Il mondo della Tradizione
Saggio sui principi
fondamentali della Tradizione
1. DALLE ORIGINI AL MONDO MODERNO
Nel linguaggio comune il termine Tradizione ha ormai assunto il significato
di consuetudine, di abitudine e di costume. Quando si parla di Tradizione ci si
riferisce a qualcosa che è appartenuto e che appartiene al passato lontano, il
cui ricordo assume oggi solo una forma folcloristica. Un esempio ce lo offre il
Natale, del quale rimane attuale solo l’aspetto consumistico, tanto che per la
maggioranza delle persone ha ormai perso il valore sacro che possedeva in
origine. Non è assolutamente questo il senso e il valore, che si deve
attribuire alla Tradizione, in quanto essa è l’insieme di valori eterni, sacri
ed incorruttibili. Passando all’esame del mondo tradizionale va subito
affermato che esso conosce un’unione, un collegamento effettivo, tra la realtà
divina e quella umana, tra spirito e materia. Questa unità né conosce né
concepisce la scissione che è propria al mondo moderno, scissione tra sacro e
profano (1). Per la Tradizione la partecipazione al sacro è il fondamento di
tutta la vita, personale e collettiva, divenendo un’incessante ricerca e ascesa
verso l’alto. La stessa Natura con i suoi ritmi e le sue leggi, è concepita
come la manifestazione visibile di un ritmo e di un ordine superiore. Tra cielo
e terra, tra Dio e uomo, non c’è alcuna separazione o distacco, bensì una vera
e propria "similitudine", scorgendo nel secondo il riflesso del
primo. Per la dottrina tradizionale, i fenomeni e le forze della natura vanno
percepiti come l’espressione di una realtà superiore in quanto simboli atti a
spiegare la conoscenza non umana. Premesso questo, si può affermare che l’uomo
tradizionale, a differenza dell’uomo moderno, non ha una concezione elementare
della Natura, ma al contrario possiede una percezione simbolica e spirituale
della stessa. Comprendere il reale significato dei simboli diventa così un
sostegno per l’uomo che oggi vuole intraprendere la via della risalita.
Al luogo dell’utopia materialista e progressista dell’
"evoluzione", la civiltà tradizionale conosce una verità opposta: la
visione ciclica ed eterna. "Dalla nobiltà delle origini", nello
scorrere del tempo, si venne a creare una involuzione. Dalla perfezione
dell’origine, infatti, si verificò una caduta dovuta alla dequalificazione
dell’uomo, che originariamente non era, come vuol farci intendere la moderna
teoria evoluzionista, un essere animalesco, ma al contrario un essere migliore
di quello attuale: un "più-che-uomo", un semidio. Così se per la
scienza moderna, attraverso la sovversiva teoria evoluzionistica dell’uomo, gli
uomini da stati inferiori si sono sempre più evoluti, per la cultura tradizionale
da stati superiori originari gli esseri sono decaduti in stati sempre più
condizionati da fattori terrestri e materiali. Questa caduta, determinata dal
prevalere dell’elemento umano e mortale, è conosciuta nella memoria di vari
popoli come "l’oscuramento degli Dei", cioè il ritirarsi delle
influenze celesti e l’incapacità da parte dell’uomo di non sapere più attrarle
verso sé.
Vi sono, quindi, due modi di intendere e di interpretare la Storia.
Da una parte quello moderno e progressista che considera il tempo come un
ordine di avvenimenti successivi, misurabili come una quantità, con un prima e
un dopo, che procede secondo un ritmo numerico e cronologico. Dall’altra vi è
il modo tradizionale, ciclico, simbolico, che guarda allo sviluppo e al
tramontare delle civiltà. Dal libro di Esodo "Le opere e i giorni"
possiamo ricavare la concezione che gli antichi avevano della Storia divisa in
quattro età. Per loro il tempo non scorreva uniformemente e indefinitamente, ma
si ripartiva in cicli o periodi, ciascuno dei quali aveva un proprio
significato e una propria specificità. Ognuno di questi cicli era
quantitativamente diseguale e il loro insieme formava la totalità del tempo. I
vari periodi venivano simbolicamente raffigurati da diversi metalli – Oro,
Argento, Bronzo e Ferro – a seconda del loro rapporto con l’origine. Questi
diversi metalli esprimono simbolicamente un processo di decadenza spirituale
attraverso quattro cicli o generazioni. Secondo questa visione, come già detto
in precedenza, l’umanità all’inizio avrebbe conosciuto una vita simile agli
Dèi, in seguito sarebbe decaduta a forme di organizzazioni sociali dominate
dall’empietà, dalla cupidigia, dalla violenza e dall’inganno. Dalla perfezione
delle origini si è passati alla separazione del potere guerriero da quello
spirituale, per concludersi nel dominio della razza dei mercanti (borghesia).
In questo modo alterata l’unità del Principio, si venne a creare una vera e
propria involuzione. Questa verità si ritrova in molti testi sacri, dove si
conserva il ricordo delle origini, come qualcosa di luminoso e immortale. Si
parla di una mitica razza che abitava nella luce eterna, in rapporto diretto
con le forze cosmiche e divine. Infatti, non si conosceva fatica e dolore, la
terra era generosa e produceva spontaneamente i frutti in abbondanza e gli
uomini non conoscevano né vecchiaia, né morte. Questi ultimi erano saggi e
felici, "coloro che sono e che possono". Si narra di un tempo
primordiale che per le sue caratteristiche venne definito "il ciclo dei
Veglianti". La sede, collocata all’estremo Nord, venne chiamata la
"Terra dei Veglianti, la sempre verde e lucente". Questa è la patria
degli Iperborei, la mitica Thule, Avallon, il Continente bianco, il Paradiso
terrestre o l’Età dell’Oro, dalle cui radici fiorirono tutte le civiltà. Era
questo il tempo in cui si poteva dire di "uomini che erano simili a Dèi
mortali e di Dèi che erano simili a uomini immortali". E’ evidente come,
nell’epoca primordiale, uomini e Dèi vivevano in totale armonia, un epoca in
cui l’adesione alla verità e alla giustizia era naturale ed assoluta.
Gli Iperborei, la razza delle origini, che chiamavano se stessi gli
Arya, i nobili, incarnavano una natura olimpica e regale. Alcuni simboli e
caratteristiche che contraddistinguono questa età ne fanno comprendere meglio
il suo valore. Si ritrovano, così, le idee di Stabilità e di Centralità, i cui
simboli sono: il Polo, la Pietra di fondamento, il Centro, le Vette
inaccessibili, la Vita e l’Immortalità, la Luce, il Fuoco ed il Sole.
In un dato momento l’unità tra la divinità e l’uomo viene meno, di
conseguenza quest’ultimo è sempre più preda di elementi materiali. Privo di
ogni riferimento superiore, l’uomo sprofonda nell’insicurezza e nell’angoscia
di fronte allo scorrere banale dell’esistenza. Conformità e fedeltà iniziale,
andarono progressivamente tramontando sino all’apparire del mondo moderno.
La memoria storica dei popoli antichi, afferma che il passaggio da
un’epoca all’altra era caratterizzato da veri e propri cataclismi. Un esempio innegabile
è l’inclinazione dell’asse terrestre e il conseguente mutamento del clima. Di
questo evento si conserva il ricordo in molte tradizioni che parlano di una
mitica glaciazione che rese inospitale la sede iperborea e necessaria la
migrazione dei suoi abitanti. Simbolicamente, l’inclinazione dell’asse
terrestre rappresenta la caduta, l’alterazione spirituale e la conseguente
perdita del "Centro", cioè delle origini (2). La conseguenza di tale
caduta fece sì che ciò che era manifesto si oscurò e dalla prima età, quella
dell’Oro, il Ciclo artico, si passò alla seconda: l’età dell’Argento o Ciclo
atlantico. Quest’ultimo è indubbiamente meno regale del primo, ma pur sempre
nobile. In quest’età, come reazione alla perdita dello stato primordiale, nasce
la Religione; dal latino Re-ligio = ricollegare, riannodare; con le sue forme
panteistiche, devozionali e mistiche. Simboli per eccellenza di questo periodo
sono la luna, la notte, il serpente (fecondità), che indicano l’elemento
femminile. La donna, quale madre, viene eretta a principio e sostanza della
generazione. La divinità maschile è concepita come mortale. Inoltre la società
è regolata dal principio sacerdotale e la funzione regale è confinata al solo
potere politico. Quest’epoca difatti segna l’inizio della separazione del
potere politico dall’Autorità spirituale. Ma il ciclo di caduta non si arresta,
così al secondo periodo subentrò l’età del Bronzo o Ciclo dei Giganti. Questa
fase è caratterizzata dall’affermazione della virilità selvaggia e materializzata,
l’elemento spirituale è ormai secolarizzato (3). Non esiste più la vera
Autorità, ma un semplice dominio che per affermarsi deve adoperare la forza.
Questa è l’epoca della violenza e dell’usurpazione. Infine, viene l’età del
Ferro o "Ciclo oscuro", corrispondente al nostro tempo, dove
predominano l’ingiustizia, la morte e il dolore. In questa fase "fa da
re" il potere economico, l’uomo è impegnato esclusivamente alla ricerca
del "benessere a tutti i costi", dimenticando il suo rapporto con il
divino. Prendono il sopravvento le forze infere legate allo scatenamento della
materia. La funzione regale, presente e naturale nell’Età dell’Oro, ora si è
ritirata e non è più manifesta. A queste quattro età se ne affianca un’altra,
chiamata età degli Eroi o Ciclo Ario: essa costituirà la restaurazione dell’età
aurea. Questo Ciclo è il superamento dei vari stadi di caduta, rappresentante
la riconquista dell’età aurea, con il conseguente ricollegamento alla sacralità
delle origini. Dovere dell’uomo della Tradizione è impegnarsi affinché questo
periodo veda le schiere del Fronte della Tradizione preparate ad affrontare gli
oscuri nemici e uscirne vittorioso.
