I SEGRETI DEI

                                                                                                                                                           

 

E’ il 18 marzo del 1314, a Parigi, quando su una piccola isola del fiume Senna vengono arsi sul rogo l’ultimo Gran Maestro dei Cavalieri Templari Jacques de Molay ed altri dignitari. Sui Templari sono stati scritti un numero incredibile di libri. Tanti sono i misteri ancora insoluti che avvolgono questo potentissimo Ordine di monaci-guerrieri. In cosa consisteva il loro terribile segreto? Esiste il favoleggiato tesoro dell’Ordine? Cosa si sa oggi di questi cavalieri?                                                                                                    

Almeno a questa ultima domanda si può, forse, rispondere con quanto attesta il poco conosciuto "Documento Rubant", che si basa su un testo datato 11 aprile 1308. Questo documento afferma, tra l’altro, che Filippo il Bello quando arraffò i documenti templari, senza saperlo, si impossessò di "autentici falsi, prodotti molto tempo prima, nel caso avvenisse un attacco incontrollabile ed imprevedibile all'Ordine". Dunque, se il documento Rubant è vero, come sembra esserlo, sebbene sia sconosciuto alla maggior parte degli storici, della Milizia del Tempio si sa ancora poco, visto che si sono studiati solo dei falsi.

Quale terribile "segreto" difese con tale accanimento fino ad immolare la propria vita Jacques de Molay? Egli urlò ai suoi inquisitori, il 26 novembre del 1308: <<Mi piacerebbe dirvi certe cose, se soltanto non foste le persone che siete, e se foste autorizzate a sentirli>>. Era forse il Graal, simbolo della conoscenza, ad essere così gelosamente custodito dall’Ordine? Il Santo Graal, scrive Introvigne: "non sarebbe solo il sangue più nobile, destinato a regnare sul mondo intero, ma – a chi sappia entrare in contatto con l’energia che sprigiona attraverso appositi rituali – garantirebbe perfino l’immortalità" (Il mito del Graal in "Storia", n. 130, settembre 1998).

Robert Charroux ne: "Il libro dei segreti traditi" (Milano 1969) scrive: "I Templari erano considerati come i depositari e i continuatori di un <<mistero>> di un’importanza capitale e del quale nessun profano – fosse pure il re di Francia – doveva essere informato". Da una dichiarazione resa al processo si viene a conoscenza di un fatto sbalorditivo. L’11 aprile 1309 fu chiamato come testimone il maestro Radulphe de Praellis, giureconsulto, che affermò, sotto giuramento, che un cavaliere templare, di nome Gervais della Commenda di Laon, gli aveva svelato che vi era nell’Ordine un terribile segreto di tale importanza che: <<avrebbe preferito perdere la testa piuttosto che rivelarlo; un punto così segreto che se il Re di Francia lo avesse visto, sarebbe stato messo a morte dai Templari che custodiscono il capitolo>>.

Alcuni storici sono del parere che esisteva una società segretissima ai vertici dell’Ordine e quelli dichiarati ufficialmente Gran Maestri non furono i veri capi dell’Ordine. Del resto come spiegare altrimenti quanto disse, nel corso dell’interrogatorio, il Gran Maestro Jacques de Molay e cioè: <<Io sono solo un povero cavaliere illetterato>>? Gli fece eco il precettore d’Aquitania e di Poitou, Geoffroy de Gonnoville, che dichiarò: <<Sono illetterato e quindi incapace di difendere l’Ordine>>. Jean Marquès-Rivière scrisse, che: <<Esisteva in seno ai Templari un gruppo che perseguiva scopi segreti di potenza, sostenuti da un esoterismo rigoroso>>. 

Esisteva un "Ordine segreto" ai vertici dei Templari? 

Il problema è molto complesso, sembrerebbe anche certo che in seno all’Ordine si celebrassero culti segreti e che un esoterismo templare sia sicuramente esistito. Malauguratamente, come scrive Lavisse nella sua "Storia di Francia" il segreto sulle loro attività era assoluto infatti: "Tutti gli affari del Tempio venivano sbrigati nel più stretto segreto; la regola scritta esisteva soltanto in pochi esemplari; la lettura era riservata ai soli dignitari; molti Templari non ne avevano mai avuto conoscenza". Il cavaliere templare Gaucerand de Montpezat, lontano antenato dei reali di Danimarca, asserì: <<Abbiamo tre articoli che nessuno conoscerà mai, salvo Dio, il diavolo e i Maestri>>. E’ anche certo che i filosofi arabi abbiano influenzato i rudi soldati del Tempio. Sicuramente l’Ordine accolse elementi dottrinari e rituali dell’esoterismo orientale. Subì l’influsso delle confraternite esoteriche musulmane insieme al disegno di un’unificazione del mondo e di un nuovo ordinamento sociale.

Non è azzardato, a tal proposito, ricordare le ambizioni di Federico II di Hohenstauffen, il "Signore del Mondo", imperatore di Germania, re dei Romani, re di Sicilia, re di Gerusalemme che, alla fine dell’XI secolo era una leggenda. Saba Malespini di lui scrive: "Questo Cesare che era il vero sovrano del mondo e del quale la gloria si era propagata in tutto l’universo, credendo senza dubbio alcuno di divenire simile agli dèi con lo studio delle matematiche, si mise a scrutare il fondo delle cose e i misteri dei cieli". Il suo progetto fu forse proseguito dai Templari?

Federico II venne a conoscenza di qualcosa di terribile che celò in un anagramma, ancora oggi indecifrato. Nel suo Castel del Monte, in Puglia, interamente costruito secondo l’architettura del Tempio di Salomone (ecco le quattro misure-chiave: 60 – 30 – 20 – 12 cubiti), su una scultura femminile attorniata da cavalieri fece incidere queste misteriose lettere:

D8 I D CA D BLO C L P S H A2

In questa enigmatica formula è celato il segreto di Federico II e di Castel del Monte.

Federico II, nel 1228, a San Giovanni d’Acri, pur essendo stato colpito da scomunica papale, aveva ugualmente partecipato alla Tavola Rotonda del meglio della Cavalleria mondiale: Templari, Ospedalieri, Teutonici, Fàlas saraceni, Turchi, Batinyah (Assassini o Hassaniti), Rabiti di Spagna, ecc., tutti dalla Pactio Secreta (Patto Segreto). E’ all’opera la filiazione della Cavalleria con Ordini iniziatici segreti. In fondo i Templari furono perduti dalla loro dottrina, dal loro esoterismo e da un inconfessabile "segreto" che ne determinarono la distruzione. E’ più che probabile supporre che la milizia del Tempio ebbe collegamenti oscuri con misteriose catene iniziatiche e praticò rituali segretissimi.

