Il mondo della Tradizione
 

Saggio sui principi fondamentali della Tradizione
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

1. DALLE ORIGINI AL MONDO MODERNO

Nel linguaggio comune il termine Tradizione ha ormai assunto il significato di consuetudine, di abitudine e di costume. Quando si parla di Tradizione ci si riferisce a qualcosa che è appartenuto e che appartiene al passato lontano, il cui ricordo assume oggi solo una forma folcloristica. Un esempio ce lo offre il Natale, del quale rimane attuale solo l’aspetto consumistico, tanto che per la maggioranza delle persone ha ormai perso il valore sacro che possedeva in origine. Non è assolutamente questo il senso e il valore, che si deve attribuire alla Tradizione, in quanto essa è l’insieme di valori eterni, sacri ed incorruttibili. Passando all’esame del mondo tradizionale va subito affermato che esso conosce un’unione, un collegamento effettivo, tra la realtà divina e quella umana, tra spirito e materia. Questa unità né conosce né concepisce la scissione che è propria al mondo moderno, scissione tra sacro e profano (1). Per la Tradizione la partecipazione al sacro è il fondamento di tutta la vita, personale e collettiva, divenendo un’incessante ricerca e ascesa verso l’alto. La stessa Natura con i suoi ritmi e le sue leggi, è concepita come la manifestazione visibile di un ritmo e di un ordine superiore. Tra cielo e terra, tra Dio e uomo, non c’è alcuna separazione o distacco, bensì una vera e propria "similitudine", scorgendo nel secondo il riflesso del primo. Per la dottrina tradizionale, i fenomeni e le forze della natura vanno percepiti come l’espressione di una realtà superiore in quanto simboli atti a spiegare la conoscenza non umana. Premesso questo, si può affermare che l’uomo tradizionale, a differenza dell’uomo moderno, non ha una concezione elementare della Natura, ma al contrario possiede una percezione simbolica e spirituale della stessa. Comprendere il reale significato dei simboli diventa così un sostegno per l’uomo che oggi vuole intraprendere la via della risalita.

Al luogo dell’utopia materialista e progressista dell’ "evoluzione", la civiltà tradizionale conosce una verità opposta: la visione ciclica ed eterna. "Dalla nobiltà delle origini", nello scorrere del tempo, si venne a creare una involuzione. Dalla perfezione dell’origine, infatti, si verificò una caduta dovuta alla dequalificazione dell’uomo, che originariamente non era, come vuol farci intendere la moderna teoria evoluzionista, un essere animalesco, ma al contrario un essere migliore di quello attuale: un "più-che-uomo", un semidio. Così se per la scienza moderna, attraverso la sovversiva teoria evoluzionistica dell’uomo, gli uomini da stati inferiori si sono sempre più evoluti, per la cultura tradizionale da stati superiori originari gli esseri sono decaduti in stati sempre più condizionati da fattori terrestri e materiali. Questa caduta, determinata dal prevalere dell’elemento umano e mortale, è conosciuta nella memoria di vari popoli come "l’oscuramento degli Dei", cioè il ritirarsi delle influenze celesti e l’incapacità da parte dell’uomo di non sapere più attrarle verso sé.

Vi sono, quindi, due modi di intendere e di interpretare la Storia. Da una parte quello moderno e progressista che considera il tempo come un ordine di avvenimenti successivi, misurabili come una quantità, con un prima e un dopo, che procede secondo un ritmo numerico e cronologico. Dall’altra vi è il modo tradizionale, ciclico, simbolico, che guarda allo sviluppo e al tramontare delle civiltà. Dal libro di Esodo "Le opere e i giorni" possiamo ricavare la concezione che gli antichi avevano della Storia divisa in quattro età. Per loro il tempo non scorreva uniformemente e indefinitamente, ma si ripartiva in cicli o periodi, ciascuno dei quali aveva un proprio significato e una propria specificità. Ognuno di questi cicli era quantitativamente diseguale e il loro insieme formava la totalità del tempo. I vari periodi venivano simbolicamente raffigurati da diversi metalli – Oro, Argento, Bronzo e Ferro – a seconda del loro rapporto con l’origine. Questi diversi metalli esprimono simbolicamente un processo di decadenza spirituale attraverso quattro cicli o generazioni. Secondo questa visione, come già detto in precedenza, l’umanità all’inizio avrebbe conosciuto una vita simile agli Dèi, in seguito sarebbe decaduta a forme di organizzazioni sociali dominate dall’empietà, dalla cupidigia, dalla violenza e dall’inganno. Dalla perfezione delle origini si è passati alla separazione del potere guerriero da quello spirituale, per concludersi nel dominio della razza dei mercanti (borghesia). In questo modo alterata l’unità del Principio, si venne a creare una vera e propria involuzione. Questa verità si ritrova in molti testi sacri, dove si conserva il ricordo delle origini, come qualcosa di luminoso e immortale. Si parla di una mitica razza che abitava nella luce eterna, in rapporto diretto con le forze cosmiche e divine. Infatti, non si conosceva fatica e dolore, la terra era generosa e produceva spontaneamente i frutti in abbondanza e gli uomini non conoscevano né vecchiaia, né morte. Questi ultimi erano saggi e felici, "coloro che sono e che possono". Si narra di un tempo primordiale che per le sue caratteristiche venne definito "il ciclo dei Veglianti". La sede, collocata all’estremo Nord, venne chiamata la "Terra dei Veglianti, la sempre verde e lucente". Questa è la patria degli Iperborei, la mitica Thule, Avallon, il Continente bianco, il Paradiso terrestre o l’Età dell’Oro, dalle cui radici fiorirono tutte le civiltà. Era questo il tempo in cui si poteva dire di "uomini che erano simili a Dèi mortali e di Dèi che erano simili a uomini immortali". E’ evidente come, nell’epoca primordiale, uomini e Dèi vivevano in totale armonia, un epoca in cui l’adesione alla verità e alla giustizia era naturale ed assoluta.

Gli Iperborei, la razza delle origini, che chiamavano se stessi gli Arya, i nobili, incarnavano una natura olimpica e regale. Alcuni simboli e caratteristiche che contraddistinguono questa età ne fanno comprendere meglio il suo valore. Si ritrovano, così, le idee di Stabilità e di Centralità, i cui simboli sono: il Polo, la Pietra di fondamento, il Centro, le Vette inaccessibili, la Vita e l’Immortalità, la Luce, il Fuoco ed il Sole.

In un dato momento l’unità tra la divinità e l’uomo viene meno, di conseguenza quest’ultimo è sempre più preda di elementi materiali. Privo di ogni riferimento superiore, l’uomo sprofonda nell’insicurezza e nell’angoscia di fronte allo scorrere banale dell’esistenza. Conformità e fedeltà iniziale, andarono progressivamente tramontando sino all’apparire del mondo moderno.

La memoria storica dei popoli antichi, afferma che il passaggio da un’epoca all’altra era caratterizzato da veri e propri cataclismi. Un esempio innegabile è l’inclinazione dell’asse terrestre e il conseguente mutamento del clima. Di questo evento si conserva il ricordo in molte tradizioni che parlano di una mitica glaciazione che rese inospitale la sede iperborea e necessaria la migrazione dei suoi abitanti. Simbolicamente, l’inclinazione dell’asse terrestre rappresenta la caduta, l’alterazione spirituale e la conseguente perdita del "Centro", cioè delle origini (2). La conseguenza di tale caduta fece sì che ciò che era manifesto si oscurò e dalla prima età, quella dell’Oro, il Ciclo artico, si passò alla seconda: l’età dell’Argento o Ciclo atlantico. Quest’ultimo è indubbiamente meno regale del primo, ma pur sempre nobile. In quest’età, come reazione alla perdita dello stato primordiale, nasce la Religione; dal latino Re-ligio = ricollegare, riannodare; con le sue forme panteistiche, devozionali e mistiche. Simboli per eccellenza di questo periodo sono la luna, la notte, il serpente (fecondità), che indicano l’elemento femminile. La donna, quale madre, viene eretta a principio e sostanza della generazione. La divinità maschile è concepita come mortale. Inoltre la società è regolata dal principio sacerdotale e la funzione regale è confinata al solo potere politico. Quest’epoca difatti segna l’inizio della separazione del potere politico dall’Autorità spirituale. Ma il ciclo di caduta non si arresta, così al secondo periodo subentrò l’età del Bronzo o Ciclo dei Giganti. Questa fase è caratterizzata dall’affermazione della virilità selvaggia e materializzata, l’elemento spirituale è ormai secolarizzato (3). Non esiste più la vera Autorità, ma un semplice dominio che per affermarsi deve adoperare la forza. Questa è l’epoca della violenza e dell’usurpazione. Infine, viene l’età del Ferro o "Ciclo oscuro", corrispondente al nostro tempo, dove predominano l’ingiustizia, la morte e il dolore. In questa fase "fa da re" il potere economico, l’uomo è impegnato esclusivamente alla ricerca del "benessere a tutti i costi", dimenticando il suo rapporto con il divino. Prendono il sopravvento le forze infere legate allo scatenamento della materia. La funzione regale, presente e naturale nell’Età dell’Oro, ora si è ritirata e non è più manifesta. A queste quattro età se ne affianca un’altra, chiamata età degli Eroi o Ciclo Ario: essa costituirà la restaurazione dell’età aurea. Questo Ciclo è il superamento dei vari stadi di caduta, rappresentante la riconquista dell’età aurea, con il conseguente ricollegamento alla sacralità delle origini. Dovere dell’uomo della Tradizione è impegnarsi affinché questo periodo veda le schiere del Fronte della Tradizione preparate ad affrontare gli oscuri nemici e uscirne vittorioso.