2. IL SACRO E LA TRADIZIONE
Per l’uomo contemporaneo è normale considerare la divinità come una
cosa astratta e lontana, non più presente e agente nella vita di tutti i
giorni. Si vive un mondo desacralizzato, dove tutto viene sacrificato ai ritmi
della produzione e al consumo di massa, con il conseguente allontanamento da
ogni tensione interiore.
Con la parola "sacro" si afferma, non solo ciò che trascende e
oltrepassa l’uomo, il tempo e la stessa vita, bensì ciò che vive in eterno. Il
sacro, quindi, è "ciò che ricollega la vita terrena alle forze invisibili
del mondo soprannaturale", è un ordine retto da Leggi che si collocano al
di sopra dell’umano, orientato verso il divino. Etimologicamente Tradizione
deriva dal latino tradere, formato da trans = oltre; e da dare
= consegnare e indica un’azione di passaggio, che più propriamente si deve
tradurre nel concetto: "ciò che si trasmette". Tradizione non è
conservazione, fissazione delle forme esteriori o di cose di cui non si
comprende più il significato, ma trasmettere, tramandare, consegnare in modo
diretto e reale un’eredità, la cui origine non è umana, ma essenzialmente
spirituale. L’azione tradizionale è un’azione dinamica; la sua trasmissione,
come condizione primaria per realizzarsi, presuppone un collegamento tra chi
consegna e chi riceve, quest’ultimo ha il dovere di continuare a far vivere
l’eredità dei Padri. Questa eredità si manifesta sotto forma di forza
ordinatrice, lungo le varie generazioni, informando tutta la realtà e superando
il fatto materiale e biologico del vivere stesso.
Con rigore si deve parlare di "Trascendenza Immanente",
cioè di una forza spirituale che agisce come presenza reale, viva, dinamica e
creatrice, attraverso istituzioni, culture, costumi, leggi, religioni e altri
ordinamenti, facendo "in modo che i valori spirituali e super-individuali
costituiscano l’asse e il supremo punto di riferimento per l’organizzazione
generale". (4) Ciò assicura la continuità dei principi da un’epoca
all’altra, per far sì che tutte le attività siano orientate in modo unitario,
secondo un’idea centrale, direzionata dall’alto e verso l’alto.
Assumersi l’onere di dirsi oggi uomo della Tradizione diviene un
impegno, affinché il testimone che ci viene consegnato possa essere tramandato
a chi verrà dopo di noi.
3. CHE COS’È LA METAFISICA
La Metafisica, dal greco meta = oltre e physis =
natura, è ciò che si pone oltre l’umano e il visibile, che oltrepassa tutto ciò
che è sottomesso all’influenza dei sensi, condizionato dai vincoli di
"tempo", di "spazio" e alla natura mutevole ed effimera.
Tempo e spazio definiscono lo stato materiale, limitato dalle
condizioni che ne costituiscono la natura. Infatti, al di fuori del mondo
sensibile, non si può parlare di tempo, di spazio, né di altro condizionamento.
Per la dottrina tradizionale, la materia e il divenire sono ciò che cambia e si
identificano con il disordine, con la molteplicità e con le divisioni, questo è
il mondo soggetto al ciclo di nascita, crescita e morte. Al contrario ciò che è
sacro è messo in relazione con l’Essere, con ciò che è, con l’ordine e
l’armonia. Il sacro, per chi lo sa sentire e riconoscere, è il reale per
eccellenza, il modello consegnato direttamente dalla divinità, da un antenato o
da un eroe mitico e deve essere accettato ed osservato scrupolosamente. Quando
invece, il sacro è assente, siamo dinanzi a qualcosa di passeggero, illusorio e
senza significato.
Le diversità di lingua, costume, legge o religione, non
contraddicono l’unità della Tradizione. Ciò che cambia è il modo di esprimere
la verità, senza che per questo siano apportate modifiche all’essenza, cosicché
ogni forma particolare è un adattamento di quella Tradizione primordiale dalla
quale tutte le altre sono derivate direttamente. Questo adattamento si è
realizzato per rendere questa verità accessibile ai popoli che vivono in
differenti luoghi geografici e che hanno per loro natura caratteristiche
diverse l’uno dall’altro.
La Tradizione non ha mai avuto inizio, né avrà mai una fine, perché
sempre è stata, sempre è e sempre sarà, conservando la propria validità e
legittimità in ogni epoca e in ogni luogo. Ciò che è eterno non deve essere
confuso con ciò che è perenne, che dura a lungo nel tempo; eterno è ciò che si
pone al di sopra del tempo e non è soggetto ad alcuna influenza o modifica.
4. GLI STATI DELL’ESSERE: ARCHETIPO-SPIRITO-ANIMA-CORPO
Per la Tradizione tutti gli Esseri esistono in quanto determinati
da un Principio originario e unitario. Questo principio è riconosciuto e
identificato come: Archetipo, Essere Supremo, Volontà divina, Motore immobile…
etc. Il Principio Supremo è assolutamente universale e indeterminato, unità
assoluta al di sopra di ogni qualificazione e distinzione, origine comune di
materia e spirito e in quanto tale va oltre entrambi.
Il Principio metafisico è Uno e Tutto nello stesso tempo: Uno che è
Tutto, e Tutto che è Uno. In esso avviene la risoluzione di tutte le
opposizioni e in quanto origine che viene prima di tutte le cose, ogni
molteplicità viene eliminata, divenendo unione e sintesi dei contrari:
bene-male; amore-odio; luce-tenebra; inizio-fine; pieno-vuoto; vertice-base;
etc…
Esso non può essere compreso razionalmente, perché la ragione è un
elemento temporale e quindi inadatto a comprendere un elemento eterno.
Nonostante tutti i loro sforzi, i moderni scienziati di fronte all’armonia
dell’universo ed all’ordine del cosmo brancolano da secoli nel buio. Il
Principio (archetipo) "è senza dualità, fuori di esso non vi è niente, né
manifestato né non manifestato" (5), nella sua totale infinità, comprende
allo stesso tempo l’Essere (o le possibilità di manifestazione) e il non-essere
(o le possibilità di non manifestazione). In verità è impossibile rappresentare
il Principio, poiché non ha nome né forma; non è per sua natura comunicabile
poiché ogni definizione di esso sarebbe una limitazione. Essendo origine di
tutto, è più giusto affermare "non è questo" che dare una
rappresentazione falsa e incompleta.
Questo è il piano dell’invisibile, dell’assoluto, che agisce nel
mondo come "modello e volontà divina". Oltre al Principio vi è il
piano universale dello spirito, l’ente soprannaturale che è al di sopra di ogni
essere individuale, di ogni forma terrestre, materiale e psichica. Pur non
essendo individualizzato, appartiene agli esseri individuali, ai quali comunica
la possibilità di partecipare al divino, cioè alla natura stessa dell’Essere
universale, principio di ogni esistenza. Gli altri due principi o modalità di
esistenza, appartengono al piano individuale: l’uno è l’anima, l’altro è il
corpo.
L’anima – la psiche – è il composto sottile di energie vitali
immateriali ed include ricordi, impulsi, sentimenti, percezioni, piacere,
dolore, paura, amore, odio, abitudine, desiderio, memoria, istinto, azione dei
sensi, etc. Il corpo – soma, fisico – è la sostanza materiale e grossolana,
l’involucro esteriore dell’essere, legato alle forme terrestri e materiali.
Per l’uomo che è inquadrato al cospetto della Tradizione,
l’individuo rappresenta una manifestazione transitoria e contingente
dell’Essere vero. Questa vita, quindi, non è altro che uno stato particolare
tra una moltitudine indefinita di altri stati del medesimo Essere e
assolutamente indipendente da tutte le sue manifestazioni.
Il corpo e l’anima formano l’Ego, l’individualità – l’Io
contingente – che rappresenta la proiezione orizzontale dell’uomo. Lo spirito
costituisce la personalità, l’Io superiore = il Sé, che rappresenta il nucleo
metafisico ed eterno dell’uomo, la sua realtà verticale, il suo essere vero ed
essenziale. Questa articolazione tripartita della realtà umana (spirito, anima
e corpo), dimostra come l’uomo ignorante si lasci dominare dalle passioni,
dimenticando la sua vera natura e identificandosi con il proprio
"Ego", che lo rende schiavo e vittima del suo complesso
fisico-mentale.
L’uomo della Tradizione sente l’esigenza di una formazione
interiore. Per far sì che questa si realizzi è necessario un lavoro costante
del singolo sui piani del corpo e dell’anima, andando a recidere i legami che
sono propri all’uomo mortale. Si deve compiere un’ascesi, un distacco verso
tutto ciò che è materia e sensazioni, facendo propri una lucidità ed una disciplina
che siano manifestazioni visibili di uno stile e di un ordine interiore
acquisito. Un lavoro capillare che miri al superamento di tutti i difetti, come
ad esempio l’egoismo e l’utilitarismo, andando a sostituire a questi ultimi dei
pregi. Lavorare sul piano individuale del corpo e dell’anima garantirà così, a
ciascun uomo, di acquisire una formazione sul piano più sottile: quello dello
spirito.
