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LE VIBRAZIONI DELLA MEMBRANA TIMPANICA La membrana timpanica, ovvero, il mezzo con cui l’orecchio umano riconosce e identifica le vibrazioni acustiche ( udibili ). Certo, non solamente essa, altre peculiarità organiche sono responsabili e associate alla specifica funzione del sentire, ma ciò che mi pare interessante constatare è che, così come la produzione di vibrazioni acustiche nell’essere umano è affidata a lamine membranose ( corde vocali ), altresì, la ricezione di vibrazioni acustiche è anch’essa affidata ad un mezzo elastico, la membrana timpanica appunto. Non solo, questa particolarità o meglio questa peculiarità umana, pone diversi quesiti in merito all’analisi che ciascun essere umano fà dei suoni che lo circondano e al significato che di conseguenza attribuisce loro. Mi spiego meglio, se, come sappiamo, le membrane o qualsiasi mezzo elastico producono vibrazioni più o meno acute, più o meno intense a seconda del costituente materiale specifico, quindi dall’elasticità propria, condizionata sia dalla temperatura circostante nonchè dalla lunghezza e dalla larghezza della membrana stessa, non potrebbe altresì dirsi per la ricezione che è poi una ulteriore codifica e trasmissione d’impulsi? Così come le impronte digitali che sono uniche per ciascun individuo, non è possibile che detta membrana timpanica sia anch’essa unica, con caratteristiche diverse da individuo a individuo? Se così è, la conseguenza più logica che mi sovviene, è proprio quella di pensare che i suoni, così come la musica, sono sentiti da ciascun individuo in modo diverso, con modalità differenti, e che il “sentire” non solamente sia dovuto alla situazione “tempo-luogo” individuale, ma che esso sia una conseguenza della propria conformità fisico uditiva e non solamente culturale. Per fortuna, come dicevo all’inizio, non è la sola membrana timpanica che determina il riconoscimento acustico, altre peculiarità organiche come il martello, l’incudine, la staffa, la tromba di Eustachi, i liquidi labirintici ecc...rendono complessa e misteriosa questa funzione uditiva. Forse è più consono diagnosticare il “sentire” basandosi su più fattori e non trattare di un solo organo e trarre delle deduzioni parziali e incomplete. D’altra parte però, mi “sento” di rimproverare coloro i quali fanno altrettanto con le peculiarità fisiche dei suoni. Isolando per esempio la frequenza ed analizzando e speculando su essa, deducono teorie e teoremi, dimenticando che la frequenza non è mai disgiunta dall’intensità e dal timbro, nonchè aggiungo io dalla durata che ogni singolo suono ha sempre, in ogni caso. Continuando il nostro viaggio alla ricerca di ciò che non si può sapere, direi che la funzione uditiva della membrana timpanica, pone altri enigmi e possibili paragoni. Per esempio, uno dei problemi più frequenti che un cantante o uno strumentista ha e si pone, è quello di come rendere al meglio la comunicazione musicale, e come utilizzare le intrinsiche risorse acustiche. La comunicazione musicale, che si esplica attraverso il canto per esempio, è soggetta e condizionata dalla buona emissione vocale. Questa emissione vocale deve conglobare in sè, tutte quelle qualità musicali necessarie e richieste, nonchè la capacità tipicamente individuale di “convincere” chi ascolta, grazie al timbro, al suono, che delle vibrazioni acustiche emesse ne è la conseguenza diretta. Ma, se per quanto riguarda la perfezione vocale, le qualità insite nella voce, la perfetta interpretazione ecc... il responsabile è il cantante stesso, che può ottenerle con lo studio, con l’esercizio quotidiano, con le sue particolari corde vocali,... non altrettanto si può dire per la membrana timpanica altrui! Come si può sapere cosa un’altra persona, cioè il fruitore, oppure più in generale il pubblico, desidera sentire? E qual’è lo stato psico-fisico in cui si trova in quel momento? Quale il suo stato d’animo? A queste domande non sarà mai possibile dare una risposta a priori, il fare musica, presuppone sempre un margine di incognita a riguardo, che un musicista sà e di cui prende atto. Per sopperire a ciò, si creano aspettative nuove utilizzando la pubblicità oppure con interessi collegati, altre esigenze, come quella della partecipazione “all’evento” o come quella di sentirsi parte di un’elite ecc...Tutto ciò forse per equilibrare in qualche modo questo “dare” unidirezionale. La risposta è anch’essa un “dare” ma nella direzione opposta, con altri mezzi, utilizzando altre risorse, e questo a ben vedere rende giustizia in qualche modo. Naturalmente non penso che il pubblico sia sprovveduto e poco preparato anzi, credo che la cultura musicale di ciascuna persona sia molto ricca e variegata, ma che non si possa definire proprio perchè unica, personale, e quindi libera di percepire o meno il messaggio musicale proposto. -Ognuno sente ciò che vuol sentire-...ma, ...è possibile che... -ognuno sente come vuol sentire-? Il corpo umano, la mente umana, l’apparato uditivo, ha la capacità di “guidare” i suoni che percepisce? Possiamo noi elaborare, modificare già nel momento della ricezione i suoni che percepiamo? Possiamo sentire un’accordo stonato o intonato a piacimento? Sino a che punto la nostra volontà può opporsi alla realtà oggettiva esterna?...Come si spiega il fatto che lo stesso suono possa essere considerato gradevole per alcuni e sgradevole per altri? A quest’ultima domanda darò una risposta. Forse non sono solamente le differenze fisiche o le differenze culturali che rendono opposti i giudizi sullo stesso suono o più in generale su una stessa musica. Occorre ricordare che vi è sempre in ognuno di noi, quel diavoletto, quel desiderio di autoaffermazione per cui ci si comporta come l’antico proverbio prescrive: -”gli uomini sono tutti uguali, ma fanno di tutto per non esserlo-”. |