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La Propagazione della Fede.
Sul frontespizio del libro del pastore di Bobbio Valerio Grosso (1640) appare per la prima volta il candelabro e sette
stelle con la scritta “Lux lucet in tenebris”, ripreso dal simbolo del conte di Lucerna e attuale simbolo della
chiesa valdese.
L’esecuzione di Carlo I Stuard re d’Inghilterra (1649) alimenta le preoccupazioni dei principi cattolici.
Luigi XIII re di Francia inizia la repressione contro gli ugonotti (dragonate) ed in Piemonte sua sorella Cristina di
Francia, reggente in nome del figlio quindicenne Carlo Emanuele II duca di Savoia (1650), appoggia la politica
anti-protestante. Alle comunità di Bobbio, Villaro, Angrona e Rorà ed è imposto il mantenimento di una
missione di cappuccini ed è fatto divieto di ospitare protestanti stranieri. È inoltre istituito un
monts-de-piete per sottrarre i beni ai valdesi.
A Torino è istituito una sezione della società “De Propaganda Fide et Extirpandis Haereticis” (1650). I
gesuiti ed il priore di Mentoulles ottengono dai valdesi di val Pragela la restituzione dei luoghi di culto ed il pagamento
delle decime.
Il commissario ducale Andrea Gastaldo emette un’ordinanza, ingiungendo alle famiglie valdesi di Lucerua, Fenile, Bubiana,
Bricherasio, San Giovanni e La Torre di ritirarsi nelle valle di Bobbio, Angrogna e Rorà entro 20 giorni (25 I
1655); 2.000 persone compiono questa marcia invernale.
La Crociata del Marchese di Pianezza.
Carlo Emanuele Giacinto Filiberto di Simiana marchese di Pianezza (la madre Matilde di Savoia è figlia naturale
legittimata del duca Emanuele Filiberto di Savoia) si accampa alle imboccature delle valli (sabato 17 IV 1655) con 15.000
uomini che comprendono truppe sabaude, 6 reggimenti francesi, alcune compagnie di esuli irlandesi cattolici ed un
contingente di truppe bavaresi.
In base all’obbligo dei sudditi di ospitare le truppe ducali, 300 miliziani si presentano la sera stessa davanti La Torre
che è barricata. I valdesi respingono gli assalti per tre ore. All’una del giorno seguente (domenica delle Palme)
Amedeo conte di Luerna, grazie alla conoscenza dei luoghi, guida un movimento aggirante sulla sponda del Pellice ed
attacca i valdesi alle spalle. I valdesi riescono ad aprirsi un varco combattendo e fuggono sui monti. La difesa di La
Torre è costata ai valdesi tre caduti. I vincitori occupano la cittadina e cantano un Te Deum nella
chiesa.
I piemontesi proseguono l’avanzata, disturbati dalla guerriglia dei valdesi (19 e 20 IV) che li costringe a ripiegare.
Il marchese di Pianezza apre trattative (21 IV), chiedendo solo la consegna di alcuni fuorilegge e l’alloggiamento di un
reggimento (700 uomini). I valdesi, benché sconsigliati dal pastore Jean Leger, accettano.
Le Pasque Piemontesi e la Difesa di Rorà .
Tre giorni dopo (sabato 24 IV 1655), alle quattro del mattino, dal castello di La Torre viene dato il segnale convenuto e
le truppe iniziano il massacro dei valdesi nelle valli di Lucerna ed Angrogna. In tre giorni (24 - 27 IV) sono uccise
1.712 persone, sono saccheggiati i villaggi di Pra de La Tour, Villar, Bobbio ed i templi sono distrutti. L’episodio
è chiamato “Pasque Piemontesi” o “Primavera di sangue”. Molti valdesi si rifugiano in val Queyras (francese) ed in
val Perosa ed anche il governatore francese di Pinerolo ospita numerosi profughi valdesi.
