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NOTE SUL CINEMA ITALIANO

 

IL CINEMA ITALIANO FRA LE DUE GUERRE, 1919-1939

 

Il Divismo

 - Lyda Borelli

 

Probabilmente il fenomeno del divismo nasce, in Italia, nel 1913 con il drammone passionale Ma l'amor mio non muore... di Mario Caserini con la fatale, bellissima, bionda, elegante e raffinata Lyda Borrelli.

E' un film con scene audacissime per i tempi; l'attor giovane amoroso Mario Bonnard si china sulla riversa Lyda dai capelli sciolti sul divano, bocca socchiusa, palpebre abbassate, il corpo fremente di desiderio e... la bacia con tanto di torbide carezze. Sullo sfondo, nella camera da letto, si intravede il talamo in stile floreale.

Una scena da far epoca e da far impazzire pubblico, critici e censura!

La Lyda Borelli è, in questo film, al suo debutto cinematografico e, forse, il film è stato pensato proprio per lei. Nasce il "borellismo" , il palpitare, il fremere, la sensualità prorompente, l'aggrapparsi alle tende... E' la donna fatale, misteriosa, definita "levità di un raggio di sole sull'acqua"; "plastica del silenzio"; "divinazione della maestà femminile".

Gli ammiratori resteranno costernati quando, dopo aver abbandonato le scene nel '17, la Borelli convolerà ad eccellenti nozze con il Conte Vittorio Cini, nel 1918!

 - Francesca Bertini

Gli abbandoni delle Dive sono frequenti in questi anni: la Francesca Bertini lascia nel 1920; la Pina Menichelli nel 1924! A testimoniare il loro dominio sul pubblico restano le cifre scritte sui loro contratti; compensi faraonici, sbalorditivi: tre milioni di lire annue per la Bertini; due milioni e mezzo per la Menichelli! Quante attrici, oggi, lascerebbero, con in gioco simili "cachets"?

La elegantissima ed esigentissima Francesca Bertini, (Elena Vitiello) bruna, alta, aggressiva si mostra in pubblico sempre con autista in livrea su fiammanti Isotta-Fraschini o Rolls-Royce; al suo passaggio, la gente per strada fa ala e l'applaude con entusiasmo!

Immensa delusione del pubblico quando nel 1922, la Diva, sposa un ricchissimo uomo d'affari svizzero e si ritira in una stupenda villa di Firenze.

 - Pina Menichelli

Altre dive di questi anni e degli anni successivi: Maria Carmi ,Eleonora Duse, Giacinta Pezzana, Leda Gys, Assia Noris, Isa Pola, Elsa Merlini, Isa Miranda, Alida Valli, Clara Calamai, Vivi Gioi, Maria Mercader, Luisa Ferida, Vera Carmi, Lilia Silvi, Doris Duranti, Maria Denis, ecc.

In misura minore, anche gli uomini sanno essere Divi:

Emilio Ghione con il suo personaggio Za-la-Mort ("viva la morte" un Apache romantico dei bassifondi parigini) affiancato dalla fedele compagna Za-la-Vie interpretata dalla Kally Sambucini.

Mario Bonnard, Bartolomeo Pagano, Ruggero Ruggeri, Ermete Zacconi, Pietro Pastore, Amleto Novelli; ed in seguito:Vittorio De Sica, Gino Cervi, Fosco Giachetti, Carlo Ninchi, Annibale Ninchi, Roldano Lupi, Amedeo Nazzari, Massimo Serato, Rossano Brazzi, Osvaldo Valenti, Umberto Melnati, Enrico Viarisio, Sergio Tofano, Beniamino Gigli, Leonardo Cortese, ecc.

 

La grande guerra è finita, ma...

Al termine del conflitto l'economia italiana è depressa, le grandi industrie mancano di commesse, la disoccupazione è molto alta, i consumi ristagnano; tuttavia esiste ancora la convinzione che i capitali investiti nel cinema possano dare ottimi rendimenti e la corsa alla produzione di films con costosissimi attori non conosce sosta. Purtroppo i films prodotti seguono clichets che definirli superati è ancora troppo benevolo.

Nel 1921 la crisi economica europea si manifesta con evidenza ma le case cinematografiche italiane si impegnano ancora finanziariamente per immettere sul mercato una media di un film al giorno! ma quale pubblico potrà mai ripagare questi dissennati investimenti, quando, ormai, dovrebbe essere chiaro a tutti che i gusti delle platee sono nettamente virati verso la cinematografia americana?

