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Copernico, la sorte del De Revolutionibus dopo la condanna della Chiesa e il ruolo di Galileo

Da Giangi Caglieris (Giovanni Maria Caglieris)


Deposizione di Tommaso Caccini davanti all'Inquisizione

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DEPOSIZIONE DI TOMMASO CACCINI

Roma, 20 marzo 1615

ff. 18r-23v. La sottoscrizione è autografa'

Die veneris 20 martii 1615.

Comparuit personaliter sponte, Romae in palatio Sancti Officii in aula magna examínum, coram admodum reverendo Patre fratre Michaele Angelo Seghezzio de Lauda, Ordinís Praedícatorum, Sacrae Theologiae Magistro et Commissario generali Sanctae Romanae et Universalis Inquisitionis, in meique etc., reverendus Pater frater Thomas filius quondam Ioannis de Caccinis, florentinus, sacerdos professus Ordinis Praedicatorum, Magíster et Bacchalaureus in conventu B. Mariae supra Minervam almae Urbis, aetatis suae annorum 39 circiter cui delato iuramento veritatis dicendae, quod tactis etc. praestitit, deposuit ut infra, vídelicet:

Parlai con l'illustrissimo sig. card. Araeceli d'alcune cose occorse in Fiorenza; et egli hieri mi mandò a chiamare, et mi disse che dovesse venire qua da V. R. a dirli tutto; et per che lei mi ha detto che bisogna deponerle giuditialmente, son qua a quest'effetto.

Dico dunque, che leggendo io nella 4a domenica dell'advento di quest'anno passato nella chiesa di S. Maria Novella di Firenze, dove dall'obbedienza ero stato in quest'anno destinato lettore di Sacra Scrittura, seguii l'incominciata da me (f. 18v) istoria di Iosuè; et appunto nella stessa domenica mi toccò a leggere quel passo del X capitolo di quel libro, dove il sacro scrittore riferisce il gran miracolo ch'alle preghiere di Iosuè fece Iddio in fermando il sole, cioè: Sol, ne movearis contra Ghabaon etc. Presi per tanto occasione da questo luogo, da me prima in senso litterale et poi in sentimento spirituale per salute delle anime interpretato, di riprovare, con quella modestia che conviene all'offitio che tenevo, una certa opinione già di Nicolò Copernico, et in questi tempi, per quel ch'è publichissima fama nella città di Firenze, tenuta et insegnata, per quanto dicono, dal sig. Galileo Galilei matematico, cioè che il sole, essendo, secondo lui, centro del mondo, per conseguenza è immobile di moto locale progressivo, cioè da un termine all'altro ; et dissi come somigliante opinione da gravissimi scrittori era tenuta dalla fede cattolica dissonante, perché contradiceva a molti luoghi della divina Scrittura, li quali in senso litterale, da' Santi Padri concordevolmente datogli, suonano (f. 19r) et significano il contrario, come il luogo del Salmo 180 dell'Ecclesiastes primo capitolo, di Esaia 38°, oltra al luogo di Iosuè citato: et perché restassero più gl'audienti capaci che tal mio insegnamento non procedeva da mio capriccio, lessi loro la dottrina di Nicolò Serrario, questione 14' sopra il X capitolo di Iosue, il quale, dopo l'haver detto che tal positione di Copernico è contraria alla comune sentenza di tutti quasi i filosofi, di tutti i theologi scolastici e di tutti li Santi Padri, soggiongeva che non sapeva vedere come tal dottrina non fussi quasi che heretica, per i luoghi sopra accennati della Scrittura. Dopo il qual discorso avvertii che non era lecito a nessuno l'interpretare le divine Scritture contro quel senso nel quale tutti i Santi Padri concorrono perché ciò era vietato et dal Concilio Lateranense sotto Leone X et dal Concilio Tridentino.