Tra i loro fini, vi era anche quello di assoggettare il mondo ad un’autorità suprema. Sembra effettivamente che il sogno più grande dell’Ordine, lo scopo supremo della sua attività, sia stato quello di far risorgere il concetto dell’Impero… vale a dire l’Oriente islamico e l’Occidente cristiano… Una sorta di federazione di stati autonomi posti sotto la direzione di due capi, l’uno spirituale, il Papa; l’altro politico, l’Imperatore, tutti e due eletti e indipendenti l’uno dall’altro. Sopra il pontefice e l’imperatore, un’autorità suprema, misteriosa. Chi era questa misteriosa autorità suprema?

I Templari erano profondi nell’esoterismo, è grazie alla loro influenza che la setta catara degli Albigesi, "divenne essenzialmente un movimento sufi, con una concezione dell’uomo plasmata in tutto e per tutto sul modello ideale del Pir e cioè del <<grande saggio>> delle sette sufi. Inoltre il potere magico da esse attribuito al Sacro Graal (il vaso utilizzato da Gesù per l’ultima cena e nel quale sarebbe stato raccolto il suo sangue) eguagliava perfettamente quello attribuito al Khidr, e cioè al verde manto fiammeggiante del paradiso sufi. Analoghe ancora a quelle sufi furono le teorie catare sulla creazione di una società di tipo teocratico…" (Carlo Palermo, Il quarto livello, Roma 1996).

Ancora occulti e indecifrabili segreti. Enigmi irrisolti come quello relativo al favoloso tesoro dei templari. Essi avevano raggiunto una grande ricchezza, si mormorava che praticassero l’arte dell’alchimia. Nello scorso secolo una strabiliante scoperta diede maggiore credito a questa ipotesi; furono trovate, dove avevano sede due importanti commende dell’Ordine, in Borgogna, ad Essarois, e in Toscana, a Volterra, due antichi piccoli scrigni, illustrati con figure e simboli alchemici. Lo studioso von Hammer affermò che gli scrigni erano senza dubbio di origine templare. Un’altra eccezionale scoperta la si deve a Theodor Mertzdorff, insigne studioso tedesco che, nel 1877, diede alle stampe un documento templare, ritrovato ad Amburgo, che raccoglieva una serie di regole. Ecco cosa dice l’articolo 19: "E’ fatto divieto, nelle commende, in cui tutti i fratelli non sono degli eletti o dei consolati, di lavorare alcune materie mediante la scienza filosofale, e quindi di trasmutare i metalli vili in oro o in argento. Ciò sarà intrapreso soltanto in luoghi nascosti e in segreto".

Si racconta che l’ultimo Gran Maestro de Moley scelse il villaggio francese di Arginy per far nascondere il "tesoro" dell’Ordine da due cavalieri. Arginy negli oscuri sotterranei del suo castello, che poggia sopra una ragnatela di gallerie segrete, che Daniel Réju descrive: <<isolato nella pianura, tra Aone e Beaujolais>>, deve celare qualcosa di inimmaginabile. La "Torre delle Otto Bellezze", anche detta la "Torre dell’Alchimia" per i misteriosi segni magici e simboli alchemici disegnati su quei mattoni, è la costruzione più antica del castello e fu oggetto di lunghe visite di studiosi ed esoteristi, tra cui, due personaggi d’eccezione, Eugéne Canseliet e Armand Barbault.

Cosa questi alchimisti trovarono o decifrarono non fu detto. Il favoloso "tesoro" dei Templari rimane ancora un mistero insoluto o potrebbe aver ragione André Douzet quando scrive: "Forse l’autore francese Robert Charroux trovò la chiave quando decifrò questo passaggio dal libro di Breyer:

<<Pensa intensamente: la grande arte è Conoscenza>>".

La conoscenza di misteri sublimi e oltremodo pericolosi se ancora oggi sono sigillati in un fitto "segreto". E’ un segreto inviolabile che sembra riecheggiare le parole di<<Pensa intensamente: la grande arte è Conoscenza>>". Ja’far Sadiq (ob. 148/765): "La nostra causa è un segreto velato in un segreto, il segreto di qualcosa che rimane velato, un segreto che solo un altro segreto può insegnare: è un segreto su un segreto che si appaga di un segreto".

Storia, storiografia, ipotesi, intuizioni, sono state studiate, analizzate e ricomposte nello sforzo di ricostruire l'intera vicenda dei Templari.

Che cosa aggiungere all'argomento, sul filo delle semplici considerazioni, dopo le migliaia di pagine scritte dal marzo 1314 ad oggi?

Storia, storiografia, ipotesi, intuizioni, sono state prese in esame, studiate, analizzate e ricomposte un'infinità di volte nello sforzo appassionato di ricostruire il mosaico dell'intera vicenda. Ma anche se qua e là qualche sprazzo ha rischiarato uno dei più complessi e affascinanti misteri di questo millennio, alla fine non si è potuto sollevare completamente il Velo. Ma come si potrebbe in via del tutto usuale? Nella sua essenza l'arcanum partecipa del sacro, sfugge alla comune ragione e una possibile penetrazione nasce soltanto dalla dimensione iniziatica dell'interlocutore.

Storia e analisi storiografica sono appena gli attimi palpabili, semplicemente e materialmente evidenti di un'azione e di uno status che, al di fuori e al di sopra del documento, scende e ascende per vie del tutto sottili nell'alternanza gloriosa delle riflessioni trismegistico-smeraldine.

Usualmente, sotto l'aspetto esoterico, si sarebbe portati a parafrasare la convinzione di un ineluttabile divenire, a prescindere dai personaggi e delle epoche, essendo il tempo soltanto il distruttore e il costruttore di se stesso. In tal senso il Vico ne vide l'aspetto provvidenziale; il Recanatese una natura avversa e l'umana impotenza.

Su questo filo, che non tiene conto del fatto che "la storia si costruisce sulle idee e che le idee stesse partoriscono gli eventi, che a loro volta per un processo di causa-effetto che non ha mai tregua, riproducono altre idee collettive e quindi altri eventi", sembrerebbe che l'epopea templare, la Cattività Ebraica in Egitto, gli Ugonotti nella Notte di S. Bartolomeo o la Strage degli Innocenti, non farebbero alcuna differenza. Insomma, Filippo il Bello, Clemente V, Nogaret, nell'eterno rimpiazzo dei ruoli e per vie diverse, potrebbero non essere dissimili dal Faraone, da Pilato o dai protagonisti dei sanguinosi rivolgimenti del 1793 in Francia e nel Centro-Europa; semplici pedine, cioè, nell'economia di una nemesi ricorrente sull'invariabile scena dell'esistenza. Ma se per davvero così fosse, non mi sarei dato la pena di scriverne.

