Evoluzione
Le
continue, casuali mutazioni genetiche (e le caratteristiche
fisiche conseguenti)
sono selezionate in base ai vantaggi (o svantaggi)
che danno per la sopravvivenza. Poi entrano in azione altri
fattori
Una fitta rete di
gallerie fu scavata nel fango da esseri vermiformi, più di un
miliardo di anni fa. Quel fango, con tutte le sue gallerie
intatte, è arrivato fino a noi, trasformato in un materiale
solido, simile ad arenaria.
Scoperto alcuni mesi fa, si trova a Chorhat, nel cuore
dellIndia, ed è considerato un reperto rivoluzionario.
E grazie a questo pezzo di roccia, infatti, che si può
oggi riscrivere la storia dellevoluzione e ricostruire
lidentikit dei nostri più antichi antenati pluricellulari.
Erano ciechi, spaghettiformi, ma provvisti di lingua e già
abbastanza spediti nei. Ed erano più antichi di mezzo miliardo
di anni dei più vecchi fossili pluricellulari che si conoscano,
gli invertebrati marini di Ediacara e Burgess comparsi in
Australia e Canada 600 milioni di anni fa.
Guardandoli, viene da chiedersi se è davvero possibile, come
sostiene la teoria dellevoluzione, che da questi vermi
siano nati i pesci e gli anfibi, i rettili, i dinosauri, gli
uccelli e i mammiferi (tra cui animali grandi tre volte gli
attuali elefanti) fino alluomo.
Eppure sembra proprio che sia così. Lipotesi dellevoluzione, formulata da Charles Darwin nel 1859, ha trovato, nel corso di un secolo e mezzo di ricerche, infinite conferme. E anche se alcuni dei meccanismi chiave dellevoluzione suscitano ancora discussioni e polemiche tra gli studiosi, la stragrande maggioranza del mondo scientifico ne ha accettato limpostazione. Ecco come gli evoluzionisti spiegano i meccanismi base che portano a questo straordinario sviluppo delle forme di vita.
LA SELEZIONE
NATURALE
Gli evoluzionisti partono da una
constatazione: ogni
singolo individuo,
appartenente a una qualsiasi specie, può vivere più o meno a lungo a seconda
del modo in cui si adatta allambiente in cui si trova. Se
è più resistente alle malattie, più abile a cercare il cibo e
a eludere i predatori, vivrà di più. Così come vivrà di più
se disporrà di caratteristiche fisiche vantaggiose: denti più
taglienti, arti più lunghi, vista più sviluppata, olfatto più
sensibile e così via. In natura però succede che, se un
individuo vive di più, fa anche più figli. E trasmette il suo patrimonio genetico e più geni
"adatti" (quelli ad esempio della resistenza alle
malattie e dei denti più taglienti) a un maggior numero di
componenti delle nuove generazioni.
Questo modo di selezionare e diffondere i geni (e quindi le
caratteristiche) migliori è lessenza della cosiddetta
selezione naturale, che opera sui grandi numeri e, nel corso di
decine di migliaia di anni, può far sì che si accumulino in una
specie caratteristiche nuove e utili. E, in alcuni casi, può
dare vita a nuove specie.
LA DERIVA
GENETICA
Se il meccanismo
dellevoluzione fosse solo questo ci sarebbe però un
progressivo processo di perfezionamento e di omogeneizzazione dei
viventi. Le caratteristiche migliori tenderebbero cioè, nel
corso del tempo, a divenire patrimonio di tutti. E poi
levoluzione si fermerebbe (salvo riprendere per cambiamenti
nellambiente). Come spiegare allora lenorme varietà
di specie nate dai primi organismi unicellulari?
Darwin, e soprattutto i neodarwinisti di oggi, sostengono che gran parte di questo processo è favorito dalle mutazioni genetiche casuali.