Questa mia caritativa ammonitione, quantunque a molti gentil'huomini litteratí et devoti (f. 19v) grandemente piacesse, oltra modo dispiacque a certi discepoli del predetto Galilei, sì che andorno alcuni di loro a ritrovare il Padre predicatore del duomo, acciò in questa materia predicasse contro la data da me dottrina. Sì che havendo io sentito tanti rumori, per zelo della verità detti conto al molto reverendo Padre Inquisitore di Firenze di quanto m'era parso per termine di conscientia di trattare sopra il predetto luogo di Iosuè, avvisandolo ch'era bene il por freno a certi petulanti ingegni, discepoli del suddetto Galilei, de' quali m'era stato detto dal reverendo Padre fra Ferdinando Cimenes, regente di S. Maria Novella, che da alcuni di loro haveva sentite queste tre propositioni, cioè: Iddio non è altrimente sustanza, ma accidente; Iddio è sensitivo, perché in lui son sensi divinali; Veramente che i miracoli che si dicono esser fatti da' Santi, non sono veri miracoli.

Dopo questi successi, dal Padre Maestro fra Nicolò Lorini mi fu mostrata una copia d'una lettera scritta dal (f. 20r) predetto sig. Galileo Galilei al Padre Don Benedetto Castello, monaco benedettino et publico mattematico di Pisa, nella quale m'è parso contenersi non buona dottrina in materia di theologia; et per che la copia di quella è stata mandata al sig. cardinale S. Cecília, però non ho che aggiungerci altro. Dunque depongo a questo Santo Offizio, come publica fama è che il predetto Galilei tenga queste due propositioni: La terra secondo sé tutta si muove, etiam di moto diurno; Il sole è imobile: propositioni, che, secondo la mia conscientia et intelligenza, repugnano alle divine Scritture esposte da' Santi Padri et conseguentemente repugnano alla fede, che c'insegna dover credere per vero ciò che nella Scrittura si contiene. Et per adesso non mi occorre di dire altro.

Interrogatus: Quomodo sciat quod Galileus doceat et teneat, solem (f. 20v) esse immobilem terramque moveri, et an ab aliquo nominatim hoc intellexerit.

Respondit: Oltra la publica fama, come ho detto, ho anco inteso da mons. Filippo de' Bardi, vescovo di Cortona, nel tempo che stetti là, et poi in Firenze, che il Galilei tiene le predette propositioni per vere, aggiungendomi che ciò li pareva molto strano, per. non consonare alle Scritture. L'ho di più inteso da un certo gentil' huomo fiorentino degl'Attavanti, settatore del medesimo Galilei, dicendomi che il predetto Galilei interpretava le Scritture in modo che non repugnassero alla sua opinione: et di questo gentil'homo non mi raccordo il nome, né so dove sia la casa sua in Fíorenza; so bene che prattíca spesso in S. Maria Novella in Firenze, ma va in habito di prete, et può essere d'età di 28 in 30 anni, di carnagione olivastra, barba castagna, di mediocre statura et di faccia profilata: et questo me lo disse quest'estate (f. 21r) passata, circa il mese d'agosto, nel convento di Santa Maria Novella, in camera del Padre fra Ferdinando Cimenes, con l'occasione ch'il detto Padre Cimenes disse come io non sarei stato molto a leggere il miracolo del firmamento del sole, alla presenza di esso Cimenes. Ho anco letta questa dottrina in un libro stampato in Roma, che tratta delle macchie solari, uscito sotto nome del detto Galileo, che me lo prestò il detto Padre Cimenes.

Int. Quis sit ille concionator Domicilii (sic) ad quem confugierunt discipuli Galilei, ut publice sermonem haberet contra doctrinam pariter publice ab eodem deponente edoctam, et quinam sint illi discipuli, qui talem petitionem fecerunt dicto concionatori.

R. Il predicatore del domo di Firenze, al quale fecero ricorso i discepoli del Galileo perché predicasse contro la dottrina da me insegnata, è un Padre giesuita napolitano, di cui non so (f. 21v) il nome né io da detto predicatore ho saputo queste cose, perché manco ho parlato con lui; ma questo me l'ha detto il Padre Emanuele Cimenes, giesuita, col quale detto predicatore si era consigliato, et lui lo dissuase: né manco so chi siano stati quei discepoli del Galilei che cercorno dal predicatore le sopradette cose.

Int. An ipse loquutus sit unquam cum dícto Galileo.

R. Non lo conosco manco di viso.

Int. Cuius sit opiníonis dictus Galileus in rebus ad fidem spectantibus, in civitate Florentiae.

R.` Da molti è tenuto buon cattolico; da altri è tenuto per sospetto nelle cose della fede, perché dicono sii molto intimo di quel fra Paolo servita, tanto famoso in Venetia per le sue impietà, et dicono che anco di presente passino lettere tra di loro.