La realtà è inevitabile e le illusioni debbono, alla fine, fare i conti con le entrate: il cinema italiano, da primo nel mondo, in pochi anni ha perso i suoi primati; le esportazioni divengono sempre più difficili, ed anche il mercato interno trascura la produzione nazionale.

Cominciano i fallimenti delle Case Cinematografiche e la produzione, incapace di rinnovarsi, riduce ogni anno della metà i films immessi sul mercato, mentre le Case americane iniziano ad aprire le loro filiali nel paese da conquistare.

 - Vittorio De Sica

La grande crisi!

Alla fine degli anni venti si girano appena 5-10 films italiani all'anno; nelle sale trionfano in grande copia le pellicole americane. Nel 1930 si sono già stabilmente insediate quattro Case americane: United Artist, MGM, Paramount, Twenty Century Fox. Nel 1938 il 73% degli incassi va alla produzione americana.

Il cinema diventa uno spettacolo sempre più popolare in Italia e, rispetto a tutte le altre menifestazioni, comprese le sportive, conquista sempre maggiormente i favori del pubblico.

A metà degli anni venti assorbe il 40% degli incassi totali, ma nel 1930 è già al 62%, dimostrando chiaramente di essere il divertimento preferito dagli italiani.

 - Elsa Merlini

A beneficiare di questo flusso di denaro sono le Case americane che monopolizzano il cinema in italia; si calcola che i films italiani in effettiva circolazione siano poche decine, quelli americani oltre mille!

Il popolo italiano si dimostra il più disponibile, fra tutti quelli europei, ad assorbire la cultura cinematografica americana e ad essere colonizzato da modelli culturali lontanissimi per natura e storia dimostrando, così, ben al di là delle qualità tecniche dei prodotti importati, di possedere doti di accoglienza ed ospitalità evidentemente mai scemate ed, anzi, affinate nel corso dei secoli.

Il regime, fino al 1931, non interviene a sostegno e tutela del cinema italiano (se non con modesti contributi), nè dimostra di voler arginare la produzione americana che, al contrario, apprezza per la qualità narrativa ed il carattere di intrattenimento di questi briosi films di varietà, fantasia e immaginazione. Infatti, nella produzione americana, non vi sono elementi che possano impensierire l'ideologia del partito e, perciò, la censura interviene di rado ed in modo molto leggero.

Bottai constata:"...il pubblico si annoia quando il cinema lo vuole educare. Il pubblico vuole essere divertito..."

Attori, registi, operatori italiani, iniziano ad emigrare verso paesi i più ricchi che offrono loro ottimi contratti per utilizzare in modo nuovo le loro notevoli competenze.

In Francia vanno, ad esempio, Genina che realizza Paris-Béguin ('31) con Jean Gabin e Saturnin Fabre; Mario Bonnard gira Pas de Femme ('32) con Fernandel, ecc.

Intanto il mercato mondiale, ormai dimentico delle glorie italiane, procede spedito con Fritz Lang, René Clair, Sergej Ejzenstejn, Ernst Lubitsch, Erich von Stroheim, Charles Chaplin, Marcel L'Herbier, Frank Borzage, Robert Flaherty, Friedrich Murnau, Robert Wiene, Rex ingram, Buster Keaton, Raoul Walsh, King Vidor,Georg Pabst, Lev Kulesov, Vsevolod Pudovkin, Alan Crosland, Abel Gance, Josef von Sternberg, ecc, apportatori di nuove idee tradotte in immagini in maniera eccellente.

 

E in Italia?

In Italia si continua, pervicacemente, a percorrere le strade che in passato avevano avuto un ineguagliabile successo, sfruttando esausti temi e modelli cinematografici ormai polverosi ed improponibili, colmi di Pricipesse, Duchi, Baroni, ballerine, donne perdute, patrimoni dilapidati, peccati capitali, orfanelle abbandonate nella selva e raccolte da circhi; derelitte che scoprono essere di altissimi natali e che, dopo inenarrabili vicissitudini, si ricollocano trionfanti nella società che il loro lignaggio comanda.

In questo marasma emerge un genere che si muove dignitosamente fra la produzione mondiale: è quello della commedia, che trova grandi risorse nel teatro e nella letteratura italiana e straniera e vi attinge con ottima capacità di scelta prendendo soggetti di tutti i tipi, classici, moderni, avventure, storici, romanzi, drammi, commediole, pochades ecc.