Ogni volta che, nella riproduzione della vita, si fa una copia del patrimonio genetico di un individuo o che si mischiano (come avviene nella riproduzione sessuata) due patrimoni genetici (del padre e della madre) in uno nuovo (quello del figlio), si possono verificare errori di copia. I genetisti chiamano questi errori mutazioni.
Quali conseguenze hanno questi errori?
Anomalie nel corpo dei nuovi nati. Qualcuno può nascere di un
colore diverso, con un dito in più o notevolmente più alto dei
suoi genitori.
Nella maggior parte dei casi le anomalie sono dostacolo
alla vita dei nuovi nati, che così vivono poco e non trasmettono
i geni mutati a loro discendenti. Ma a volte le variazioni possono essere
anche utili. In tal caso chi le porta può vivere meglio,
trasmettere i suoi geni e favorire nella sua specie la
conservazione delle nuove caratteristiche.
COSÌ NASCE UNA
SPECIE
Un ulteriore meccanismo è alla
base della formazione di nuove specie. Per molti anni, dopo
Darwin, si era pensato che le specie nascessero dal lento
cambiamento del corredo genetico di un animale, che a poco a poco
sfumava in un altro.
Ma poi studiosi di genetica di popolazione hanno osservato che
per fare una specie occorre un periodo di isolamento.
Il meccanismo funziona così: parte della popolazione di una specie rimane isolata a causa di barriere geografiche, come linvasione di un mare che trasforma in isole una parte di un continente, la formazione di montagne o di un deserto. Una volta che una popolazione rimane isolata dal resto della specie è normale che continui a cambiare. Ma levoluzione non avverrà nello stesso modo di quella del resto della popolazione, perché lambiente potrebbe essere diverso e soprattutto perché diverso è il corredo genetico di partenza della popolazione isolata. Quando si separano due gruppi duna stessa popolazione si separano anche i loro geni.
E un po come separare un secchiello di palline (i geni) di colori diversi prese a caso dal cesto principale. La frequenza dei colori-geni nel secchiello sarà probabilmente diversa da quella del cestino. Se nel cestino per esempio le palline gialle sono il 27%, nel secchiello possono essere il 24% o il 33%. E da geni diversi, sia pure di poco, tendono a svilupparsi differenze diverse. E il fenomeno della "deriva genetica", necessario, ma non sufficiente perché nasca una nuova specie.
Infatti, ciò che veramente conta non è tanto che siano cambiate alcune caratteristiche generiche e fisiche. Per affermare che esiste una nuova specie occorre che le due popolazioni, eventualmente tornate a contatto, non possano più accoppiarsi: magari solo perché sono cambiati i riti sessuali. Altrimenti, rimischiando le "palline colorate", le differenze fra le due popolazioni sfumerebbero. Per fare una specie ci vogliono 20-50 mila anni. E questa non dura, salvo eccezioni (vedere riquadro sui "fossili viventi") più di 7-8 milioni di anni.
LE SPECIE
GEMELLE
Perché possa durare nel tempo, la
nuova specie deve tuttavia fare poca concorrenza a quella
dorigine. Per esempio. i suoi rappresentanti devono nel
frattempo avere imparato a nutrirsi di altri cibi o a fare la
tana fra le rocce invece che nei tronchi degli alberi.
Altrimenti si cade nella "trappola" evolutiva delle
specie gemelle: le specie gemelle hanno sì meccanismi
differenziati a livello sessuale, ma per il resto sono troppo
simili.
E succede che la specie originaria, più diffusa, finisce per
fare concorrenza ed estinguere la sorella. La storia della vita
ha visto nascere molte specie gemelle che si sono subito spente
come stelle cadenti.
ALTERNATIVA
DARWIN - LAMARCK
Jean-Baptiste Lamarck era uno
scienziato che sosteneva la trasmissibilità dei caratteri
acquisiti: cioè la
possibilità che si trasmettessero ai figli non solo le
caratteristiche determinate dai geni ma anche quelle determinate
dallambiente o dalla cultura. I darwinisti avevano duramente criticato la teoria
di Lamarck.
