Home Letture Commenti Sommario

Reazioni

 

Su

 

REAZIONE IMMUNE EMOLITICA ACUTA (ACUTE HEMOLYTIC - AHTR)

 

Le reazioni più gravi e pericolose per la vita del paziente sono causate da una rapida attivazione del complemento con lisi intravascolare degli eritrociti. Esse sono pressoché sempre associate ad una trasfusione di emazie AB0 incompatibili per un errore di identificazione del paziente o dell'unità a lui destinata.

Anche anticorpi non AB0 possono occasionalmente scatenare un'emolisi intravascolare acuta.

Di solito, tuttavia, tali anticorpi (in genere di classe IgG) provocano più frequentemente un'emolisi extravascolare, legandosi agli eritrociti, attivando il complemento ed essendo infine intrappolati dalle cellule del sistema reticolo-endoteliale e/o fagocitati dai macrofagi.

Solo molto raramente un anticorpo contenuto nel plasma del donatore può causare una reazione emolitica acuta.

Gli anticorpi del ricevente in grado di causare una distruzione degli eritrociti trasfusi sono in genere evidenziati dalle prove di compatibilità.

 

Sintomatologia Febbre, brividi, dolore toracico e dorsale, sensazione di bruciore, ansia, ipotensione, emoglobinuria, emoglobinemia.
Conseguenze Situazione minacciosa per la vita, che può condurre ad insufficienza renale acuta, shock, CID e morte.
Laboratorio Emoglobinuria, emoglobinemia, test di Coombs diretto positivo, incompatibilità sierologica, segni della CID e di compromissione della funzionalità renale.
Terapia
  1. Mantenere il volume e la pressione sanguigna: infondere cristalloidi;
  2. Monitorare il paziente (tracciato ECG, pressione, diuresi);
  3. Quantunque non vi sia la certezza che l'uso di diuretici possa bloccare l'insufficienza renale acuta una volta che essa si sia sviluppata, è ragionevole fare un tentativo con furosemide (da 80 a 400 mg EV) nelle fasi precoci dell'oliguria per tentare di forzare la diuresi.
  4. Trattare la CID, se presente.
Prevenzione Essendo la maggior parte delle reazioni emolitiche il risultato di un errore di identificazione, identificare sempre con cura e metodo il paziente e tutti i campioni ematici prelevati per i vari test.

 

Note

 

I sintomi che più spesso compaiono (e che impongono l'immediata sospensione della trasfusione) sono inizialmente vaghe sensazioni di malessere ed angoscia e dolore in sede della venipuntura, seguite da senso di costrizione toracica e dolore lombare a barra, mentre si sviluppano cefalea, febbre, brivido, dispnea, ipotensione, polso piccolo e frequente.

Tali sintomi possono essere presenti tutti insieme o solo in parte.

Se il paziente è in anestesia alcuni segni spesso non si manifestano; l'attenzione dovrà in tal caso essere posta ad una repentina caduta della pressione arteriosa senza motivi apparenti. Può anche comparire in tal caso un sanguinamento generalizzato, definito classicamente "a nappo" ed essenzialmente dovuto ad una coagulazione intravascolare disseminata, le cui cause sono complesse (liberazione dalle emazie distrutte di sostanze ad attività tromboplastinica, attivazione del complemento).

L’attivazione del sistema coagulativo e la produzione di alterazioni vasomotorie sono quindi gli effetti primari di una trasfusione incompatibile.

L’azione combinata dell’ipotensione sistemica e della coagulazione nel letto vascolare renale determina l’ischemia del parenchima renale che da transitoria può diventare permanente.

Ad aggravare il quadro clinico, in casi di emolisi massiva, si aggiungono l’iperkaliemia e la precipitazione dell’emoglobina a livello dei tubuli renali.

