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NOTE SUL CINEMA ITALIANO

 

IL DOPOGUERRA: 1945-1949

 

La ricostruzione

  Al termine del conflitto, quasi tutto è distrutto, servizi, abitazioni, fabbriche, mezzi di trasporto; dell'industria cinematografica rimane solo un ricordo. Cinecittà si è frantumata sin dal luglio del 1943 per i noti accadimenti, per poi scomparire completamente all'8 settembre con la "Resa senza condizioni" dell'Italia agli Alleati.

Buona parte delle macchine sono migrate al nord assieme al personale, agli attori e registi che hanno aderito alla Repubblica Sociale; gli studi romani sono stati bombardati e in buona parte distrutti dai bombardieri americani e inglesi, i quali li hanno ritenuti un obiettivo militare, forse tenendo soprattutto conto che Cinecittà è stato il più temibile concorrente europeo di Hollywood.

 - Paisà ('46)

Tutta l'Europa ha fame di cinema, lo dimostra il fatto che anche negli anni di guerra i locali di proiezione sono sempre stati gremiti e, al termine del conflitto, i primi spettacoli ad entusiasmare il pubblico sono proprio quelli cinematografici. L'Italia centromeridionale occupata e liberata può vedere per prima films degli ex nemici: Il grande dittatore, La famiglia Sullivan e, c'è chi lo afferma, Via col vento.

Naturalmente gli americani si adoperano efficacemente per impedire la rinascita del loro più capace concorrente europeo e, con i bastimenti di grano, generi alimentari, macchinari, giunge anche un numero spropositato di pellicole d'evasione a basso costo, oltre 600 nei primi mesi dell'occupazione; un quantitativo tale da mettere in difficoltà anche un accanito cinefilo che volesse visionarle!

 - Roma città aperta ('45)

Gli uomini politici italiani assistono compiaciuti a questa invasione (sembra sia una costante tutta italiana!); alcuni la vedono come un mezzo per seppellire definitivamente la cultura del passato ventennio; altri, come una sottile e capillare propaganda per far assimilare a milioni di spettatori i nuovi valori, il che è visto come una sorta di garanzia per far rimanere il paese nell'orbita politica e militare dei vincitori di cui l'Italia è ora alleata, anche e soprattutto, in previsione delle elezioni che arriveranno nel '48 e che segneranno la sconfitta del Fronte popolare.

 - Stromboli, terra di Dio ('49)

La rinascita del cinema italiano, naturalmente, non è favorita dagli americani che le negano l'inserimento nel piano di ricostruzione; tuttavia l'energia vitale è enorme e nulla può soffocare la rinascita quando la spinta viene dalle idee, dal coraggio, dall'iniziativa e dalla fiducia nei propri mezzi, nella propria arte.

Mancano i capitali e le strutture ma ben presto gli uomini del cinema italiano si rendono conto che la città, le strade, la campagna, i suoi personaggi, l'intero paese può trasformarsi in un grande set cinematografico dove realizzare infiniti soggetti perchè infinite sono le storie, le passioni, le illusioni, le speranze che ha vissuto e che vive quotidianamente il popolo nell'affrontare una realtà che si rinnova, incerta, di giorno in giorno dopo essere precipitato in una tragedia che ha sconvolto l'animo e la vita di milioni di persone.

Il cinema non può non essere testimone di quei terribili eventi; non può non coinvolgere numerosi intellettuali nel tentativo di impegnare politicamente lo spettatore trasportandolo mediante una commozione comune verso un ideale di trasformazione della società.

Il movimento neorealista rifiuta ogni retorica, ogni soggetto di derivazione letteraria, ogni schema di sceneggiatura e di montaggio; spesso evita l'impiego di attori professionisti in favore di personaggi della strada che interpretano sè stessi, nei loro atteggiamenti, col loro linguaggio, adattando i dialoghi al mutare della tensione emotiva che viene a crearsi di fronte alla macchina da presa nello sviluppo dell'azione.

 - Riso amaro ('49)

  Le immagini debbono essere immediate, naturali, come documentazioni di realtà e di veridicità, capaci di cogliere tutti quegli aspetti della vita vissuta con gli avvenimenti ed i drammi che mai hanno trovato posto nella cinematografia tradizionale.