Lo scopo del nostro lavoro non è quello di agganciarci alla storia dei Templari, ma quello di enucleare dalle trame della storia stessa le radici di questo movimento e comunque, per quanto fu e tuttora è avvinto da un mistero che nessuno mai penetrerà, di spiegare a noi stessi che il Prometeo è sempre presente fra le orde umane e sanguinante si divincola nei ceppi dell'oscurantismo per l'eterna ricerca di un barlume che abbia sapore d'eterno.

Ci manterremo, perciò, fedeli allo spirito delle nostre indagini  a rendere eloquenti i nostri sensi sottili e le percezioni, le più oggettive possibili.

Molti sono gli arcani che la storia e la leggenda rinserrano. L'esplosione della civiltà islamica e la parallela esplosione della civiltà occidentale furono sussulti di assestamento nella crescita di un mondo a catena di vibrazioni che ebbero un riverbero nei secoli futuri, nei linguaggi consoni alle varie fattispecie dottrinali e dogmatiche. Per chi cerca conforto nei fatti è valido il richiamo dell'identità delle proporzioni e delle misure ritmiche dei monumenti egizi e quelle di alcune moschee e cattedrali gotiche .....I Templari praticarono l'alchimia, ne investigarono le leggi, ne attuarono le tecniche. Non potevano non conoscere questa scienza antichissima e tramandata nel segreto dai sapienti e che consente il balzo di qualità nei più preparati prima, nell'intera umanità poi. Il sanguinoso colpo di scure che recide la storia dell'Ordine realizza una mutilazione solo per la cronaca.

Premesso che la trasmutazione alchemicamente si esplica attraverso le tre fasi al nero, al rosso e al bianco, l'epopea templare le subisce tutte, le sopporta coscientemente, non si sottrae e giunge a quell'esemplare balzo di qualità che ha sapore d'eterno.

Da questa dimensione implicante il materiale e lo spirituale, il terrestre e il divino, non sono esenti le idee, la funzione della storia e ogni possibile situazione. In tutto questo è presente la dimensione trismegistica con la sua identità tra l'alto e il basso che rappresenta l'imperturbabile armonia dell'Universo nel suo divenire unico eppur differenziato, ma strettamente connesso. Pertanto, sotto il profilo generale e particolare, i Templari e la loro epopea hanno una precisa collocazione alchemica; talché riteniamo che ogni recriminazione di carattere storico e ogni "se" di tipo mentale, non possono avere alcun senso e denoterebbero una cecità interiore che ai veri Iniziati non è mai ascrivibile. I Templari nascono (o ri-nascono), si affermano (o si ri-affermano), e poi si espandono, per affinità iniziatica perché nutriti ed allevati ad una Tradizione che li fa ritrovare e dalla quale non è disgiunto il Mito, da Osiride a Hiram, e l'olocausto in dimensione di ri-generazione.

La riflessione si concretizza ulteriormente e cresce attraverso l'analisi del pensiero e dell'apporto di un Bernardo di Chiaravalle, la cui Regola ribadiva alla Militia Templi un'ideale di tipo iniziatico innestato sul tronco delle grandi tradizioni orientate e occidentale, come un virgulto emblematico e continuità di ricerca delle comuni origini della storia umana. Un meraviglioso afflato esoterico al di fuori e al di sopra delle contingenze limitative e nel quale confluiscono e si integrano religiosità, architettura vibratoria, ricerca cristiana, indagine misterica, Tavole Mosaiche, il Santo Graal e lo stesso segreto della Vita. Gli adepti avevano poi la possibilità, garantita, di accesso alla Terra Santa, al Tempio di Salomone, ai documenti rigorosamente e gelosamente celati dai sacerdoti ebraici, i cui rapporti con la ricerca scientifica e l'esoterismo orientale sono iniziaticamente intuibili nel comune sforzo di penetrare la Verità nei suoi Misteri.

Sotto questo aspetto, l'Ordine del Tempio (non dipendente da alcuna gerarchia secolare o religiosa, e sottoposto soltanto alla diretta autorità del Papa, così come risulta dalla bolla di Innocenzo III del 1139), godeva del privilegio di procedere senza intoppi nella costruzione di una ricerca che, opportunamente vissuta, permetteva agli iniziati di proiettare lo sguardo interiore, liberamente, verso la Verità celata e terribilmente misterica dell'universo in ogni suo aspetto e sublimazione. La meta: la trasmutazione interiore dell'uomo a riscatto della caduta adamica e la ri-unificazione col Principio Unico. Il Cristo l'aveva predicato, sofferto ed attuato nel disegno salvifico universale; ma nel 1118, in poco più di un millennio, la strumentalizzazione aveva come distorto il Messaggio e l'Opera.

Un secolo più tardi lo sintetizzerà ulteriormente la vocazione fulminea di Francesco d'Assisi, chiamato "in sogno" a riedificare la Casa (il Tempio), che "minaccia rovina".

Sotto il profilo anticipativo e collaterale i Templari rappresentavano già un momento di illuminazione e uno scossone traumatico allo stagnante feudalesimo degli Stati, fatto di lotte al suo stesso interno e di cristallizzazione contro qualsiasi tensione simbiotica tra i popoli. E ritorna Francesco d'Assisi, testimone ispirato dei fermenti spirituali del tempo.

Nel 1219, egli parte per l'Oriente, passa in Siria, dialoga col Sultano di Babilonia e si comprendono sul piano sicuramente sufico. Si parlerà però di conversione dell'Infedele. Ora, noi ci domandiamo: conversione o incontro iniziatico tra due illuminati cavalieri che si ri-trovano?

Successivamente, e dopo aver giurato "in segreto" di mantenere il contatto interiore, Francesco parte, si unisce agli eserciti della V Crociata e visita la Terra Santa. I Cavalieri del Tempio vi avevano la loro sede e certamente Francesco ebbe modo di incontrarli, parlare ed esprimere il suo pensiero a proposito dell'opera di assistenza spirituale e materiale prestata dai Templari ai Crociati ed ai pellegrini alla ricerca dei Luoghi Santi. Uomo di cultura laica e ardente personalità mistica, alla mente di Francesco non poterono rimanere estranei certi riferimenti immortali: la prudenza e la saggezza, il Mentore che ammaestra, la divina scintilla della Conoscenza, la Ricerca applicata all'opera quotidiana, la severità dei costumi di un Ordine militare e monastico disponibile a soccorrere superiormente l'avventura umana dell'intramontabile Ulisse e la ricostruzione stessa del Tempio...

Ma, allora, quale fu l'errore "imperdonabile" dei Templari? Quello, forse, di tenere saldamente segreta la propulsione iniziatica non certo accessibile alla profanità? O fu una congiura di gerarchie ferocemente fiscali e ciecamente censorie, che sentendo minacciati i loro prepotenti privilegi manovrarono spietatamente per cancellare un barlume di speranza che abbia sapore d'eterno?

