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I SISTEMI GRUPPOEMATICI

 

Un sistema gruppoematico comprende gli antigeni la cui produzione è guidata da alleli ad un singolo locus cromosomico o da alleli tanto strettamente legati tra loro che tra di essi non possa avvenire, o sia rarissimo, un crossing-over (1).

Nella maggior parte dei sistemi gruppoematici lo stesso carattere viene utilizzato per descrivere il gene del gruppo sanguigno e l'antigene di cui guida la produzione. Al fine di indicare se si intenda parlare del gene o dell'antigene, i simboli dei geni devono essere scritti in corsivo oppure sottolineati. Ad esempio, il gene M codifica la produzione dell'antigene M, il gene Jka quella dell'antigene Jka.

La maggior parte dei geni dei gruppi sono autosomici e codominanti. Una piccola parte non produce antigeni determinabili e si parla in tal caso di geni amorfi.

L'antigene è la struttura sulla membrana eritrocitaria in grado di complessarsi con il suo specifico anticorpo. Un fenotipo è la descrizione di quali antigeni sono presenti sugli eritrociti di un individuo mentre un genotipo è la descrizione dei geni di un individuo.

I fenotipi sono determinati con tests sierologici che rivelano la presenza o l'assenza di antigeni eritrocitari. I genotipi possono sono determinati con certezza con studi familiari, anche se i probabili genotipi sono spesso basati su un'interpretazione di quali geni l'individuo probabilmente porta per il fatto di avere eritrociti del fenotipo osservato.

Un individuo con geni identici in un dato locus di entrambi i cromosomi che compongono la coppia viene definito omozigote; se i geni sono differenti, viene definito eterozigote.

 

SISTEMA GRUPPOEMATICO AB0

 

Il sistema gruppoematico più importante è l'AB0 (2). Vi sono 3 geni allelici al locus AB0 nel cromosoma 9: A, B e 0. I primi 2 codificano i relativi antigeni di membrana mentre il gene 0 non produce un antigene rilevabile.

Gli individui che mancano dell'antigene A presentano nel plasma l'anticorpo anti-A, quelli che mancano dell'antigene B presentano l'anti-B; tali anticorpi, appartenenti alla classe IgM, sono definiti "naturali" o "attesi" per la costanza della loro presenza; si sviluppano infatti in tutti gli individui, in assenza di uno stimolo antigenico dimostrabile. A differenza di questi anticorpi, tutti gli altri vengono prodotti soltanto quale risposta ad una precedente immunizzazione (gravidanza, trasfusione); per tale motivo sono definiti "immuni" o "inattesi".

Antigeni ed anticorpi del gruppo AB0 sono indicati nella tabella che segue.

 

Gruppo

antigeni eritrocitari

genotipi

Anticorpi nel plasma

0

-

0/0

anti-A, anti-B

A

A

A/0, A/A

anti-B

B

B

B/0. B/B

anti-A

AB

A,B

A/B

-

 

Eritrociti che presentano antigeni del sistema AB0 non possono essere trasfusi ad un paziente che possegga il corrispondente anticorpo per la possibilità che si sviluppi una reazione emolitica dagli esiti potenzialmente fatali. L'infusione di plasma non compatibile, anche se viene generalmente evitata, è meno critica per la diluizione della quantità trasfusa nella molto più grande massa plasmatica del ricevente. In quest'ultimo caso, una reazione emolitica può essere causta solamente da infusioni di quantità molto grandi di plasma, contenenti oltretutto anticorpi eccezionalmente potenti.

 

Biochimica ed ereditarietà deGLI ANTIGENI AB0

 

Il gene A codifica per la produzione di una galattosamin-transferasi che aggiunge una N-acetil-galattosamina all'antigene H, catena di carboidrati con funzioni di substrato precursore. Il gene B codifica per la produzione di una galattosil-transferasi che aggiunge all'antigene H un D-galattosio.

Il gene 0 è simile all'A, fatta eccezione per la delezione di una singola base. Quale risultato, il gene 0 non codifica per una transferasi funzionale e gli eritrociti del gruppo 0 esprimono sulla loro superficie soltanto la sostanza H.

La sostanza H è prodotta da una fucosil-transferasi codificata dal gene H sul cromosoma 19.