2. IL SACRO E LA TRADIZIONE

Per l’uomo contemporaneo è normale considerare la divinità come una cosa astratta e lontana, non più presente e agente nella vita di tutti i giorni. Si vive un mondo desacralizzato, dove tutto viene sacrificato ai ritmi della produzione e al consumo di massa, con il conseguente allontanamento da ogni tensione interiore.
Con la parola "sacro" si afferma, non solo ciò che trascende e oltrepassa l’uomo, il tempo e la stessa vita, bensì ciò che vive in eterno. Il sacro, quindi, è "ciò che ricollega la vita terrena alle forze invisibili del mondo soprannaturale", è un ordine retto da Leggi che si collocano al di sopra dell’umano, orientato verso il divino. Etimologicamente Tradizione deriva dal latino tradere, formato da trans = oltre; e da dare = consegnare e indica un’azione di passaggio, che più propriamente si deve tradurre nel concetto: "ciò che si trasmette". Tradizione non è conservazione, fissazione delle forme esteriori o di cose di cui non si comprende più il significato, ma trasmettere, tramandare, consegnare in modo diretto e reale un’eredità, la cui origine non è umana, ma essenzialmente spirituale. L’azione tradizionale è un’azione dinamica; la sua trasmissione, come condizione primaria per realizzarsi, presuppone un collegamento tra chi consegna e chi riceve, quest’ultimo ha il dovere di continuare a far vivere l’eredità dei Padri. Questa eredità si manifesta sotto forma di forza ordinatrice, lungo le varie generazioni, informando tutta la realtà e superando il fatto materiale e biologico del vivere stesso.

Con rigore si deve parlare di "Trascendenza Immanente", cioè di una forza spirituale che agisce come presenza reale, viva, dinamica e creatrice, attraverso istituzioni, culture, costumi, leggi, religioni e altri ordinamenti, facendo "in modo che i valori spirituali e super-individuali costituiscano l’asse e il supremo punto di riferimento per l’organizzazione generale". (4) Ciò assicura la continuità dei principi da un’epoca all’altra, per far sì che tutte le attività siano orientate in modo unitario, secondo un’idea centrale, direzionata dall’alto e verso l’alto.

Assumersi l’onere di dirsi oggi uomo della Tradizione diviene un impegno, affinché il testimone che ci viene consegnato possa essere tramandato a chi verrà dopo di noi.

 

3. CHE COS’È LA METAFISICA

La Metafisica, dal greco meta = oltre e physis = natura, è ciò che si pone oltre l’umano e il visibile, che oltrepassa tutto ciò che è sottomesso all’influenza dei sensi, condizionato dai vincoli di "tempo", di "spazio" e alla natura mutevole ed effimera.

Tempo e spazio definiscono lo stato materiale, limitato dalle condizioni che ne costituiscono la natura. Infatti, al di fuori del mondo sensibile, non si può parlare di tempo, di spazio, né di altro condizionamento. Per la dottrina tradizionale, la materia e il divenire sono ciò che cambia e si identificano con il disordine, con la molteplicità e con le divisioni, questo è il mondo soggetto al ciclo di nascita, crescita e morte. Al contrario ciò che è sacro è messo in relazione con l’Essere, con ciò che è, con l’ordine e l’armonia. Il sacro, per chi lo sa sentire e riconoscere, è il reale per eccellenza, il modello consegnato direttamente dalla divinità, da un antenato o da un eroe mitico e deve essere accettato ed osservato scrupolosamente. Quando invece, il sacro è assente, siamo dinanzi a qualcosa di passeggero, illusorio e senza significato.

Le diversità di lingua, costume, legge o religione, non contraddicono l’unità della Tradizione. Ciò che cambia è il modo di esprimere la verità, senza che per questo siano apportate modifiche all’essenza, cosicché ogni forma particolare è un adattamento di quella Tradizione primordiale dalla quale tutte le altre sono derivate direttamente. Questo adattamento si è realizzato per rendere questa verità accessibile ai popoli che vivono in differenti luoghi geografici e che hanno per loro natura caratteristiche diverse l’uno dall’altro.

La Tradizione non ha mai avuto inizio, né avrà mai una fine, perché sempre è stata, sempre è e sempre sarà, conservando la propria validità e legittimità in ogni epoca e in ogni luogo. Ciò che è eterno non deve essere confuso con ciò che è perenne, che dura a lungo nel tempo; eterno è ciò che si pone al di sopra del tempo e non è soggetto ad alcuna influenza o modifica.

 

4. GLI STATI DELL’ESSERE: ARCHETIPO-SPIRITO-ANIMA-CORPO

Per la Tradizione tutti gli Esseri esistono in quanto determinati da un Principio originario e unitario. Questo principio è riconosciuto e identificato come: Archetipo, Essere Supremo, Volontà divina, Motore immobile… etc. Il Principio Supremo è assolutamente universale e indeterminato, unità assoluta al di sopra di ogni qualificazione e distinzione, origine comune di materia e spirito e in quanto tale va oltre entrambi.

Il Principio metafisico è Uno e Tutto nello stesso tempo: Uno che è Tutto, e Tutto che è Uno. In esso avviene la risoluzione di tutte le opposizioni e in quanto origine che viene prima di tutte le cose, ogni molteplicità viene eliminata, divenendo unione e sintesi dei contrari: bene-male; amore-odio; luce-tenebra; inizio-fine; pieno-vuoto; vertice-base; etc…

Esso non può essere compreso razionalmente, perché la ragione è un elemento temporale e quindi inadatto a comprendere un elemento eterno. Nonostante tutti i loro sforzi, i moderni scienziati di fronte all’armonia dell’universo ed all’ordine del cosmo brancolano da secoli nel buio. Il Principio (archetipo) "è senza dualità, fuori di esso non vi è niente, né manifestato né non manifestato" (5), nella sua totale infinità, comprende allo stesso tempo l’Essere (o le possibilità di manifestazione) e il non-essere (o le possibilità di non manifestazione). In verità è impossibile rappresentare il Principio, poiché non ha nome né forma; non è per sua natura comunicabile poiché ogni definizione di esso sarebbe una limitazione. Essendo origine di tutto, è più giusto affermare "non è questo" che dare una rappresentazione falsa e incompleta.

Questo è il piano dell’invisibile, dell’assoluto, che agisce nel mondo come "modello e volontà divina". Oltre al Principio vi è il piano universale dello spirito, l’ente soprannaturale che è al di sopra di ogni essere individuale, di ogni forma terrestre, materiale e psichica. Pur non essendo individualizzato, appartiene agli esseri individuali, ai quali comunica la possibilità di partecipare al divino, cioè alla natura stessa dell’Essere universale, principio di ogni esistenza. Gli altri due principi o modalità di esistenza, appartengono al piano individuale: l’uno è l’anima, l’altro è il corpo.

L’anima – la psiche – è il composto sottile di energie vitali immateriali ed include ricordi, impulsi, sentimenti, percezioni, piacere, dolore, paura, amore, odio, abitudine, desiderio, memoria, istinto, azione dei sensi, etc. Il corpo – soma, fisico – è la sostanza materiale e grossolana, l’involucro esteriore dell’essere, legato alle forme terrestri e materiali.

Per l’uomo che è inquadrato al cospetto della Tradizione, l’individuo rappresenta una manifestazione transitoria e contingente dell’Essere vero. Questa vita, quindi, non è altro che uno stato particolare tra una moltitudine indefinita di altri stati del medesimo Essere e assolutamente indipendente da tutte le sue manifestazioni.

Il corpo e l’anima formano l’Ego, l’individualità – l’Io contingente – che rappresenta la proiezione orizzontale dell’uomo. Lo spirito costituisce la personalità, l’Io superiore = il Sé, che rappresenta il nucleo metafisico ed eterno dell’uomo, la sua realtà verticale, il suo essere vero ed essenziale. Questa articolazione tripartita della realtà umana (spirito, anima e corpo), dimostra come l’uomo ignorante si lasci dominare dalle passioni, dimenticando la sua vera natura e identificandosi con il proprio "Ego", che lo rende schiavo e vittima del suo complesso fisico-mentale.

L’uomo della Tradizione sente l’esigenza di una formazione interiore. Per far sì che questa si realizzi è necessario un lavoro costante del singolo sui piani del corpo e dell’anima, andando a recidere i legami che sono propri all’uomo mortale. Si deve compiere un’ascesi, un distacco verso tutto ciò che è materia e sensazioni, facendo propri una lucidità ed una disciplina che siano manifestazioni visibili di uno stile e di un ordine interiore acquisito. Un lavoro capillare che miri al superamento di tutti i difetti, come ad esempio l’egoismo e l’utilitarismo, andando a sostituire a questi ultimi dei pregi. Lavorare sul piano individuale del corpo e dell’anima garantirà così, a ciascun uomo, di acquisire una formazione sul piano più sottile: quello dello spirito.