Intendimento del cinema neorealista è quello di divenire saldamente il cinema del proletariato. Alcune di queste idee sono già germogliate oltre una decina di anni prima; Leo Longanesi scriveva nel '33: "Non credo che occorra servirsi di scenografie per costruire un film. Dovremmo (girare)...senza artifici,... quanto più si può dal vero. Bisogna gettarsi alla strada, portare la macchina da presa nelle vie,... Basterebbe uscire in strada, fermarsi in un punto qualsiasi e osservare quel che accade con occhi attenti e senza preconcetti di stile e fare un film italiano naturale e logico." La stagione neorealista con i suoi 80-90 films, è compresa nell'arco 1945-1953, e rappresenta circa il 10% sulla produzione totale. Volendo ricordare in successione alcuni capolavori ed i loro registi: -Rossellini: Roma citta aperta ('45); Paisà ('46); Germania anno zero ('48); Francesco Giullare di Dio ('50); Stromboli ('49); Europa '51 ('52); Viaggio in Italia ('53);

-Visconti: La terra trema ('48);

-De Sica: Sciuscià ('46); Ladri di biciclette ('48); Umberto D. ('52);

-De Santis: Caccia tragica ('46); Riso amaro ('49); Non c'è pace tra gli ulivi ('50); Roma ore 11 ('52)

-Lizzani: Achtung! Banditi! ('51); Cronache di poveri amanti ('53);

-Germi: In nome della legge ('49); Il cammino della speranza ('50);

In capo a pochissimi anni, però, il neorealismo si restringe in un cinema di intellettuali per intellettuali, abbandonato proprio da quegli spettatori per i quali è stato pensato ed alla cui coscienza di classe si rivolge.

Evidentemente il grande pubblico, quello che riempie all'inverosimile le sale (in quegli anni accadeva regolarmente!) non gradisce vedere film che lo fanno ripiombare, anche nelle ore di svago, nella misera realtà quotidiana.

Ed anche l'assenza dei grandi attori può gioca un ruolo decisivo nel porre termine alla pur esaltante esperienza del neorealismo; sia perché lo spettatore vuole identificarsi nel protagonista quando questi ha le sembianze di un grande mito del cinema; sia perché gli attori presi dalla strada, spesso, sono interpreti privi di fascino ed incapaci di attrarre le grandi platee.

Il regista Mario Mattoli, in polemica con i neorealisti, si chiede: "Un bel film è come una sinfonia; ma chi mai penserebbe di far eseguire una sinfonia da una orchestra costituita da passanti scelti a caso per strada, gente che non conosce la musica e non ha mai suonato prima di allora?"

 - Aldo Fabrizi

Un esempio certamente forzato, si pensi ai protagonisti di Ladri di biciclette ('48), Maggiorani e Staiola; chi negherebbe loro, per stare all'esempio di Mattoli, un "diploma del Conservatorio" ad honorem? Però, indubbiamente, il problema esiste con gli attori improvvisati.

La vera campana a morto del neorealismo la suonano i pessimi risultati finanziari di La terra trema e Francesco giullare di Dio che paiono mettere d'accordo tutti, produttori, esercenti, governo e pubblico: il cinema italiano, non più protetto dalle leggi fasciste del monopolio introdotte nel '38, nel libero mercato deve affrontare una concorrenza impossibile da vincere con films di grande impegno sociale ed intellettuale.

 - Totò

Gli italiani sono divoratori di films e le sale cinematografiche nel 1948 raddoppiano di numero rispetto all'anteguerra. La produzione di films italiani nel '45 è di 25; nel '46 di 62; '47 di67; '48 di 54; '49 di94 fino al '54 di 201; '55 di 133; '56 di 105; '57 di 129; '58 di 137.

Gli incassi dei films americani nel '46 rappresentano il 87% sul totale; ma nel '49 i films italiani raccolgono già il 35%.

Nel 1948 e nel '49, riprende l'attività a Cinecittà si hanno leggi che favoriscono il cinema italiano: premi, crediti, concessioni, controlli delle importazioni, obbligo di investire i profitti americani in produzioni italiane e, naturalmente anche qualche condizionamento politico, non certo a favore del movimento neorealista, fonte di pericolosi germi ideologici.

  - Amedeo Nazzari

Eco una succinta filmografia:

-Roberto Rossellini gira, fra enormi difficoltà economiche ed organizzative, Roma città aperta ('45); impiega collaudate tecniche romanzesche e splendidi spaccati di realtà, lirismo epico e retorica, sottolinea, ricordando le sue parole, "una posizione morale da cui guardare il mondo".