Arrivati faticosamente al Segreto della Grande Opera, i Templari lo riprodussero con saggezza umile e nascosta per il bene del mondo e dell'umanità. In un soffio nuovo furono in grado di incrementare tutte le buone attività sociali, di promuovere un principio di alfabetizzazione generale, di attuare un'architettura vibratoria che racchiudeva i sacri ritmi glorificanti il Principio Uno e Trino. Elevarono gli animi in una testimonianza di altissima spiritualità incardinata sui plinti della fraternità, della libertà, della giustizia. Lavorarono in modo giusto e perfetto configurando il modello di una socialitas nova, luminosamente primordiale, ampiamente ripagata dalla fiducia di quanti erano stati affrancati ed elevati. Ma in tempi di oscurantismo c'era in abbondanza di che per essere perseguitati e arsi vivi. Oltretutto, per le innumerevoli donazioni, l'Ordine templare era al centro di un autentico impero finanziario, opulento e indipendente, dinamico e articolato in sintonia muratoria; cosicché la difesa della Terra Santa diventa un fatto strumentale nel tempo. L'Ordine del Tempio mira alla conquista dell'Occidente ivi svolgendo una propria missione. L'Oriente assurge così a sede simbolica. La sede effettiva si stabilisce in Europa dove i territori posseduti in donazione sono immensi. Nel 1270 si parla di oltre 100 commende solo in Francia. Nel 1307 si parla di un numero doppio. Alcuni storici sostengono perfino che in tutta Europa le capitanerie templari arrivarono a 9.000. Oltre a centri di potere civile e militare, pur conservando una netta impronta monastica, esse diventano addensamenti di ricchezze, quel che oggi si chiamano banche. Possedevano inoltre una fitta rete stradale, dalla Bretagna al Mediterraneo, porti, rade e flotte di navigli che sono sotto il dominio dell'Ordine di Francia, Spagna e Portogallo. In ogni terra, caduta sotto l'influenza di una capitaneria, fioriscono commerci e industrie, prospera la cultura, sorgono opere d'arte. L'Ordine però è troppo ricco perché possa ulteriormente espandersi a rischio perfino di aggregare in un unico impero monarchie e signorie e conseguire il dominio del mondo. Ma tutte le civiltà, giunte al loro apogeo, subiscono processi involutivi ed autodistruttivi per un'occulta catarsi estranea al loro volere manifesto. Filippo il Bello, Clemente V, sono solo gli strumenti di questo ingranaggio pianificatore.

Ad una superficiale lettura, quest'ultima frase potrebbe apparire generica; invece va letta e meditata nel suo giusto senso: quello che cela l'aspetto esoterico e quindi iniziatico dell'epilogo templare; un epilogo che nella struttura storiografica si riduce appena a quanto comunemente conosciuto. Il discorso autentico, mi si consenta, risale ben oltre. D'altra parte la completa e complessa organizzazione templare comportava l'esistenza di un collegio di alchimisti, accanto a costruttori di templi e a forgiatori di metalli, accanto ancora a studiosi di religione dediti a pratiche esoteriche. Alludo alla presenza e all'opera di illuminati studiosi ed anche conoscitori degli eventi futuri sul filo di un calcolo superiore e particolarmente preciso; dunque autentici risonatori cosmici nella scia della più pura Tradizione tesa alla scrutazione e alla interpretazione dei "segni". Allora sarebbe possibile che i Templari conoscessero in forte anticipo il destino del loro Ordine, ma sarebbe assurdo domandarsi perché non tentassero di influenzarlo procrastinandolo o scongiurandolo: Trasmutazione che aggredisce la labilità del tempo e lo trasforma nell'eterno. In questo senso, le mie  riflessioni poggiano su diversi elementi. Per esempio, l'Ordine del Tempio non possedeva forse immense ricchezze, organizzazione militare, una flotta, strade e centinaia di capitanerie in tutta l'Europa?

Nel caso del tutto improbabile che avesse voluto difendersi spada in pugno, sarebbe bastato un allarme generale per mobilitare in breve tempo forze di tutto rispetto ed altre avrebbe potuto ingaggiarne senza limite di numero, tipo di armamenti e spese. E nemmeno si può affermare che il finale, prima drammatico e poi tragico, si profilasse tanto fulmineo da configurare un attacco a sorpresa. E se avvisaglie ci furono, furono tempestive e non poche. Evidentemente ed in dimensione eroica si è trattato di dimostrare tangibilmente il loro impegno iniziatico e morale di saper stare al di fuori e al di sopra delle parti. Ed intanto....

Nel 1307, preoccupato della potenza templare nel suo regno, Filippo il Bello, mentre da un lato mira alla monarchia assoluta, dall'altro si mostra sempre più avido delle immense ricchezze dell'Ordine. Allora escogita di aggirare la vigile preda, chiedendo di entrare a far parte del Sovrano Ordine dei Cavalieri del Tempio. Giacomo de Moley, Gran Maestro in carica, fiuta la manovra e la sventa riunendo il Capitolo ed appellandosi all'articolo dello Statuto che esclude i principi dall'Ordine.

Il rifiuto è forse quanto il sovrano di Francia aspettava per scatenare il casus belli. I Templari ne avevano piena coscienza, ma non presero alcuna iniziativa per mettersi tempestivamente in salvo. Perché? Perché, si è portati a pensare, non avrebbero comunque potuto scongiurare quanto "per vie sottili' preconoscevano e s'aspettavano e che sarebbe servito ad un'ancor più grande dilatazione dell'Ideale templare. Sacrificavano insomma il libero arbitrio all'accettazione di un più vasto orizzonte.

L'ipotesi sembrerebbe suffragata anche da quell'indispensabile ma sdegnosa riservatezza che adottarono appena per salvaguardare la dignità dell'Ordine e dei singoli, e che comunque non avrebbe intralciato l'evolversi di un disegno misterico comprensibile solo ad alcuni secoli di distanza. Non a caso Eliphas Levi scriverà più tardi: "Spezzando la spada dei Templari se ne sarebbe fatto dei pugnali e le loro cazzuole proscritte non edificarono più altro che tombe".

Un'immensa società segreta si era clandestinamente costituita sulle rovine del Tempio.

Il discorso, sottilmente connesso, risulta luminosamente catacombale e la sostanza assai bene può adombrare uno dei tanti aspetti del Segreto dei Templari. Ma osserviamo la seconda fase alchemica dei Cavalieri del Tempio: quella al rosso.

Verso la metà del 1307, abilmente fomentata dal bel Filippo, in Francia si scatena una pesante campagna denigratoria contro i Templari. Le insinuazioni e le accuse vanno dalla magia all'eresia, alla sodomia, alle speculazioni economiche al fine di destabilizzare la corona. L'opinione pubblica ne è profondamente impressionata. A questo punto il re non esita a erigersi a difensore pubblico della morale, della Chiesa e degli interessi politici del regno. Come prima cosa toglie immediatamente ai Templari la guardia del tesoro reale, affidato loro qualche anno prima, quando una sommossa popolare aveva rischiato di detronizzare il re.