 

5. ESOTERISMO ED EXOTERISMO

Tutti i sistemi tradizionali mantengono due livelli di espressione della loro dottrina, un aspetto divulgativo, esterno (exoterismo), un altro interno, simbolico ed allegorico (esoterismo), che forma la parte superiore ed essenziale della dottrina stessa. Quest’ultima è quella parte concernente l’insegnamento metafisico, rivelato ad una minoranza, un’élite necessariamente qualificata e capace di comprenderlo. L’élite custodisce un insieme di dottrine metafisiche e di tecniche realizzative, che permettono di conquistare in modo effettivo la conoscenza spirituale.

Tra esoterismo ed exoterismo non vi è contrasto, né i due livelli sono tra loro opposti, ma in realtà sono due forme di una sola ed identica dottrina. Nel simbolismo della Croce, l’insegnamento exoterico è rappresentato dall’asse orizzontale, mentre l’insegnamento esoterico dall’asse verticale, le due realtà e le due direzioni distinte contribuiscono a formare un’unica verità. L’exoterismo è il piano della religione, dei dogmi religiosi, della devozione e del sentimento, non supera mai il dominio dell’individualità e comprende ciò che è elementare ed accessibile alla maggioranza degli uomini. E’ per questo che ogni religione si adatta alle contingenze ambientali e umane dei vari popoli e delle varie epoche. Così se nell’exoterismo è possibile riscontrare un grado di intolleranza tra le varie religioni, nell’esoterismo questo contrasto è impensabile, poiché la dottrina esoterica è unica, universale ed eterna.

Se l’exoterismo afferma il fondamentalismo religioso, l’esoterismo ricerca e afferma l’unità trascendente delle religioni e delle forme tradizionali. In questo caso il simbolo della montagna aiuta a comprendere questa realtà: "molti sentieri ascendono e portano ad un’unica meta". (6) Questa visione che esalta l’unità non deve essere confusa con il "sincretismo" (7), o peggio con la contraffazione del sacro che alcuni movimenti neo-spiritualisti come la teosofia, l’antroposofia, lo spiritismo, l’occultismo e la parapsicologia, tentano di attuare. Nel sincretismo e nel neospiritualismo si realizza nella migliore delle ipotesi una semplice sovrapposizione di elementi di diversa provenienza, riuniti dall’esterno dalla sola opera umana. Queste pseudo-vie sfruttano e deformano le regole ed i simboli di varie forme tradizionali e come risultato finale mandano allo sbaraglio i loro adepti.

Prendere le distanze sia dagli integralisti religiosi che fomentano lotte fratricide che dai neo-spiritualisti "fai da te", è una tra le migliori azioni che l’uomo rispettoso delle specificità possa fare per non cadere nel tranello della sovversione. Essa, infatti, si nutre proprio di questi due fenomeni: dello scontro tra gli appartenenti a religioni legittime e della diffusione di forme spurie di neo-spiritualismo.


6. L’AUTORITA’

La Tradizione è sinonimo di verità e giustizia poiché afferma tutto ciò che è ordine, di contro alla menzogna e alla ribellione che appartiene ad una visione moderna dell’esistenza.

Un’altra caratteristica della Tradizione è il suo rapporto diretto con l’Autorità, dalla radice indoeuropea Aug = aumentare, crescere, da cui deriva Auctor = Augusto, colui che è provvisto della potenza divina. Quando si parla di Tradizione è normale riferirsi all’Autorità, che è in diretta connessione con l’Imperium: la pienezza della potenza sovrana e ordinatrice. L’Imperium è il potere che viene direttamente dalla divinità, messo in relazione con la virtù e la qualità del Re, nella cui persona si fondano insieme il potere politico, militare, legislativo e religioso. Un esempio è rappresentato dall’aristocrazia, cioè da quell’ordine che vige in una comunità, nella quale l’autorità genera una distinzione naturale tra gli uomini per il loro valore, funzione, vocazione e qualità.

Dall’autorità deriva la gerarchia, dal greco jeros = sacro e arché = principio, ordine, cioè l’ordinamento degli uomini, che pone i migliori al di sopra degli altri. Ogni uomo è un piccolo universo e come tale non è uguale a nessun altro, se non a sé stesso, così la gerarchia e la selezione misurano e regolano questa diversità. "Infatti in alcuni uomini superiori vive in forma di presenza e di realtà, ciò che negli altri esiste, solo come aspirazione confusa, come presentimento, come tendenza, per cui questi ultimi sono fatalmente attratti dai primi e naturalmente ad essi si subordinano" [8]. E’ l’inferiore, infatti, ad avere bisogno del superiore.

La gerarchia non è una scala burocratica che si ascende dopo tanti anni di anzianità o di anticamera, essa fa riferimento a valori tradizionali.

Al vertice vi è colui che meglio di altri riesce ad incarnare questi valori, riesce a viverli e a farli propri: il migliore tra i migliori, il "primis inter pares" cioè il primo tra i pari, colui che è dotato di maggiori qualità. Ecco, quindi, delinearsi da una parte una minoranza, l’élite che è qualità e dall’altra una quantità che è numero. Quanto maggiore è il grado della qualità, tanto minore è il numero delle persone che tali valori possiedono. Il fondamento primo dell’autorità è la qualità sacra e non umana, la cui legittimità deriva direttamente da Dio. L’autorità è simbolo ed espressione di ordine, pace e armonia e si realizza attraverso la gerarchia, nella quale ognuno, riconoscendo il proprio posto, partecipa attivamente alla vita dello Stato in una visione organica.

Questa visione organica fa sì che le diverse parti (uomini – famiglia) contribuiscano a formare il tutto (comunità – Stato) in una armonia generale, in cui ciascun uomo gode della propria autonomia, necessaria per sviluppare la propria specificità o natura. Rifiutando qualsiasi prevaricazione di una parte sulle altre, si ignora qualsiasi scissione o atomizzazione del particolare ed ogni uomo è libero di formarsi nel proprio campo secondo la sua natura e mediante la propria vocazione cosicché questa visione ordinata determina il potenziamento del particolare, e non il suo ridimensionamento.

 

7. LE CASTE

L’idea organica dello Stato tradizionale è costituita e regolata in quattro caste: quella dei sacerdoti, dei guerrieri, dei produttori e dei servi. Esse corrispondono simbolicamente alla ripartizione del corpo umano: Testa/Cervello (sacerdoti); Petto/Cuore (guerrieri); Ventre/Fegato (produttori); Estremità/Mani, Piedi (servi).

L’ordine tradizionale non è un capriccio e la casta non è il frutto di un arbitrio voluto dall’uomo. Non è la nascita a determinare la natura, ma è la natura a determinare la nascita e di conseguenza la casta di appartenenza. La casta è Legge, ordine e viene considerata come il punto di partenza per qualsiasi elevazione spirituale. Infatti, ognuno partecipa all’Ordine universale e al Principio sovrannaturale restando fedele alla propria natura ed alla propria casta. La natura di un essere viene gerarchicamente ordinata secondo giustizia in un sistema orientato verso l’alto, così ogni disuguaglianza tra uomo e uomo non è altro che il riflesso di una disuguaglianza più profonda, in cui ognuno, trovando il suo posto, rispetta l’antica legge: "a ciascuno il suo". Ogni attività, d’altronde, offre in egual modo la possibilità di una elevazione spirituale e compiere il proprio dovere significa contribuire alla realizzazione dell’Ordine e per tal via si partecipa al Principio metafisico.

Il riflesso politico e sociale di tale visione si può scorgere nell’organizzazione dei popoli indoeuropei che individuavano tre funzioni principali per suddividere la comunità, in corrispondenza dei tre aspetti dell’essere (Spirito, Anima e Corpo), non considerando l’ultima parte rappresentata dai servi. La prima funzione rappresenta l’amministrazione misteriosa dell’universo, delle leggi divine e dei riti, è l’affermazione dell’ordinamento generale del cosmo rivolto verso il mondo degli uomini. E’ la funzione dei sacerdoti, custodi della scienza sacra delle origini, quella di coloro che attraverso il rito attualizzano il sacro. I sacerdoti, depositari della tecnica di consacrare e sacrificare, sono i mediatori tra cielo e terra, tra il sacro e l’uomo.

La seconda funzione rappresenta la potenza ed il comando, la forza della virilità, dell’eroismo e della potenza che procura "vittoria" facendo sì che attraverso l’azione avvenga la rigenerazione dell’universo. E’ questa la funzione della casta dei guerrieri che rappresenta l’Aristocrazia, la forza e l’energia protesa alla difesa della comunità.

La terza funzione è il simbolo della fecondità e della prosperità, è la funzione svolta dalla maggioranza del popolo: produttori, contadini e artigiani. Questi sono responsabili delle attività legate alla produzione dei beni e dei servizi necessari alla comunità.

Sopra le caste è il Re, sintesi dell’unità, dell’autorità spirituale (sacerdoti) e del potere politico (guerrieri). Il Re è il cuore del mondo, il riflesso vivente delle origini, l’intermediario tra cielo e terra, l’essere dalla duplice natura umana e divina. Egli è il vertice della gerarchia umana, è l’ultimo gradino della gerarchia celeste, è la manifestazione terrena e visibile di un ordine superiore: il Signore di pace e giustizia. Nel Re si riuniscono le tre funzioni: è il sovrano che amministra la legge, il guerriero che protegge dai nemici visibili e invisibili, il fecondatore che dona pace e prosperità. L’ordine che il Re rappresenta può venir meno se egli fallisce nel suo compito. Così orgoglio, menzogna e lussuria sono tra le cause che determinano l’inizio della decadenza, e il rompersi di un armonico equilibrio.