Alcuni esempi:

-Augusto Genina: Principe dell'impossibile ('19) con Ruggero Ruggeri; Cirano ('23); La maschera e il volto; La moglie bella ('24); Focolare spento ('25); l'Ultimo Lord ('26); Addio Giovinezza ('27).

-G.Jacoby-Gabriellino D'Annunzio: La nave ('21); Quo Vadis? ('21).

-Mario Caserini: Tragedia senza lacrime ('19), forse l'ultimo suo lavoro per l'immatura scomparsa.

-Mario Camerini: Jolly ('24); Voglio tradire mio marito ('25).

-E.Mari-N.Valentini: Casa di bambola ('19) da Ibsen.

-Mario Bonnard: Il Rosso e il Nero da Stendhal; l'inesauribile I promessi sposi ('23)

Il romanzo di un giovane povero ('20) di Amleto Palermi; Forse che si, forse che no ('20) da D'Annunzio, di G.Revel; Le ultime lettere di Jacopo Ortis ('21) di L.D'Ambra; Il fornaretto di Venezia ('39) di G.Bard;

Senza dimenticare la "miniera" Salgari che permette di realizzare grandi avventure in mari lontani con numerosi Corsari, Filibustieri, Pirati, Marajà e loro figli e parenti.

La romanità non si spegne:

-Guazzoni: Il sacco di Roma ('20); Fabiola ('18); Messalina ('23);

Gli ultimi giorni di Pompei ('26) di Amleto Palermi e Carmine Gallone, con Emilio Ghione.

 

Muscoli, muscoli!

Anche nel dopoguerra Maciste continua ad avere dei buoni successi di pubbblico, la forza fa molto presa sugli spettatori dal palato non molto fino, ed il cinema italiano, boccheggiante, vi si aggrappa come ad un'estrema scialuppa.

Escono, dal '20 al '26 ancora numerosi Maciste (interpretati dal gigantesco Bartolomeo Pagano, un "camallo"), impegnato per il bene e contro le ingiustizie nelle più svariate situazioni: Maciste in vacanza; Maciste salvato dalle acque; Maciste e il nipote d'America; Maciste imperatore; Maciste contro lo sceicco; Maciste all'inferno; Maciste nella gabbia dei leoni; Il gigante delle Dolomiti.

Come si vede, tanta forza non si smarrisce saltando millenni e millenni!

Maciste ha anche dei rivali agguerriti nelle sale, come Sansone (Luciano Albertini, non solo muscoli ma anche cervello, capace di mettere in piedi una buona Casa cinematografica), che affronta con grandi doti acrobatiche, nei medesimi anni, situazioni difficili come Sansone contro i filistei; Il re dell'abisso; Sansone muto; Sansone e la ladra di atleti; Sansone e i rettili umani; Sansone burlone.

La Albertini Film di Torino realizza anche films di vario genere: I quattro moschettieri ('19) di Costamagna; Il Ponte dei Sospiri ('21) di Gaido; Il mostro di Frankenstein ('20) di Testa.

Negli anni venti e trenta, si evidenziò sempre più la povertà del film comico italiano, spariti i Cretinetti, Tontolini, Robinet, portatori di una comicità ben misera se rapportata a quella dei Mark Sennet, Harold Lloyd, Buster Keaton, Harry Langdon, Laurel e Hardy, i Fratelli Marx e... Charlie Chaplin, si attende l'arrivo dei giovani comici provenienti dal mondo del varietà italiano

 

Arriva il Duce, un grande regista, un grande attore!

Con l'avvento del Fascismo, il cinema italiano non viene condizionato politicamente; si mette spontaneamente al servizio del nuovo ordine e del nuovo ideale come per trovare idee e possibilità di rinascita, constatate le difficoltà di sopravvivenza. Si potrebbe dire "cavalcare l'onda".

Continuano in qualche misura i films che ricordano i fasti di Roma, ma le opere realizzate (come elencato in precedenza) dato lo scarso spessore imperiale, se non addirittura negative per quest'ultimo -si pensi a Messalina o a Gli Ultimi giorni di Pompei- non sono certo commissionate dal regime fascista.

Bisogna attendere il 1937 per vedere un film -forse l'unico- che inneggi all'Impero: cosa può esserci di meglio di uno splendido dominatore quale Annibale Ninchi in "Scipione l'Africano" ('37) per esaltare in ogni angolo del paese la conquista dell'Etiopia e la fondazione dell'Impero realizzate l'anno prima, nel '36?

