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Copernico, la sorte del De Revolutionibus dopo la condanna della Chiesa e il ruolo di Galileo

Da Giangi Caglieris (Giovanni Maria Caglieris)


Lettere di Galileo a Curzio Piccherna nei giorni successivi alla condanna del De Revolutionibus..

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Riporto queste lettere di Galileo, da lui indirizzate a Curzio Piccherna, segretario del Duca di Firenze perché riposrtano le impressioni di Galileo subito dopo la condanna del De revolutionibus, il suo collequio con il Cardinale Bellarmino e l'udienza papale


Lettera XII, 1187.

GALILEO a [CURZIO PICCHENA in Firenze].

Roma, 6 marzo 1616.

Bibl. Naz. Fir. Mss. Gal., P. VI, T. V, car. 53-44. – Autografa.

Ill.mo Sig.re e Pad.ne Col.mo

Io non scrissi la posta passata a V. S. Ill.ma, perchè non ci era cosa di nuovo da avvisargli, essendo che si stava sul pigliar resoluzione sopra quel negozio che gliel'havevo solamente accennato per negozio pubblico, e non di mio interesse, se non in quanto i miei nimici mi ci volevano havere, fuor d'ogni proposito, interessato. Questa era la deliberazione di S.ta Chiesa sopra il libro et opinione del Copernico intorno al moto della terra e quiete del sole, sopra la quale fu mossa difficoltà l'anno passato in S.ta Marianovella, e poi dal medesimo frate qui in Roma, nominandola egli contro alla fede et heretica; il qual concetto ha egli co' suoi aderenti, in voce e con scritture, proccurato di far rimaner persuaso: ma, per quello che l'esito ha dimostrato, il suo parere non ha trovato corrispondenza in S.ta Chiesa, la quale altro non ha risoluto se non che tale opinione non concordi con le Scritture Sacre, onde solo restano proibiti quei libri li quali ex professo hanno voluto sostenere che ella non discordi dalla Scrittura; e di tali libri non ci è altro che una lettera di un Padre Carmelitano(1), stampata l'anno passato, la qual sola resta proibita. Didaco a Stunica, eremita Agustiniano, havendo 30 anni fa stampato sopra Iob(2) e tenuto che tale opinione non repugni alle Scritture, resta sospeso donec corrigatur; e la correzzione è di levarne una carta nell'espositione sopra le parole: Qui commovet terram de loco suo etc. All'opera del Copernico stesso si leveranno 10 versi della prefazione a Paol terzo, dove accenna non gli parer che tal dottrina repugni alle Scritture; e, per quanto intendo, si potrebbe levare una parola in qua e in là, dove egli chiama, 2 o 3 volte, la terra sidus: e la correzzione di questi 2 libri è rimessa al S. Card. Gaetano(3). Di altri autori non si fa menzione.

Io, come dalla natura stessa del negozio si scorge, non ci ho interesse alcuno, nè punto mi ci sarei occupato, se, come ho detto, i miei nimici non mi ci havessero intromesso. Quello che io ci habbia operato, si può sempre vedere dalle mie scritture, le quali per tal rispetto conservo, per poter sempre serrar la bocca alla malignità, potendo io mostrare come il mio negoziato in questa materia è stato tale che un santo non l'haverebbe trattato nè con maggior reverenza nè con maggior zelo verso S.ta Chiesa: il che forse non hanno fatto i miei nimici, che non hanno perdonato a machine, a calunnie et ad ogni diabolica suggestione, come con lunga istoria intenderanno loro AA. Ser.me, e V. S. ancora, a suo tempo. E perchè l'esperienza mi ha con molti rincontri fatto toccar con mano con quanta ragione io potevo temere della poca inclinazione di taluno verso di me, del quale mi par che io gli dessi qualche cenno, onde anco posso credere che il medesimo affetto rappresenti a lui, e forse faccia rappresentare ad altri, le cose mie alquanto alterate; però prego V. S. che mi conservi sino al mio ritorno quel concetto, dove bisogna, che merita la mia sincerità: se ben son sicurissimo che la sola venuta qua dell'Ill.mo e Rev.mo S. Cardinale(4) mi leverà il bisogno di dover pure fare una parola; tal nome sentirà di me per tutta questa Corte. Ma sopra tutto conoscerà V. S. con quanta flemma e temperanza io mi sia governato, e con quanto rispetto io habbia hauto riguardo alla reputazione di chi, per l'opposito, senza veruno riserbo ha acerbissimamente sempre proccurata la destruzzione della mia; e la farò stupire. Questo dico a V. S. Ill.ma, in evento che sentisse da qualche banda giugner costà cosa che paresse aggravarmi(5), che assolutamente sarebbe falsissima, sì come spero che da altre bande non alterate si intenderà.