Quando ebbe inizio la decadenza, ai Re subentrarono i sacerdoti, e di seguito la separazione tra autorità spirituale e potere politico-temporale, caratterizzato da una spiritualità lunare, in cui l’elemento virile assunse una forma passiva dinanzi alla donna – Demetra – [9]. Questa decadenza fece sì che i sacerdoti furono investiti di un potere che non era più né regale né spirituale, ma semplicemente materiale e laico. In questo modo iniziò da una parte l’astrattismo religioso dall’altra la secolarizzazione del potere. Questo fu il periodo dei guerrieri e della loro rivolta titanica [10], che afferma il principio della guerra come mera violenza. Nel mondo classico l’elemento selvaggio venne raffigurato sia dal simbolo dell’amazzone [11] cioè il tentativo deviato della restaurazione demetrica, che dal simbolo del Titano, il "superuomo", la virilità materializzata e preda dell’orgoglio, della violenza, della perversione, delle passioni e dell’istinto. Non vi è più un’Autorità, ma solo un potere che per affermarsi deve far uso della violenza. Con l’avvento dei mercanti, invece, si affermò la visione utilitaristica dell’economia che domina su tutti gli aspetti della vita, l’ideale diventa così la ricchezza e il guadagno. Il pensiero classico associò i simboli di Afrodite-amante [12] che si sostituisce alla Madre con la sua passionalità e di Dioniso [13] rappresentante lo scatenamento orgiastico, l’eccesso e la preminenza del sesso-morte quale simbolo di dissolutezza. Il sopravvento dei servi, quali elementi oscuri, ha determinato la demonìa del collettivismo, della massa senza volto, della pura quantità informe, simbolo della perdita di ogni contatto con il Cielo. Di fronte a questo processo di caduta vi è una possibilità di una restaurazione delle origini sulla base del principio guerriero. Gli Eroi hanno la possibilità di riconquistare lo stato primordiale e dar vita ad un nuovo "Ciclo aureo" conquistandosi l’immortalità. Come condizione per la riconquista della virilità spirituale si pone il superamento sia della virilità materiale – il Titano – sia della spiritualità lunare – il Sacerdote-Demetra. Così le civiltà eroiche altro non sono che la restaurazione della luce delle origini. Il titano è la materia prima dell’eroe, entrambi appartengono allo stesso ceppo guerriero, alla stessa avventura trascendente che nel titano abortisce e nel guerriero si realizza.

Per la Tradizione fra autorità spirituale e potere temporale non vi è mai conflitto o competizione, bensì un rapporto organico e gerarchico. Laddove al contrario si viene a creare fra le due funzioni un’antitesi o peggio una scissione, vuol dire che è iniziato quel ciclo di decadenza che si concluderà con la negazione assoluta di ogni autorità.

 

8. LA CIVILTA’

Dall’unione dell’elemento divino con l’uomo; prende vita la Civiltà, che è l’equilibrio tra valori politici e spirituali, dove i primi sono organizzati e subordinati gerarchicamente ai secondi. Anche qui vi è una differenza sostanziale tra Civiltà e civilizzazione moderna, quest’ultima edificata dall’opera di elementi semplicemente umani, terrestri, egoistici ed utilitaristici. In essa la decadenza appare inevitabilmente come il senso della Storia, per il fatto che si riscontra il venir meno delle gerarchie e delle differenze ed inoltre per il fatto che tutto si accomuna e livella. Dall’altra parte abbiamo le civiltà tradizionali, diverse nelle forme, ma identiche nel loro principio. In esse forze e valori spirituali costituiscono l’asse ed il punto supremo di riferimento per l’organizzazione generale. In queste, la forza originaria organizza le forze inferiori imprimendo ad esse un’energia che ordina ed unisce. Quando la tensione della forza originaria s’indebolisce, le forze inferiori si svincolano e gradualmente prendono il sopravvento, dando luogo a fenomeni dissolutivi che danno inizio alla decadenza.

La civiltà è la massima espressione di tutte le energie dello spirito che si realizzano nella comunità, per virtù di una organizzazione politica e per l’elaborazione degli elementi ereditati attraverso la Tradizione. Per questo, in tutte le civiltà tradizionali, il governo dello Stato appartiene al migliore o ai migliori, donde la tensione dei singoli in un continuo migliorarsi, secondo la formazione di una piramide o scala di valori, che rappresenta da sempre l’ordinamento di una gerarchia.

Nel mondo tradizionale le forze politiche e sociali hanno un rapporto diretto con le forze invisibili, tanto da rappresentare veri e propri ordinamenti religiosi. In questo modo l’ordine sociale diviene la manifestazione visibile di un ordine superiore: un ordine in cui viene stabilita una necessaria graduatoria di diritti e di doveri connessi alla qualità e alla responsabilità che il singolo uomo ricopre. Oggi, che non vi sono più questi giusti rapporti tra comunità e sacro, il caos è imperante. Un’élite che incarna valori e che li attualizza concretamente nella vita quotidiana, dà vita ad una nuova Aristocrazia – dal greco aristos = i migliori, i più idonei, e arché = principio, comando, ordine – creatrice di appartenenze e distanze intransigenti tra chi è amico e chi è nemico. Questa Aristocrazia incarna valori che si trasformano in misure di confronto e di scontro, diventando un valido strumento di verifica sul piano esistenziale, quello della vita di tutti i giorni: un modo di conoscere, di vivere, di essere. Questi valori sopravvivono agli organismi mediante i quali si sono manifestati e rimangono immutati, patrimonio di esempi e si forme etiche, capaci di creare nuove tensioni, nuove sostanze e nuove appartenenze. Il mezzo più idoneo per trasmettere questo Stile di Vita è vivere nel quotidiano, con coerenza, i valori dello spirito diventando esempio per i simili. Così, il rifiuto di ogni ingiustizia, di ogni inganno ed illusione è la linea di demarcazione che definisce i fronti di appartenenza. Se il mezzo della sovversione è la menzogna, l’arma vincente della Tradizione è la verità. La verità non è un prodotto umano, esiste indipendentemente dalle persone, le quali hanno il compito di conoscerla e di realizzarla tramite l’azione nella vita quotidiana.


9. LA GUERRA SANTA: VITA EST MILITIA SUPER TERRAM

È fondamentale apprendere come l’essere (ciò che è), si contrapponga al divenire (ciò che cambia); la luce alle tenebre; la conoscenza all’ignoranza; la vita alla morte; la giustizia al sopruso e alla violenza; l’amore all’odio e al rancore; l’ordine al disordine; la virtù dell’onore e della fedeltà alla vigliaccheria e alla slealtà. Così, di riflesso, queste contrapposizioni rappresentano le forme e le qualità di due fronti antagonisti tra loro, Tradizione e Sovversione, impegnati in un perenne conflitto per affermare il proprio dominio sul mondo. Allora "vi è un ordine fisico e vi è un ordine metafisico. Vi è la natura mortale e vi è la natura degli immortali, vi è la regione superiore dell’essere e vi è quella infera del divenire. Più in generale: vi è un visibile e un tangibile e, prima di là da esso, vi è un invisibile e un non tangibile quale sovramondo, principio e vita vera". (14).

Gli uomini prendono parte a questo conflitto schierandosi in uno dei due fronti. Da una parte l’uomo nobile ed onesto: il santo, l’eroe, l’artigiano, il padrone di sé, proteso verso l’affermazione spirituale, dall’altra parte il furbo, il vigliacco, il meschino, il vinto, colui che è incapace di una affermazione interiore. La Tradizione aiuta l’uomo a ritrovare la sua vera coscienza e dignità, a ottenere il risveglio della sua essenza metafisica e permette alla persona di compiere la propria missione trascendente attraverso le azioni di ogni giorno. Forte dev’essere, quindi, la ripugnanza per ogni menzogna, l’incapacità di tradire e la superiorità dinanzi ad ogni meschino egoismo, tanto da conservare sempre una superiore dignità, un amore per l’essenziale e la capacità di consacrare ogni azione che si compie. In tal modo è possibile ricostruire i ponti con il sacro che la follia dell’egoismo moderno ha distrutto. Occorre dunque, operare per una riaffermazione dello spirito e intraprendere ciò che nella Tradizione viene indicata come la Grande Guerra Santa. Con questa espressione s’intende la lotta interiore contro il nemico che alberga in ciascun uomo. Una lotta profonda e immateriale che ogni persona deve combattere contro l’elemento umano inteso come brama, passionalità, paura, vigliaccheria ed istinto. La vita, in questo modo diviene un’eterna lotta tra le forze spirituali e quelle di ordine contrario: da una parte le forze solari, dall’altra le forze oscure del caos e della materia. E’ la lotta tra il Principio solare, il Sé, contro l’elemento semplicemente umano, debole e soggetto alle passioni, l’Io, l’Ego. La Piccola Guerra Santa, invece è la lotta contro i nemici esterni, i barbari, coloro che non appartengono alla propria comunità. La Piccola Guerra Santa ha una funzione catartica (15), cioè favorisce l’emergere del nemico interiore, cosicché le due vie diventino una sola. Colui che nella Piccola Guerra ha vissuto la Grande Guerra ha superato la "crisi della morte", liberandosi dal nemico che alberga in sé e dal suo istinto di conservazione. Paura, desiderio, inquietudine vengono soggiogati e dominati, sino alla completa liberazione da ogni istinto e passione. In un testo orientale si legge: "la vita come un arco, l’anima come una freccia, lo Spirito Assoluto come bersaglio da trapassare. Unirsi con questo Spirito, come una freccia scoccata si conficca nel suo bersaglio". (16) In tal modo si verifica una similitudine tra la via guerriera e quella ascetica, dal greco asceo = esercizio, con una disciplina interiore, con un controllo, con una formazione e un possesso di sé stessi. La guerra, allora, non è più uso della forza e della violenza distruttrice, ma un’azione compiuta con Amore e distacco per ciò che è passione, divenendo disciplina e stile, in relazione ai valori di verità e giustizia, lealtà, onore e fedeltà.