Il mattino del 24, 500 soldati raggiungono la valle di Rorà ma sono affrontati da 6 paesani raccolti dal contadino
Joshua Janavel (italianizzato Giosué Gianavello) che grazie alla conoscenza del terreno abbattono 7 invasori e
mettono in fuga gli altri, abbattendone altri 52.
Pianezza invia in val Rorà 600 uomini scelti che sono affrontati da 18 valdesi; 12 armati di moschetti, 6 di fionda,
gli altri di spada. Gianavello forma tre squadre miste e tende un aguato agli invasori. La prima scarica ne abbatte 12,
come la seconda, ed i piemontesi sono messi in fuga.
Il giorno seguente (25 IV) Pianezza invia 8-900 uomini che raggiungono val Rorà, saccheggiano ed incendiano i
villaggi, ma durante il ritorno sono attaccati dalla banda di Gianavello, fuggono abbandonando il bottino e sono in parte
travolti da una frana artificiale.
Il marchese di Pianezza guida personalmente il quarto attacco con 8.000 uomini. Il capitano Mario con tre compagnie (una di
irlandesi) affretta la marcia dell’avanguardia per prendersi il merito della vittoria, ma i valdesi provocano un’altra
frana artificiale causando numerosi caduti e l’attacco generale è sospeso. Gli assalitori hanno già lasciato
alcune centinaia di caduti.
Il marchese di Pianezza lancia un nuovo attacco alla valle di Rorà con 10.000 uomini: 3.000 assaltano da val Pellice,
affrontate da Gianavello; 6.000 dall’altro ingresso della valle e 1.000 superano le montagne che la separano da Bagnolo.
La valle è saccheggiata, sono uccise 246 persone, tra i pochi prigionieri ci sono la moglie e tre figlie di
Janavel che il marchese di Pianezza minaccia di giustiziare. Janavel rifiuta di arrendersi e ripara in val Queyras
(francese).
Il marchese di Pianezza occupa val Cluson, emette un proclama di vittoria (6 V), invade val Germanasca (8 V) e sottomette
Prali (10 V).
Il “Capitano delle Valli” e la Reazione in Europa.
Janavel torna nelle vallate valdesi, riprende la guerriglia con 500 uomini ed è soprannominato “Il Leone di
Rorà” o “Il Capitano delle Valli”. I valdesi effettuano anche scorrerie in pianura ed incendiano il convento di La
Tour (26 VII 1655). In uno scontro i piemontesi lasciano 1.400 caduti contro 6-7 caduti valdesi.
Il valdese Jean Leger, rifugiato in Francia, denuncia le persecuzioni ai governi europei. Oliver Cromwell dichiara un
digiuno nazionale, minaccia di bombardare con la flotta lo Stato Pontificio, ed assieme al poeta John Milton (che scrive
anche un sonetto), protesta con Luigi XIV, scrive ai principi riformati, alla Svezia, alla Danimarca, alle Provincie Unite
ed invia dal duca di Savoia sir Samuel Morland a protestare (Morland in seguito pubblica “The History of the Evangelical
Churches of the valleys of Piedmont”, Londra 1655).
Il cardinale Mazzarino consiglia al duca di sospendere le persecuzioni. Carlo Emanuele II emette allora le “patenti di
grazia” (Pinerolo, 18 VIII 1655) concedendo ai valdesi di tornare alle loro valli, ma le persecuzioni continuano. A Torino
40 valdesi e 2 pastori abiurano solennemente.
Il conte di Marolles conduce le operazioni contro i guerriglieri valdesi con 15-20.000 uomini. Janavel è ferito; il
suo secondo Jahier/Giaheri guida un pugno di uomini di Pramol ma è infine ucciso.
L'Ospitalità dei Selvaggi.
Un centinaio di valdesi si rifugiano ad Amsterdam ed assieme ad altri coloni, 160 in tutto, salpano con tre vascelli da
Texel (25 XII 1656).