Da questo istante, biecamente strumentalizzata, la tensione contro i Cavalieri del Tempio sarà portata al punto critico. Ma ancora una volta l'Ordine non fa nulla, pur possedendo le strutture, per smascherare i maneggi del re.

Poco dopo, adducendo che intende far luce su tutte le accuse ai Templari, il sovrano ordina una grande inchiesta in tutta la Francia. Anche in questa occasione, i Cavalieri non sentono la necessità di prendere alcuna posizione di difesa esplicita. Non ricorrono nemmeno al Papa, la cui autorità è la sola riconosciuta. Perché? Silenzio misterico.

All'alba del 13 ottobre 1307, una vasta retata scatta per ordine del re. Vengono tratti in arresto il Gran Maestro Giacomo de Moley e centoquaranta Templari residenti nel regno. I prigionieri non reagiscono, né si muovono le capitanerie di Spagna, Portogallo o d'altre parti d'Europa. Da questo momento le schermaglie, pesanti e sottili, tra Clemente V e Filippo di Francia, si riveleranno un tragico balletto, il cui finale potrà essere soltanto uno.

I Templari in prigione intanto vengono inquisiti e torturati senza pietà. Alcuni sono assai avanti negli anni, ma non se ne tiene conto. E con la violenza e la tortura si riesce ad estorcere ai prigionieri tutto quello che si vuole.

Esulta il cristiano Filippo e pubblicizza a gran voce quella sua prima squallida vittoria: "Gli eretici hanno confessato!".

A grandi falcate, questo il succo degli avvenimenti, egli anticipa quanto faranno successivamente la commissione inquisitrice e la contro-commissione papale. Ma improvvisamente qualcosa si muove. I Templari chiedono di essere ascoltati e pubblicamente ritrattano le confessioni mostrando a tutti le piaghe lasciate dai ferri sulla loro carne.

Perché inaspettatamente decidevano di dire qualcosa? La risposta potrebbe essere che certo avevano considerato essere una cosa la loro scelta esoterica ed incrollabile, ma sostanzialmente un'altra la veridicità storica di quelle "confessioni" che investivano l'onore dell'Ordine e dei singoli Cavalieri.

L'inaspettato colpo di scena sconvolge l'opinione pubblica. Avversatori prezzolati e innocentisti si scontrano in un fermento minaccioso mentre la giustizia reale rischia di uscirne malconcia e la credibilità di Filippo molto ammaccata agli occhi degli Stati ormai in sospetto. Ma ecco che con un colpo di timone interviene il fratello di Nogaret, l'arcivescovo di Marigny, persona del re e al vertice della commissione di Stato. L'arcivescovo accusa i Templari di gravissimo oltraggio alla giustizia del sovrano e li condanna al rogo.

E la commissione papale che si era impegnata a difendere l'Ordine?

La commissione di Clemente V, dopo essersi imposta per puntiglio giuridico alla commissione del re, dichiara esaurito il suo compito e propone che a condizione di non torturare più i prigionieri, si può procedere allo scioglimento della Milizia del Tempio, alla confisca del suo immenso patrimonio e alla cattura dei Templari ancora in libertà. Il gioco era fatto.

Dopo qualche altro tentativo da parte dei Cavalieri Templari condannati, e volto non ad evitare la pena, ma a stabilire la veridicità di quel processo, davanti al popolo di Francia ebbero inizio le esecuzioni.

Qualche giorno prima di essere portato al rogo, il Gran Maestro Giacomo de Moley conferma che vuoterà il sacco sulle vere ragioni di quell'infamia che coinvolge corona e papato, quand'ecco verificarsi un altro episodio, mai spiegato finora. Una notte, un misterioso personaggio scende nella cella del condannato; e viene detto che i due parlarono a lungo e che avvennero proteste, esortazioni, recriminazioni, promesse, richiami...

In realtà avvenne che dopo quel colloquio rimasto avvolto nel mistero, Giacomo de Moley interruppe definitivamente la difesa sua e dell'Ordine e si rimise in tutto alla logica del destino.

Se ciò risponde a verità potrebbe costituire realmente una nuova e straordinaria pista d'indagine, e non soltanto storica; la stessa che mi ha spinto a formulare le supposizioni e gl'interrogativi espressi in questa breve carrellata.

Unitamente al Precettore di Normandia, al Visitatore di Francia e al Commendatore d'Aquitania, Giacomo de Moley affronta il rogo. Ma quando s'avvede che non viene concesso loro nemmeno il beneficio pietoso del laccio prima che il fuoco venga appiccato, egli grida il suo terribile anatema che puntualmente colpirà Clemente V, Filippo il Bello e Nogaret. Morirono a breve distanza anche i figli del re e, di lì a poco, tutta la Francia veniva travolta tra ferro e fuoco dalla guerra dei Cent'anni.

Col rogo e la calcinazione (fase al bianco), si concludeva l'epopea alchemica dei Templari. I superstiti si rifugiarono in Scozia, portando con sé il divino Segreto che cela l'intera storia dell'umanità e che Clemente V invano aveva tentato di strappare loro con ogni mezzo.

La Tradizione sottintende che proprio dallo stabilirsi dei superstiti in Scozia è sorto il Rito Scozzese Antico ed Accettato. Successivamente dilatatosi per filiazione universale, il mondo ne avrebbe accolto l'Opera continuatrice.

Era dunque questo il Mistero terribile ed eroico riservato "per vie sottili" all'Ordine del Tempio? Molti aspetti della straordinaria vicenda lo fanno supporre. La strage dei Templari è un fatto solenne perché ha listato di lutto la storia dell'uomo. Ma non si può non aggiungere che la storia è di per sé inarrestabile e che quanto fu consacrato attraverso ogni luminoso olocausto rappresenta quella stella polare che ai nostri giorni orienta nuovi apostoli alla continuazione muratoria di quel Tempio iniziato da antichi ed eroici Cavalieri, i quali hanno combattuto strenuamente il mostro cieco del pregiudizio e di un feroce egoismo, in nome di una nuova ideale socialità e di una totale ri-evoluzione dell'uomo in sintonia con la sua storia più autentica e le vere supreme Leggi del più sottile universo.

E’ necessario, ora, affrontare il tema abbastanza controverso delle interconnessioni tra la Massoneria e i Templari, Ordine Cavalleresco, tra i più famosi per potenza e ricchezza. Ancora oggi, a circa 700 anni dalla sua soppressione, esistono in Europa e in America Associazioni ed Istituzioni che fanno risalire la loro origine ai Templari e, nelle loro manifestazioni, richiamano riti e ideologie dell'Ordine. Si tratta, ovviamente, di un fenomeno che, se da una parte, ha generato la fioritura di numerose leggende e un positivo fervore di studi, dall'altra ha favorito la nascita e la diffusione di gruppi e gruppuscoli, molti dei quali, in buona o in cattiva fede, hanno danneggiato e danneggiano l'immagine autentica degli ardimentosi Cavalieri.