"Vita est militia super terram" diviene la regola di quanti assumono la Tradizione come punto di riferimento e affermano il primato della Legge, dell’ordine e della gerarchia. Di coloro che celebrano il Cielo di fronte alla terra, il Giorno di fronte alla notte e che alla promiscuità bastarda hanno saputo contrapporre la Famiglia e lo Stato. All’eguaglianza la Stirpe e la Razza.

Tradizione vuol dire, quindi, mantenere vive al contempo la memoria e l’identità del proprio popolo, (17) che deve essere rinnovata costantemente.

La Sovversione invece è l’oblio, è perdita di ogni identità, è la negazione di ogni continuità col passato e di ogni prospettiva futura.

L’uomo della Tradizione ha sempre presente e sempre viva la difesa di quest’ordine sacro; e si impegna con tutte le sue energie nella lotta contro il caos e contro ogni ingiustizia.

 

 

10. DECADENZA E SOVVERSIONE

Nel Tao Te Ching di Lao-Tze viene affermato: "Perduta la Via (Principio) viene la Virtù / perduta la Virtù viene la moralità / perduta la moralità viene la Giustizia / perduta la Giustizia viene il costume sociale (il conformismo) / il costume, mera parvenza della forma schietta (etica) / è il principio del disordine". La decadenza è un processo degenerativo e coincide col momento storico (18) in cui i valori spirituali vengono soppiantati dalle ideologie, le quali traggono la loro essenza esclusivamente dai meccanismi socio-economici. Da una parte vi è il potere legittimo, l’autorità spirituale, una presenza divina che tende verso l’alto, cioè una forza anagogica: dal greco anagogia, letteralmente tirar l’ancora, elevarsi. Dall’altra una forza che tende verso il basso a cui si deve la causa del degenerare e tramontare della civiltà. Il disordine della Civiltà deriva, quindi, dal prevalere di una tensione disgregatrice che non ha più nell’Ordine il suo riferimento, bensì si fonda sulla materia e il caos. Detto ciò è possibile distinguere la Tradizione con due verbi che meglio interpretano questa realtà: essere e avere.

Gli Indù chiamano l’età dell’Oro Satya-Yuga, corrispondente all’origine, cioè l’età dell’essere, attribuendo all’età opposta il primato dell’avere cioè dell’illusione. L’età dell’avere si caratterizza con il predominio dei problemi economici e materiali. Questa verità presuppone che oltre alla realtà sensibile e naturale non vi è solo il piano del sovrannaturale, la cui direzione è verso l’alto, ma anche quella del sub-naturale che conduce verso il basso, verso le regioni infere.

Varie tappe hanno concretizzato l’azione sovversiva, tutte aventi tra loro un collegamento funzionale, essendo le prime nient’altro che un processo intermedio e preparatorio delle altre. Per primo si è fatto in modo che la Tradizione diventasse solo conformismo, convenzione sociale, un insieme di schemi e di istituzioni ormai storicizzate e senza alcun valore. In seguito diventò facile, per gli agenti della sovversione, negare validità alle influenze spirituali, determinando la chiusura verso l’alto. Ciò è possibile soprattutto grazie ad una serie di teorie culturali e politiche che trovano nel materialismo e nell’ateismo la loro tattica iniziale. Così: razionalismo, egualitarismo, evoluzionismo, utilitarismo, relativismo, individualismo, economicismo, non sono altro che i tasselli di un unico progetto sovversivo, il cui obiettivo di fondo è rendere inefficace ogni presenza e tendenza da parte dell’uomo verso il sacro. Interrotto ogni collegamento con il Cielo, ed eretto un vero e proprio guscio impenetrabile da ogni intervento divino, si determina quella fase che si chiama solidificazione (19). L’unica direzione aperta rimane quella rivolta verso il basso, la regione dell’irrazionale e delle potenze infere. Questa fase, caratterizzata dalla dissoluzione della persona, è ancor più pericolosa della precedente. Infatti, si promette di offrire a quanti ancora sentono il bisogno di una "reazione", dei surrogati di spiritualità che pur richiamandosi ad idee tradizionali ne sovvertono i significati profondi, sino a tradirne completamente ogni valore. L’uomo moderno, non avendo più i normali orientamenti procedenti da una legge sacra, è affascinato da movimenti e sette neo-spiritualistiche, non accorgendosi che tutto ciò è solo una contraffazione e un rovesciamento della vera spiritualità. Questa fuga nell’irrazionale vanifica ogni tentativo di reagire alla crisi del mondo moderno e neutralizza quanti ancora sentono la necessità di coltivare la "dimensione interiore".

Il vero obiettivo della sovversione è quello di travolgere le legittime fonti spirituali opponendovi di continuo degli ostacoli, come il materialismo, così da far verificare il totale sovvertimento della divinità.

E’ assurdo pretendere, quindi, di migliorare la vita sociale, dimenticandosi la formazione integrale della persona (Corpo, Anima e Spirito). Ogni riforma o rivoluzione politica vera presuppone, alla sua base, una riforma e una rivoluzione spirituale.

 

 

 

11. L’INIZIAZIONE

Iniziazione deriva dal latino initium = inizio, in ire = andare dentro, ed è messo in relazione con Janus, il Dio Romano nume tutelare degli inizi. L’etimologia rimanda al latino Janua = porta di ingresso, che indica l’inizio, il punto di partenza del processo realizzativi con cui ci si libera dalla condizione umana. L’iniziato è il Pontifex, colui che edifica un ponte tra cielo e terra, che incarna in sé la sintesi dei poteri regale e sacerdotale. È riconosciuta in lui la capacità di animare i riti atti a "sorreggere" ogni comunità e a propiziare il contatto con il mondo divino. L’iniziato è il Re, intermediario tra Dio e uomo, situato al vertice della gerarchia terrestre e alla base della gerarchia celeste. E’ il "figlio del cielo" che trasmette la luce, punto di congiunzione tra il mondo degli uomini e quello del divino.

La premessa che necessariamente deve esser fatta parlando di iniziazione, è che l’Essere presenta diversi stati superiori o inferiori d’esistenza rispetto a quello umano. La personalità così, può ascendere verso l’Essere supremo, oppure discendere degradandosi fino al piano subumano e animale. Per ciò che riguarda lo stato superiore di esistenza si tratta di una vera e propria rinascita, dove la condizione umana, con i suoi limiti, viene superata. Questa rinascita determina una effettiva trasformazione di tutto l’essere, in modo che si operi il collegamento con gli stati superiori. È un cambiamento radicale, da uno stato di esistenza ad un altro, dove si acquista un’altra coscienza e un’altra sensibilità. È un passaggio da un modo di essere ad un altro, dalle tenebre alla luce, e grazie alla trasmissione di un’influenza spirituale si raggiunge la liberazione da ogni necessità. Affinché ciò sia efficace, è necessario un intervento "esterno", la trasmissione di una influenza spirituale che si effettua ritualmente, collegandosi con una organizzazione iniziatica regolare e legittima, che deve essere unita, direttamente o tramite altri centri, ad un Centro Supremo Unico; questo, a sua volta, ad una catena ininterrotta di trasmissione che giunge dall’origine: la Tradizione primordiale. Colui che aspira a questo cammino deve possedere una disposizione e un’attitudine naturale, senza la quale ogni sforzo sarebbe vano.

È indispensabile possedere tre doti essenziali per intraprendere il cammino iniziatici: la prima è la qualificazione, cioè la potenza = il poter agire; la seconda è la trasmissione, la virtù = rendere operante ed efficace la propria potenza; la terza è quella di operare in sé un incessante lavoro interiore, l’attualità = l’essere sempre lucido e cosciente della propria azione.

L’iniziazione non ha nulla a che vedere, quindi, con una concezione egualitaria e democratica, con la morale o la religione, poiché "l’obiettivo non è quello di essere esenti dai peccati, ma di realizzare visibilmente una forza trascendente". Sul piano religioso si avverte la distanza tra creatura e creatore, ed è ammesso solo la dipendenza e la devozione del primo nei confronti del secondo. L’iniziazione rimuove questo limite: alla concezione di salvezza o redenzione subentra così l’idea del risveglio. Dinanzi a coloro che credono, vi è il mondo di coloro che sono. Metafisicamente non esiste Bene o Male, ma ciò che è reale e vero, di contro a ciò che è falso e illusorio. E’ reale invece, l’esperienza che lo spirito può determinare ricongiungendosi con sé stesso. Si "vive" in uno stato di certezza e pienezza, in cui non si chiede più nulla, è inutile agitarsi, speculare, l’essere è eterno e possiede solo sé stesso. La realtà superiore non conosce il soddisfacimento dei desideri, degli istinti o dei sentimenti, non è legata da alcun vincolo esterno o interno. Quando questa realtà viene disconosciuta, il sonno della forza interiore determina la materia che per inerzia attrae verso il basso. D’altra parte il significato principale di ogni vera ascesi è riconquistare ciò che si è perduto e riconquistare lo stato primordiale, neutralizzando le influenze negative della parte istintiva e irrazionale dell’essere umano e andando a rafforzare quei caratteri tipici della natura olimpica. Lo Svegliato, l’iniziato, è colui che nessuna sete arde, che nessuna manìa abbaglia, che nessuna vittoria tenta, che nessun turbamento altera. Così, finalmente libero da ogni desiderio, si acquista un’altra coscienza. Si appartiene interiormente ad un altro mondo, ad un altro stato, non più turbato e soggetto alla necessità, non più legato al destino dei sensi, divenendo immortale. Anche in questo campo si corrono gravi pericoli. Al pari di una iniziazione che apre le porte del Cielo, vi è una contro-iniziazione è pertanto la deviazione di ogni aspirazione alla spiritualità pura, una corrente tale da confondere la visione della verità che falsifica i valori e suscita il predominio di influenze infere.