Ma la Romanità spontanea, così sparuta, non è certo bastevole per glorificare il fascismo; vengono diffusi nel paese numerosi documentari su Roma, sull'Africa, sulla Civiltà Latina ecc. i quali, in alcuni casi, raccolgono successi clamorosi.

Si hanno anche films di ambientazione africana con interpreti locali; anche Camerini, come altri registi di fama internazionale, si cimenta in questo tema esotico-coloniale ed ottiene eccellenti risultati con Kiff Tebby ('27), elogiato, senza riserve, dalla stampa mondiale.

Il fascismo vorrebbe trovare una continuità, anche se tenue, tra la Roma imperiale dominatrice del mondo e l'Italia moderna che da poco si affaccia sulla scena mondiale.

Vengono trovate le radici della rinascita nazionale nella storia più recente, nel movimento popolare(?) che ha portato alla costruzione dello stato unitario nella seconda metà del diciannovesimo secolo; ed infatti compaiono film sull'epopea Risorgimentale, dove un improbabile popolo indomito e saldo, conscio della propria forza vitale anela alla costruzione di un'unica Patria libera dall'asservimento allo straniero.

Quindi, un inno al popolo, al Re, ed a Garibaldi, un grande Duce che forse ne annuncia un altro, di lì a mezzo secolo.

E' del 1934 l'ottimo "1860" di Blasetti, interessante anche per taluni segni che ne possono fare un precursore del neorealismo.

Nel 1925 viene nazionalizzato l'Istituto LUCE, con l'intento di disporre di un valido strumento culturale e di propaganda; in concreto per avere il monopolio dell'informazione cinematografica. Tra uno spettacolo e l'altro vengono proiettati questi brevi filmati (chiamati "Film Luce" dal pubblico) che mostrano i principali accadimenti di cronaca, spettacolo, eventi sportivi e soprattutto... politici.

Su questi, il controllo personale di Mussolini è ferreo; la sua immagine e quella del Fascismo debbono risultare esattamente quelle prescritte, come secondo le direttive impartite.

Il regime non favorisce lo sviluppo di una vera cinematografia fascista, forse non la ritiene opportuna, oppure lascia libertà di scelta ai Cineasti. Comunque sia, sono pochi i film realizzati di propaganda fascista e oggi si possono ricordare come pregevoli testimonianze dell'epoca: Camicia nera ('33) di Forzano; Vecchia Guardia ('35) di Blasetti; Lo Squadrone bianco ('36) di Genina; Luciano Serra pilota ('38) di Alessandrini; l'Assedio dell'Alcazar, (uscito nel '40) di Genina.

  Si può trovare propaganda anche in Condottieri ('36) di Trenker, una produzione Italo-Tedesca dove una storia alquanto rimaneggiata su Giovanni dalle Bande Nere costruisce un filo conduttore con il Capo del Fascismo, sempre a gloria di antiche radici.

La guerra con l'Etiopia (3.10.35-6.5.36) permette una grande attività documentaristica in terra d'Africa; non si celebra, però, la macchina militare italiana (forse sarebbe stato anche difficile, date le croniche inefficienze!); si mette in risalto la parte più umana della colonizzazione italiana: l'apporto della civiltà con l'abolizione della schiavità feudale dei Ras locali, la prossima trasformazione di terre selvagge in aziende agricole, il lavoro italiano nella costruzione di città e strade.

Al popolo italiano, poco guerriero, ma molto lavoratore, queste immagini danno la massima esaltazione del Duce e del Fascismo che può godere, finalmente, di un consenso pieno e totale delle masse.

Sullo slancio di queste vittorie, Mussolini interviene in Ispagna (lug '36-mar '39) a sostegno di Franco e, naturalmente, al seguito dei volontari in camicia nera vi sono gli operatori cinematografici italiani, tedeschi, spagnoli per documentare la terribile guerra civile.

La guerra si vede, naturalmente con l'occhio di parte: viene ripreso l'Eroico soldato fascista che difende la civiltà dalla barbarie; si documentano i massacri compiuti dai comunisti delle truppe repubblicane e delle Brigate Intenazionali; si trovano prove (o, quando non si trovano, si inventano) di violenze inaudite sulla popolazione, di stragi di religiosi, di gesti sacrileghi nei luoghi di culto e nei cimiteri, di atti innominabili...