Due sono le fonti alle quali si collegano le origini del Templarismo: 1) La leggenda della esistenza in Scozia di una Loggia di Massoneria operativa - la Loggia di Kilwinning - alla quale si sarebbero associati alcuni Cavalieri Templari 1 fuggiti dalla Francia, che avevano trovato protezione presso il re Roberto Bruce; 2) L'affermazione che il Gran Maestro Giacomo de Molay nel periodo della sua provvisoria libertà nel 1313 aveva passato i suoi poteri al Cavaliere Jean Marc Larmenius, che li avrebbe esercitati dal 1314 al 1324, quando, morendo, li avrebbe trasmessi a Theobald d'Alexandrie.

La Loggia di Kilwinning alla quale appartenevano i costruttori di cattedrali scozzesi e che godevano di particolari prerogative e privilegi, avrebbe accolto nel suo seno alcuni Cavalieri Templari, Maestri architetti, sfuggiti alla persecuzione di Filippo il Bello 2, e capeggiati da Pietro d'Aumont, Maestro provinciale d'Alvernia. Gli stessi avrebbero aiutato il re Roberto Bruce a vincere la battaglia di Bannock-Burn, ed il Sovrano scozzese, per ricompensarli, avrebbe istituito a loro favore l'Ordine dei Cavalieri di Sant'Andrea di Scozia conferendogli la funzione di Sovrano Capitolo della leggendaria Loggia. Ai gradi normali, riservati ai Liberi muratori ed architetti della Loggia, si sarebbero aggiunti quelli del nuovo Ordine, nei quali i neo cavalieri di Sant'Andrea avrebbero portato una presunta dottrina segreta dell'Ordine del Tempio, esercitata in passato da una parte dei Cavalieri Templari e che, secondo il Matter, si sarebbe basata su quattro punti fondamentali: 1) Stretto monoteismo; 2) Rifiuto di riconoscere senza limitazioni la divinità del Cristo; 3) Rifiuto del dogma della transustanziazione 3; 4) antipatia per il sacerdozio della Chiesa e per alcune delle sue pratiche.

Risultò poi storicamente provato che tale leggenda, che fu spesso sottoposta ad alcune varianti non essenziali, fu in gran parte una invenzione del barone von Hund, fondatore della "Stretta Osservanza Templare", Ordine massonico pseudo templarista che fu combattuto e in parte abbattuto dai massoni mistici e teosofici nel Convento di Wilhelmsbad, che fu dichiarato non tradizionale da parte di molti scrittori massonici. Comunque, secondo tale leggenda, ecco sorgere un Ordine Reale di Scozia o di Heredom of Kilwinning [dal quale si vorrebbe poi far discendere, nel 1440, l'Ordine inglese del Cardo] nel quale - sempre secondo la leggenda - si volle vedere la continuazione di una tradizione templare legata al cristianesimo templare legata al cristianesimo gnostico 4, o meglio manicheo 5, nonché a dottrine che i Templari avrebbero appreso nei loro contatti con gli ismaeliti della setta degli haschinschins 6, portando così acqua al mulino di Filippo il Bello, almeno per quanto si riferisce alle accuse di eresia e di contatti con gli infedeli.

La parola Heredom (secondo alcuni corruzione del genitivo latino haeredum, secondo altri derivata dalla fusione dei vocaboli greci hiero = santo e domos = casa, da cui Santa casa = Tempio) avrebbe dimostrato o l'eredità spirituale lasciata dai cavalieri fuggiaschi in Scozia ai Massoni scozzesi, o addirittura, la prova della loro presenza nel "Tempio" di Kilwinning.

Mancano notizie storicamente valide sulla funzione e sull'attività di questo "Tempio", almeno fino al 1737, quando il Cavaliere Andrea Michele de Ramsay, nativo di un villaggio nei pressi di Kilwinning e agente segreto del Pretendente d'Inghilterra Carlo Edoardo Stuart, giunse in Francia reclutando adepti in una sua Massoneria in sei gradi, l'ultimo dei quali si intitolava "Cavaliere del Tempio" e nel quale veniva, rivelata una pretesa dottrina segreta dei Templari.

E’ comunque provato che il neo-templarismo di Ramsay, qualunque fosse il suo corpo, ebbe subito successo e provocò numerose imitazioni.

In Italia dette origine ad un gruppo protriottico a carattere carbonaro-aristocratico tendente a promuovere l'unità e l'indipendenza italiana, l'Ordine Militare e Sovrano del Tempio di Sion 6 il cui massimo titolo o grado è quello di Commendatore del Tempio, Custode della Torre interiore. Questi due Ordini furono imitati con notevoli variazioni e modifiche di carattere quando speculativo, quando di beneficienza dall'Ordo Templis Orientis sedente in Svizzera dall'Order of Knights Templars sorto in Inghilterra e propagatosi con notevole fortuna negli Stati Uniti d'America, e dal Rito Svedese.

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1) Templari: l'ordine militare e religioso dei Templari fu fondato nel 1119 dal francese Hugo de Payns, a Gerusalemme, per la difesa del Santo Sepolcro e dei pellegrini in Terra Santa. Nel 1128 l'Ordine adottò una Regola scritta da San Bernardo e approvata dal papa Onorio II. Oltre ai tre voti di povertà, castità ed obbedienza essi pronunziavano anche il giuramento di difendere i Luoghi Santi. L'ordine fu posto sotto accusa nel 1307 da Filippo IV il Bello il quale riuscì ad ottenere dal papa Clemente V l'autorizzazione per istruire un processo contro i Templari, processo che fu condotto con l'uso delle torture più brutali e i mezzi più subdoli. Il 22 marzo 1312, Clemente V con la Bolla "Vox Clamantis" sopprimeva ufficialmente l'Ordine "in virtù della sua autorità papale e per via di provvisione e non già in forza di una condanna".