 

12. CONTEMPLAZIONE E AZIONE

La Tradizione conosce due possibilità, o due vie di approssimazione per accedere all’iniziazione.

La prima è la Contemplazione, la seconda è l’Azione.

Entrambe sono concepite come due poli di una stessa realtà spirituale a cui far riferimento per quanti intendono intraprendere il cammino verso la realizzazione interiore.

La Contemplazione è la realizzazione della verità, è l’impulso verso l’Uno, l’Archetipo supremo, che si ottiene con il distacco dalla realtà sensibile. E’ la conoscenza diretta della realtà suprema che si ottiene con la morte e il superamento dell’elemento umano. La Conoscenza procede su di un piano che va al di là di ogni possibilità umana: ragione, sentimento o affetto, e si realizza attraverso la rinuncia, il distacco e la purità rituale, liberandosi dal vincolo dell’individualità. La Contemplazione è la partecipazione alla realtà divina che, sottraendosi ad ogni limite e condizionamento mondano, costituisce la base della casta sacerdotale.

La seconda via percorribile per approssimarsi all’iniziazione è l’Azione. Essa agisce nel mondo. Non si ritrae nel dominio del sentire, dell’operare e del lottare, l’uomo che ha intrapreso la via dell’azione non è preso dagli scopi o dai frutti dell’azione stessa, dando uguale valore alla vittoria o alla sconfitta, al piacere o al dolore e pone al di sopra dell’amore e dell’odio la propria azione. La vita diventa più che vita, capace di destare nel proprio intimo una tensione volta a superare sé stessi, per conseguire il contatto con uno stato di luce e di potenza che supera, vince e domina tutto ciò che è umano e fisico. Questa condizione è la base che caratterizza la partecipazione alla realtà sacra attraverso la forma guerriera ed eroica.

La Tradizione primordiale è anteriore e superiore alla bipartizione delle due vie che rappresentano delle approssimazioni di questa unità. Da queste due forme derivano l’iniziazione regale e l’iniziazione sacerdotale, che sono rispettivamente la Tradizione guerriera ed eroica e la Tradizione sacerdotale. Per la contemplazione e l’azione è necessario l’integrazione completa delle possibilità umane. La contemplazione sta all’azione come il sacro sta all’umano, l’eterno al transitorio, l’autorità spirituale al potere temporale.

La dottrina tradizionale non conosce tra le due vie, né opposizione né collusione, in quanto esisteva fra esse distinzione e quindi separazione di funzione, individuando tra la regalità e il sacerdozio l’identità del loro fondamento.

 

13. LA LEGGE

La Tradizione non può essere storicizzata col riferimento a vicende del passato, né può essere considerata una invenzione umana da manipolare a piacimento. Non è, quindi, un’ideologia, una filosofia, un sistema di pensiero o peggio un capriccio umano. Non è un ricordo o una reminescenza, ma volontà e potenza creatrice alle cui leggi si deve conformare la natura umana, affinché possa sempre rimanifestarsi e ritornare vivente. E’ compito dell’uomo adattare il proprio comportamento e tutta la propria esistenza ai principi tradizionali. La Tradizione, così, diviene sforzo dinamico di creazione e di conquista, una tensione che mira al raggiungimento di mete superiori e ad ordinare la realtà in funzione di una volontà divina.

Per coloro che non possono accendere il fuoco sacro, la Tradizione può intendersi come sostegno, come Legge e fedeltà. In tal modo essa acquista un significato normativo, Legge sacra che permette ad ogni persona di partecipare, secondo la propria natura, alla realtà superiore. Nelle popolazioni indoeuropee l’idea centrale è quella di un ordine divino che sostiene tutto l’universo. La Legge veniva consegnata dagli Dèi agli uomini, affinché vivendo coerentemente con i principi potessero evitare ogni empietà ed ingiustizia. Il compito primario dell’ordinamento giuridico è quello di infondere l’ordine divino tra gli uomini e favorire il ricongiungimento degli stessi alla "forza dall’alto". Si può osservare come nella società tradizionale il riconoscimento consapevole e l’obbedienza alla Legge, da parte del singolo, veniva vissuto come un vero e proprio sostegno con cui ciascuno poteva partecipare all’ordine universale, non essendovi separazione tra la realtà umana e la realtà religiosa. Tutta la vita era scandita da ritmi e leggi di natura divina. Così, non c’era differenza tra un precetto religioso e un precetto giuridico, la cui legittimità risiedeva in un'unica forza inderogabile, di ordine eterno e spirituale. Disobbedire alla Legge significava contrapporsi a ciò che era sacro.

L’uomo seguendo la Tradizione rimane fedele all’eredità dei padri e avverte la presenza del divino in ogni momento della propria vita, diviene testimone dei valori di verità, di giustizia, di lealtà, di onore e di fedeltà. L’intima obbedienza ai principi si trasforma in una reale consapevolezza che ridà forma alla vita, disponendola in quella corrente di luce tale da darle un significato superiore.

 

14. IL RITO

L’uomo ha degli strumenti per entrare in contatto con la Tradizione Primordiale e rigenerare l’azione sacra che è alla base della vita.

Il rito, il mito, il simbolo sono tre realtà che parlano direttamente al cuore e che permettono il risvegliarsi di energie e di forze interiori. Queste realtà rappresentano veri e propri ponti o "cordoni ombelicali" tra cielo e terra, mezzi che rendono possibile l’attuazione dell’ordine sacro. In questo modo l’elemento materiale, come per esempio il sangue ed il suolo, viene influenzato dal rapporto con l’elemento spirituale, tanto da favorirne una vivificazione e un rinnovamento della forza originaria. La conoscenza tradizionale opera attraverso il linguaggio del rito, del mito e del simbolo.

Il rito, etimologicamente, deriva dal sanscrito rta = ordine. E’ quell’azione che ristabilisce il contatto con il mondo divino delle origini, permettendo la partecipazione del singolo o dell’intera comunità all’ordine sacro. Attraverso il rito avviene il ricollegamento all’arché = principio creatore della vita, in cui la sequenza del tempo si annulla e si interrompe, rievocando l’atto originario. In questo modo il rito è reso attuale e operante in ogni epoca. Il rito è essenzialmente azione sacra, dal latino "sacer facere" ed è il momento in cui viene riaffermato il mistero della vita quale eredità spirituale. Il suo scopo è quello di collegare direttamente l’essere umano con la realtà divina che supera l’individualità stessa e che unisce i membri di una medesima comunità. Il rito è l’applicazione della Legge suprema che ristabilisce l’ordine e chiude le porte al caos. E’ il simbolo della fedeltà, il mezzo per partecipare al sovramondo ed ha il potere di rendere la realtà specchio visibile dell’ordine divino. E’ l’esperienza e la partecipazione dell’uomo alla realtà divina, che è gioia e amore, il momento in cui si rinnova la forza originaria che unisce l’uomo al sacro. Così, tramite il superamento simbolico della morte e la rifondazione della vita, il rito diventa il principio creatore della vita stessa. Nella comunità tradizionale ove tutto è informato da norme sacre, i rapporti della vita individuale e collettiva sono regolati dal diritto e dalla legge che sono in stretta connessione con l’azione rituale. L’efficacia del rito è garantita solo se questo è compiuto in conformità alle regole che ne assicurano la sua validità, rispettando scrupolosamente sia le condizioni oggettive che soggettive.

Quando il rito si altera e non ha più la forza di attualizzare l’energia primordiale, diviene semplice cerimonia, semplice fatto umano, astratto da ogni contatto con la realtà superiore.

 

15. IL MITO

Il mito, etimologicamente, deriva dal greco mythos = parola, annuncio e dal latino mutus = muto e dal verbo musso, che al transitivo ha valore di tacere e nascondere, indica la difficoltà del mito stesso ad essere compreso.

Il mito rappresenta una verità assoluta poiché racconta un avvenimento sacro accaduto in epoca primordiale. Il mito fondatore è l’elemento di riferimento per eccellenza, generatore di forme e norme familiari che diventano il cemento delle comunità politiche.