Un segno laboratoristico molto importante è la positività del test di Coombs diretto (sempre che vi siano ancora in circolazione eritrociti con anticorpi adesi) che può confermare l'evento immunologico alla base dell'emolisi, così come l'osservazione di una colorazione rosacea del plasma o del siero, che si sviluppa anche dopo un'emolisi di soli 5-10 ml di sangue.

Più tardiva è invece la comparsa di ittero, correlata alla iperbilirubinemia. L'emoglobinuria testimonia la presenza di emoglobina libera nel plasma che, liberata dalla distruzione delle emazie, supera rapidamente la capacità fissante dell'aptoglobina e viene eliminata dal rene.

Più tardiva è invece la comparsa di ittero, correlata all'iperbilirubinemia.

REAZIONE IMMUNE EMOLITICA RITARDATA (DELAYED HEMOLYTIC - DHTR)

Le reazioni emolitiche ritardate si sviluppano in pazienti con titoli anticorpali indimostrabili al momento delle indagini di compatibilità, cosicché si possa ritenere di avere loro trasfusa un'unità antigenicamente compatibile. In realtà gli eritrociti con un antigene verso il quale esiste già un anticorpo stimolano una risposta secondaria che si sviluppa con una crescente produzione di anticorpi da parecchi giorni a settimane dopo la trasfusione, che distruggono le emazie trasfuse.

Le reazioni ritardate possono essere confuse con un'altra causa di calo emoglobinico come, ad esempio, un  sanguinamento nascosto. Questo tipo di reazioni è spesso evidenziato al momento di un'altra richiesta di unità trasfusionali, quando i test pretrasfusionali appaiono positivi perchè, nel frattempo, il titolo anticorpale sarà aumentato. Del resto, un numero eccessivo di trasfusioni senza un adeguato aumento dell'emoglobina deve anche da solo attirare l'attenzione sull'inefficacia della stessa.

Nel caso si riscontri l'anticorpo ma non vi siano segni clinic di emolisi la reasione viene classificata come reazione trasfusionale sierologica ritardata (delayed serologic - DSTR).

 

Sintomatologia Anemia, iperbilirubinemia, ittero, febbre, emoglobinuria (raramente).
Conseguenze In genere non gravi, sebbene esistano reazioni emolitiche acute ritardate (in particolare quando è implicato l'antigene Kidd - Jk); E' in ogni caso fondamentale che l'anticorpo sia identificato prima di trasfondere altre unità.
Laboratorio Valori di Hb ed Hct in calo, bilirubina in aumento, test di Coombs diretto positivo, test di Coombs indiretto positivo.
Terapia In genere non è necessario alcun trattamento, anche se i pazienti devono essere monitorati per un'emolisi significativa. In caso di ipotensione ed insufficienza renale, va applicata la stessa terapia delle reazioni acute.
Prevenzione Qualora vengano identificati anticorpi irregolari, il paziente dovrebbe esserne informato e gli dovrebbe essere rilasciato un referto con la raccomandazione di mostrarlo ad ogni successivo ricovero.

REAZIONI FEBBRILI NON EMOLITICHE

Queste reazioni rappresentano il tipo più frequentemente osservato e segnalato. Dal momento che i

loro sintomi sono febbre e brividi, come nelle reazioni emolitiche acute, è fondamentale in ogni caso valutarle con attenzione al fine di escludere tale evenienza.

Queste reazioni, osservate in genere in pazienti politrasfusi o in donne pluripare, che più facilmente presentano anticorpi diretti contro antigeni HLA presenti su leucociti e piastrine del donatore, tendono a limitarsi da sole.

La reazione antigene-anticorpo in cui siano implicati tali anticorpi può attivare il complemento e stimolare la produzione di citochine che stimolano la liberazione di pirogeni endogeni.

Le teorie più recenti suggeriscono anche l'importanza delle citochine accumulatesi nelle unità di emazie durante la conservazione.

 

Sintomatologia

Febbre, brividi, malessere durante la trasfusione fino a parecchie ore più tardi.