E la violenza, effettivamente, raggiunge vette inimmaginabili nelle campagne e nelle città; circolano, con compiacimento, foto di militari sorridenti, d'ambo gli schieramenti, in posa con le teste dei nemici in mano. Non c'è bisogno di finzione scenica.

Vengono girati chilometri e chilometri di pellicola perchè, qui, il materiale da riprendere non manca; la guerra civile ha causato un milione di morti e, alla fine del conflitto, le manifestazioni di esaltazione, giubilo e riconoscenza nelle città liberate da Franco sono reali: quale popolo non gioirebbe al termine di una guerra simile? Gli italiani lo toccheranno con mano nell'aprile del '45, anche se per drammi e per lutti quantitativamente minori.

Del tutto dimenticate sono alcune pellicole realizzate da pochi registi che, autonomamente, nella speranza di inserirsi negli ambienti di potere, voltando gabbana più volte, tentano con opere insignificanti e gonfie di retorica, di farsi notare e benvolere dai potenti di turno, ma inutilmente.

Qualitativamente interessanti anche come documentazione storica risultano alcuni films dichiaratamente antibolscevichi; a cimentarsi sono Carmine Gallone con La grande tormenta ('28) e Mario Bonnard con Siberia, terra di dolore ('29).

Vengono anche esaltati i miti della vita di campagna, del solido mondo contadino ricco di antiche virtù e capace di donare linfa vitale all'intero paese; di forgiare genti forti e generose.

Nei Cingiornali Luce (la TV di quegli anni!) il Duce ha cura di porsi a torso nudo in cima ad una trebbiatrice affinchè la cinepresa ne immortali l'alacre lavoro e porti le immagini della maschia fatica in ogni angolo del paese perchè, da grande comunicatore quale è, vuole che la gran massa della popolazione italiana, in buona parte rurale, possa riconoscersi in lui con fierezza.

 

Avvento del sonoro e addio al muto!

Il primo film sonoro uscito in Italia è La canzone dell'amore ('30) di Righelli; film modesto ma passato alla storia per due motivi: aver tagliato il traguardo per primo; avere nella colonna sonora la canzone Solo per te, Lucia, di Bixio.

La realizzazione di questo film fu alquanto complessa perchè, in realtà, furono girati tre films contemporaneamente, in versione italiana, francese, tedesca. Il sonoro creava complicazioni nuove, inesistenti al tempo del muto!

-Alessandro Blasetti debutta con Sole ('29); poi inizia col sonoro Nerone ('30) interpretato da Petrolini; Resurrectio ('31) e dimostra di essere, pur tanto giovane (trent'anni) un vero Maestro.

Terra madre ('31); Palio ('32). Ne La tavola dei Poveri ('32) si ha l'impiego di veri "pezzenti" presi dalla strada, ma Blasetti riesce a non cadere nel patetico e padroneggia a dovere la regia. Raffaele Viviani ne è superbo interprete; il caso Haller ('33); L'impiegata di papà ('34); 1860 ('34); Aldebaran ('35); Vecchia guardia ('35); La contessa di Parma ('37); Ettore Fieramosca ('38); Un'avventura di Salvator Rosa ('39); Retroscena ('39); La cena delle beffe ('41); La corona di ferro ('41); Quattro passi tra le nuvole('42);

-Mario Camerini: Rotaie ('31); Figaro e la sua gran giornata ('31); L'ultima avventura ('32); Gli uomini, che mascalzoni... ('32); Cento di questi giorni ('33); Giallo ('33);T'amerò sempre ('33); Come le foglie ('34); Il cappello a tre punte ('35); Darò un milione ('35); Ma non è una cosa seria ('36); Il signor Max ('37); Batticuore ('39).

-Goffredo Alessandrini -Mario Mattoli -Raffaello Matarazzo -Gennaro Righelli -Amleto Palermi -Carlo Ludovico Bragaglia -Sergio Tofano

-Marco Elter Le scarpe al sole ('35)

 

Arrivano gli aiuti statali

Nel 1931 si ha un intervento deciso dello Stato per la rinascita del cinema italiano con notevoli sovvenzioni e, naturalmente, i benefici non tardano a manifestarsi: la Cines aumenta vertiginosamente la produzione, come anche la Caesar; esordiscono la Titanus, la Tirrenia, la Lux, ecc.

Nel 1937, due anni dopo l'incendio che ha distrutto la Cines, si inaugura Cinecitta, un complesso gigantesco, tecnologicamente avanzatissimo di livello molto superiore a quelli presenti negli altri paesi europei. Gli investimenti statali sono stati elevatissimi e nel 1939 lo Stato ne assume anche la piena proprietà.