Il mito permette all’uomo integrato nel cosmo di vivere e regolare i suoi comportamenti quotidiani: dall’alimentazione al matrimonio, dal lavoro all’arte, all’agricoltura, alla caccia e alla sessualità etc. L’uomo, ripetendo nelle sue azioni quotidiane l’esempio di un archetipo mitico, aboliva il tempo profano per vivere in un tempo magico-religioso, in un eterno presente. Dinanzi al divenire caotico della storia, con le sue contraddizioni, il mito costituisce la dimensione dell’eternità, è il modello che accompagna e guida l’uomo fornendogli saldi punti di riferimento. Il mito è un racconto sacro, distinto dalle narrazioni profane, che spiega la verità in forma allegorica e tutto ciò che non può essere spiegato e fugge alla comprensione ed alla ragione, come ad esempio l’origine della vita, il destino dell’uomo, la sua civiltà e le cause della decadenza.

E’ il racconto di un ordine metastorico, contenente il segreto delle energie che agiscono dietro e dentro le vicende visibili dell’uomo, rivelando come tutte queste cose inspiegabili, abbiano avuto inizio. Nel mito, storia e metastoria si integrano a vicenda, così l’uomo attraverso il mito riesce ad avere il giusto orientamento delle proprie azioni e di tutta la propria vita. Quando si perde il valore del mito e non se ne conosce più il vero significato, esso diviene semplice mitologia, fiaba, folklore che continua a vivere in modo cristallizzato nella fantasia dei popoli.

 

16. IL SIMBOLO

Il simbolo etimologicamente deriva dal greco sin ballo = unire; il suo contrario è dia ballo = dividere, di qui il termine "diavolo".

IL simbolo è l’espressione sensibile di una realtà soprasensibile, è la forma immediata con cui si trasmette il messaggio profondo della verità. La conoscenza sacra parla per simboli, immagini tese a produrre un risveglio delle energie profonde dell’essere, un vero e proprio salto di dimensione al di là della ragione.

La realtà diventa simbolo e il simbolo diventa realtà. I simboli non sono la stessa cosa di ciò che rappresentano, ma aiutano a comprendere la realtà spirituale. L’origine del simbolo non è umana, è la fissazione di un gesto rituale che può avere molteplici significati e interpretazioni tra loro mai contraddittorie, ma complementari, tutte vere e reali pur derivando da differenti punti di osservazione.

La sua degenerazione si tramuta in semplici espressioni artistiche o filosofiche, incapaci di stimolare la coscienza ad aprirsi attraverso l’immagine creatrice.

Il mito, il rito e il simbolo sono realtà connesse tra loro. Infatti, il rito comporta necessariamente un senso simbolico in tutti i suoi elementi costitutivi e ogni simbolo è un rito, avendo origine non umana. Il mito, in alcuni casi, è il racconto drammatico dell’esperienza umana e dei suoi rapporti con le forze profonde e serve da supporto "logico" sia ai riti che ai simboli.

 

 

 

 

APPENDICE


I. LA CROCE

Comprendere i simboli della Tradizione vuol dire rigenerare in sé la forza originaria e propiziare la ricostruzione del proprio essere, ristabilendo l’ordine e l’autorità che emana lo spirito.

La Croce è uno dei simboli più significativi, in quanto nella sua espressione è custodito il valore della Tradizione primordiale, per questo è definito simbolo universale.

La Croce rappresenta l’uomo universale, colui che ha sconfitto la morte e la natura puramente umana e istintiva, colui che è pervenuto alla realizzazione totale. Oltre all’uomo universale la Croce rappresenta l’albero della vita posto al centro del mondo che rimanda all’idea del Centro e della purezza originale. Nella Croce si possono notare due direzioni, l’una orizzontale della decumano, l’altra verticale detta cardine, queste due direzioni hanno vari significati e simbologie.

Nella Croce si conciliano le opposizioni dovute all’appartenenza al piano della manifestazione (asse orizzontale) o a quello della tensione verso l’alto (asse verticale). La Croce diventa così il simbolo dell’Unità in cui le varie realtà, pur se distinte, ma non in contrapposizione tra loro partecipano all’unità in modo organico e complementare.

Nella visione antropologica (20) l’asse verticale simboleggia la personalità, il Sé, lo spirito, cioè l’elemento attivo ed eterno di ogni essere. La direzione verticale è il dominio del sacro che può condurre in cielo, ma può anche far precipitare negli abissi. L’asse orizzontale, invece, rappresenta l’individualità, l’Io, il corpo, l’anima, l’elemento passivo e mortale di ogni essere. Questo è il dominio del divenire storico in cui si scontrano ideologie e fattori umani. I due assi dividono lo spazio e il tempo in quattro parti uguali, ognuna delle quali esprime un riflesso interno ed uno esterno, sino a far scorgere delle analogie con il percorso della vita umana. Ogni quadrante simboleggia un momento fondamentale dell’esistenza, del tempo e dello spazio. Dividere il tempo e lo spazio in quattro parti è nella natura delle cose e, se di fa attenzione, si può constatare come quattro sono i punti cardinali che dividono lo spazio: Nord, Est, Sud e Ovest. Quattro sono gli elementi che compongono la materia: fuoco, aria, terra e acqua; così come quattro sono i regni della natura terrestre: minerale, vegetale, animale e umano. Ancora quattro sono le parti che dividono la giornata: Mezzanotte, Alba, Mezzogiorno, Tramonto; e in un anno quattro sono le stagioni. Questa divisione trova conferma in altre circostanze, come per esempio nell’uomo quattro sono le parti fondamentali che compongono l’organismo: Testa (Cervello, bianco); Petto (Cuore, rosso); Ventre (Fegato, nero) e infine le estremità (Piedi e Mani). Seguendo questa ripartizione organica i popoli indoeuropei strutturarono l’organizzazione statale in quattro caste: sacerdoti, guerrieri, produttori e servi; al di sopra di queste il Re.

La stessa vita di un uomo può essere analizzata in quattro età fondamentali: periodo prenatale, nascita, maturità e infine morte.

 

II. IL SOLE

Il Sole è l’astro luminoso per eccellenza, la sua luce e il suo calore favoriscono il ciclo del mondo naturale e permettono la vita stessa.

Sin dall’antichità più remota, il Sole ha rappresentato il limite tra due realtà: l’una luminosa che indica il simbolo della presenza spirituale messa in relazione con il principio benefico della vita, la seconda, dalla natura oscura che può essere assimilata alla notte ed alla morte.

Nei Rg Veda si afferma: "Noi adoriamo nel Sole visibile, quel Sole (invisibile) che ha acceso il Sole e le altre stelle nel Cielo". Così le stagioni durante l’anno, o i momenti della giornata, hanno un riflesso esterno ed uno interno, che sono vere e proprie "analogie" del percorso della vita umana.

Numerosi miti descrivono il processo di decondizionamento dell’uomo dalla propria natura animale, come un viaggio che l’anima percorre dalla Terra sino al Sole passando per vari pianeti o stelle. Il cammino del Sole durante il giorno o l’anno, si suddivide in quattro fasi essenziali, la cui luce assume diverse forme e significati. Il primo momento è l’Alba e segna il luogo e il tempo in cui avviene la nascita visibile del Sole. Indica che il Sole sorge all’orizzonte e ciò che prima era nascosto ora torna ad essere di nuovo visibile. Il Sole nasce ad Est e nella fase annuale corrisponde all’equinozio di primavera. In questo giorno si ha equilibrio tra luce e notte, che hanno la stessa durata, da questo momento l’oscurità sarà minore lasciando il posto alla luce solare. La Natura si risveglia, tutto si rinnova e rifiorisce, ciò che è occulto si manifesta ed ha inizio una nuova vita. Per l’uomo è il momento migliore per manifestarsi tramite l’azione. Il secondo momento è il Mezzogiorno, cioè quando la luce del Sole è al culmine del suo splendore e della sua energia. Il Sole è allo Zenit (21), il punto più alto che nel suo cammino può raggiungere. Geograficamente il punto più alto è il Sud a cui corrisponde il solstizio d’estate. E’ il giorno più lungo dell’anno in cui il Sole diviene il simbolo della vittoria della luce sulle tenebre e rappresenta lo splendore e la forza dello spirito. E’ questo il periodo in cui si raccoglie ciò che si è seminato in precedenza ed esso diviene il simbolo di fecondità e abbondanza. L’esterno e l’interno, l’essere e la natura, sono perfettamente uniti e armonizzati tra loro.

Secondo la legge ciclica ciò che ha raggiunto il massimo può solo decrescere, così la natura lentamente muore e si ritira e le giornate si accorciano, ha inizio così la fase discendente.

E’ il terzo momento del giorno, il tramonto, che indica il tempo e il luogo in cui avviene il ritiro del Sole. Come nell’alba il Sole si trova all’orizzonte, ma questa volta il suo cammino e il suo significato è contrario, la vita si ritrae in sé stessa. Il Sole tramonta ad Ovest e nella fase annuale corrisponde all’equinozio di autunno. Come in Primavera il giorno dell’equinozio rappresenta l’equilibrio tra la luce e la notte, avendo la stessa durata, ma da questo istante sarà la notte a divenire sempre più estesa rispetto al giorno. Anche visibilmente, con l’accorciarsi delle giornate e il letargo della Natura, si avverte che la luce e la vita si ritirano. Ciò che era visibile ora torna a nascondersi e progressivamente si avvicina la stagione oscura e fredda. In questo periodo, non a caso, si celebra la ricorrenza dei morti e le festività sono simboli di virilità, purezza e luce (San Michele, San Martino, L’Immacolata e Santa Lucia). La luce dell’Essere si ritrae dall’esterno, come se vi fosse una lenta morte che avvolge tutta la Natura.