5. ESOTERISMO ED EXOTERISMO
Tutti i sistemi tradizionali mantengono due livelli di espressione della
loro dottrina, un aspetto divulgativo, esterno (exoterismo), un altro interno,
simbolico ed allegorico (esoterismo), che forma la parte superiore ed
essenziale della dottrina stessa. Quest’ultima è quella parte concernente
l’insegnamento metafisico, rivelato ad una minoranza, un’élite necessariamente
qualificata e capace di comprenderlo. L’élite custodisce un insieme di dottrine
metafisiche e di tecniche realizzative, che permettono di conquistare in modo
effettivo la conoscenza spirituale.
Tra esoterismo ed exoterismo non vi è contrasto, né i due livelli sono tra loro opposti, ma in
realtà sono due forme di una sola ed identica dottrina. Nel simbolismo della
Croce, l’insegnamento exoterico è rappresentato dall’asse orizzontale, mentre
l’insegnamento esoterico dall’asse verticale, le due realtà e le due direzioni
distinte contribuiscono a formare un’unica verità. L’exoterismo è il piano
della religione, dei dogmi religiosi, della devozione e del sentimento, non
supera mai il dominio dell’individualità e comprende ciò che è elementare ed
accessibile alla maggioranza degli uomini. E’ per questo che ogni religione si
adatta alle contingenze ambientali e umane dei vari popoli e delle varie
epoche. Così se nell’exoterismo è possibile riscontrare un grado di intolleranza
tra le varie religioni, nell’esoterismo questo contrasto è impensabile, poiché
la dottrina esoterica è unica, universale ed eterna.
Se l’exoterismo afferma il fondamentalismo religioso, l’esoterismo
ricerca e afferma l’unità trascendente delle religioni e delle forme
tradizionali. In questo caso il simbolo della montagna aiuta a comprendere
questa realtà: "molti sentieri ascendono e portano ad un’unica meta".
(6) Questa visione che esalta l’unità non deve essere confusa con il "sincretismo"
(7), o peggio con la contraffazione del sacro che alcuni movimenti
neo-spiritualisti come la teosofia, l’antroposofia, lo spiritismo, l’occultismo
e la parapsicologia, tentano di attuare. Nel sincretismo e nel neospiritualismo
si realizza nella migliore delle ipotesi una semplice sovrapposizione di
elementi di diversa provenienza, riuniti dall’esterno dalla sola opera umana.
Queste pseudo-vie sfruttano e deformano le regole ed i simboli di varie forme
tradizionali e come risultato finale mandano allo sbaraglio i loro adepti.
Prendere le distanze sia dagli integralisti religiosi che fomentano
lotte fratricide che dai neo-spiritualisti "fai da te", è una tra le
migliori azioni che l’uomo rispettoso delle specificità possa fare per non
cadere nel tranello della sovversione. Essa, infatti, si nutre proprio di
questi due fenomeni: dello scontro tra gli appartenenti a religioni legittime e
della diffusione di forme spurie di neo-spiritualismo.
6. L’AUTORITA’
La Tradizione è sinonimo di verità e giustizia poiché afferma tutto
ciò che è ordine, di contro alla menzogna e alla ribellione che appartiene ad
una visione moderna dell’esistenza.
Un’altra caratteristica della Tradizione è il suo rapporto diretto
con l’Autorità, dalla radice indoeuropea Aug = aumentare, crescere, da
cui deriva Auctor = Augusto, colui che è provvisto della potenza divina.
Quando si parla di Tradizione è normale riferirsi all’Autorità, che è in
diretta connessione con l’Imperium: la pienezza della potenza sovrana e
ordinatrice. L’Imperium è il potere che viene direttamente dalla divinità,
messo in relazione con la virtù e la qualità del Re, nella cui persona si
fondano insieme il potere politico, militare, legislativo e religioso. Un
esempio è rappresentato dall’aristocrazia, cioè da quell’ordine che vige in una
comunità, nella quale l’autorità genera una distinzione naturale tra gli uomini
per il loro valore, funzione, vocazione e qualità.
Dall’autorità deriva la gerarchia, dal greco jeros = sacro e
arché = principio, ordine, cioè l’ordinamento degli uomini, che pone i
migliori al di sopra degli altri. Ogni uomo è un piccolo universo e come tale
non è uguale a nessun altro, se non a sé stesso, così la gerarchia e la
selezione misurano e regolano questa diversità. "Infatti in alcuni uomini
superiori vive in forma di presenza e di realtà, ciò che negli altri esiste,
solo come aspirazione confusa, come presentimento, come tendenza, per cui
questi ultimi sono fatalmente attratti dai primi e naturalmente ad essi si
subordinano" [8]. E’ l’inferiore, infatti, ad avere bisogno del superiore.
La gerarchia non è una scala burocratica che si ascende dopo tanti
anni di anzianità o di anticamera, essa fa riferimento a valori tradizionali.
Al vertice vi è colui che meglio di altri riesce ad incarnare
questi valori, riesce a viverli e a farli propri: il migliore tra i migliori,
il "primis inter pares" cioè il primo tra i pari, colui che è dotato
di maggiori qualità. Ecco, quindi, delinearsi da una parte una minoranza,
l’élite che è qualità e dall’altra una quantità che è numero. Quanto maggiore è
il grado della qualità, tanto minore è il numero delle persone che tali valori
possiedono. Il fondamento primo dell’autorità è la qualità sacra e non umana,
la cui legittimità deriva direttamente da Dio. L’autorità è simbolo ed
espressione di ordine, pace e armonia e si realizza attraverso la gerarchia,
nella quale ognuno, riconoscendo il proprio posto, partecipa attivamente alla
vita dello Stato in una visione organica.
Questa visione organica fa sì che le diverse parti (uomini –
famiglia) contribuiscano a formare il tutto (comunità – Stato) in una armonia
generale, in cui ciascun uomo gode della propria autonomia, necessaria per
sviluppare la propria specificità o natura. Rifiutando qualsiasi prevaricazione
di una parte sulle altre, si ignora qualsiasi scissione o atomizzazione del
particolare ed ogni uomo è libero di formarsi nel proprio campo secondo la sua
natura e mediante la propria vocazione cosicché questa visione ordinata
determina il potenziamento del particolare, e non il suo ridimensionamento.
7. LE CASTE
L’idea organica dello Stato tradizionale è costituita e regolata in
quattro caste: quella dei sacerdoti, dei guerrieri, dei produttori e dei servi.
Esse corrispondono simbolicamente alla ripartizione del corpo umano:
Testa/Cervello (sacerdoti); Petto/Cuore (guerrieri); Ventre/Fegato
(produttori); Estremità/Mani, Piedi (servi).
L’ordine tradizionale non è un capriccio e la casta non è il frutto
di un arbitrio voluto dall’uomo. Non è
la nascita a determinare la natura, ma è la natura a determinare la nascita
e di conseguenza la casta di appartenenza. La casta è Legge, ordine e viene
considerata come il punto di partenza per qualsiasi elevazione spirituale.
Infatti, ognuno partecipa all’Ordine universale e al Principio sovrannaturale
restando fedele alla propria natura ed alla propria casta. La natura di un
essere viene gerarchicamente ordinata secondo giustizia in un sistema orientato
verso l’alto, così ogni disuguaglianza tra uomo e uomo non è altro che il
riflesso di una disuguaglianza più profonda, in cui ognuno, trovando il suo
posto, rispetta l’antica legge: "a ciascuno il suo". Ogni attività,
d’altronde, offre in egual modo la possibilità di una elevazione spirituale e
compiere il proprio dovere significa contribuire alla realizzazione dell’Ordine
e per tal via si partecipa al Principio metafisico.
Il riflesso politico e sociale di tale visione si può scorgere
nell’organizzazione dei popoli indoeuropei che individuavano tre funzioni
principali per suddividere la comunità, in corrispondenza dei tre aspetti
dell’essere (Spirito, Anima e Corpo), non considerando l’ultima parte
rappresentata dai servi. La prima funzione rappresenta l’amministrazione
misteriosa dell’universo, delle leggi divine e dei riti, è l’affermazione
dell’ordinamento generale del cosmo rivolto verso il mondo degli uomini. E’ la
funzione dei sacerdoti, custodi della scienza sacra delle origini, quella di
coloro che attraverso il rito attualizzano il sacro. I sacerdoti, depositari
della tecnica di consacrare e sacrificare, sono i mediatori tra cielo e terra,
tra il sacro e l’uomo.
La seconda funzione rappresenta la potenza ed il comando, la forza
della virilità, dell’eroismo e della potenza che procura "vittoria"
facendo sì che attraverso l’azione avvenga la rigenerazione dell’universo. E’
questa la funzione della casta dei guerrieri che rappresenta l’Aristocrazia, la
forza e l’energia protesa alla difesa della comunità.
La terza funzione è il simbolo della fecondità e della prosperità,
è la funzione svolta dalla maggioranza del popolo: produttori, contadini e
artigiani. Questi sono responsabili delle attività legate alla produzione dei
beni e dei servizi necessari alla comunità.
Sopra le caste è il Re, sintesi dell’unità, dell’autorità
spirituale (sacerdoti) e del potere politico (guerrieri). Il Re è il cuore del
mondo, il riflesso vivente delle origini, l’intermediario tra cielo e terra,
l’essere dalla duplice natura umana e divina. Egli è il vertice della gerarchia
umana, è l’ultimo gradino della gerarchia celeste, è la manifestazione terrena
e visibile di un ordine superiore: il Signore di pace e giustizia. Nel Re si
riuniscono le tre funzioni: è il sovrano che amministra la legge, il guerriero
che protegge dai nemici visibili e invisibili, il fecondatore che dona pace e
prosperità. L’ordine che il Re rappresenta può venir meno se egli fallisce nel
suo compito. Così orgoglio, menzogna e lussuria sono tra le cause che
determinano l’inizio della decadenza, e il rompersi di un armonico equilibrio.