Ora però alcune ricerche hanno riaperto la possibilità che levoluzione proceda anche attraverso i caratteri acquisti. Sembra cioè che alcuni cambiamenti non avvengano a caso, per poi passare al vaglio della selezione, ma siano stimolati direttamente dallambiente. Uno dei fenomeni rilevati si chiama amplificazione genica: un gene viene moltiplicato per effetto di uno stimolo esterno. Lo si è visto in un moscerino, la drosofila, e in alcuni anfibi. E sembra che la resistenza ai pesticidi di alcuni insetti sia dovuta a questo fenomeno.
Esistono
varie interpretazioni dellevoluzionismo
e varie scuole di pensiero che si confrontano.
Ecco le principali e le loro ipotesi.
Gli attuali esseri viventi? Sono macchine da sopravvivenza, progettate da colonie di geni. E i geni ricordano i rematori di una barca in gara con altre imbarcazioni. Quando poi la barca affonda, loro si sono già allontanati, per andare a remare su altre barche. In altre parole: i corpi muoiono, ma i geni sopravvivono con la riproduzione e vanno a progettare nuovi corpi. E proprio questa "smania dimmortalità" dei geni a far mutare le specie.
A esserne convinto è il britannico Richard
Dawkins, ideatore della teoria detta del "gene
egoista".
Ma la congiura dei geni non toglie ogni spazio
allindividuo. I geni progettano le reazioni generali
allambiente, ma nelle situazioni concrete è pur sempre la
centrale-individuo a decidere.
Non tutti gli esperti sono daccordo con lui. E oggi è in corso un duro confronto fra scuole diverse. Ecco i punti di vista più importanti. «Con unavvertenza», dice Aldo Zullini, delluniversità di Milano. «Hanno ragione un po tutti, perché levoluzione si può vedere da angolature diverse».
CO-EVOLUZIONE:
GENI + CULTURA
Il rapporto geni-ambiente è
importante, ma la cultura ha altrettanto peso. A sostenerlo sono
i coevoluzionisti, che fanno notare come anche molte specie
animali sappiano tramandare per apprendimento usi e scoperte di
strumenti rudimentali.
Nelluomo ci sono non poche prove dellevoluzione
parallela guidata sia dai geni sia dalla cultura. Per esempio,
sono bastate 300 generazioni in cui gli adulti non bevevano latte
per motivi culturali per far perdere ad alcune popolazioni
asiatiche la capacità enzimatica di digerirlo. Di più: la
cultura preistorica nomade avrebbe ancora voce, per via genetica,
nelluomo moderno.
Qualche esempio? Il piacere di viaggiare, per cominciare, ma soprattutto il fatto che se contiamo le persone di cui ci fidiamo davvero, scopriamo che non sono più numerose dei giocatori di una squadra di calcio: non più comunque del numero ideale di un gruppo di cacciatori e raccoglitori. Comportamenti consolidati in centinaia di migliaia di anni non possono essere scalzati da 5 mila anni di civiltà agricolo-industriale.
Anche alcuni animali confermano
lesistenza di una co-evoluzione geni+cultura. Per esempio,
una ricerca condotta dalluniversità canadese fra i
capodogli e le orche, entrambi cetacei molto sociali che vivono
in gruppi matrilineari, ha scoperto che gli individui delle due
specie hanno i DNA quasi identici (sono 10 volte più simili tra
loro di quanto avvenga tra gli altri cetacei).
Come si spiega? Lipotesi è quella di una selezione
culturale": le due specie condividono infatti metodi di
caccia, rotte migratorie e possibilità di comunicazione con
suoni ad alta frequenza. Orche e capodogli sarebbero insomma
diventati sempre più simili geneticamente perché avevano schemi
di vita simili.
SALTAZIONISMO
EVOLUZIONE A SCATTI
E appena uscito lultimo
libro di Niles Eldredge, "Ripensare Darwin", che
ripropone la teoria degli "equilibri punteggiati".