L'anno seguente esce Paisà ('46), un indimenticabile viaggio verso il Nord Italia lungo la penisola in via di liberazione. Il trittico si conclude con Germania anno zero ('48) come per chiudere un tragico passato di criminale follia ed aprire uno spiraglio di speranza dopo l'espiazione ed il sacrificio.

Affrontando altre tematiche, Rossellini rende omaggio alla Magnani con L'amore ('48), film costituito da due episodi, in uno dei quali un giovane Federico Fellini viene scambiato per San Giuseppe ed abusa, vergognosamente, di una povera ragazza visionaria.

In Stromboli terra di Dio ('49), il primo dei films con l'Ingrid Bergman, inizia lo studio Rosselliniano della solitudine. Ma iniziano anche i problemi di incomprensione con la critica e col pubblico.

-Luchino Visconti dopo aver presentato alla fine del '45 un film di montaggio sulla Resistenza: Giorni di gloria, realizza La terra trema ('48), una rilettura in chiave marxista del romanzo I Malavoglia di Verga. La critica è divisa sull'interpretazione da dare al film, ma il pubblico è compatto nel disertare le sale. Tuttavia, resta un film stupendo.

-Vittorio De Sica non cerca lo "straordinario" nella storia, gli basta il "quotidiano", le minime cose, gli stati d'animo comuni, le angosce reali. Sciuscià ('46) è considerato il terzo pilastro del neorealismo, con i due di Rossellini Roma e Paisà; è un film verità vigoroso ed emozionante dove si nota chiara la mano di Zavattini (soggettista e sceneggiatore) nella tecnica di ripresa. Grande insuccesso commerciale in Italia ma Oscar negli USA con incassi milionari in dollari a vantaggio di quei Distributori.

Ladri di biciclette ('48), lucida ed esauriente analisi neorealista di un mondo di povertà e disperazione, solidarietà, indifferenza e ostilità; ineguagliabile simbiosi tra la poetica di Zavattini e De Sica. Altro Oscar e successo mondiale.

-Giuseppe De Santis: inizia come documentarista ne Giorni di gloria ('45), e ne porta l'esperienza anche in Caccia tragica ('46) introducendovi un misto di realtà e finzione finalizzate ad una logica di coinvolgimento popolare in chiave politico-marxista. De Santis presta attenzione anche alla storia individuale; in Riso amaro ('49), oltre al crudo ritratto sociale, costruisce un complesso ed avvincente melodramma dove spettacolo e riflessione si fondono in un capolavoro indiscusso.

-Mario Soldati riprende, traendo da opere letterarie, buoni films popolari: Quartieri alti ('45 5), Eugenia Grandet ('47), un indimenti- cabile Campanini in Le miserie del Signor Travet ('46), Daniele Cortis ('47).

Fuga in Francia ('48), invece, è un insolito thriller politico che affronta vivamente con mano un po' neorealista ed un po' all'americana due temi di attualità: l'espatrio dei reduci del fascismo e l'emigrazione degli emarginati.

-Alberto Lattuada realizza Il bandito ('46), Senza pietà ('48), nell'Italia post-bellica, con animo pessimista, il regista delinea con stile neorealista e atmosfera da noir americano una ambientazione che non lascia spazio alla speranza. Dopo Il delitto di Giovanni Episcopo ('47), Lattuada tenta una visione personale del realismo ne Il mulino del Po ('49).

-Pietro Germi dopo Il testimone ('45), e Gioventù perduta ('47), due interessanti polizieschi con qualche risvolto sociale, gira In nome della legge ('49) definito un film "fordiano", molto espressivo ed avvincente, forse ideologicamente ambiguo per una visione particolare della Legge, del Sud e della mafia.

I registi di "lungo corso", Camerini e Blasetti non restano inattivi di fronte al dilagare del nuovo cinema; entrano nelle sale con le loro versioni di realismo, elaborazioni personali frutto del loro retroterra culturale ed ideologico.

-Mario Camerini nel film Due lettere anonime ('45), disegna uno splendido ritratto femminile sulla Resistenza, forse unico nel suo genere. Ne La figlia del capitano ('47) riprende la storia essenziale e drammatica tratta da romanzo.

In Molti sogni per le strade ('48), commedia e neorealismo si alternano in toni drammatici e leggeri al fluire di una vicenda popolare con nette tematiche sociali.

-Alessandro Blasetti dopo Nessuno torna indietro ('43-'45), girato nel periodo di guerra, si cimenta in un film Un giorno nella vita ('46), con tutti gli ingredienti del neorealismo: la sceneggiatura di Zavattini, i partigiani, i religiosi, la rappresaglia nazista feroce. Ma Blasetti, maestro del cinema classico, corre ben saldo nei suoi binari e non si lascia troppo coinvolgere da questo vento nuovo.