Quando ebbe inizio la decadenza, ai Re subentrarono i sacerdoti, e
di seguito la separazione tra autorità spirituale e potere politico-temporale,
caratterizzato da una spiritualità lunare, in cui l’elemento virile assunse una
forma passiva dinanzi alla donna – Demetra – [9]. Questa decadenza fece sì che
i sacerdoti furono investiti di un potere che non era più né regale né
spirituale, ma semplicemente materiale e laico. In questo modo iniziò da una
parte l’astrattismo religioso dall’altra la secolarizzazione del potere. Questo
fu il periodo dei guerrieri e della loro rivolta titanica [10], che afferma il
principio della guerra come mera violenza. Nel mondo classico l’elemento
selvaggio venne raffigurato sia dal simbolo dell’amazzone [11] cioè il
tentativo deviato della restaurazione demetrica, che dal simbolo del Titano, il
"superuomo", la virilità materializzata e preda dell’orgoglio, della
violenza, della perversione, delle passioni e dell’istinto. Non vi è più
un’Autorità, ma solo un potere che per affermarsi deve far uso della violenza.
Con l’avvento dei mercanti, invece, si affermò la visione utilitaristica
dell’economia che domina su tutti gli aspetti della vita, l’ideale diventa così
la ricchezza e il guadagno. Il pensiero classico associò i simboli di Afrodite-amante
[12] che si sostituisce alla Madre con la sua passionalità e di Dioniso [13]
rappresentante lo scatenamento orgiastico, l’eccesso e la preminenza del
sesso-morte quale simbolo di dissolutezza. Il sopravvento dei servi, quali
elementi oscuri, ha determinato la demonìa del collettivismo, della massa senza
volto, della pura quantità informe, simbolo della perdita di ogni contatto con
il Cielo. Di fronte a questo processo di caduta vi è una possibilità di una
restaurazione delle origini sulla base del principio guerriero. Gli Eroi hanno
la possibilità di riconquistare lo stato primordiale e dar vita ad un nuovo
"Ciclo aureo" conquistandosi l’immortalità. Come condizione per la
riconquista della virilità spirituale si pone il superamento sia della virilità
materiale – il Titano – sia della spiritualità lunare – il Sacerdote-Demetra.
Così le civiltà eroiche altro non sono che la restaurazione della luce delle
origini. Il titano è la materia prima dell’eroe, entrambi appartengono allo
stesso ceppo guerriero, alla stessa avventura trascendente che nel titano
abortisce e nel guerriero si realizza.
Per la Tradizione fra autorità spirituale e potere temporale non vi
è mai conflitto o competizione, bensì un rapporto organico e gerarchico.
Laddove al contrario si viene a creare fra le due funzioni un’antitesi o peggio
una scissione, vuol dire che è iniziato quel ciclo di decadenza che si
concluderà con la negazione assoluta di ogni autorità.
8. LA CIVILTA’
Dall’unione dell’elemento divino con l’uomo; prende vita la
Civiltà, che è l’equilibrio tra valori politici e spirituali, dove i primi sono
organizzati e subordinati gerarchicamente ai secondi. Anche qui vi è una
differenza sostanziale tra Civiltà e civilizzazione moderna, quest’ultima
edificata dall’opera di elementi semplicemente umani, terrestri, egoistici ed
utilitaristici. In essa la decadenza appare inevitabilmente come il senso della
Storia, per il fatto che si riscontra il venir meno delle gerarchie e delle
differenze ed inoltre per il fatto che tutto si accomuna e livella. Dall’altra
parte abbiamo le civiltà tradizionali, diverse nelle forme, ma identiche nel
loro principio. In esse forze e valori spirituali costituiscono l’asse ed il
punto supremo di riferimento per l’organizzazione generale. In queste, la forza
originaria organizza le forze inferiori imprimendo ad esse un’energia che
ordina ed unisce. Quando la tensione della forza originaria s’indebolisce, le
forze inferiori si svincolano e gradualmente prendono il sopravvento, dando
luogo a fenomeni dissolutivi che danno inizio alla decadenza.
La civiltà è la massima espressione di tutte le energie dello
spirito che si realizzano nella comunità, per virtù di una organizzazione
politica e per l’elaborazione degli elementi ereditati attraverso la Tradizione.
Per questo, in tutte le civiltà tradizionali, il governo dello Stato appartiene
al migliore o ai migliori, donde la tensione dei singoli in un continuo
migliorarsi, secondo la formazione di una piramide o scala di valori, che
rappresenta da sempre l’ordinamento di una gerarchia.
Nel mondo tradizionale le forze politiche e sociali hanno un
rapporto diretto con le forze invisibili, tanto da rappresentare veri e propri
ordinamenti religiosi. In questo modo l’ordine sociale diviene la
manifestazione visibile di un ordine superiore: un ordine in cui viene
stabilita una necessaria graduatoria di diritti e di doveri connessi alla
qualità e alla responsabilità che il singolo uomo ricopre. Oggi, che non vi
sono più questi giusti rapporti tra comunità e sacro, il caos è imperante.
Un’élite che incarna valori e che li attualizza concretamente nella vita
quotidiana, dà vita ad una nuova Aristocrazia – dal greco aristos = i
migliori, i più idonei, e arché = principio, comando, ordine – creatrice
di appartenenze e distanze intransigenti tra chi è amico e chi è nemico. Questa
Aristocrazia incarna valori che si trasformano in misure di confronto e di
scontro, diventando un valido strumento di verifica sul piano esistenziale,
quello della vita di tutti i giorni: un modo di conoscere, di vivere, di
essere. Questi valori sopravvivono agli organismi mediante i quali si sono
manifestati e rimangono immutati, patrimonio di esempi e si forme etiche,
capaci di creare nuove tensioni, nuove sostanze e nuove appartenenze. Il mezzo più
idoneo per trasmettere questo Stile di Vita è vivere nel quotidiano, con
coerenza, i valori dello spirito diventando esempio per i simili. Così, il
rifiuto di ogni ingiustizia, di ogni inganno ed illusione è la linea di
demarcazione che definisce i fronti di appartenenza. Se il mezzo della
sovversione è la menzogna, l’arma vincente della Tradizione è la verità. La
verità non è un prodotto umano, esiste indipendentemente dalle persone, le
quali hanno il compito di conoscerla e di realizzarla tramite l’azione nella
vita quotidiana.
9. LA GUERRA SANTA: VITA EST MILITIA SUPER TERRAM
È fondamentale apprendere come l’essere (ciò che è), si
contrapponga al divenire (ciò che cambia); la luce alle tenebre; la conoscenza
all’ignoranza; la vita alla morte; la giustizia al sopruso e alla violenza;
l’amore all’odio e al rancore; l’ordine al disordine; la virtù dell’onore e
della fedeltà alla vigliaccheria e alla slealtà. Così, di riflesso, queste
contrapposizioni rappresentano le forme e le qualità di due fronti antagonisti
tra loro, Tradizione e Sovversione, impegnati in un perenne conflitto per
affermare il proprio dominio sul mondo. Allora "vi è un ordine fisico e vi
è un ordine metafisico. Vi è la natura mortale e vi è la natura degli
immortali, vi è la regione superiore dell’essere e vi è quella infera del
divenire. Più in generale: vi è un visibile e un tangibile e, prima di là da
esso, vi è un invisibile e un non tangibile quale sovramondo, principio e vita
vera". (14).
Gli uomini prendono parte a questo conflitto schierandosi in uno
dei due fronti. Da una parte l’uomo nobile ed onesto: il santo, l’eroe,
l’artigiano, il padrone di sé, proteso verso l’affermazione spirituale,
dall’altra parte il furbo, il vigliacco, il meschino, il vinto, colui che è
incapace di una affermazione interiore. La Tradizione aiuta l’uomo a ritrovare
la sua vera coscienza e dignità, a ottenere il risveglio della sua essenza
metafisica e permette alla persona di compiere la propria missione trascendente
attraverso le azioni di ogni giorno. Forte dev’essere, quindi, la ripugnanza
per ogni menzogna, l’incapacità di tradire e la superiorità dinanzi ad ogni
meschino egoismo, tanto da conservare sempre una superiore dignità, un amore
per l’essenziale e la capacità di consacrare ogni azione che si compie. In tal
modo è possibile ricostruire i ponti con il sacro che la follia dell’egoismo
moderno ha distrutto. Occorre dunque, operare per una riaffermazione dello
spirito e intraprendere ciò che nella Tradizione viene indicata come la Grande
Guerra Santa. Con questa espressione s’intende la lotta interiore contro il
nemico che alberga in ciascun uomo. Una lotta profonda e immateriale che ogni
persona deve combattere contro l’elemento umano inteso come brama, passionalità,
paura, vigliaccheria ed istinto. La vita, in questo modo diviene un’eterna
lotta tra le forze spirituali e quelle di ordine contrario: da una parte le
forze solari, dall’altra le forze oscure del caos e della materia. E’ la lotta
tra il Principio solare, il Sé, contro l’elemento semplicemente umano, debole e
soggetto alle passioni, l’Io, l’Ego. La Piccola Guerra Santa, invece è la lotta
contro i nemici esterni, i barbari, coloro che non appartengono alla propria
comunità. La Piccola Guerra Santa ha una funzione catartica (15), cioè
favorisce l’emergere del nemico interiore, cosicché le due vie diventino una
sola. Colui che nella Piccola Guerra ha vissuto la Grande Guerra ha superato la
"crisi della morte", liberandosi dal nemico che alberga in sé e dal
suo istinto di conservazione. Paura, desiderio, inquietudine vengono soggiogati
e dominati, sino alla completa liberazione da ogni istinto e passione. In un
testo orientale si legge: "la vita come un arco, l’anima come una freccia,
lo Spirito Assoluto come bersaglio da trapassare. Unirsi con questo Spirito,
come una freccia scoccata si conficca nel suo bersaglio". (16) In tal modo
si verifica una similitudine tra la via guerriera e quella ascetica, dal greco asceo
= esercizio, con una disciplina interiore, con un controllo, con una formazione
e un possesso di sé stessi. La guerra, allora, non è più uso della forza e
della violenza distruttrice, ma un’azione compiuta con Amore e distacco per ciò
che è passione, divenendo disciplina e stile, in relazione ai valori di verità
e giustizia, lealtà, onore e fedeltà.