Secondo questa visione, levoluzione non procederebbe per
gradi, ma alternerebbe lunghi periodi di stasi ad improvvise
accelerazioni durante le quali comparirebbero le nuove specie.
Unidea confortata dalla mancanza - nei reperti fossili - di
molti anellidi congiunzione: se levoluzione è come una
catena, insomma, perché non si riesce a ricostruirne ogni
passaggio? I primi pipistrelli di 50 milioni di anni fa sono per
esempio già formati come tali e non si vedono elementi di
transizione da specie precedenti.
In molti gruppi di trilobiti e altri organismi marini, ci sono
specie che durano anche 7 milioni di anni cambiando pochissimo.
Poi si estinguono, e al loro posto i paleontologi trovano animali
diversi.
Eldredge critica anche legoismo genetico di Dawkins: in natura, sostiene, non esiste solo limperativo della continuazione della specie. Gli animali pensano soprattutto a restare vivi loro stessi.
LIPOTESI
DEGLI SPECIALIZZATI
Una conferma a questidea
arriva dalle osservazioni di Elisabeth Verba, della Yale
University, sullidentità "ecologica" delle
specie. Alcune sono eclettiche (come limpala, che mangia
molte qualità di piante e dipende poco dallacqua), altre
sono specializzate (come alcuni gnu che si nutrono solo di
vegetali selezionati ed evitano la stagione secca con rischiose
migrazioni).
In una stessa regione, le specie specializzate arrivano ad essere
10 volte più di quelle generaliste, perché sfruttano al meglio
lambiente. Ma di fronte a crisi biologiche rimangono
spiazzate e si estinguono.
Le specie generaliste riescono invece ad adattarsi. Ecco perché, per esempio, si sono estinti gli specializzati dinosauri. Ed ecco perché sono sopravvissuti i mammiferi, che a quei tempi erano rappresentati tutti da specie generaliste. In effetti levoluzione sembra ripartire sempre dai generalisti: allinizio lo erano anche i dinosauri.
FAUTORI DEL
CASO
Secondo Stephen Gould,
levoluzione è così caotica che quasi tutti i suoi frutti
sono condizionati dal caso. Un esempio per tutti: circa 550
milioni di anni fa, nellattuale Canada, erano presenti i
capostipiti di tutti i gruppi principali di artropodi: i
trilobiti (oggi estinti), i crostacei, i chelicerati
(comprendenti ragni e scorpioni) e gli unirami (di cui fanno
parte gli insetti).
E oltre a questi cera una folla di altri organismi: animali
da fantascienza come lOpabinia, con 5 occhi e un
solo arto frontale munito di tenaglia. Oppure come lAnomalocaris
grosso predatore con bocca circolare. In totale cerano 15 phyla
(cioè gruppi-base), che potevano dare origine a intere
ramificazioni del tutto nuove della vita, e che invece si sono
estinti a causa di una grande crisi biologica.
Si salvò la Pikaia, un animaletto affusolato e munito di notocorda. linizio di una rudimentale colonna vertebrale. Se la Pikaia si fosse estinta come gli altri, non si sarebbero sviluppati i vertebrati, tra cui è compreso anche luomo.
Per non parlare dei precedenti dominatori, i dinosauri. Anche per loro, afferma Gould. ha giocato il caso: Né anfibi né, più tardi, i rettili sarebbero mai comparsi se i pesci crossopterigi si fossero estinti prima di sviluppare pinne adatte anche allo spostamento a terra.
RIASSUMENDO:
Levoluzione
è il processo attraverso il quale le specie animali e vegetali
cambiano
nel corso del tempo con risposte indirette alle variazioni
dellambiente,
dando origine a nuove specie. La sempre maggiore conoscenza dei
fossili ha ormai dimostrato
inequivocabilmente lesistenza di un processo evolutivo
negli organismi.