Conseguenze

Non gravi, anche se il paziente soffre qualche disturbo.

Laboratorio

Nessun segno di incompatibilità sierologica.

Terapia

Una volta che si è esclusa l'evenienza di una emolisi acuta, è sufficiente somministrare un antipiretico (ad esempio acido acetilsalicilico o acetaminofene).

Prevenzione

Soltanto il 15% dei pazienti che abbia avuto una reazione febbrile non emolitica ne avrà un'altra in occasione di una successiva trasfusione.

Qualora si sviluppi una seconda reazione, dovranno essere trasfusi concentrati eritrocitari e piastrinici leucodepleti.

La profilassi routinaria con antipiretici in quanto potrebbero mascherare i sintomi di una reazione emolitica acuta. 

Note:

Durante o subito dopo la trasfusione, si manifestano senso di freddo, brividi scuotenti, pallore, tachicardia. Dopo un breve periodo di tempo (circa 15-30 minuti) si ha un brusco rialzo termico, che può raggiungere anche i 40°C, che si attenua progressivamente e scompare nel giro di qualche ora.

Si possono avere due forme principali di reazione brivido-ipertermica: una leggera, caratterizzata da febbre preceduta da brivido (o, nel bambino, da diarrea) e, talora, da cefalea pulsante ed una più grave, con ipertensione spiccata e problemi respiratori, spesso preceduti da senso di costrizione toracica.

Sebbene questo tipo di reazioni non sia pericoloso, la loro insorgenza fa nascere un problema di ordine diagnostico, ponendo il problema di una diagnosi differenziale con reazioni più gravi come quella emolitica e quella da contaminazione batterica ed un problema di ordine preventivo, in quanto i pazienti che abbiano avuto una reazione febbrile la ripeteranno nelle trasfusioni successive nell'87% dei casi.

Una reazione brivido-ipertermica (reazione febbrile non emolitica: FNHTR)) è, il più delle volte, causata dalle citochine che si liberano dalla distruzione dei leucociti trasfusi.

Queste complicanze trasfusionali dipendono dall’immunizzazione verso antigeni leucocitari somministrati al paziente attraverso la trasfusione di concentrati di emazie e di concentrati piastrinici contaminati da leucociti.

Gli anticorpi prodotti dall'immunizzazione contro antigeni leucocitari sono soprattutto diretti contro antigeni di istocompatibilità. 

REAZIONI ALLERGICHE

Le reazioni allergiche o orticarioidi rappresentano il secondo tipo di reazioni quanto a frequenza.

Reazioni di tipo allergico possono essere causate, oltre che da un'incompatibilità verso proteine plasmatiche del donatore, per trasmissione passiva di anticorpi da parte di un donatore allergico o, ancora, da trasmissione di un farmaco assunto dal donatore ad un ricevente allergico nei confronti di tale sostanza (esempio tipico di quest'ultimo caso la penicillina), che vanno a reagire con IgE del paziente, legate sulla membrana di basofili e mastzellen.

La reazione antigene-anticorpo provoca una liberazione di istamina che causa orticaria, prurito e solo raramente progredisce fino all'edema laringeo. Molto raramente si possono avere infatti manifestazioni gravi, con interessamento delle mucose, broncospasmo ed edema della glottide, causa di cospicue crisi dispnoiche, ipotensione spiccata da vasodilatazione, talora associate a sintomatologia gastrointestinale (dolori addominali, vomito, diarrea); molto più frequentemente si haano manifestazioni lievi, caratterizzate da prurito, eritema, orticaria, facilmente dominabili con antistaminici.