Int. An recordetur a quo vel quibus in specie praedicta intellexerit.

R. lo ho inteso le sopradette cose dal Padre Maestro fra d Nicolò Lorini, dal sig. priore Gmenes, priore de' cavalieri (f. 22r) di S. Stefano; et questi m'hanno detto le sopradette cose, cioè il Padre Nicolò Lorini, che fra il Galileo et Maestro Paolo passano lettere et gran familiarità, con occasione di dire che costui era sospetto in fide, havendomi replicato l'istesso più volte, anzi scrittomi qua a Roma. Il priore poi Cimenes non mi ha detto altramente della familiarità che passa fra Maestro Paolo et il Galileo, ma solo che Galilei è sospetto, et ch'essendo una volta venuto a Roma, le fu significato come il Santo Offizío cercava di porvi le mano adosso, per il che lui se la colse: et questo me lo disse in camera del Padre Ferdinando sudetto, suo cugino, che non mi raccordo bene se detto Padre ci fusse presente.

Int. An in specie intellexerit a praedictis Patre Lorino et D. equite Cimenes, in quo habebant dictum Galileum suspectum in fide.

R. Non mi dissero altro, eccetto che l'havevano per suspetto per le propositioni che lui teneva (f. 22v) della stabilità del sole et del moto della terra, et per che costui vole interpretare la Scrittura Sacra contro il senso commune de' S. Padri.

Subdens ex se: Costui con altri sono in un'Accademia, non so se eretta da loro, che ha per titolo i Lincei; et hanno corrispondenza, cioè il detto Galileo, per quanto si vede da quel suo libro delle macchie solari, con altri di Germania.

Int. An a Patre Ferdinando Cimenes fuerit narratum in specie, a quibus intellexisse propositiones illas, Deum non esse substantiam sed accidens, Deum esse sensitívum, etíam miracula Sanctis inpicta (?) non esse vera miracula.

R. Mi par di raccordarmi che mi nominasse quello degl'Attavanti, da me descritto per uno di quelli che dicevano le dette proposizioni; d'altri non mi raccordo.

Int. Ubi, quando, quibus praesentibus, et qua occasione, Pater Ferdinandus narravit sibi discipulos Galilei proferre dictas propositiones (f. 23r).

R. Il Padre Ferdinando mi ha detto di haver sentito le dette proposítioni dalli scolari del Galileo più volte, e in chiostro da basso et in dormitorio da basso et in cella sua, et questo dopo ch'io feci quella lettione, con occasione di dirmi che mi haveva difeso con costoro; né mi raccordo che mai ci sia stato altri presente.

Int. De inimicítia cum dicto Galileo et illo de Attavantis ac aliis discipulis dicti Galilei.

R. Io non solo non ho inimicitia col detto Galileo, ma né anco lo conosco; così con l'Attavante non vi ho inimicitia né odio alcuno, né con altri discepoli del Galileo, anzi che prego Dio per loro.

Int. An dictus Galileus publíce doceat Florentiae, et quam artem, et an discipuli eius sint numerosi.

R. lo non so se il Galileo legga pubblicamente né se habbi molti discepoli: so bene che in Firenze ha molti seguaci, che si chiamano galileisti; et questi sono quelli che vanno (f. 23v) magnificando et lodando la sua dottrina et opinioni.

Int. Cuius patriae sit dictus Galileus, cuiusne professionís, et ubi studuerit.

R. Lui si fa fiorentino, ma ho inteso ch'è pisano; et la professione è di mattematico: per quanto ho inteso, ha studiato in Pisa, et letto in Padova; et è di età di 60 anni passati.

Quibus habitis etc, fuit dimissus, imposito sibi silentio cum íuramento de praedictis et obtenta cius subscriptíone.

Io fra Tommaso Caccini ho deposto le predette cose.

d'altra mano:

Die 2 aprilis 1615. Mittatur copia depositionis fratris fu

Thomae Caccini Inquisitori Florentiae, qui examinet

nominatos in testes et certioret. Die 28 maii 1615

fuit missa copia depositionis dicti Tomae

Inquisitori Mediolani.

Die 3° mensis Aprilis 1615 fuit trasmissa copia Inquisitori Florentiae