"La storia dei Cavalieri del Tempio - dalla loro fondazione alla abolizione - abbraccia quasi due secoli. Veduta dall'Europa occidentale, quella fu l'età dalle lotte per le investiture alla delusione della dantesca attesa di Arrigo VII, sfortunato aspirante alla restauratio imperii. A un'osservazione é diversa essa e però anche l'età delle crociate, cioè dell'espansione dell'Occidente nel vicino oriente e della sostituzione, a Costantinopoli, dell'impero bizantino con quello latino. L'Ordine ebbe parte eminente nelle vicende politico-militari di quei due secoli: promozione delle crociate (dalla seconda all'ultima), organizzazione e difesa degli Stati sorti Outremer per opera dei "franchi",da Antiochia a Gerusalemme, da Cipro a San Giovanni d'Acri. Ma la vicenda dei frati-guerrieri è altresì parte intrinseca dei complessi travagli religiosi vissuti dalla Cristianità tra Due e Trecento: da San Bernardo di Chiaravalle, che a sostegno del Tempio scrisse il De Laude novae militiae, alla proliferazione di correnti "misteriche" all'interno (o al coperto) del cristianesimo, dopo due secoli di confronto col fiorentissimo esoterismo islamico. Aggiungiamo infine che la potenza finanziaria dei Milites Christi segnò l'avvento di tecniche avanzate nel trasferimento dei mezzi di pagamento (ch'è altra cosa, s'intende, dal "capitalismo"). Fu però soprattutto la tragica fine toccata all'Ordine a richiamare l'attenzione sulla storia dei Templari: ora per denunziare il patto di sangue tra Papato e potere politico, ora per deplorare la corruzione serpeggiante all'interno di un'istituzione - quale il Tempio - che s'ergeva a modello di fede militante, ora, infine, per cogliervi l'ineluttabilità della sorte cui è destinato un corpo esoterico quando s'inaridisca la sua ispirazione originaria. La storia del Tempio non sta però tutta nel suo fosco epilogo, nel rogo del Gran Maestro Jacques de Molay. Se è vero che il significato complessivo di un'istituzione secolare va cercato nel suo rapporto coi tempi - nel nostro caso: la presenza Outremer, la spinta al superamento del feudalismo, l'intervento nelle trasformazioni religiose e politiche in corso in Occidente - , la vicenda dell'Ordine non può venir ridotta a capitolo o a paragrafo secondario di altre storie. Lo impediscono i tratti più specifici del Tempio, sorto dopo la conquista di Gerusalemme (a differenza, per esempio, di altri illustri Ordini, quali gli Ospitalieri, il cui ceppo la precedete) e sanguinosamente abbattuto quando la crociata si ridusse a sterili appello in un'Europa ripiegata su se stessa, senza che però cessassero d'esistere molti altri ordini religioso-cavallereschi" (Aldo A. Mola, Templari e Templarismo, Marzorati, Milano, 1986).

(2) Filippo il Bello: Filippo IV il Bello re di Francia (1285-1314) fu una personalità molto complessa e chiusa, dall'aspetto maestoso e dal corpo fisicamente molto prestante; un suo biografo scrive di lui: "non è né un uomo, né un animale, è una statua"; per lui lo Stato deve essere indipendente e inalienabile. Acerrimo nemico dei Papi, soppresse l'Ordine dei Templari. Incurante delle bolle papali che lo accusavano e condannavano ordinò che il papa Bonifacio VIII fosse portato davanti a un Concilio per essere destituito; e quando Bonifacio VIII morì ad Agnani, nel 1303, Filippo fece eleggere un Papa francese, Clemente V che fissò la sede del papato ad Avignone, sotto la tutela della Francia.

(3) transustanziazione: termine, che significa passaggio da una sostanza ad un'altra; è la denominazione del dogma sancito nel IV Concilio Lateranense del 1215 contro gli Albigesi, e definito dal Concilio di Trento (13a sessione). Il Dogma afferma che il pane e il vino, consacrati durante il sacrificio della Messa, si trasformano in Corpo e Sangue di Cristo, conservando del pane e del vino solo l'apparenza e non più la sostanza. A tale tesi i Luterani opposero il concetto della Consustanziazione, secondo la quale la sostanza divina coesiste con la sostanza del pane e del vino. La dottrina della Transustanziazione, sempre sostenuta dalla Chiesa, fu riconfermata dal papa Paolo VI con la enciclica Mysterium fidei, emanata nel 1965.

(4) Gnosticismo: termine che deriva al greco "gnosi" (= conoscenza) indica i seguaci di una corrente filosofico-religiosa, già diffusa ai tempi degli Apostoli e che ebbe quali maggiori esponenti Valentino, Carpocrate, Menandro, Taziano, Basilide. Gli Gnostici sostenevano che, per avere la possibilità di salvarsi, l'uomo deve, necessariamente, attingere la conoscenza totale della Natura e dei misteri della fede. Lo Gnosticismo si suddivise in moltissime sette che miravano a costituire un sistema filosofico del Cristianesimo, attraverso la interpretazione del messaggio di Cristo, in conformità con la cultura dell'epoca, mista di elementi neopitagorici, neoplatonici ed esoterici, di verità, cioè, attingibili solo da parte di uomini sapienti e iniziati. Insigne precursore dello Gnosticismo fu Filone l'Ebreo (30 a.C. - 50 d.C.), con la sua interpretazione allegorica del Vecchio Testamento.

(5) Manichei: seguaci di una religione sorta in Persia per opera di Mani o Manette nel III secolo, uno dei Magi convertiti al Cristianesimo e che si proclamò Paracleto ("colui il quale avrebbe dovuto portare alla massima perfezione il messaggio di Cristo"). Si diffuse rapidamente fino in Cina, nonostante le violente persecuzioni della Chiesa. Nella sua dottrina erano fusi principi del Buddhismo, dello Zoroastrismo e dello Gnosticismo. Il Manicheismo aveva carattere irriducibilmente dualistico: ammetteva l'esistenza del Bene e del Male, della luce e delle tenebre sempre in lotta tra di loro; riteneva che l'uomo si sarebbe potuto salvare con la preghiera e vivendo una vita semplice e severa; si opponeva ad ogni insegnamento fondato esclusivamente sull'autorità, sostenendo che l'uomo deve credere solo a ciò che vede con i propri occhi. Le ultime tracce del Manicheismo si ritrovano in documenti cinesi della fine del 1300 quando, in Occidente, esso era già completamente scomparso dopo aver fatto confluire alcuni suoi principi nell'eresia dei Catari. In genere il termine Manicheismo è, riferito alle concezioni filosofiche che ammettono due principi cosmici eterni: quello del Bene e quello del Male.

(6) Assassini: setta politico-religiosa di fanatici musulmani, fondata in Persia nel 1090 da Hassam Ibn Sabbat. 1 suoi seguaci, professando cieca fedeltà al capo, che aveva su di loro poteri assoluti di vita e di morte, compivano distruzioni e massacri di musulmani ortodossi. La setta si schierò prima dalla parte dei Fatimiti egiziani, poi contro di essi, al fianco di Nizar, fratello e rivale del capo dei Fatimiti. Decadde nel 1124, alla morte del suo fondatore. Gli Assassini si diffusero anche in Siria, ove, combatterono contro i Crociati, uccidendo nel 1152 il conte Raimondo di Tripoli e, nel 1182, Corrado, marchese del Monferrato; tentarono perfino di uccidere il Saladino. il ramo di Siria fu distrutto dal Sultano d'Egitto nel 1273.