"Vita est militia super terram" diviene la regola di
quanti assumono la Tradizione come punto di riferimento e affermano il primato
della Legge, dell’ordine e della gerarchia. Di coloro che celebrano il Cielo
di fronte alla terra, il Giorno di fronte alla notte e che alla
promiscuità bastarda hanno saputo contrapporre la Famiglia e lo Stato.
All’eguaglianza la Stirpe e la Razza.
Tradizione vuol dire, quindi, mantenere vive al contempo la memoria
e l’identità del proprio popolo, (17) che deve essere rinnovata costantemente.
La Sovversione invece è l’oblio, è perdita di ogni identità, è la
negazione di ogni continuità col passato e di ogni prospettiva futura.
L’uomo della Tradizione ha sempre presente e sempre viva la difesa
di quest’ordine sacro; e si impegna con tutte le sue energie nella lotta contro
il caos e contro ogni ingiustizia.
10. DECADENZA E SOVVERSIONE
Nel Tao Te Ching di Lao-Tze viene affermato: "Perduta la Via
(Principio) viene la Virtù / perduta la Virtù viene la moralità / perduta la
moralità viene la Giustizia / perduta la Giustizia viene il costume sociale (il
conformismo) / il costume, mera parvenza della forma schietta (etica) / è il
principio del disordine". La decadenza è un processo degenerativo e
coincide col momento storico (18) in cui i valori spirituali vengono
soppiantati dalle ideologie, le quali traggono la loro essenza esclusivamente
dai meccanismi socio-economici. Da una parte vi è il potere legittimo,
l’autorità spirituale, una presenza divina che tende verso l’alto, cioè una
forza anagogica: dal greco anagogia, letteralmente tirar l’ancora, elevarsi.
Dall’altra una forza che tende verso il basso a cui si deve la causa del
degenerare e tramontare della civiltà. Il disordine della Civiltà deriva,
quindi, dal prevalere di una tensione disgregatrice che non ha più nell’Ordine
il suo riferimento, bensì si fonda sulla materia e il caos. Detto ciò è
possibile distinguere la Tradizione con due verbi che meglio interpretano questa
realtà: essere e avere.
Gli Indù chiamano l’età dell’Oro Satya-Yuga, corrispondente
all’origine, cioè l’età dell’essere, attribuendo all’età opposta il primato
dell’avere cioè dell’illusione. L’età dell’avere si caratterizza con il
predominio dei problemi economici e materiali. Questa verità presuppone che
oltre alla realtà sensibile e naturale non vi è solo il piano del
sovrannaturale, la cui direzione è verso l’alto, ma anche quella del
sub-naturale che conduce verso il basso, verso le regioni infere.
Varie tappe hanno concretizzato l’azione sovversiva, tutte aventi
tra loro un collegamento funzionale, essendo le prime nient’altro che un
processo intermedio e preparatorio delle altre. Per primo si è fatto in modo
che la Tradizione diventasse solo conformismo, convenzione sociale, un insieme
di schemi e di istituzioni ormai storicizzate e senza alcun valore. In seguito
diventò facile, per gli agenti della sovversione, negare validità alle
influenze spirituali, determinando la chiusura verso l’alto. Ciò è
possibile soprattutto grazie ad una serie di teorie culturali e politiche che
trovano nel materialismo e nell’ateismo la loro tattica iniziale. Così:
razionalismo, egualitarismo, evoluzionismo, utilitarismo, relativismo,
individualismo, economicismo, non sono altro che i tasselli di un unico
progetto sovversivo, il cui obiettivo di fondo è rendere inefficace ogni
presenza e tendenza da parte dell’uomo verso il sacro. Interrotto ogni
collegamento con il Cielo, ed eretto un vero e proprio guscio impenetrabile da
ogni intervento divino, si determina quella fase che si chiama solidificazione (19). L’unica
direzione aperta rimane quella rivolta verso il basso, la regione
dell’irrazionale e delle potenze infere. Questa fase, caratterizzata dalla
dissoluzione della persona, è ancor più pericolosa della precedente. Infatti,
si promette di offrire a quanti ancora sentono il bisogno di una
"reazione", dei surrogati di spiritualità che pur richiamandosi ad
idee tradizionali ne sovvertono i significati profondi, sino a tradirne
completamente ogni valore. L’uomo moderno, non avendo più i normali
orientamenti procedenti da una legge sacra, è affascinato da movimenti e sette
neo-spiritualistiche, non accorgendosi che tutto ciò è solo una contraffazione
e un rovesciamento della vera spiritualità. Questa fuga nell’irrazionale
vanifica ogni tentativo di reagire alla crisi del mondo moderno e neutralizza
quanti ancora sentono la necessità di coltivare la "dimensione
interiore".
Il vero obiettivo della sovversione è quello di travolgere le
legittime fonti spirituali opponendovi di continuo degli ostacoli, come il
materialismo, così da far verificare il totale sovvertimento della divinità.
E’ assurdo pretendere, quindi, di migliorare la vita sociale,
dimenticandosi la formazione integrale della persona (Corpo, Anima e Spirito).
Ogni riforma o rivoluzione politica vera presuppone, alla sua base, una riforma
e una rivoluzione spirituale.
11. L’INIZIAZIONE
Iniziazione deriva dal latino initium = inizio, in ire = andare
dentro, ed è messo in relazione con Janus, il Dio Romano nume tutelare degli
inizi. L’etimologia rimanda al latino Janua = porta di ingresso, che indica
l’inizio, il punto di partenza del processo realizzativi con cui ci si libera
dalla condizione umana. L’iniziato è il Pontifex, colui che edifica un ponte
tra cielo e terra, che incarna in sé la sintesi dei poteri regale e
sacerdotale. È riconosciuta in lui la capacità di animare i riti atti a
"sorreggere" ogni comunità e a propiziare il contatto con il mondo
divino. L’iniziato è il Re, intermediario tra Dio e uomo, situato al vertice
della gerarchia terrestre e alla base della gerarchia celeste. E’ il
"figlio del cielo" che trasmette la luce, punto di congiunzione tra
il mondo degli uomini e quello del divino.
La premessa che necessariamente deve esser fatta parlando di
iniziazione, è che l’Essere presenta diversi stati superiori o inferiori
d’esistenza rispetto a quello umano. La personalità così, può ascendere verso
l’Essere supremo, oppure discendere degradandosi fino al piano subumano e
animale. Per ciò che riguarda lo stato superiore di esistenza si tratta di una
vera e propria rinascita, dove la condizione umana, con i suoi limiti,
viene superata. Questa rinascita determina una effettiva trasformazione di
tutto l’essere, in modo che si operi il collegamento con gli stati
superiori. È un cambiamento radicale, da uno stato di esistenza ad un
altro, dove si acquista un’altra coscienza e un’altra sensibilità. È un
passaggio da un modo di essere ad un altro, dalle tenebre alla luce, e grazie
alla trasmissione di un’influenza spirituale si raggiunge la liberazione da
ogni necessità. Affinché ciò sia efficace, è necessario un intervento
"esterno", la trasmissione di una influenza spirituale che si
effettua ritualmente, collegandosi con una organizzazione iniziatica regolare e
legittima, che deve essere unita, direttamente o tramite altri centri, ad un
Centro Supremo Unico; questo, a sua volta, ad una catena ininterrotta di
trasmissione che giunge dall’origine: la Tradizione primordiale. Colui che
aspira a questo cammino deve possedere una disposizione e un’attitudine
naturale, senza la quale ogni sforzo sarebbe vano.
È indispensabile possedere tre doti essenziali per
intraprendere il cammino iniziatici: la prima è la qualificazione, cioè la
potenza = il poter agire; la seconda è la trasmissione, la virtù = rendere
operante ed efficace la propria potenza; la terza è quella di operare in sé un
incessante lavoro interiore, l’attualità = l’essere sempre lucido e cosciente
della propria azione.
L’iniziazione non ha nulla a che vedere, quindi, con una concezione
egualitaria e democratica, con la morale o la religione, poiché
"l’obiettivo non è quello di essere esenti dai peccati, ma di realizzare
visibilmente una forza trascendente". Sul piano religioso si avverte la
distanza tra creatura e creatore, ed è ammesso solo la dipendenza e la
devozione del primo nei confronti del secondo. L’iniziazione rimuove questo
limite: alla concezione di salvezza o redenzione subentra così l’idea del
risveglio. Dinanzi a coloro che credono, vi è il mondo di coloro che sono.