 

Sintomatologia Rash orticarioide o simile, prurito, respirazione ansimante
Conseguenze Non pericolosa, per quanto comporti disagio ed ansia
Laboratorio Nessun segno di incompatibilità sierologica.
Terapia
  1. osservare attentamente il paziente, dal momento che l'orticaria potrebbe essere il segno premonitore di una più grave reazione allergica
  2. somministrare un antistaminico per attenuare i disagi (10-50 mg di difenilidramina negli adulti, 1-1,5 mg/kg nei bambini, a seconda della gravità,  per via IM o EV.
  3. se gli unici sintomi sono rash cutaneo o prurito e si risolvono entro una trentina di minuti dalla somministrazione dell'antistaminico, riprendere la trasfusione.
Prevenzione

I pazienti che mostrino 2 o più reazioni allergiche possono beneficiare di una profilassi con antistaminici (50 mg) per via parenterale un'ora prima della trasfusione.

La trasfusione di emazie lavate può essere di aiuto per i pazienti con frequenti e severe reazioni allergiche.

I corticosteroidi sono indicato soltanto nei casi più severi e frequenti.

REAZIONI ANAFILATTICHE

Mentre le semplici reazioni istamino-mediate provocano prevalentemente lievi reazioni cutanee, nelle reazioni anafilattiche si ha una liberazione massiva di sostanze vasoattive e mediatori neuromuscolari.

Si hanno quindi un incremento della permeabilità vascolare ed una contrazione della muscolatura liscia di estese proporzioni, che possono arrivare ad aspetti pericolosi per la vita. 

In molti casi l'antigene proveniente dal donatore non è identificabile.

Queste reazioni sono state segnalate in particolare in pazienti con deficit congenito di IgA (situazione non rara, comparendo in circa 1 individuo ogni 700) e la presenza di un elevato titolo di anticorpi anti-IgA nel siero, per precedenti trasfusioni o nelle donne, sensibilizzate per precedenti gravidanze.

 

Sintomatologia Insorgenza improvvisa di vampate ed ipertensione, seguita da ipotensione, edema della glottide, distress respiratorio, shock; talora possono presentarsi inizialmente nausea, vomito, diarrea entro qualche minuto dall'inizio della trasfusione.
Conseguenze Potenzialmente fatali a causa dello shock e dell'insufficienza respiratoria; sono critici il riconoscimento della reazione e la terapia precosi.
Laboratorio Nessun segno di incompatibilità sierologica. Alti livelli di immunoglobuline.
Terapia
  1. All'esordio, epinefrina per via sottocutanea (0,2-0,5 mL di epinefrina 1:1000) da ripetere in caso di necessità. Mantenere il riempimento vascolare e la pressione sanguigna con infusione di cristalloidi.
  2. Se l'ipotensione non risponde, somministrare 0.1 mL di epinefrina 1:1000 in 10 mL di soluzione fisiologica per via EV ogni 5 minuti. Continuare a mantenere il volume con cristalloidi. Considerare l'uso di dopamina 1.0 mg/Kg/minuto (soltanto se il volume ematico viene mantenuto).
  3. Se si sviluppa ipossia, somministrare ossigeno. Può essere necessario ricorrere ad intubazione del paziente.
Prevenzione I pazienti con anamnesi positiva per reazioni anafilattiche devono ricevere emocomponenti completamente deplasmati (emazie lavate e piastrine risospese in T-sol o simili). Qualora sia necessario trasfondere plasma, dovrebbe provenire da un donatore noto per essere portatore del deficit di IgA.

Alloimmunizzazione post-trasfusionale

La formazione di anticorpi immuni in seguito a trasfusione di sangue riguarda non solo gli antigeni eritrocitari ma anche quelli leuco-piastrinici; il rischio di provocare alloimmunizzazione leuco-piastrinica si rivela anzi più elevato (dal 25 al 64% dei pazienti politrasfusi presenta anticorpi anti-leucopiastrinici, contro circa il 20% che presenta anticorpi anti-eritrociti).

L'alloimmunizzazione dipende essenzialmente dal diverso esprimersi di due fattori:

  •   immunogenicità dell'antigene,

  •     stato del ricevente.

Per quanto concerne l'immunogenicità dell'antigene, gli antigeni più immunogeni sono, in ordine decrescente, D, c, K, E, C, Fya, Jka.