Gli individui che ereditano 2 geni h (essendo h un raro allele amorfo di H) non sono in grado di aggiungere le sostanze con funzione antigenica A, B ed H ai loro precursori ed appaiono di gruppo 0. Questo raro fenotipo è noto come "Bombay" o "Oh".

Gli individui con fenotipo "Bombay" possono produrre potenti anticorpi contro le sostenze A, B ed H e sono pertanto compatibili soltanto con eritrociti di altri soggetti "Bombay".

 

SISTEMA GRUPPOEMATICO Rh

 

Il sistema gruppoematico Rh, secondo per importanza al solo AB0, è sicuramente il più complesso (2). La sua importanza deriva dal fatto di essere associato con reazioni emolitiche e di poter essere alla base di forme gravi di malattia emolitica neonatale.

Per gli antigeni del sistema Rh vengono utilizzate le tre differenti nomenclature riportate nella tabella che segue.

 

Nomenclatura

Rosenfield

Fisher-Race

Weiner

Antigeni

Rh:1

D

Rho

Rh:2

C

rh'

Rh:3

E

rh"

Rh:4

c

hr'

Rh:5

e

hr"

 

Attualmente la più utilizzata tra le 3 nomenclature è quella di Fisher e Race.

L'antigene più importante del sistema Rh è il D. La presenza di questo antigene conferisce all'individuo la qualifica di "Rh positivo" mentre la sua assenza lo fa definire "Rh negativo". 

L'antigene D è il più immunogeno degli antigeni del fenotipo Rh, causando un'immunizzazione in almeno il 50% dei casi nei quali un soggetto Rh negativo riceve una singola unità Rh positiva. La lettera "d" è comunemente utilizzata per indicare la mancanza della sostanza D nei soggetti Rh negativi, per quanto non sia mai stato identificato un antigene d e non sia mai stato identificato un anticorpo anti-d.

L'ereditarietà degli antigeni del sistema Rh è determinata da un complesso di 2 geni strettamente legati: un gene codifica la proteina D, l'altro le proteine C o c ed E o e.

Gli individui Rh positivi possiedono sia i geni D che CE mentre gli individui Rh negativi possiedono soltanto un gene CE. A seconda del tipo di geni presenti su di un cromosoma sono possibili 8 combinazioni antigeniche o aplotipi: Dce, DCe, DcE, DCE, (d)ce, (d)Ce, (d)cE, (d)CE.

Il genotipo di un soggetto ed il suo fenotipo dipendono dagli aplotipi che eredita. Di seguito sono riportati i genotipi ed i fenotipi più comuni nei soggetti caucasici.

 

Fenotipo

Genotipo

Frequenza nei soggetti caucasici

cde

cde/cde

13.7%

cDe

Dce/dce

3.0%

CDe

CDe/CDe

17.6%

cDE

cDE/cDE

2.0%

CcDEe

CDE/cDe

<0.01%

CcDEe

CDe/cDE

11.5%

 

Come si può notare, fenotipi identici possono essere l'espressione di genotipi differenti.

Si sono identificati 18 fenotipi comuni, corrispondenti a 36 genotipi. Il genotipo di una persona può essere pertanto stabilito con certezza soltanto tramite studi familiari.

Un'immunizzazione nei confronti di antigeni Rh (così come di qualsiasi sistema gruppoematico che non sia l'AB0) può manifestarsi soltanto quale risultato di una trasfusione o di una gravidanza. Gli anticorpi contro l'Rh sono primariamente IgG che possono attraversare la placenta ed emolizzare gli eritrociti fetali, dando la condizione patologica nota come Malattia Emolitica Neonatale (MEN).

 

ALTRI SISTEMI GRUPPOEMATICI (1,2)

 

Sono state finora studiate e catalogate oltre 600 sostanze con caratteristiche antigeniche (1).

Vengono qui ricordati i più comuni ed importanti tra di essi.

 

Sistema Kell. Il sistema Kell è costituito da 3 set di antigeni (K/k, Kpa/Kpb, Jsa/Jsb) codificati da geni mappati sul cromosoma 7. Si tratta di un sistema molto importante in medicina trasfusionale, dal momento che anticorpi diretti contro questi antigeni, generalmente IgG, sono frequentemente responsabili di allo-immunizzazione.