Metafisicamente non esiste Bene o Male, ma ciò che è reale e vero, di contro a
ciò che è falso e illusorio. E’ reale invece, l’esperienza che lo spirito può
determinare ricongiungendosi con sé stesso. Si "vive" in uno stato di
certezza e pienezza, in cui non si chiede più nulla, è inutile agitarsi,
speculare, l’essere è eterno e possiede solo sé stesso. La realtà superiore non
conosce il soddisfacimento dei desideri, degli istinti o dei sentimenti, non è
legata da alcun vincolo esterno o interno. Quando questa realtà viene
disconosciuta, il sonno della forza interiore determina la materia che per
inerzia attrae verso il basso. D’altra parte il significato principale di ogni
vera ascesi è riconquistare ciò che si è perduto e riconquistare lo stato
primordiale, neutralizzando le influenze negative della parte istintiva e
irrazionale dell’essere umano e andando a rafforzare quei caratteri tipici
della natura olimpica. Lo Svegliato, l’iniziato, è colui che nessuna
sete arde, che nessuna manìa abbaglia, che nessuna vittoria tenta, che nessun
turbamento altera. Così, finalmente libero da ogni desiderio, si acquista
un’altra coscienza. Si appartiene interiormente ad un altro mondo, ad un altro
stato, non più turbato e soggetto alla necessità, non più legato al destino dei
sensi, divenendo immortale. Anche in questo campo si corrono gravi pericoli. Al
pari di una iniziazione che apre le porte del Cielo, vi è una
contro-iniziazione è pertanto la deviazione di ogni aspirazione alla
spiritualità pura, una corrente tale da confondere la visione della verità che
falsifica i valori e suscita il predominio di influenze infere.
12. CONTEMPLAZIONE E AZIONE
La Tradizione conosce due possibilità, o due vie di approssimazione
per accedere all’iniziazione.
La prima è la Contemplazione, la seconda è l’Azione.
Entrambe sono concepite come due poli di una stessa realtà
spirituale a cui far riferimento per quanti intendono intraprendere il cammino
verso la realizzazione interiore.
La Contemplazione è la realizzazione della verità, è l’impulso
verso l’Uno, l’Archetipo supremo, che si ottiene con il distacco dalla realtà
sensibile. E’ la conoscenza diretta della realtà suprema che si ottiene con la
morte e il superamento dell’elemento umano. La Conoscenza procede su di un
piano che va al di là di ogni possibilità umana: ragione, sentimento o affetto,
e si realizza attraverso la rinuncia, il distacco e la purità rituale,
liberandosi dal vincolo dell’individualità. La Contemplazione è la
partecipazione alla realtà divina che, sottraendosi ad ogni limite e
condizionamento mondano, costituisce la base della casta sacerdotale.
La seconda via percorribile per approssimarsi all’iniziazione è
l’Azione. Essa agisce nel mondo. Non si ritrae nel dominio del sentire,
dell’operare e del lottare, l’uomo che ha intrapreso la via dell’azione non è
preso dagli scopi o dai frutti dell’azione stessa, dando uguale valore alla
vittoria o alla sconfitta, al piacere o al dolore e pone al di sopra dell’amore
e dell’odio la propria azione. La vita diventa più che vita, capace di
destare nel proprio intimo una tensione volta a superare sé stessi, per
conseguire il contatto con uno stato di luce e di potenza che supera, vince e
domina tutto ciò che è umano e fisico. Questa condizione è la base che
caratterizza la partecipazione alla realtà sacra attraverso la forma guerriera
ed eroica.
La Tradizione primordiale è anteriore e superiore alla bipartizione
delle due vie che rappresentano delle approssimazioni di questa unità. Da
queste due forme derivano l’iniziazione regale e l’iniziazione sacerdotale, che
sono rispettivamente la Tradizione guerriera ed eroica e la Tradizione
sacerdotale. Per la contemplazione e l’azione è necessario l’integrazione
completa delle possibilità umane. La contemplazione sta all’azione come il
sacro sta all’umano, l’eterno al transitorio, l’autorità spirituale al potere
temporale.
La dottrina tradizionale non conosce tra le due vie, né opposizione
né collusione, in quanto esisteva fra esse distinzione e quindi separazione di
funzione, individuando tra la regalità e il sacerdozio l’identità del loro
fondamento.
13. LA LEGGE
La Tradizione non può essere storicizzata col riferimento a vicende
del passato, né può essere considerata una invenzione umana da manipolare a
piacimento. Non è, quindi, un’ideologia, una filosofia, un sistema di pensiero
o peggio un capriccio umano. Non è un ricordo o una reminescenza, ma volontà e
potenza creatrice alle cui leggi si deve conformare la natura umana, affinché
possa sempre rimanifestarsi e ritornare vivente. E’ compito dell’uomo adattare
il proprio comportamento e tutta la propria esistenza ai principi tradizionali.
La Tradizione, così, diviene sforzo dinamico di creazione e di conquista, una
tensione che mira al raggiungimento di mete superiori e ad ordinare la realtà
in funzione di una volontà divina.
Per coloro che non possono accendere il fuoco sacro, la Tradizione
può intendersi come sostegno, come Legge e fedeltà. In tal modo essa acquista
un significato normativo, Legge sacra che permette ad ogni persona di
partecipare, secondo la propria natura, alla realtà superiore. Nelle
popolazioni indoeuropee l’idea centrale è quella di un ordine divino che
sostiene tutto l’universo. La Legge veniva consegnata dagli Dèi agli uomini,
affinché vivendo coerentemente con i principi potessero evitare ogni empietà ed
ingiustizia. Il compito primario dell’ordinamento giuridico è quello di
infondere l’ordine divino tra gli uomini e favorire il ricongiungimento degli
stessi alla "forza dall’alto". Si può osservare come nella società
tradizionale il riconoscimento consapevole e l’obbedienza alla Legge, da parte
del singolo, veniva vissuto come un vero e proprio sostegno con cui ciascuno
poteva partecipare all’ordine universale, non essendovi separazione tra la
realtà umana e la realtà religiosa. Tutta la vita era scandita da ritmi e leggi
di natura divina. Così, non c’era differenza tra un precetto religioso e un
precetto giuridico, la cui legittimità risiedeva in un'unica forza
inderogabile, di ordine eterno e spirituale. Disobbedire alla Legge significava
contrapporsi a ciò che era sacro.
L’uomo seguendo la Tradizione rimane fedele all’eredità dei
padri e avverte la presenza del divino in ogni momento della propria vita,
diviene testimone dei valori di verità, di giustizia, di lealtà, di onore e di
fedeltà. L’intima obbedienza ai principi si trasforma in una reale
consapevolezza che ridà forma alla vita, disponendola in quella corrente di
luce tale da darle un significato superiore.
14. IL RITO
L’uomo ha degli strumenti per entrare in contatto con la Tradizione
Primordiale e rigenerare l’azione sacra che è alla base della vita.
Il rito, il mito, il simbolo sono tre realtà che parlano
direttamente al cuore e che permettono il risvegliarsi di energie e di forze
interiori. Queste realtà rappresentano veri e propri ponti o "cordoni
ombelicali" tra cielo e terra, mezzi che rendono possibile l’attuazione
dell’ordine sacro. In questo modo l’elemento materiale, come per esempio il
sangue ed il suolo, viene influenzato dal rapporto con l’elemento spirituale,
tanto da favorirne una vivificazione e un rinnovamento della forza originaria.
La conoscenza tradizionale opera attraverso il linguaggio del rito, del mito e
del simbolo.
Il rito, etimologicamente, deriva dal sanscrito rta = ordine. E’
quell’azione che ristabilisce il contatto con il mondo divino delle origini,
permettendo la partecipazione del singolo o dell’intera comunità all’ordine sacro.
Attraverso il rito avviene il ricollegamento all’arché = principio creatore
della vita, in cui la sequenza del tempo si annulla e si interrompe, rievocando
l’atto originario. In questo modo il rito è reso attuale e operante in ogni
epoca. Il rito è essenzialmente azione sacra, dal latino "sacer
facere" ed è il momento in cui viene riaffermato il mistero della vita
quale eredità spirituale. Il suo scopo è quello di collegare direttamente
l’essere umano con la realtà divina che supera l’individualità stessa e che
unisce i membri di una medesima comunità. Il rito è l’applicazione della Legge
suprema che ristabilisce l’ordine e chiude le porte al caos. E’ il simbolo
della fedeltà, il mezzo per partecipare al sovramondo ed ha il potere di
rendere la realtà specchio visibile dell’ordine divino. E’ l’esperienza e la
partecipazione dell’uomo alla realtà divina, che è gioia e amore, il momento in
cui si rinnova la forza originaria che unisce l’uomo al sacro. Così, tramite il
superamento simbolico della morte e la rifondazione della vita, il rito diventa
il principio creatore della vita stessa. Nella comunità tradizionale ove tutto
è informato da norme sacre, i rapporti della vita individuale e collettiva sono
regolati dal diritto e dalla legge che sono in stretta connessione con l’azione
rituale. L’efficacia del rito è garantita solo se questo è compiuto in
conformità alle regole che ne assicurano la sua validità, rispettando
scrupolosamente sia le condizioni oggettive che soggettive.
Quando il rito si altera e non ha più la forza di attualizzare
l’energia primordiale, diviene semplice cerimonia, semplice fatto umano,
astratto da ogni contatto con la realtà superiore.
15. IL MITO
Il mito, etimologicamente, deriva dal greco mythos = parola,
annuncio e dal latino mutus = muto e dal verbo musso, che al
transitivo ha valore di tacere e nascondere, indica la difficoltà del mito
stesso ad essere compreso.
Il mito rappresenta una verità assoluta poiché racconta un
avvenimento sacro accaduto in epoca primordiale. Il mito fondatore è l’elemento
di riferimento per eccellenza, generatore di forme e norme familiari che
diventano il cemento delle comunità politiche.