La risposta dell'organismo ad un antigene è condizionata da svariati fattori; tra questi giocano un ruolo maggiore fattori d'ordine genetico (la risposta immune è regolata dai geni Ir), sesso (la frequenza di immunizzazione è doppia nella donna, indipendentemente dal numero di gravidanze) e malattia di base (i cirrotici mostrano, per esempio, una percentuale più elevata di alloimmunizzazione rispetto ai malati di leucemia).

 
Refrattarietà piastrinica

 

Dopo una trasfusione di piastrine il conflitto antigene-anticorpo può manifestarsi come un’inefficacia relativa della trasfusione stessa.

Questa inefficacia dipende dal titolo, dall'affinità e dalla specificità degli anticorpi anti-piastrine ed è testimoniata da un mancato incremento piastrinico alla prima ora (<2500). Anche questa complicanza dipende dall'immunizzazione verso antigeni leucocitari somministrati al paziente attraverso la trasfusione di concentrati di emazie e di concentrati piastrinici contaminati da leucociti e fra questi, soprattutto dalle cellule monocitarie cosiddette APC (antigen presenting cells) per la loro specifica funzione di supporto della stimolazione da parte degli antigeni delle piastrine.

Gli anticorpi prodotti dalla immunizzazione contro antigeni leucocitari sono diretti soprattutto contro antigeni di istocompatibilità anche se, più raramente, l'alloimmunizzazione può essere diretta contro antigeni propri delle piastrine.

Attualmente la refrattarietà alle trasfusioni piastriniche è notevolmente diminuita per effetto della conservazione dei concentrati piastrinici, dell’impiego di chemioterapie citoriduttive più aggressive e, soprattutto, per un più sistematico impiego delle procedure di deplezione leucocitaria delle unità trasfusionali mediante filtrazione pre- o post-conservazione.

 

Porpora post-trasfusionale

 

La refrattarietà alle trasfusioni piastriniche è caratterizzata dalla comparsa improvvisa di una grave piastrinopenia (di solito <10.000 PLT/µL) all’incirca 7 giorni dopo la trasfusione di emocomponenti.

Il paziente, portatore di alloanticorpi antipiastrine (in genere una donna con precedenti gravidanze e/o trasfusioni immunizzanti) non distrugge soltanto le piastrine incompatibili del donatore, ma anche le proprie. Non si conoscono i meccanismi patogenetici di questa singolare forma di distruzione di piastrine “innocenti” del ricevente.

DANNO POLMONARE ACUTO O TRANSFUSION RELATED ACUTE LUNG INJURY (TRALI)

Un tempo nota come edema polmonare non cardiogeno, questa complicanza rara ma potenzialmente pericolosa per la vita è associata con un'alterata permeabilità del letto capillare polmonare da attivazione del complemento, eventi istamino-mediati, prostaglandine, che inducono accumulo di liquidi, inadeguata ossigenazione e ridotto ritorno cardiaco.

Si è calcolata di recente una frequenza di 2 casi ogni 1000 pazienti trasfusi con emocomponenti e immunoglobuline EV (IVIG).

Questa reazione è comunemente attribuita a leucoagglutinine presenti nel plasma del donatore che reagiscono con i leucociti del ricevente a livello del microcircolo polmonare; altre cause sarebbero citochine eventualemente presenti nel plasma del donatore, anticorpi del ricevente contro strutture proteiche e cellulari del donatore, circolazione extracorporea. 

