Vi chiederete cosa sto leggendo.
Potrei dirvi che sono poesie . . . Ma forse . . . forse non sono vere
poesie.
Fosca Luna di primavera
|
Vicino al nebbioso albero |
Un fiore si arrampica |
È davvero una
poesia. E anche bella. Mi sembra di vedere la scena, eppure sono solo poche
parole. Ecco un buon esempio di arte: libera, senza metrica, senza regole. È un
vero monumento alla libertà creativa!
Il poeta dimostra una grande sensibilità e ci sa fare con le parole. Ma
chi è l’autore?
Questo tipo di
poesia è un Haiku. È un genere nato in Giappone circa quattro secoli fa e, in
oriente, è considerato il più popolare che esista.
Il poeta rappresenta
sentimenti ed emozioni attraverso immagini tratte dalla natura e considerate
particolarmente evocative.
Sono versi molto
fluidi. Liberi potremmo dire. Molto liberi.
Le poesie seguono regole di formazione rigidissime. I sonetti
rispettano regole di metrica. L’arte consiste nell’applicarle senza che queste
appaiano. Ma l’artista pare che scriva senza vincoli. Anche l'Haiku ha regole
essenziali e imprescindibili: deve essere composto da TRE versi,
rispettivamente di CINQUE, SETTE e CINQUE sillabe.
L'analisi di un certo numero di Haiku
evidenzia l'esistenza di alcuni modelli principali.
(1) |
Articolo
- Aggettivo - Nome |
(3) |
Articolo
- Aggettivo - Aggettivo - Nome |
Articolo
- Nome - Verbo - Preposizione - Articolo - Nome |
Preposizione
- Articolo - Aggettivo - Nome |
||
Aggettivo
- Aggettivo - Nome |
Articolo
- Nome - Verbo |
||
(2) |
Nome
- Preposizione - Articolo - Nome |
(4) |
Articolo
- Aggettivo - Nome - Verbo |
Articolo
- Aggettivo - Nome - Preposizione - Articolo - Nome |
Articolo
- Aggettivo - Aggettivo - Nome |
||
Aggettivo
- Nome |
Preposizione
- Articolo - Aggettivo - Nome |
L'analisi di un
cospicuo numero di Haiku mette anche in evidenzia che molte parole sono
ricorrenti.
Non vi ho ancora
detto chi è l’autore.
Qui viene il bello.
L’autore è un computer. O meglio, è un computer che fa girare un programma
creato da me. In ultima analisi l’autore sono io, ma solo indirettamente. Non
so se questa risposta vi soddisfa.
Non ci crederete, perché io non sono un poeta. E direte: cosa c’entra
il computer? Ormai tutti scrivono col computer.
Le regole degli
Haiku si prestano a un interessante esperimento di generazione automatica,
poiché i modelli di Haiku possono essere utilizzati come schemi che vengono
riempiti da un computer il quale pesca le parole da un vocabolario costruito a
partire dalle
parole più ricorrenti: il vocabolario del mio programma, derivante da
ricerche precedenti, comprende 2 articoli, 6 preposizioni, 18 verbi, 57
aggettivi, 52 nomi.
A questo punto ho utilizzato un normale foglio elettronico per il
trattamento degli elementi che compongono gli Haiku. Il programma si limita a
inserire le parole giuste - tratte dal vocabolario - in alcuni schemi che poi
costituiscono le poesie vere e proprie. Non si tratta semplicemente di scrivere
le poesie col computer ma di insegnare al computer a scriverle.
Senza entrare in dettagli tecnici, per generare poesie sempre
differenti le parole del vocabolario sono associate a numeri casuali, che
variano a ogni elaborazione, e vengono riordinate in base a tali numeri. Negli
schemi entrano le parole che, di volta in volta, si trovano in cima alla lista
così riordinata.
Se leggeste il programma vi chiedereste perché è in inglese.
Dopo il giapponese, l’inglese è ideale per questo tipo di esercizio, in
quanto si presta bene a evocare immagini e non crea difficoltà di genere e di
declinazione.
Ho però affiancato a ogni parola il corrispondente termine italiano per
ottenere una "traduzione" immediata del testo generato in inglese.
Questa
traduzione costituirebbe di per sé un Haiku in italiano. Tuttavia, problemi di
declinazione delle parole, di concordanza degli articoli e altri fattori
sottili - si pensi ad esempio al cambiamento del valore poetico di un verso nel
caso in cui l'aggettivo preceda il nome oppure lo segua - rendono la versione
italiana generalmente goffa o grossolana.
Gli Haiku italiani devono pertanto essere ritoccati; tuttavia il
materiale generato automaticamente può ritenersi un valido punto di partenza
sul quale l'artista può lavorare produttivamente. In linea di principio,
sarebbe possibile dare istruzioni al computer per declinare correttamente le
parole, anche se per i miei scopi non ne valeva la pena.
Valga
per tutti il seguente esempio: durante la prova del programma, sono rimasto
molto impressionato dal primo Haiku generato:
The summer Moon |
a Shape flutters in a Glitter |
Summer dry Snowflake |
Chi conosca la lingua inglese può riconoscere nel testo una poesia già
compiuta, perfetta, nel massimo rispetto delle regole Haiku. La corrispondente
"traduzione" automatica in italiano suona come segue:
Estivo la Luna |
Una Figura si agita nel Luccichio |
Estivo arido un Fiocco di Neve |
Non va bene. Però bastano pochi tocchi per trasformarla in:
Luna d'estate |
una figura fluttua nel luccichio |
un arido fiocco di neve estivo |
e il gioco è fatto, anche se questa fase può non essere completamente
automatica. Per vostra curiosità, vi dirò che il mio piccolo vocabolario
abbinato ai modelli descritti è in grado di generare 2.831 milioni di milioni
di Haiku differenti e mi piace pensare che tra queste esista un esemplare
talmente bello da farmi vincere il Nobel per la letteratura. Il problema è
trovarlo.
In altre parole, attraverso l’analisi di poesie tradizionali ho
inferito regole e ho trovato parole che permettono a un computer di produrre
poesie indistinguibili da quelle composte da poeti umani.
Il punto interessante è che il computer è totalmente inconsapevole di
generare poesie e si limita a manipolare meccanicamente i simboli che gli do.
Di sicuro non è lui il poeta. Ma non lo sono neppure io, che mi limito a
identificare le regole, senza poter influire in alcun modo sul risultato del
suo lavoro. Non dimenticate che le parole vengono scelte a caso, sia pure per
mezzo di una procedura perfettamente determinata.
In nessun punto del processo si trova la libertà del poeta che è tanto
ammirata. Poche regole, poche parole e il caso fanno emergere qualcosa che
sembra arte; e lo sembra talmente bene da diventarlo.
Un computer agisce qui come uno schiavo che aziona dei simboli, scelti
a caso, secondo regole ferree delle quali è inconsapevole.
I versi che sembravano tanto belli ora potrebbero non sembrarlo più, un
po’ come quando il prestigiatore spiega il trucco e il gioco non piace più.
Il classico che scrive la
sua tragedia osservando
un certo numero di regole
che conosce
è più libero del poeta che scrive
quel che gli passa per la
testa
ed è schiavo di altre regole
che ignora.
Raymond Queneau
(Segni, cifre e lettere.
Einaudi 1981)
¯ ¯ ¯
NOTA: per
coloro che sono interessati, il programma descritto esiste veramente.
È realizzato in Excel ed è disponibile per chiunque ne faccia richiesta.