 

Sistema Lewis. I geni di questo sistema codificano per una fucosil-transferasi che catalizza la formazione di due antigeni oligosaccaridici: Lea e Leb . Questi antigeni non sono parte integrante della membrana degli eritrociti, ma sono antigeni solubili che possono essere presenti nei fluidi e nelle secrezioni corporee. Gli anticorpi rivolti verso gli antigeni Le sono IgM e, quindi, non possono causare reazioni emolitiche nel neonato e raramente sostengono reazioni emolitiche da trasfusione.

 

Sistema I. Esistono due genotipi differenti che realizzano due fenotipi: gli individui “I” possiedono un enzima che ramifica le strutture glucidiche del sistema AB0 sui globuli rossi; gli individui “i” non possiedono l’enzima. La maggior parte degli adulti ha il fenotipo I e possiede anticorpi IgM anti-i.

Queste IgM non danno né reazione emolitica nel neonato né nelle trasfusioni.

 

Sistema P. Ha importanza solo nei soggetti che possiedono questo antigene e contraggono la sifilide.

L’agente sifilitico è infatti in grado di stimolare la formazione di immunoglobuline che si legano agli antigeni P sui globuli rossi determinando, a basse temperature, emoglobinuria parossistica a frigore.

 

Sistema MNSs. Gli antigeni MN e Ss si trovano su due glicoproteine di membrana (glicoforina A e B) e stimolano la formazione di anticorpi rispettivamente IgM e IgG.

Ig anti-S si sviluppano in seguito a trasfusioni ripetute o dopo gravidanza.

 

Gli anticorpi correlati agli antigeni sopra descritti, come quelli del sistema Rh, sono "inattesi" e possono dare prove di compatibilità positive.

Alcune sono IgG immuni, reattive a 37°C possono avere significato clinico, dando reazioni trasfusionali e malattia emolitica del neonato. Altri sono IgM, presenti naturalmente, reattive a freddo e senza significato clinico, non dando solitamente una distruzione delle emazie in vivo.

E' in ogni caso importante identificare e titolare gli anticorpi svelati dalle procedure di routine, al fine di poter reperire sangue negativo per eventuali trasfusioni.

Alcuni anticorpi contro antigeni eritrocitari sono relativamente comuni, per cui è importante conoscerne il significato (vedi tabella).

 

CONSEGUENZE DELLA PRESENZA DI ANTICORPI SULLA MEMBRANA ERITROCITARIA (3)

 

Alcuni anticorpi, particolarmente IgM contro gli antigeni del sistema AB0, possono causare la fissazione di frazioni del complemento sulla superficie degli eritrociti, causando un'emolisi.

L'emolisi provoca liberazione di Hb nel plasma, dando emoglobinemia ed emoglobinuria.

Questa emolisi è definita "intravascolare".

Nella maggior parte degli stati emolitici, la distruzione eritrocitaria ha invece luogo a livello delle cellule del sistema reticolo endoteliale (sistema mononucleare-macrofagico). In questi casi non si verificano né emoglobinemia né emoglobinuria, ma vi è un aumento di bilirubina e prodotti della sua degradazione. Questo tipi di emolisi è generalmente causato da IgG che non fissano il complemento ed è definita "extravascolare".

 

TEST SIEROLOGICI PER L'evidenziazione degli anticorpi anti-eritrocitari

 

Quando degli anticorpi anti-eritrocitari reagiscono con antigeni della membrana eritrocitaria si può verificare un'agglutinazione, particolarmente se essi appartengono alla classe IgM.

Molte IgG reagiscono invece con i corrispondenti antigeni della membrana eritrocitaria senza causare agglutinazione. Per tale ragione è stato sviluppato il test all'antiglobulina (test di Coombs).

Il siero di Coombs è composto da anticorpi contro le IgG umane o frazioni del complemento, in grado di formare un ponte tra tali proteine attaccate agli antigeni della membrana eritrocitaria e di determinare un'agglutinazione visibile.