Compare tipicamente tra 1 e 6 ore dopo la trasfusione con una grave sintomatologia clinica di difficoltà respiratorie, insufficienza respiratoria, edema polmonare, febbre ed ipotensione arteriosa. Il quadro clinico è sostanzialmente una ARDS, ma distinguibile da questa per la diversità del quadro radiologico polmonare e dell’eziologia. L'assenza di segni di insufficienza cardiaca orienta la diagnosi differenziale nei confronti dell'edema da sovraccarico. Il quadro clinico è determinato dalla migrazione nel microcircolo polmonare di neutrofili attivati del ricevente, con conseguente ostruzione dei capillari. Un ruolo etiopatogenetico sembra avere l'attivazione del complemento e in particolar modo la frazione C5a. L'aumento della permeabilità vasale porta ad un accumulo di liquido negli alveoli, con edema polmonare. Trattandosi essenzialmente di una reazione immunitaria, non vi è aumento concomitante della pressione e ciò giustifica il termine di edema polmonare non cardiogeno, utilizzato in passato per identificare questa condizione. Pur essendo determinata dall'infusione passiva di anticorpi anti-leucocitari, è possibile che siano coinvolti anche anticorpi antileucocitari preformati del ricevente (anticorpi anti-HLA ad alto titolo). Questi ultimi reagirebbero con i leucociti presenti negli emocomponenti eritrocitari, piastrinici e leucocitari trasfusi. Nella maggior parte dei casi descritti nel siero del donatore sono presenti anticorpi diretti verso gli antigeni HLA di classe I (A2 e B35) e verso quelli propri dei granulociti /NB2, NA2 e 5b).

Nonostante la maggiore abilità nel conoscere e nel trattare questa complicanza, la mortalità permane alta, compresa tra il 5% ed il 20% dei pazienti colpiti.

 

Sintomatologia

Distress respiratorio acuto, dispnea, cianosi, febbre, brividi.

La radiografia del torace mostra infiltrazione polmonare bilaterale senza segni di insufficienza del cuore destro.

Conseguenze

Ipossia potenzialmente fatale.

Laboratorio

Nessun segno di incompatibilità sierologica. 

Terapia
  1. Sono stati spesso utilizzati i corticosteroidi, ma la loro efficacia non è stata provata.

  2. Terapia di supporto cardiopolmonare per edema ed ipossia; ossigeno; ventilazione tramite intubazione e con pressione positiva; diuretici in caso di sovraccarico di volume. 

Prevenzione

E' improbabile che i pazienti che abbiano sviluppato una TRALI abbiano un'altra reazione dello stesso tipo, in quanto essa appare essere donatore-specifica.

I donatori implicati in un caso di TRALI e che posseggano potenti leucoagglutinine possono scatenare reazioni anche in altri pazienti e dovrebbero quindi essere eliminati.

 

Graft versus Host REACTION Transfusion Associated (GvHR-TA)

 

E’ una complicanza che insorge quando il paziente è portatore di una immunodeficienza congenita, fisiologica (trasfusioni intrauterine o nei neonati prematuri) o acquisita, come nell’infezione da HIV. Può presentarsi tra i 3 ed i 30 giorni dopo la trasfusione di qualsiasi emocomponente contenga un numero sufficiente di cellule linfoidi immunocompetenti.

Nei pazienti non immunodeficienti, la GvHD-TA può presentarsi quando il ricevente è portatore di un aplotipo HLA allo stato eterozigote ed è trasfuso con emocomponenti ottenuti da un donatore omozigote per lo stesso aplotipo (tipicamente nelle donazioni tra parenti di I° e II° grado).

Per tale motivo si tende attualmente a non consentire le donazioni “dedicate”.

 

Sintomatologia La GvHR-TA può manifestarsi clinicamente con un quadro acuto (5-8 giorni dopo la trasfusione: diarrea, danno epatico, febbre, cachessia sono i sintomi più frequenti) o con un quadro cronico. Quest'ultimo viene difficilmente messo in relazione con la trasfusione perché compare anche dopo un mese dalla trasfusione stessa ed ha una sintomatologia più sfumata (fibrosi dell’epidermide, del polmone e del tubo digerente, che sono gli organi bersaglio).
Conseguenze  
Laboratorio  
Terapia La terapia è conservativa. La prevenzione può essere realizzata sottoponendo le unità dei prodotti ematici da trasfondere all'irradiazione mediante i raggi y a dosi di 25-50 Gy (250-500 Rad), mentre la leucodeplezione da sola non si è rivelata del tutto efficace.
Prevenzione

