’oceano Indiano e del Pacifico. Solo poche specie sono presenti nel mar Caraibico. Sono capaci di apnee prolungate (oltre un’ora), ma poiché devono riemergere per respirare, sono più frequenti nei bassi fondali soprattutto in vicinanza delle foci dei fiumi. Non è raro tuttavia il loro avvistamento anche in mare aperto. Le dimensioni sono solitamente non superiori al metro. Si nutrono principalmente di piccoli pesci che localizzano con l’olfatto e che uccidono con il morso velenoso.
In genere sono timidi e poco aggressivi ed attaccano l’uomo solo se spaventati o provocati. Le vittime sono per lo più pescatori che non si accorgono di averli catturati con le reti; raramente si segnalano vittime tra subacquei e bagnanti. La sopravvivenza dell’uomo dipende dalla quantità di veleno inoculata. La morte può sopraggiungere dopo un’ora per arresto della respirazione, proceduto da paralisi progressive causate dal blocco della trasmissione neuromuscolare.

Prevenzione
Se si incontra un serpente marino non avvicinarsi e non molestarlo; tenere presente che è un rapido nuotatore. Se si pesca con le reti usare prudenza nel maneggiare il pescato.

Primo soccorso
Provocare un abbondante sanguinamento, spremendo e succhiando il sangue dalla ferita dopo averla incisa. E’ molto importante legare l’arto a monte con un legaccio, per evitare che il veleno si diffonda rapidamente. Poiché esistono sieri specie-specifici molto efficaci bisogna cercare di catturare il serpente (facendo attenzione!!) e trasportarlo con il ferito al più vicino posto di pronto soccorso.


Torna indietro

 


Contenuti a cura del Vagamondo (alias Gian Carlo Banfi) ilvagamondo@alice.it
2005 - © Right Reserved - Testi e immagini pubblicate sul sito non possono essere utilizzate da terzi senza autorizzazione preventiva