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INFORMAZIONI RICEVUTE DAI NONNI CHE HANNO LAVORATO ALLA COSTRUZIONE DELLA DIGA



TESTIMONIANZA DI NONNO AUGUSTO

Questa mattina è venuto in classe il signor Augusto Pezzato, nonno di Nicola, il quale vive agli Speccheri, frazione della Vallarsa direttamente interessata alla costruzione della diga.
Nonno Augusto ha raccontato che prima della realizzazione della diga, la” Valle delle Prigioni” era percorsa dal torrente Leno che aveva generalmente una portata maggiore di quella di oggi. La valle era percorsa da una strada mulattiera che serviva da collegamento tra Speccheri e il Passo Pian delle Fugazze.
Prima della costruzione della diga non esisteva il laghetto dei Poiani ma al suo posto c’era un dosso. Il materiale ricavato dal dosso, come la ghiaia e la sabbia, venne utilizzato per costruire la diga stessa. Una sorgente naturale ha, negli anni, riempito la cavità formata dalla cava, formando così l’attuale piccolo lago.
La popolazione della Vallarsa approvò subito la costruzione della diga, perché in quegli anni in valle c’era poco lavoro e le famiglie spesso erano costrette ad emigrare all’estero per cercare un’occupazione.
Quando iniziarono gli scavi per la costruzione della diga, cioè nella primavera del 1956, furono avviati parecchi cantieri contemporaneamente, ognuno dei quali si occupava di una parte dei lavori.
Le ditte provenivano in gran parte da fuori regione e quindi arrivarono in Vallarsa molti operai specializzati, qualche volta seguiti anche dalle loro famiglie. I figli degli operai frequentarono per circa due anni, le lezioni presso la scuola elementare di Parrocchia
Per ospitare tutta questa nuova e improvvisa popolazione fu costruito un villaggio presso il centro abitato del Piano, con mensa e servizi igienici. Alcuni tecnici presero alloggio negli alberghi della Valle.
Anche la popolazione locale trovò lavoro nei cantieri ed fu proprio per questo motivo che la gente accolse con entusiasmo questo imponente progetto. Gli uomini poterono trovare lavoro nei cantieri e le donne lavoro negli alberghi o nelle cucine adibite per la preparazione dei pasti caldi per gli operai. Anche il lavoro come bigliettaio dell’Atesina di nonno Augusto, in quel periodo era aumentato notevolmente, perché era maggiore il numero di persone che utilizzavano i mezzi pubblici.
Per tutto il periodo della costruzione, circa due anni, in Vallarsa ci fu molto fermento, gran viavai di mezzi pesanti che trasportavano materiale, scoppio di mine e lavoro continuo 24 ore al giorno sui cantieri. Infatti, il lavoro non fu mai interrotto e la giornata era divisa in tre turni di otto ore ciascuno.
Durante i lavori purtroppo successe anche un fatto tragico: infatti, un operaio residente a Obra di nome Valerio, morì per un incidente sul lavoro. Il lavoro nei cantieri era molto rischioso. Durante la realizzazione della galleria fu trovato anche un gas tossico all’interno della montagna. Per questo motivo il lavoro in galleria venne sospeso per qualche mese, perché si era reso necessario l’utilizzazione di macchinari particolari.

TESTIMONIANZA DI NONNO OLIVO

I primi lavori sono iniziati intorno al 1955/56. Prima sono stati fatti dei sondaggi e poi gli scavi per la fondazione.
E’ stata terminata alla fine del 1958, inizi del 1959.
C’ erano parecchie ditte che davano lavoro a diverse centinaia di persone.
A Piano avevano costruito un villaggio di baracche con dormitori, cucine, uffici e servizi. Altre baracche c’erano alla Canaletta. Una ditta aveva gli operai alloggiati a Pezzati, nella casa del mio nonno Olivo. Alcuni operai avevano preso in affitto degli appartamenti e li abitavano con la loro famiglia.
Lavoravano giorno e notte in 3 turni, compreso il sabato.
Il mio nonno Olivo ha lavorato nella galleria che porta l’acqua ad Ala come macchinista del trenino e poi portava sabbia, cemento ecc. con il camion. Lavoravano tantissime persone di Vallarsa come minatori, manovali, autisti, fabbri, ferraioli, ecc.
Durante i lavori per la costruzione della galleria che da Speccheri porta ad Ala, è stato trovato del gas. I lavori sono stati sospesi per un mese perché bisognava cambiare il motore del trenino e anche tutte le lampade. Infatti il vecchio trenino funzionava a batteria e quando si cambiava marcia c’erano spesso delle scintille che potevano provocare un’esplosione, così come le lampade che si usavano normalmente.
Anche le persone che fumavano, dovevano lasciare le sigarette e i fiammiferi o l’accendino fuori dalla galleria.
Prima del ritrovamento del gas, quando si facevano scoppiare le mine, non serviva uscire dalla galleria, poi invece, non si potevano più usare le solite micce, ma di quelle che si potevano accendere da fuori. Tutte le persone dovevano uscire, e una volta scoppiata la mina, prima di far entrare gli operai, il mio nonno doveva entrare con un perito che con uno strumento doveva accertarsi che non ci fosse gas.

Federica Martini

TESTIMONIANZA DI NONNO BRUNO

Anche il mio nonno Bruno ha lavorato alla costruzione della diga come manovale: ha lavorato per costruire le fondamenta della muraglia ed è rimasto intrappolato una volta nel pozzo della diga e una volta nel tunnel di fondazione.
Il mio nonno tornava a casa a dormire di giorno perché lui lavorava sempre la notte (12 ore), mentre gli altri operai dormivano nelle baracche vicino alla diga oppure in case private al Piano e a Speccheri. Questi operai erano di una ditta che si chiamava Torno di Verona.
Durante la lavorazione della diga c’è stato un incidente mortale: un lavoratore è morto schiacciato da una “jeep” lasciata incustodita che è scivolata lungo la stradina dove lavorava. Il mio nonno si ricorda quando è morto Parmesan Valentino, perché era lì e anche lui è accorso a soccorrerlo ma era già morto.
La diga è stata costruita per l’A. G. S. M. (Azienda Generale Servizi Municipalizzati) di Verona per portare l’acqua, tramite un tunnel che attraversa la montagna, fino ad Ala dove c’è la centrale che produce energia elettrica (luce) per la città di Verona. Questo tunnel si chiama Ponte Sifone.

Tania Rosselli


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