Dal momento che la GvHR-TA può essere prevenuta se la terapia trasfusionale viene praticata con emocomponenti preventivamente sottoposti all'irradiazione con i raggi y, che inattivano la funzione dei leucociti, è intuitivo che tutti i pazienti trapiantati, sia con cellule staminali emopoietiche che con organi, debbano essere sempre trasfusi con preparati sottoposti a questa procedura.

E’ pertanto indicata l’irradiazione dei prodotti cellulari:

  • per tutte le trasfusione di granulociti

  • in caso di donazioni da membri familiari di I° e II° grado o di donazioni HLA selezionate

  • se il ricevente ha uno stato di immunodeficienza congenita (in particolar modo immunodeficienze cellulomediate).

  • se il ricevente è un paziente emato-oncologico particolarmente compromesso

  • nella malattia di Hodgkin

  • nei pazienti trattati con analoghi delle purine (fludarabina, cladribina deoxicoformicina)

  • nei pazienti allo-trapiantati da 1 anno o più, se ancora in terapia o profilassi immuno-soppressiva per la GVHD

  • negli auto-trapiantati con condizionamento inferiore ai 6 mesi, se hanno ricevuto TBI o 3 mesi se solo condizionati con chemioterapia.

  • in ogni trasfusione di cellule prima dei 10 giorni dai regimi di raccolta di cellule staminali

  • nelle trasfusioni intrauterine e nel neonati

REAZIONE EMOLITICA SU BASE NON-IMMUNITARIA

L'osservazione di un'emolisi in assenza di anticorpi anti-eritrocitari dimostrabili deve indurre a ricercare altre possibili cause quali:

  • eccessivo riscaldamento dell'unità trasfusionale;

  • congelamento accidentale dell'unità trasfusionale;

  • contatto con soluzioni EV incompatibili con il sangue nella sacca o nel set di infusione;

  • eritrociti vicini alla scadenza infusi sotto pressione o con pompa endovenosa;

  • trauma meccanico da parte di dispositivi di recupero intra-operatorio o pompa cardiopolmonare;

  • infusione di grandi volumi di soluzioni ipotoniche rispetto al sangue;

  • presenza di contaminazione batterica;

  • presenza di difetti eritrocitari o emoglobinici rari (nel donatore).

 

Sintomatologia

Emoglobinuria, raramente altri sintomi di emolisi acuta

Conseguenze

In genere non gravi, sebbene l'emolisi possa essere cospicua. E' essenziale correggere la causa dell'emolisi per minimizzare le complicazioni.

Laboratorio

Emoglobinemia, emoglobinuria in assenza di incompatibilità sierologica.

Terapia

In genere non è necessaria alcuna terapia, anche se è opportuno monitorare il paziente in caso di emolisi significativa.

In caso di ipotensione o segni di insufficienza renale è necessario intraprendere gli stessi provvedimenti indicati per le reazioni emolitiche acute.

Prevenzione

Evitare con cura tutte le possibili cause che si sanno contribuire all'evento.

BIBLIOGRAFIA

  1. AABB Technical Manual, 11th ediiton. American Association of Blood Banks, Bethesda, NY, 1993.

  2. Westphal RG. Handbook of Transfusion Medicine. The Roberts Press, Charlotte,Vermont, 1987.

  3. Jenner PW, Holland PV. Diagnosis and management of transfusion reactions. In: Clinical Practice of Transfusion Medicine. Petz LD, Swisher SN, Kleinman S, Spence RK, Strauss RG, eds. 3rd edition, Churchill Livingstone, NY, 1996, pp. 905-929.

  

 Copyright© 1999/2005 - Francesco Angelo Zanolli - Ultimo aggiornamento in data 16/11/2005