La Selezione
naturale
Secondo la teoria comunemente
accettata, levoluzione si attua per mezzo della selezione
naturale. In determinate condizioni ambientali sono favoriti gli
individui che, casualmente, presentano determinati caratteri
fisici o comportamentali: vivendo mediamente meglio rispetto agli
altri individui della specie, hanno, infatti, maggiori
probabilità di riprodursi con successo trasmettendo alla prole
le proprie caratteristiche genetiche.
Finché le condizioni ambientali rimangono immutate, tali individui sono favoriti rispetto agli altri, continuando perciò a "concentrare" nella progenie le loro caratteristiche vincenti. Lindividuo non può pilotare in alcun modo questo processo selettivo che dipende da rimescolamento genetico e mutazioni, fenomeni del tutto casuali, e dallazione dellambiente, che lindividuo non può controllare.
Ne risulta che il processo evolutivo è completamente passivo e privo di qualunque forma di finalismo, cioè dellintenzione conscia di conseguire determinati obiettivi. I fattori che condizionano e determinano il processo selettivo sono il potenziale riproduttivo della specie, la sua variabilità biologica, le mutazioni genetiche e la variabilità ambientale
I FATTORI EVOLUTIVI
Potenziale riproduttivo Ogni specie animale o vegetale possiede sempre una capacità di riprodursi molto maggiore rispetto al numero effettivo di individui che sopravvivono. Una rana, per es., depone migliaia di uova ogni anno, ma solo una percentuale bassissima della prole raggiungerà lo stadio adulto. Il potenziale riproduttivo garantisce la disponibilità di una base numericamente ampia su cui la selezione può agire. |
Variabilità biologica I componenti di una stessa specie non sono mai uguali luno allaltro, ma presentano sempre caratteristiche diverse che costituiscono un "serbatoio" di possibilità differenti per affrontare lambiente. Poiché gran parte dei caratteri soggetti a variabilità sono ereditari, la selezione naturale può agire nel tempo privilegiando progressivamente gli individui che presentano i caratteri più adatti. |
Mutazionl genetiche Le variazioni ereditarie derivano da improvvise modificazioni (mutazioni) nella struttura dei geni o nel numero dei cromosomi. Sembra che le mutazioni possano verificarsi per una predisposizione naturale oppure per motivi esterni, come lesposizione a particolari radiazioni. Molte mutazioni impediscono la crescita di organismi vitali, ma alcune possono essere vantaggiose ed essere trasmesse alla progenie, arricchendo il patrimonio genetico della specie. |
Variabilità ambientale Lambiente naturale non rimane immutato nel tempo. Variazioni climatiche e di altra origine, la comparsa di nuovi organismi, ne possono cambiare più o meno velocemente le caratteristiche. Levoluzione delle specie è fortemente condizionata da tali variazioni, che in alcuni casi possono determinare lestinzione totale di intere comunità animali e vegetali, non in grado di adattarvisi. |
LE TAPPE DELLA TEORIA
1650: JAMES USSHER Arcivescovo irlandese. Con i suoi calcoli basati sulla cronologia biblica conclude che tutte le specie sono nate nel 4004a C |
1795: GEORGES COVER Spiega il ritrovamento dl fossili ipotizzando che oltre al Diluvio dovevano esserci state altre catastrofi e successive creazioni divine di nuove specie |
1801: ERASMUS DARWIN Il nonno di Charles ipotizza che tutti gli esseri viventi abbiano un unico ~. progenitore comune. |
1810: JEAN-BAPTISTE LAMARCK Lancia la teoria dellereditarietà dei caratteri acquisiti: i miglioramenti raggiunti in vita passano ai posteri. |
1830: CHARLES LYELL Pubblica I Principi della Geologia dimostrando che la Terra è stata in continua trasformazione. |
1859: CHARLES DARWIN Pubblica lorigine delle specie e spiega i meccanismi principali di unevoluzione durata decine di milioni di anni. |
1930: RONALD FISHER e SEWALL WRIGHT Fondano il neodarwinismo, conciliando le nuove scoperte di genetica con le teorie di Charles Darwin. |