"Dieu le volt! ", Dio lo vuole! Il grido riempì le contrade d'Europa proprio sul finire del secolo XI e servì a radunare un grande esercito per strappare Gerusalemme, la Città Santa, all'orda di pastori/guerrieri, chiamati turk (forza) per la loro forza selvaggia, che nel 1078 l'avevano occupata.

0ggi gli strateghi della guerra non avrebbero scommesso una lira sulla capacità di quell'armata "raffazzonata" che sul finire del secolo XI marciava contro i turchi. Pochi i professionisti della guerra, molti i contadini, i rifiuti della società, i poveri spinti più dal miraggio della ricchezze che dalle idealità religiose; numerosi anche quelli che fuggivano la peste, la carestia, le inondazioni, i briganti. Animati, almeno alcuni, da autentico spirito religioso ma da nessuna tecnica di guerra si mossero agli ordini di un frate, Pierre l'Ermite e di un cavaliere di Borgogna, Gualtiero-senza-averi... che è tutto dire! Furono massacrati. Ovviamente. Ma dietro di loro un'armata vera, guidata da Goffredo di Buglione, arrivò sotto le mura di Gerusalemme e la strappò ai turchi. Poi, in gran parte, gli eserciti rientrarono nelle rispettive nazioni.

ALLORA NACQUERO...

Fu allora che un nobile cavaliere, Ugo di Pagani, e otto compagni d'arme giurarono di rimanere a difendere i pellegrini che si recavano a visitare il sepolcro di Cristo. Si chiamarono "Poveri Cavalieri di Cristo". Monaci, un po' particolari, ispirati alla regola agostiniana, con una peculiarità: assieme al breviario avevano la spada. Erano nati i monaci guerrieri, che riempiranno la storia per circa 200 anni.

A Baldovino II, re di Gerusalemme dopo Goffredo, non sfuggì l'importanza che potevano assumere quei religiosi di nuovo stile nel sistema di difesa mediorientale, dal momento che aveva a disposizione solo poche centinaia di cavalieri e poche migliaia di fanti per difendere un territorio circondato da nemici. Così li favori in ogni modo, regalando loro il suo stesso palazzo, sulla spianata del tempio, la moschea di Al-Aqsa. E i "Poveri Cavalieri di Cristo" divennero "Cavalieri del Tempio", i famosi e temuti Templari, che armarono di fede il loro spirito e di ferro il loro corpo. La loro forza furono la rapidità, la disciplina ferrea, la coesione resa visibile dall'uniforme.

 

 

NOCCIOLO DURO DELLA CRISTIANITA’

Dopo un secolo erano oltre 15.000, sparsi in 9000 case conventuali. Divenuti quasi leggenda col loro grande mantello bianco rossocrociato, costituirono il punto di forza della presenza cristiana nelle terre della redenzione, ma si sparsero in tutto le nazioni cristiane, senza venire meno alla loro regola. Punteggiarono infatti di castelli le strade percorse dai pellegrini; la loro presenza costituiva la miglior garanzia per chi voleva compiere il suo viaggio preoccupandosi dell'anima senza doversi preoccupare della propria pelle. Furono gli unici guerrieri che fecero la guerra a tempo pieno! Il binomio programmatico poteva essere "guerra e preghiera". Oggi farebbe accapponare la pelle, ma rapportato ai tempi era certamente quanto di meglio si potesse sperare.

I re, i signori, la gente semplice erano soddisfatti del loro servizio: le donazioni (danaro, terre, chiese, rendite ... ) fioccarono da tutte le parti e in breve l'ordine divenne uno dei più ricchi e potenti della cristianità. Tanto da potersi permettere di fare prestiti perfino ai re. Questo potere e questa ricchezza furono anche la loro sventura. Il declino cominciò probabilmente dalla sconfitta di Acri nel 1291. Fiaccati nell'orgoglio e indeboliti politicamente, divennero bersaglio di critiche, ritorsioni, calunnie, e dell'avidità degli avidi! Le arpie non sono mai mancate in nessun luogo e in nessuna occasione.

 

LA SVENTURA SI CHIAMAVA FILIPPO

La loro fine fu decretata da Filippo il Bello che il 13 ottobre del 1307 fece arrestare tutti i templari di Francia. Una bene orchestrata campagna diffamatoria li accusò... di tutto! Vennero alla luce le cose più turpi e incredibili. E può anche essere che Filippo credesse almeno a una parte delle accuse, che però solo sotto tortura furono confermate da alcuni cavalieri. In Francia li sterminò il rogo, la spada o la corda del boia, ma anche la Bolla di Clemente V che sciolse l'ordine a 200 anni dalla sua nascita, non sine cordis amaritudine et dolore, non senza grande amarezza, forse perché non era del tutto convinto di quel che faceva.

Il Gran Maestro Jacques de Molay finì sul rogo con più di 50 confratelli, protestando a gran voce la sua innocenza. Il processo fu forse più politico che altro, e la ragione, secondo Alain Demurger, va ricercata nell'affermazione dello stato laico di fronte al potere pontifico che i templari, facendo riferimento al solo Papa, incarnavano.

MA SOPRAVVISSERO

L'ordine non sparì. Pare che uno dei templari di Francia, Jean Mare de Larmeny riuscisse a fuggire, portando con sé la "Carta dei Poteri" consegnatagli poco prima dallo stesso Gran Maestro, che assicurava la sopravvivenza legale dell'ordine. Del resto nelle altre nazioni essi continuarono la loro vita, senza essere troppo molestati e la Bolla papale non fu applicata. Già nel 1340 l'ordine col Gran Maestro Armand de Braque era di nuovo a Parigi.

Passata la bufera, a più riprese i templari tentarono di farsi riconoscere dalla Santa Sede. Verso la metà del 1800 la pressione fu particolarmente forte, ma ancora una volta Roma resistette, nonostante che i templari potessero esibire testimonianze documentali che perfino un papa aveva aderito all'ordine, Innocenzo III. L'ostacolo quasi insormontabile per il riconoscimento era (ed è?) probabilmente la condizione posta dalla Santa Sede che l'ordine fosse composto esclusivamente da membri di "religione cattolica, apostolica, romana", il che voleva dire l'allontanamento dei cavalieri inglesi, svizzeri, tedeschi, svedesi ecc. che di religione cattolica non erano.

Il progredire dell'ecumenismo può oggi giocare a loro favore. Essi giurano di essere ancora utili alla Chiesa. I pellegrini giubilari e no sono difesi e assistiti da altre organizzazioni soprattutto da un altro clima civile, da un'altra cultura, ma il ruolo dei templari è di testimonianza, di carità, di servizio, di opere di bene ovunque ci sia bisogno.