Fin dal 1934 nasce la Direzione Generale della Cinematografia con lo scopo di controllare "un'industria la cui produzione riguarda direttamente la dignità ...l'interesse economco e morale... imprimendo alla produzione il segno autorevole della sua volontà..."; ma restano parole con scarso seguito se ancora nel '36, Vittorio Mussolini indica nella cinematografia americana un modello da seguire ed un esempio di buon cinema.

Si può affermare che la dittatura fascista, nella sostanza, non ha mai imposto efficacemente al cinema italiano condizionamenti a favore dell'attività governativa.

Se ne ha inequivocabile conferma anche dalla scuola del cinema, il Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, ideato sul modello dell'Istituto cinematografico di Mosca; vi insegnano docenti fascisti ma anche altri dichiaratamente marxisti come Umberto Barbaro che realizza anche eccellenti sceneggiature nel periodo bellico con forti connotazioni di drammi di classe come ne La bella addormentata ('42). Il regime sa, ma non interviene.

Nel 1938 una legge protezionistica blocca l'importazione di films stranieri e, di conseguenza, crescono gli incassi della cinematografia italiana che salgono rapidamente dal 13% ad oltre il 50%. Anche il numero di film prodotti sale da poche decine al centinaio, purtroppo con sempre più fame di contributi statali: il fascismo ha innestato un meccanismo che durerà nel tempo, passerà la guerra, la ricostruzione, il boom ecnomico, ecc, e resisterà, saldissimo, più stabile di qualsiasi regime.

 

I telefoni bianchi

Il pubblico dimostra di gradire particolarmente il film d'evasione, la commedia sentimentale, il bel mondo da sognare, i telefoni bianchi, le storie d'amore dove la segretaria sposa il principale.

Ma non in tutti i film la felicità si ottiene con la scalata sociale; in altri, si può leggere fra le righe che la smania di ricchezza toglie la serenità e che, invece, un buon modesto impiego, due cuori e una capanna, possano aprire le porte di una felicissima vita familiare. Dunque, in buona sostanza, meglio la sana piccola borghesia della vacua e decadente aristocrazia.

Ecco comparire una schiera di film di Camerini, Blasetti, Alessandrini, Mattoli, Matarrazzo, ecc. quali: La segretaria privata ('32) di Alessandrini; La telefonista ('32); Gli uomini, che mascalzoni... ('32), Il signor Max ('37) e Grandi Magazzini ('39) di Camerini; La segretaria per tutti ('33); La signorina dell'autobus ('34); Oggi sposi ('34); Amo te sola ('35), ecc.

Altre dive: Maria Carmi ,Eleonora Duse, Giacinta Pezzana, Leda Gys, Assia Noris, Isa Pola, Elsa Merlini, Isa Miranda, Alida Valli, Clara Calamai, Vivi Gioi, Maria Mercader, Luisa Ferida, Vera Carmi, Lilia Silvi, Doris Duranti, Maria Denis, ecc.

In misura minore, anche gli uomini sanno essere Divi:

Emilio Ghione con il suo personaggio Za-la-Mort ("viva la morte" un Apache romantico dei bassifondi parigini) affiancato dalla fedele compagna Za-la-Vie interpretata dalla Kally Sambucini.

Mario Bonnard, Ruggero Ruggeri, Vittorio De Sica, Gino Cervi, Fosco Giachetti, Carlo Ninchi, Annibale Ninchi, Roldano Lupi, Amedeo Nazzari, Massimo Serato, Rossano Brazzi, Osvaldo Valenti, Umberto Melnati, Enrico Viarisio, Sergio Tofano, Beniamino Gigli, Leonardo Cortese, Pietro Pastore, Bartolomeo Pagano, Ermete Zacconi, Amleto Novelli, ecc.

Senza dimenticare, sul finire degli anni trenta, l'esordio sullo schermo di un comico che esploderà negli anni quaranta e cinquanta: Sua Altezza Imperiale Antonio de Curtis Porfirogenito dei Focas, Angelo Flavio, Duca Comneno di Bisanzio; Principe di Cilicia, di Macedonia, Dardania, Di Tessaglia, del Ponto, di Modavia, D'Illiria, del Peloponneso; Duca di Cipro e dell'Epiro; Conte e Duca di Drivasto e di Durazzo ecc. ecc. In arte Totò.

 

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