Il mito permette all’uomo integrato nel cosmo di vivere e regolare
i suoi comportamenti quotidiani: dall’alimentazione al matrimonio, dal lavoro
all’arte, all’agricoltura, alla caccia e alla sessualità etc. L’uomo, ripetendo
nelle sue azioni quotidiane l’esempio di un archetipo mitico, aboliva il tempo
profano per vivere in un tempo magico-religioso, in un eterno presente. Dinanzi
al divenire caotico della storia, con le sue contraddizioni, il mito
costituisce la dimensione dell’eternità, è il modello che accompagna e guida
l’uomo fornendogli saldi punti di riferimento. Il mito è un racconto sacro,
distinto dalle narrazioni profane, che spiega la verità in forma allegorica e
tutto ciò che non può essere spiegato e fugge alla comprensione ed alla
ragione, come ad esempio l’origine della vita, il destino dell’uomo, la sua
civiltà e le cause della decadenza.
E’ il racconto di un ordine metastorico, contenente il segreto
delle energie che agiscono dietro e dentro le vicende visibili dell’uomo,
rivelando come tutte queste cose inspiegabili, abbiano avuto inizio. Nel mito,
storia e metastoria si integrano a vicenda, così l’uomo attraverso il mito
riesce ad avere il giusto orientamento delle proprie azioni e di tutta la
propria vita. Quando si perde il valore del mito e non se ne conosce più il
vero significato, esso diviene semplice mitologia, fiaba, folklore che continua
a vivere in modo cristallizzato nella fantasia dei popoli.
16. IL SIMBOLO
Il simbolo etimologicamente deriva dal greco sin ballo =
unire; il suo contrario è dia ballo = dividere, di qui il termine
"diavolo".
IL simbolo è l’espressione sensibile di una realtà soprasensibile,
è la forma immediata con cui si trasmette il messaggio profondo della verità.
La conoscenza sacra parla per simboli, immagini tese a produrre un risveglio
delle energie profonde dell’essere, un vero e proprio salto di dimensione al di
là della ragione.
La realtà diventa simbolo e il simbolo diventa realtà. I simboli
non sono la stessa cosa di ciò che rappresentano, ma aiutano a comprendere la
realtà spirituale. L’origine del simbolo non è umana, è la fissazione di un
gesto rituale che può avere molteplici significati e interpretazioni tra loro
mai contraddittorie, ma complementari, tutte vere e reali pur derivando da
differenti punti di osservazione.
La sua degenerazione si tramuta in semplici espressioni artistiche
o filosofiche, incapaci di stimolare la coscienza ad aprirsi attraverso
l’immagine creatrice.
Il mito, il rito e il simbolo sono realtà connesse tra loro.
Infatti, il rito comporta necessariamente un senso simbolico in tutti i suoi
elementi costitutivi e ogni simbolo è un rito, avendo origine non umana. Il
mito, in alcuni casi, è il racconto drammatico dell’esperienza umana e dei suoi
rapporti con le forze profonde e serve da supporto "logico" sia ai
riti che ai simboli.
APPENDICE
I. LA CROCE
Comprendere i simboli della Tradizione vuol dire rigenerare in sé
la forza originaria e propiziare la ricostruzione del proprio essere,
ristabilendo l’ordine e l’autorità che emana lo spirito.
La Croce è uno dei simboli più significativi, in quanto nella sua
espressione è custodito il valore della Tradizione primordiale, per questo è
definito simbolo universale.
La Croce rappresenta l’uomo universale, colui che ha sconfitto la
morte e la natura puramente umana e istintiva, colui che è pervenuto alla
realizzazione totale. Oltre all’uomo universale la Croce rappresenta l’albero
della vita posto al centro del mondo che rimanda all’idea del Centro e della
purezza originale. Nella Croce si possono notare due direzioni, l’una
orizzontale della decumano, l’altra verticale detta cardine, queste due
direzioni hanno vari significati e simbologie.
Nella Croce si conciliano le opposizioni dovute all’appartenenza al
piano della manifestazione (asse orizzontale) o a quello della tensione verso
l’alto (asse verticale). La Croce diventa così il simbolo dell’Unità in cui le
varie realtà, pur se distinte, ma non in contrapposizione tra loro partecipano
all’unità in modo organico e complementare.
Nella visione antropologica (20) l’asse verticale simboleggia la
personalità, il Sé, lo spirito, cioè l’elemento attivo ed eterno di ogni
essere. La direzione verticale è il dominio del sacro che può condurre in cielo,
ma può anche far precipitare negli abissi. L’asse orizzontale, invece,
rappresenta l’individualità, l’Io, il corpo, l’anima, l’elemento passivo e
mortale di ogni essere. Questo è il dominio del divenire storico in cui si
scontrano ideologie e fattori umani. I due assi dividono lo spazio e il tempo
in quattro parti uguali, ognuna delle quali esprime un riflesso interno ed uno
esterno, sino a far scorgere delle analogie con il percorso della vita umana.
Ogni quadrante simboleggia un momento fondamentale dell’esistenza, del tempo e
dello spazio. Dividere il tempo e lo spazio in quattro parti è nella natura
delle cose e, se di fa attenzione, si può constatare come quattro sono i punti
cardinali che dividono lo spazio: Nord, Est, Sud e Ovest. Quattro sono gli
elementi che compongono la materia: fuoco, aria, terra e acqua; così come
quattro sono i regni della natura terrestre: minerale, vegetale, animale e
umano. Ancora quattro sono le parti che dividono la giornata: Mezzanotte, Alba,
Mezzogiorno, Tramonto; e in un anno quattro sono le stagioni. Questa divisione
trova conferma in altre circostanze, come per esempio nell’uomo quattro sono le
parti fondamentali che compongono l’organismo: Testa (Cervello, bianco); Petto
(Cuore, rosso); Ventre (Fegato, nero) e infine le estremità (Piedi e Mani).
Seguendo questa ripartizione organica i popoli indoeuropei strutturarono
l’organizzazione statale in quattro caste: sacerdoti, guerrieri, produttori e
servi; al di sopra di queste il Re.
La stessa vita di un uomo può essere analizzata in quattro età
fondamentali: periodo prenatale, nascita, maturità e infine morte.
II. IL SOLE
Il Sole è l’astro luminoso per eccellenza, la sua luce e il suo
calore favoriscono il ciclo del mondo naturale e permettono la vita stessa.
Sin dall’antichità più remota, il Sole ha rappresentato il limite
tra due realtà: l’una luminosa che indica il simbolo della presenza spirituale
messa in relazione con il principio benefico della vita, la seconda, dalla
natura oscura che può essere assimilata alla notte ed alla morte.
Nei Rg Veda si afferma: "Noi adoriamo nel Sole
visibile, quel Sole (invisibile) che ha acceso il Sole e le altre stelle nel
Cielo". Così le stagioni durante l’anno, o i momenti della giornata, hanno
un riflesso esterno ed uno interno, che sono vere e proprie
"analogie" del percorso della vita umana.
Numerosi miti descrivono il processo di decondizionamento dell’uomo
dalla propria natura animale, come un viaggio che l’anima percorre dalla Terra
sino al Sole passando per vari pianeti o stelle. Il cammino del Sole
durante il giorno o l’anno, si suddivide in quattro fasi essenziali, la cui
luce assume diverse forme e significati. Il primo momento è l’Alba e segna il
luogo e il tempo in cui avviene la nascita visibile del Sole. Indica che il
Sole sorge all’orizzonte e ciò che prima era nascosto ora torna ad essere di
nuovo visibile. Il Sole nasce ad Est e nella fase annuale corrisponde all’equinozio di primavera. In questo
giorno si ha equilibrio tra luce e notte, che hanno la stessa durata, da questo
momento l’oscurità sarà minore lasciando il posto alla luce solare. La Natura
si risveglia, tutto si rinnova e rifiorisce, ciò che è occulto si manifesta ed
ha inizio una nuova vita. Per l’uomo è il momento migliore per manifestarsi
tramite l’azione. Il secondo momento è il Mezzogiorno, cioè quando la luce del
Sole è al culmine del suo splendore e della sua energia. Il Sole è allo Zenit
(21), il punto più alto che nel suo cammino può raggiungere. Geograficamente il
punto più alto è il Sud a cui corrisponde il solstizio d’estate. E’ il giorno più lungo dell’anno in cui il
Sole diviene il simbolo della vittoria della luce sulle tenebre e rappresenta
lo splendore e la forza dello spirito. E’ questo il periodo in cui si raccoglie
ciò che si è seminato in precedenza ed esso diviene il simbolo di fecondità e
abbondanza. L’esterno e l’interno, l’essere e la natura, sono perfettamente
uniti e armonizzati tra loro.
Secondo la legge ciclica ciò che ha raggiunto il massimo può solo
decrescere, così la natura lentamente muore e si ritira e le giornate si
accorciano, ha inizio così la fase discendente.
E’ il terzo momento del giorno, il tramonto, che indica il tempo e
il luogo in cui avviene il ritiro del Sole. Come nell’alba il Sole si trova
all’orizzonte, ma questa volta il suo cammino e il suo significato è contrario,
la vita si ritrae in sé stessa. Il Sole tramonta ad Ovest e nella fase annuale
corrisponde all’equinozio di autunno.
Come in Primavera il giorno dell’equinozio rappresenta l’equilibrio tra la luce
e la notte, avendo la stessa durata, ma da questo istante sarà la notte a
divenire sempre più estesa rispetto al giorno. Anche visibilmente, con
l’accorciarsi delle giornate e il letargo della Natura, si avverte che la luce
e la vita si ritirano. Ciò che era visibile ora torna a nascondersi e
progressivamente si avvicina la stagione oscura e fredda. In questo periodo,
non a caso, si celebra la ricorrenza dei morti e le festività sono simboli di
virilità, purezza e luce (San Michele, San Martino, L’Immacolata e Santa
Lucia). La luce dell’Essere si ritrae dall’esterno, come se vi fosse una lenta
morte che avvolge tutta la Natura.