Il test all'antiglobulina può essere "diretto" o "indiretto". Nel primo gli eritrociti del paziente, dopo essere stati lavati per rimuovere IgG non legate alla membrana, sono testate "direttamente" con il siero anti-globuline o anti-complemento, al fine di stabilire se siano state ricoperte "in vivo" da IgG o frazioni del complemento, come accade nelle anemie emolitiche autoimmuni.

Nel test "indiretto" il siero del paziente viene incubato con eritrociti normali al fine di causare l'adesione di eventuali anticorpi enti-eritrocitari agli antigeni eritrocitari. Gli eritrociti dopo essere stati lavati per rimuovere IgG non legate alla membrana, sono testati con il siero anti-globuline, al fine di evidenziare l'eventuale presenza di anticorpi sierici.

Nella tabella che segue sono riassunte le motivazioni per le quali si ricorre all'uno o all'altro dei due test.

 

Test di Coombs diretto

Test di Coombs indiretto

Diagnosi di M.E.N.

Presenza di anticorpi irregolari nel siero del paziente

Anemia emolitica autoimmune

Prove di compatibilità

Sensibilizzazione eritrocitaria da farmaci

Presenza di antigeni eritrocitari non identificabili con altre tecniche

Reazioni trasfusionali emolitiche

 

 

IL SISTEMA HLA

 

Nel 1958 Dausset descrisse il primo gruppo di antigeni leucocitari nell’uomo. Numerosi altri antigeni, descritti negli anni successivi, hanno messo in evidenza la complessità del sistema di istocompatibilità umano, denominato HLA da Human Leukocyte Antigens.

Periodiche riunioni internazionali di lavoro (workshops) hanno permesso l’individuazione di circa 100 antigeni differenti.

I geni ed i prodotti molecolari del sistema HLA rivestono un ruolo fondamentale nell’immunoregolazione, in campo trapiantologico e trasfusionale (4,5). Tali geni contribuiscono al riconoscimento del “not self”, alla riposta immunitaria nei confronti di nuovi antigeni e nel coordinamento dell’immunità cellulare ed umorale; i loro prodotti sono delle glicoproteine distribuite nelle membrane di tutte le cellule nucleate.

Gli antigeni HLA sono prodotti di geni in stretto linkage sul braccio corto del cromosoma 6. Questa regione di DNA viene definita come “complesso maggiore di istocompatibilità” (MHC) ed è solitamente ereditata in blocco, come un aplotipo. Ogni locus possiede alleli multipli ad espressione codominante dei prodotti per ogni cromosoma.

Il sistema HLA costituisce uno dei più polimorfici sistemi genetici umani. Le prime tre sottoregioni individuate, HLA-A, HLA-B ed HLA-C contengono i loci maggiori codificanti per gli antigeni di classe I. La regione codificante per gli antigeni di classe II, denominata HLA-D, è situata alla sinistra della regione HLA-B (più vicina al centromero) ed è suddivisa in 3 sottoregioni HLA-DP, DQ e DR. Collocato tra I geni di classe I e classe II vi è un gruppo fi geni che codifica per le molecole di classe III, che non sono antigeni HLA ma molecole correlate all’immunità. Esse includono i geni codificanti per la produzione di proteine del complemento (C2, Bf, C4A, C4B), un enzima steroideo (21-idrossilasi) e una citochina (il "tumor necrosis factor").

 

HLA e trasfusione

 

I pazienti che abbiano ricevuto frequenti trasfusioni piastriniche si alloimmunizzano frequentemente nei confronti degli antigeni HLA. Di conseguenza, le piastrine trasfuse mostreranno tempi di sopravvivenza sempre più corti. In questi pazienti può essere necessario ricorrere a piastrine compatibilizzate.

Gli anticorpi anti-HLA si sono inoltre rivelati implicati nella patogenesi delle reazioni trasfusionali febbrili non emolitiche, della TRALI (transfusion-related acute lung injury) e della GvHD-ta (transfusion-associated graft-versus-host disease.

 

HLA e trapianto

 

Il sistema HLA riveste un ruolo critico nel trapianto di midollo osseo. Simiglianza e compatibilità HLA tra donatore e ricevente sono fattori fondamentali sull’incidenza di attecchimento e GvHD. Sebbene i donatori consanguinei compatibili siano la prima scelta per il trapianto di midollo , vi è un utilizzo sempre maggiore di donatori compatibili non imparentati, provenienti dagli archivi computerizzati.