Con Fabiola ('48), primo film di grande impegno finanziario del dopoguerra con gran dispiego di mezzi e di tempo (Mattoli ricorda che lui, nel frattempo, ha girato otto film!) Blasetti torna trionfante al cinema storico-mitologico mietendo strepitosi successi di pubblico e di incassi e lasciando definitivamente ad altri le problematiche sociali.

-Luigi Zampa con Abito nero da sposa ('43-'45), Un americano in vacanza ('46), Anni difficili ('47), L'onorevole Angelina ('47), Vivere in pace ('47), Campane a martello ('49), si destreggia con abilità fra neorealismo e commedia.

-Renato Castellani dopo La donna della montagna ('43-'45), film non terminato e montato malamente pur di farlo ucire, che conserva un'atmosfera di morte incombente di grande efficacia, realizza Mio figlio professore ('46), e Sotto il sole di Roma ('48), due commedie con toni di neorealismo.

-Carmine Gallone: affronta il nuovo cinema del dopoguerra, come obbligato, con Il canto della vita ('45), un melodrammone con tedeschi, rastrellamenti, imboscati, abbandoni, tradimenti, figli illegittimi ecc.; ma poi riapproda ai suoi prediletti films operistici quali Rigoletto ('47), La leggenda di Faust ('49), Il trovatore ('49), dove può esprimere la propria spettacolare maestria.

-Raffaello Matarazzo: riprende un personaggio d'anteguerra -Za la Mort- in un film apparentemente solo d'avventura: Fumeria d'oppio ('47), realizzando un'opera di notevole forza che riflette, nelle ambientazioni e nei personaggi, le tristi condizioni del paese. Dopo la commediola Lo sciopero dei milioni ('47), esce con Catene ('49) (incassa un miliardo!) il primo melodramma della serie di sette films con la coppia Nazzari-Sanson che fa del regista un indiscusso Maestro della psico-logia popolare. Trionfo di passioni, sentimenti, lacrime e incassi.

-Mario Mattoli affronta i temi cari al neorealismo con il suo cinema popolare fatto di eccellenti attori, ideato con spirito semplice e aperto alla speranza; ne La vita ricomincia ('45) colpisce la coppia Fosco Giacchetti-Alida Valli avversata dagli strascichi di eventi causati dalla miseria e dall'abiezione di tristi individui.

Dopo il leggero I due orfanelli ('47), si impegna con due buoni drammi, Il fiacre n.13 ('47) e Assunta Spina ('48). Poi iniziano i films di svago: Fifa e arena ('48), Totò al Giro d'Italia ('48), I pompieri di Viggiù ('49), Signorinella ('49), Il vedovo allegro ('49). Come si può notare nel '48 e nel '49, Mattoli pare cominciare a prendere lo slancio per sfornare films con ritmi da catena di montaggio: ma saprà anche superarsi nel corso degli anni '50!

-Gennaro Righelli presenta Abbasso la miseria! ('45), Abbasso la ricchezza ('46) due commedie popolari, disincatate, ironiche, a volte amare, dove la Magnani rende, come sempre, i suoi personaggi forti e ricchi di straordinaria umanit....

-Mario Bonnard: in questo periodo gira Il Ratto delle Sabine ('45), una farsa con qualche spunto notevole che potrebbe essere stata di ispirazione ad al cuni temi felliniani.

-Luigi Comencini inizia la carriera con Proibito rubare ('48), un neorealismo da commedia ricca di ottimismo in una Napoli di scugnizzi da recuperare.

-Carlo ludovico Bragaglia: Lo sbaglio di esssere vivo ('45), Pronto, chi parla? ('46), L'altra ('47), La primula bianca ('47), Totò le Mokò ('49), commedie piacevoli, a volte drammatiche, a volte divertenti e sempre dignitose.

-Camillo Mastrocinque: dopo il biografico Il cavaliere del sogno (Donizetti) ('46), e Il segreto di Don Giovanni ('47) di ambientazione teatrale, realizza un dramma sentimentale, Sperduti nel buio ('47). -Steno (Stefano Vanzina) e Mario Monicelli, uniti in un sodalizio che durerà negli anni, si dedicano al genere d'evasione con Al diavolo la celebrità ('49), e con un Totò cerca casa ('49) che rimarrà nelle antologie del cinema italiano.

 

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