Il vascello "Prince Maurice", che imbarca 125 emigranti (76 donne e bambini) si danneggia nella dura traversata, approda
in piena notte sulla Long Island, nel luogo dove oggi sorge la cittadina di Islip. Gli emigranti, a corto di viveri,
sbarcano aprendosi la via tra i blocchi di ghiaccio e non trovano nulla per accendere dei fuochi, ma sono aiutati dagli
indigeni locali che forniscono loro da mangiare ed avvisano il governatore della Nuova Olanda, Stuyvesant.
Il governatore giunge personalmente con altri uomini che mettono in salvo il carico e portano gli emigranti a New
Amsterdam (l'attuale New York).
I coloni sono trasferiti nel terreno acquistato per loro dal governo municipale di Amsterdam sul fiume Delaware,
dove fondando la cittadina di New Amstel, con una scuola valdese.
La Campagna di Villecardet.
Contro i valdesi (definiti ribelli) è inviato Francesco Giuseppe Villecardet/Wilcardel marchese di Trivero e di
Mortigliengo e signore di Fleury (il marchese di Pianezza è suo suocero) con 10 compagnie della guardia, alcuni
squadroni di cavalleria ed un nerbo di milizie (VI 1663).
I sabaudi avanzano verso Angrogna in tre colonne rispettivamente da San Giovanni, da San Secondo e da Bricherasio. La prima
colonna giunge ad Angrogna (6 VII 1663), ed è bloccata dai valdesi guidati da Janavel, quindi aspetta le altre
colonne che però sono arrestate da un centinaio di valdesi alla stretta detta "Le Porte d’Angrogna". La prima
colonna isolata è attaccata e sbaragliata. I vincitori inseguono gli sconfitti, poi raggiungono i compagni alla
stretta inducendo Fleury ad ordinare la ritirata, durante la quale è disturbato dagli avversari.
A Torino sono condotte nuove trattative mediate da Berna e dalla Francia (XII 1663 - I 1664), e Carlo Emanuele II conferma
le “patenti” (3 II 1664). Un rappresentante del duca presidia le vallate e deve essere presente ai sinodi valdesi.
Giosué Janavel ripara a Ginevra dove pubblica le “Instructions militaires” (1688, muore nel 1690). Le sue
gesta ispirano un film (1924) e la sua colubrina è conservata nel museo storico valdese di Torre Pellice.
Jean Leger, dopo aver viaggiato attraverso l’Europa, si stabilisce a Leyden dove pubblica “L'Histoire
générale des églises Evangéliques des vallées du Piémont ou vaudoises”
(1669).
Bloody Easter On the late Massacher in Piedmont Avenge O Lord thy slaughter's Saints,whose bones Lie scatter'd on the Alpine mountains cold; E'en them, who kept thy truth so pure of old, When all our fathers worshipped stocks and stones. Forget not: in thy book record their groans, Who where thy sheep, and in their ancient fold Slain by the bloody Piedmontese, that roll'd Mother with infant down the rocks. Their moans The vales redoubled to the hills, and they, To heaven. Their martyred blood and ashes sow O'er all the Italian fields, where still doth sway The triple tyrant; that from these may grow an hundred-fold, who, having learnt thy way Early may fly the Babylonian woe! John Milton | Pasqua di Sangue Sul recente Massacro in Piemonte Vendica, o Dio, dei massacrati santi l'ossa sparse per i freddi alpini chiostri, quei che al tuo vero furon vigilanti quando i sassi adoravan gli avi nostri. Segna nel libro con eterni inchiostri delle tue pecorelle uccise i pianti, che al prisco ovil rapìan sabaudi mostri gittando dalle rupi madri e infanti. Valli a monti iteraro il loro affanno, e i monti al cielo. Il sangue e il cener loro semina, ovunque il triplice tiranno Impera, e a cento a cento di costoro escan che, apprese le tue vie, dal danno di Babilonia trovino ristoro. (Traduzione di Mario Praz). |
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