Nel trapianto di rene la compatibilità HLA tra donatore e ricevente contribuisce alla probabilità di lunga sopravvivenza del trapianto. La compatibilità è particolarmente importante nei riceventi alloimmunizzati. Prima del trapianto, è richiesta una compatibilità maggiore (siero del ricevente contro linfociti del donatore). Una prova di compatibilità maggiore positiva rappresenta una controindicazione al trapianto di rene, dal momento che è predittiva di una grande probabilità di reazione di rigetto iperacuta.

Per quanto riguarda i trapianti di fegato, pancreas, cuore e cuore-polmone il grado di compatibilità tra donatore e ricevente ed i risultati delle prove di compatibilità non sono in grado di predire con accuratezza il successo del trapianto. In ogni caso, la prova di compatibilità non è richiesta prima dell’intervento e la distribuzione degli organi sopra indicate non è basata sulla compatibilità HLA.

 

HLA e indagini di paternità

La tipizzazione HLA si è dimostrata estremamente utile nei test di paternità essendo il sistema altamente polimorfico, gli antigeni già ben sviluppati alla nascita e non ricorrendo nessun singolo aplotipo con un’alta incidenza nella popolazione generale.

HLA e malattie

 

In alcune situazioni patologiche si sono studiate delle associazioni tra fenotipo HLA e frequenza delle manifestazioni cliniche. L’uso dei profili HLA per identificare gli individui a rischio non rappresenta più che un’associazione statistica tranne che per le malattie monogenetiche causate da geni direttamente legati al sistema HLA: carenza della 21-idrossilasi, emocromatosi idiomatica e deficit delle frazioni C2 o C4 del complemento. Per tali malattie vi è un’associazione assoluta in singole famiglie tra trasmissione della malattia ed ereditarietà di certi geni o aplotipi HLA.

La tipizzazione HLA ha soltanto un limitato valore clinico poichè l’associazione è incomplete e dà spesso risultati falsamente negativi o positivi. Per esempio, più del 90% dei pazienti Caucasici con spondilite anchilosante possiede l’antigene HLA-B27. Soltanto il 20% degli  individui, tuttavia, con l’antigene B27 sviluppa spondilite anchilosante. In pratica, la tipizzazione HLA-B27 è più utile nel differenziare la spondilite anchilosante dalla variante giovanile dell’artrite reumatoide.

Sebbene non si siano realizzate le molte promesse che la tipizzazione HLA inizialmente mostrava di essere clinicamente utili nel predirre la suscettibilità o la severità del quadro morboso, ciò non significa che il sistema HLA non abbia rilevanza nei confronti delle malattie. Molti processi morbosi sono multifattoriali e uno o più geni addizionali di suscettibilità o agenti ambientali scatenanti dovranno essere ancora identificati.

 

BIBLIOGRAFIA

 

  1. Issitt PD. Applied blood Group Serology, 3rd edition, Montgomery Scientific Publications, Miami, FL, 1985.

  2. Rippee C, Myers J, Gindy L. Blood Groups In: Clinical Practice of Transfusion Medicine. Petz LD, Swisher SN, Kleinman S, Spence RK, Strauss RG, eds, 3rd edition, Churchill Livingstone, NY, 1996, pp. 71-151.

  3. Petz LD, Garratty G. Acquired Immune Hemolytic Anemias. Churchill Livingstone, NY, 1980.

  4. Cecka M. The HLA System, In: Clinical Practice of Transfusion Medicine. Petz LD, Swisher SN, Kleinman S, Spence RK, Strauss RG, eds, 3rd edition, Churchill Livingstone, 1996, pp. 153-175.

  5. Technical Manual. Walker RH, ed., American Association of Blood Banks, Bethesda, MD, 1993, pp. 287-307.

  6. Calhoun L, Petz LD. Erythrocyte Antigens and Antibodies, In: Wllliams Hematology. Beutler E, Lichtman M, Coller B, Kipps T, eds,5th edition, McGraw-Hill, Inc., NY, 1995, pp. 1595-1610

  

 Copyright© 1999/2005 - Francesco Angelo Zanolli - Ultimo aggiornamento in data 16/11/2005