Il quattro e ultimo momento della giornata è la Mezzanotte, il punto in cui il Sole non è visibile e predomina il freddo e l’oscurità. Il ghiaccio e la neve richiamano le regioni fredde collocate al Nord, questo momento corrisponde al solstizio d’inverno. Questa è la notte più lunga dell’anno, il Sole raggiunge il punto più basso dell’orizzonte e la luce sembra essere sconfitta dalle tenebre. Ma ciò che tocca il fondo può solo risalire e iniziare a crescere, inizia così nuovamente la fase ascendente.

Le giornate si allungano, la luce riprende il sopravvento sulla notte e l’oscurità. Gradualmente la natura si risveglia e il clima torna di nuovo mite. Ancora una volta l’esterno tace nel freddo e nel silenzio e l’interno vive di luce propria. Il solstizio d’inverno è il punto critico, simbolo di una particolare drammaticità. Esso segna l’inizio del nuovo anno solare e di una nuova vita (ciclo) quale segno imperituro di rinascita e vittoria, il simbolo della forza della vita che vince la morte.

Come il Sole sorge vittorioso sulle tenebre così l’uomo deve vincere sulla sua natura mortale ed istintiva.

 

 

 

 

 

 

Note al testo

(1) Questa verità la si può dimostrare facendo riferimento alla vita quotidiana. Così come il corpo che si nutre di alimenti sani manifesta salute e benessere psicofisico, allo stesso modo, la persona che compie il proprio dovere, in ordine ai valori della Tradizione, riscontra intorno a sé l’effetto ordinatore delle sue azioni.

(2) Per analogia si può osservare come l’inclinazione dell’asse terrestre sia in corrispondenza con l’inclinazione dell’asse del cuore umano.

(3) Secolarizzazione: istituzionalmente è un provvedimento con il quale il chierico viene ridotto ad uno stato laicale. Attualmente, per "processo di secolarizzazione" si intende il progressivo venir meno della presenza dell’elemento religioso nella vita del singolo e nella società.

(4) Cfr. Julius Evola "L’arco e la clava" Ed. Mediterranee.

(5) Cfr, René Guénon, "L’uomo e il suo divenire secondo il Vedanta", Ed. Adelphi.

(6) Le diverse vie tradizionali non sono altro che i "molti sentieri" che danno la possibilità all’uomo di raggiungere la meta rappresentata dal Sacro.

(7) Sincretismo: dal Greco syn = con + kretizein = derivato da Kreta, in origine indicava una coalizione "alla maniera dei cretesi" in riferimento alle occasioni in cui gli abitanti dell’antica Creta, ostili fra loro, si coalizzavano contro un nemico comune. Attualmente il termine indica l’azione che vuole conciliare posizioni filosofiche o religiose che sono opposte, diverse, inconciliabili.

(8) Cfr. Julius Evola, "Gerarchia e democrazia", Padova, 1970.

(9) Demetra: dalla mitologia, Demeter – la madre terra, fu una delle più grandi divinità del mondo greco. Essa è la personificazione della forza generatrice della terra. In origine il suo culto era di carattere agrario, poi Demetra assunse un significato più profondo nel motivo del morire e del rinascere nel mondo naturale. Con essa si manifesta il sopravvenire di culti e divinità femminili a cui corrisponde la devozione, il sentimento in ambito religioso. Nel Pantheon romano assume il nome di Cerere.

(10) Titanica: nella mitologia greca, il titano è il nome generico di ognuno dei sei figli giganti di Urano e di Gea che cercarono di impadronirsi dell’Olimpo, ma furono sconfitti da Zeus. Per titanico si intende l’atteggiamento d’insofferenza e di ribellione verso l’ordine divino che è legge e limite. All’eroe che combatte e muore per la riaffermazione dell’ordine divino, nell’ambito della via guerriera, si contrappone l’atteggiamento titanico che disconosce la gerarchia e mina il percorso per l’ascesa al cielo.

(11) Amazzone: nella mitologia greca, il nome di donne guerriere, unite in una comunità dalla quale erano esclusi gli uomini. Secondo la tradizione, esse si recidevano la mammella destra per meglio tendere l’arco. Dal greco, Amazon è formato da a = non + mazon = mammella. L’amazzone è per antonomasia la donna usurpatrice che decadendo perde la femminilità spirituale e contro la sua natura parodizza le virtù virili.

(12) Afrodite: nella mitologia greca, dea dell’amore e della bellezza. Essa era venerata sotto numerosi aspetti che richiamavano la dea semitica Astante-Ashtar. Oltre l’aspetto dell’amore sessuale e profano, essa era riconosciuta in origine come divinità possente e terribile, dell’istinto naturale e della forza procreatrice, dal carattere violento. Rappresenta il principio femminile-generatore, che fuori dall’ordine gerarchico conosce distruzione e sovvertimento. Si ricordi che ad essa più tardi venne contrapposta Urania, dea dell’amore intellettuale e celeste.

(13) Dioniso: dio greco del vino. Ad esso fa riferimento l’elemento dionisiaco, che è caratterizzato da ebbrezza ed esaltazione. F. W. Nietzsche, vi ritrova la componente oscura e passionale dello spirito greco. Esso si contrappone allo spirito apollineo.

(14) Cfr. Julius Evola "Rivolta contro il mondo moderno", Milano 1934 (ultima ed. Roma 1993).

(15) "Catarsi": dal greco katharsis-kataros purificazione, purgazione.

(16) Markanadeya-Purana, XLII, 7-8.

(17) Popolo. Comunemente per "popolo" si intende l’insieme degli abitanti di una regione geografica o politica accomunati da una lingua, da costumi, credenze ed usanze. Al contrario, il nostro concetto di popolo si distingue da questa accezione comune. Il popolo, così come la nazione, solo entro lo stato gerarchico integrale acquista un significato, una forma e partecipa ad un grado superiore di esistenza. Solo laddove uno stato assume la fisionomia di un ordine tradizionale, il popolo – comunità fisica e spirituale, estensione della famiglia – si eleva da insieme biologico e naturale ad entità superiore. In questo senso valgono le, parole di Julius Evola: "Nell’idea va riconosciuta la nostra vera Patria. Non nell’essere di una stessa terra o di una stessa lingua, ma l’essere della stessa idea è quello che conta. Questa è la base, il punto di partenza. All’unità collettivistica della nazione… noi in ogni caso opponiamo qualcosa come un ordine, uomini fedeli a dei principi testimoni di una superiore autorità e legittimità procedenti appunto dall’idea". Questa è la nostra idea di popolo. Il popolo degli uomini della Tradizione.

(18) Nel corso della storia è possibile individuare una serie di momenti significativi in cui il processo di decadenza si è manifestato più vistosamente. Esse sono delle fasi di rottura tra un periodo ed un altro. In ambito macro-storico, come indicato nella parte precedente, ci viene in aiuto la dottrina delle quattro età, dall’Età dell’Oro a quella attuale "del Ferro". In quest’ultima età a causa della perdita dei valori da parte dell’uomo si è accentuato un processo di "materializzazione" che risulta ormai evidente. E’ possibile altresì, nell’ambito di quest’ultimo ciclo, poter individuare delle tappe storiche relative al mondo europeo. La caduta dell’Impero romano, la caduta del Sacro romano impero e la successiva sovversione dei valori nell’ambito dell’umanesimo e nel rinascimento, fino ad arrivare alle filosofie illuministe e positiviste che diedero la spinta alla più grande sciagura abbattutasi sull’umanità: la Rivoluzione francese. Dopo di essa, sopravvenuta anche grazie alla decadenza della nobiltà francese, si è assistito alla progressiva velocizzazione dei fenomeni sovversivi, con l’avvento della democrazia, del comunismo e del capitalismo, attraverso i manovratori occulti che ne gestiscono il potere. Arriviamo così ai nostri giorni, in cui elementi di ordine satanico, come l’aborto, la manipolazione genetica, il fiorire di sette neo-spiritualiste divengono elementi presentiti come normali.

(19) Solidificazione: è il termine con cui René Guénon indica il processo di materializzazione dell’essere. Lo stesso Guénon precisa che la solidificazione avviene dal momento in cui l’uomo interrompe ogni rapporto con il divino, sostituendo alla visione sacra dell’esistenza, quella materiale che è preda delle forze infere.

(20) Antropologia : dal greco anthropos = uomo + logia, derivato da logein = dire, studio dei tratti essenziali che definiscono la vita ed il comportamento umano. In questo caso, si fa riferimento all’analogia tra uomo e simbolo, della possibilità, quindi, di leggere nella Croce i riferimenti per la vita di un uomo.

(21) Zenit: è il punto in cui la verticale passante per l’osservatore incontra la sfera celeste.

 

 

 

 

 

 

Indice______________________________________________________________________

 

1. Dalle origini al mondo moderno

2. Il Sacro e la Tradizione

3. Che cos’è la Metafisica

4. Gli Stati dell’Essere: Archetipo-Spirito-Anima-Corpo

5. Esoterismo ed exoterismo

6. L’Autorità

7. Le Caste

8. La Civiltà

9. La Guerra Santa: vita est militia super terram

10. Decadenza e sovversione

11. L’iniziazione

12. Contemplazione e azione

13. La Legge

14. Il Rito

15. Il Mito

16. Il Simbolo

Appendice:

*       La Croce

*       Il Sole