Il quattro e ultimo momento della giornata è la Mezzanotte, il
punto in cui il Sole non è visibile e predomina il freddo e l’oscurità. Il
ghiaccio e la neve richiamano le regioni fredde collocate al Nord, questo
momento corrisponde al solstizio d’inverno.
Questa è la notte più lunga dell’anno, il Sole raggiunge il punto più basso
dell’orizzonte e la luce sembra essere sconfitta dalle tenebre. Ma ciò che
tocca il fondo può solo risalire e iniziare a crescere, inizia così nuovamente
la fase ascendente.
Le giornate si allungano, la luce riprende il sopravvento sulla
notte e l’oscurità. Gradualmente la natura si risveglia e il clima torna di
nuovo mite. Ancora una volta l’esterno tace nel freddo e nel silenzio e
l’interno vive di luce propria. Il solstizio d’inverno è il punto critico,
simbolo di una particolare drammaticità. Esso segna l’inizio del nuovo anno
solare e di una nuova vita (ciclo) quale segno imperituro di rinascita e
vittoria, il simbolo della forza della vita che vince la morte.
Come il Sole sorge vittorioso sulle tenebre così l’uomo deve
vincere sulla sua natura mortale ed istintiva.
Note al
testo
(1) Questa verità la si può dimostrare facendo riferimento alla
vita quotidiana. Così come il corpo che si nutre di alimenti sani manifesta salute
e benessere psicofisico, allo stesso modo, la persona che compie il proprio
dovere, in ordine ai valori della Tradizione, riscontra intorno a sé l’effetto
ordinatore delle sue azioni.
(2) Per analogia si può osservare come l’inclinazione dell’asse
terrestre sia in corrispondenza con l’inclinazione dell’asse del cuore umano.
(3) Secolarizzazione: istituzionalmente è un provvedimento con
il quale il chierico viene ridotto ad uno stato laicale. Attualmente, per
"processo di secolarizzazione" si intende il progressivo venir meno
della presenza dell’elemento religioso nella vita del singolo e nella società.
(4) Cfr. Julius Evola "L’arco e la clava" Ed.
Mediterranee.
(5) Cfr, René Guénon, "L’uomo e il suo divenire secondo il
Vedanta", Ed. Adelphi.
(6) Le diverse vie tradizionali non sono altro che i
"molti sentieri" che danno la possibilità all’uomo di raggiungere la
meta rappresentata dal Sacro.
(7) Sincretismo: dal Greco syn = con + kretizein =
derivato da Kreta, in origine indicava una coalizione "alla maniera dei
cretesi" in riferimento alle occasioni in cui gli abitanti dell’antica
Creta, ostili fra loro, si coalizzavano contro un nemico comune. Attualmente il
termine indica l’azione che vuole conciliare posizioni filosofiche o religiose
che sono opposte, diverse, inconciliabili.
(8) Cfr. Julius Evola, "Gerarchia e democrazia",
Padova, 1970.
(9) Demetra: dalla mitologia, Demeter – la madre terra, fu una delle più grandi divinità del
mondo greco. Essa è la personificazione della forza generatrice della terra. In
origine il suo culto era di carattere agrario, poi Demetra assunse un
significato più profondo nel motivo del morire e del rinascere nel mondo
naturale. Con essa si manifesta il sopravvenire di culti e divinità femminili a
cui corrisponde la devozione, il sentimento in ambito religioso. Nel Pantheon
romano assume il nome di Cerere.
(10) Titanica: nella mitologia greca, il titano è il nome
generico di ognuno dei sei figli giganti di Urano e di Gea che cercarono di
impadronirsi dell’Olimpo, ma furono sconfitti da Zeus. Per titanico si intende
l’atteggiamento d’insofferenza e di ribellione verso l’ordine divino che è
legge e limite. All’eroe che combatte e muore per la riaffermazione dell’ordine
divino, nell’ambito della via guerriera, si contrappone l’atteggiamento
titanico che disconosce la gerarchia e mina il percorso per l’ascesa al cielo.
(11) Amazzone: nella mitologia greca, il nome di donne
guerriere, unite in una comunità dalla quale erano esclusi gli uomini. Secondo
la tradizione, esse si recidevano la mammella destra per meglio tendere l’arco.
Dal greco, Amazon è formato da a = non + mazon = mammella. L’amazzone è per antonomasia la donna
usurpatrice che decadendo perde la femminilità spirituale e contro la sua
natura parodizza le virtù virili.
(12) Afrodite: nella mitologia greca, dea dell’amore e della
bellezza. Essa era venerata sotto numerosi aspetti che richiamavano la dea
semitica Astante-Ashtar. Oltre
l’aspetto dell’amore sessuale e profano, essa era riconosciuta in origine come
divinità possente e terribile, dell’istinto naturale e della forza
procreatrice, dal carattere violento. Rappresenta il principio
femminile-generatore, che fuori dall’ordine gerarchico conosce distruzione e
sovvertimento. Si ricordi che ad essa più tardi venne contrapposta Urania, dea
dell’amore intellettuale e celeste.
(13) Dioniso: dio greco del vino. Ad esso fa riferimento
l’elemento dionisiaco, che è caratterizzato da ebbrezza ed esaltazione. F. W.
Nietzsche, vi ritrova la componente oscura e passionale dello spirito greco.
Esso si contrappone allo spirito apollineo.
(14) Cfr. Julius Evola "Rivolta contro il mondo
moderno", Milano 1934 (ultima ed. Roma 1993).
(15) "Catarsi": dal greco katharsis-kataros purificazione, purgazione.
(16) Markanadeya-Purana, XLII, 7-8.
(17) Popolo. Comunemente per "popolo" si intende
l’insieme degli abitanti di una regione geografica o politica accomunati da una
lingua, da costumi, credenze ed usanze. Al contrario, il nostro concetto di
popolo si distingue da questa accezione comune. Il popolo, così come la
nazione, solo entro lo stato gerarchico integrale acquista un significato, una
forma e partecipa ad un grado superiore di esistenza. Solo laddove uno stato
assume la fisionomia di un ordine tradizionale, il popolo – comunità fisica e
spirituale, estensione della famiglia – si eleva da insieme biologico e
naturale ad entità superiore. In questo senso valgono le, parole di Julius
Evola: "Nell’idea va riconosciuta la nostra vera Patria. Non nell’essere
di una stessa terra o di una stessa lingua, ma l’essere della stessa idea è
quello che conta. Questa è la base, il punto di partenza. All’unità
collettivistica della nazione… noi in ogni caso opponiamo qualcosa come un
ordine, uomini fedeli a dei principi testimoni di una superiore autorità e
legittimità procedenti appunto dall’idea". Questa è la nostra idea di
popolo. Il popolo degli uomini della Tradizione.
(18) Nel corso della storia è possibile individuare una serie di
momenti significativi in cui il processo di decadenza si è manifestato più
vistosamente. Esse sono delle fasi di rottura tra un periodo ed un altro. In
ambito macro-storico, come indicato nella parte precedente, ci viene in aiuto
la dottrina delle quattro età, dall’Età dell’Oro a quella attuale "del Ferro".
In quest’ultima età a causa della perdita dei valori da parte dell’uomo si è
accentuato un processo di "materializzazione" che risulta ormai
evidente. E’ possibile altresì, nell’ambito di quest’ultimo ciclo, poter
individuare delle tappe storiche relative al mondo europeo. La caduta
dell’Impero romano, la caduta del Sacro romano impero e la successiva
sovversione dei valori nell’ambito dell’umanesimo e nel rinascimento, fino ad
arrivare alle filosofie illuministe e positiviste che diedero la spinta alla
più grande sciagura abbattutasi sull’umanità: la Rivoluzione francese. Dopo di
essa, sopravvenuta anche grazie alla decadenza della nobiltà francese, si è
assistito alla progressiva velocizzazione dei fenomeni sovversivi, con
l’avvento della democrazia, del comunismo e del capitalismo, attraverso i
manovratori occulti che ne gestiscono il potere. Arriviamo così ai nostri
giorni, in cui elementi di ordine satanico, come l’aborto, la manipolazione
genetica, il fiorire di sette neo-spiritualiste divengono elementi presentiti
come normali.
(19) Solidificazione: è il termine con cui René Guénon indica il
processo di materializzazione dell’essere. Lo stesso Guénon precisa che la
solidificazione avviene dal momento in cui l’uomo interrompe ogni rapporto con
il divino, sostituendo alla visione sacra dell’esistenza, quella materiale che
è preda delle forze infere.
(20) Antropologia : dal greco anthropos = uomo + logia,
derivato da logein = dire,
studio dei tratti essenziali che definiscono la vita ed il comportamento umano.
In questo caso, si fa riferimento all’analogia tra uomo e simbolo, della
possibilità, quindi, di leggere nella Croce i riferimenti per la vita di un
uomo.
(21) Zenit: è il punto in cui la verticale passante per
l’osservatore incontra la sfera celeste.
Indice______________________________________________________________________
1. Dalle origini al mondo moderno
2. Il Sacro e la Tradizione
3. Che cos’è la Metafisica
4. Gli Stati dell’Essere:
Archetipo-Spirito-Anima-Corpo
5. Esoterismo ed exoterismo
6. L’Autorità
7. Le Caste
8. La Civiltà
9. La Guerra Santa: vita est militia
super terram
10. Decadenza e sovversione
11. L’iniziazione
12. Contemplazione e azione
13. La Legge
14. Il Rito
15. Il Mito
16. Il Simbolo
Appendice:
La Croce
Il Sole