Quanto alla mia scorsa sino a Napoli(1), sin hora i tempi e le strade sono state pessime; se si accomoderanno, vedrò quello che potrò fare, volendo anteporre il ritrovarmi qui alla venuta del S. Cardinale ad ogn'altro mio affare. In tanto rendo grazie alla benignità di loro AA. Ser.me, le quali trovo sempre tanto humanamente inclinate a favorirmi; et a V. S., come mio singolarissimo padrone e protettore, resto infinitamente obbligato, e con ogni reverenza gli bacio le mani.

Di Roma, li 6 di Marzo 1616.

Di V. S. Ill.ma

Dev.mo et Obblig.mo Ser.re

Galileo Galilei.


Note:
(1) Cfr. n.° 1089.
(2) Cfr. n.° 723.
(3) BONIFACIO CAETANI.
(4) CARLO DE' MEDICI.
(5) Cfr. n.° 1185.
(6) Cfr. n.° 1177.


Lettera XII, 1189.

GALILEO a [CURZIO PICCHENA in Firenze].

Roma, 12 marzo 1616.

Bibl. Naz. Fir. Mss. Gal., P. I, T. IV, car. 66. – Autografa.

Ill.mo Sig.re e Pad.ne Col.mo

Già ho dato conto(1) a V. S. Ill.ma della determinazione presa dalla Congregazione dell'indice sopra il libro del Copernico, che è che la sua opinione non sia concorde con le Scritture Sacre, e però vien sospeso donec corrigatur; e la correzzione si haverà presto, nè sarà toccato altro che un luogo della prefazione a Papa Paol 3°, dove egli accennava la sua opinione non contrariare alle Scritture, e si rimoveranno alcune parole nel fine del cap. X del primo libro, dove egli, dopo haver dichiarato la disposizione del suo sistema, scrive: Tanta nimirum est divina haec Optimi Maximi fabrica.

Ieri fui a baciare il piede a S. S., con la quale passeggiando ragionai per 3/4 d'hora con benignissima audienza. Prima gli feci reverenza in nome delle Ser.me Alt.ze nostre Signore; la quale ricevuta benignamente, con altrettanta benignità hebbi ordine di rimandarla. Raccontai a S. S. la cagione della mia venuta qua; e dicendogli come, nel licenziarmi da loro A. S.me, rinunziai ad ogni favore che da quelle mi fosse potuto venire, mentre si trattava di religione o d'integrità di vita e di costumi, fu con molte e replicate lodi approvata la mia resoluzione. Feci constare a S. S. la malignità de' miei persecutori et alcune delle loro false calunnie; e qui mi rispose che altrettanto era da lui stata conosciuta l'integrità mia e la sincerità di mente: e finalmente, mostrandomi io di restar con qualche inquiete per dubbio di havere ad esser sempre perseguitato dall'implacabile malignità, mi consolò con dirmi che io vivessi con l'animo riposato, perchè restavo in tal concetto appresso S. S. e tutta la Congregazione, che non si darebbe leggiermente orecchio a i calunniatori, e che vivente lui io potevo esser sicuro; et avanti che io partissi, molte volte mi replicò d'esser molto ben disposto a mostrarmi anco con effetti in tutte le occasione la sua buona inclinazione a favorirmi. Io ne ho dato volentieri conto a V. S. Ill.ma, stimando che ne sia per sentir contento, come anco loro AA.ze Ser.me, per loro humanità.

Io son continuamente favorito dall'Ill.mo et Ecc.mo S. Principe di S. Angelo(2), figliuolo del Duca d'Acquasparta e devotissimo servitore delle nostre AA.ze Ser.me, come quello che è benissimo consapevole di quanto la sua casa è obbligata alla casa Medici, con la quale grandemente desidera di strigner più la sua servitù; di che gli darebbe buona occasione l'imparentarsi con la casa dell'Ill.mo S. Marchese Salviati(3), come si va trattando. Se una santità di vita, una mente angelica et una indicibile soavità di maniere nobilissime meritano di esser messe in qualche conto con la nobiltà del sangue e con le ricchezze, questo Signore ne è grandissimamente adornato; et io lo so per lunga et intrinsechissima pratica, et ho voluto che V. S. lo sappia anco da me, perchè non si essendo per concludere il negozio senza la satisfazione di loro AA. S.me, in occasione che si presentasse a V. S. Ill.ma campo di favorir questo Signore, ella sappia che impiegherà l'opera sua per un suggetto da far viver felice quella con chi si accompagnerà. So che la bassezza della mia condizione dovrebbe ritenermi dal por bocca in questi negozii; ma se la benignità di questo Signore fa stima di me sopra il merito, io non potrei renunziare senza nota di scortesia alla confidenza che ha meco: però V. S. scusi me, e gradisca l'affetto col quale vorrei servire i miei padroni. E qui ricordandomegli servitore devotissimo, gli bacio reverentemente le mani, e gli prego dal Signore Dio somma felicità.

Di Roma, li 12 di Marzo 1616.

Di V. S. Ill.ma

Dev.mo et Obblig.mo Ser.re

Galileo Galilei.

 


Note:
(1) Cfr. n.° 1187.
(2) FEDERICO CESI.
(3) Cioè sposando ISABELLA SALVIATI.