RESCETO
– PASSO TAMBURA per il Canale dei Piastriccioni
(8 dicembre 2003)
Ma
vi pareva che non ci attirasse un luogo definito tra i più orridi
delle Alpi Apuane? Abbiamo atteso a lungo il momento più opportuno
perché, date le caratteristiche del percorso, volevamo far bene
questa escursione, in sicurezza e in condizioni ottimali. E’ per questo
che, già messa in programma, era stata più volte rimandata.
Ma
questa volta è la volta buona, e la fortuna ci ha assistito e messo
del suo.
Andiamo
di lunedì, comunque festivo, il che favorisce la partecipazione
di Emilio e del Custa, gli altri sono Alfredo, Anna Rita ed io.
La
levata è quasi “da quelli boni”, alle 6 e 15 (con i soliti 15 min.
fisiologici di ritardo per saluti e trasbordi vari), partiamo da Ponte
a Elsa (Empoli). Viaggiamo in superstrada fino a Pisa, poi in autostrada
fino a Massa. Intanto dall’autostrada vediamo il lento fare del giorno
e tramontare il faccione di una luna quasi piena dietro le montagne liguri.
Attraversando
la città chiediamo informazioni per una buona pasticceria, ce ne
viene segnalata una, degna dell’attributo, nei pressi del teatro, che è
anche di strada. Abituale ritocchino alla colazione casalinga e via, verso
Resceto, dove arriviamo alle 8 e 10 e, parcheggiato nella piazzetta
soprastante il paese, ci caliamo negli scarponi e alle 8 e 15 partiamo,
dalla quota 485 mt. del paese.
La
giornata è limpida, l’aria è frizzante, la temperatura è
intorno allo zero. Abbiamo lasciato Empoli spazzato da una gelida tramontana,
ma secondo i nostri calcoli è possibile (nonché auspicabile)
che durante il percorso si sia riparati, in quanto saremo in un canalone
sul versante marino delle Apuane.
Dal
parcheggio scendiamo le scalette del paese, alcune donne del luogo, intente
a rassettare davanti le loro case, ci indicano il percorso e ci invitano
a prestare attenzione perché c’è la gelata.
Sceso
il paese attraversiamo il greto asciutto del Canale di Resceto, ben evidente
su un masso è infissa una targhetta metallica del CAI che indica
il segnavia 165.
Imbocchiamo
il Canale dei Piastriccioni tenendosi sul lato destro; il sentiero
è praticamente uno stradello che attraversa piccoli orti e ricoveri
di animali.
Sarà
per fascino o disattenzione, ma ci ritroviamo a risalire il fondo del canale,
abbandonando il sentiero, fino ad allora segnato. Saliamo bene, senza difficoltà,
ci accorgiamo dell’errore solo quando vediamo alto su di noi il ponte in
longarine della vecchia via di lizza. Dal punto in cui siamo è impossibile
riportarsi immediatamente sulla via di lizza, quindi continuiamo a salire
lungo il greto, fino a quando si fa troppo erto e siamo costretti a risalire
lateralmente con dei passaggi per niente comodi.
La
fortuna ci assiste perché ritroviamo il sentiero segnato appena
prima di una deviazione sulla destra, che lo porta a lasciare il canale
principale, che noi avremmo invece seguito continuando a risalirlo.
Segutiamo
quindi per il sentiero segnato che sale scalettato nella roccia e ci conduce
per il canale adiacente; la temperatura è decisamente fresca, sull’erba
si sono formate e persistono stalattiti di ghiaccio.
Più
in alto troviamo prima una deviazione sulla sinistra, il segnavia 164
che porta al Rifugio Conti, poi ancora più in alto, seguendo
le resta della vecchia via di lizza, troviamo la deviazione, questa volta
sulla destra, per il segnavia 160 che porta alla Cava Bagnoli.
Voltandosi
indietro ci stupiamo della particolare visibilità e bellezza di
questa giornata, il mare è limpido, la Liguria sembra di toccarla,
si vedono le isole. La temperatura è ancora intorno allo zero, e
sinceramente non ci dispiace, anzi ci sembra ideale per una continua salita,
anche impegnativa, come quella che stiamo facendo. Le previsioni poi si
rivelano giuste, non c’è vento, insomma si sta bene.
Un
breve tratto è attrezzato con cordino metallico, anche se attualmente
non stabile e poco affidabile ma comunque di aiuto, poi una pettatina più
ripida attraverso un boschetto ci porta ad un pianetto dove si trova il
rudere di un fabbricato denominato La Selvarella (q. 1280 m.), a
suo tempo utilizzato dai cavatori.
Sopra
di noi adesso c’è solo la montagna, il versante ovest dell’Alto
di Sella, glabro e appena interrotto da qualche masso affiorante o
da qualche vecchia cava. Il grigio della roccia, il giallo intenso dell’erba
secca e l’azzurro del cielo, il tricolore autunnale delle Apuane.
Riprendiamo
a salire, il sentiero adesso è la vecchia via di lizza, dapprima
appena visibile sotto i detriti che ormai la ricoprono quasi per intero,
ma ad un tratto ben evidente e ben conservata. Il gioco prospettico ce
la fa apparire esageratamente ripida, con l’infinito sullo sfondo. Sarà
il fascino o l’aria fresca, ma la saliamo tutto sommato senza troppa difficoltà
grazie soprattutto al buon fondo della massicciata che ci consente di modulare
a proprio piacimento il passo. Mi facilito il recupero di ossigeno facendo
frequenti pause per scattare foto.
In
breve arriviamo sotto alle Cave Cruze e al vecchio fabbricato, anch’esso
rifugio dei cavatori. Facciamo una breve pausa (io breve, gli altri lunga
perché hanno aspettato il mio arrivo!!!).
Quando
gli altri ripartono io sono di nuovo attardato, ma ho quasi due chili tra
reflex e zoom e qualche soddisfazione me la voglio togliere. Il Sagro
è di fronte a noi, Capraia, Gorgona, Palmarola, La Spezia,
nella foschia la sagoma (ci sembra) della Corsica, e sicuramente (anche
se in foto non rende) le cime delle Alpi Liguri!!!.
Mi
sdebito dei miei ritardi facendo notare ai colleghi che il sentiero che
hanno appena imboccato è sbagliato. Infatti sono andati a sinistra
del fabbricato per un sentiero segnato e attrezzato con un cordino d’acciaio
che si mantiene in quota e aggirando uno spuntone di roccia sembra puntare
diretto verso il Rifugio Conti da sotto la vetta della Focoletta.
Il sentiero nei nostri programmi invece parte anch’esso a sinistra del
fabbricato, ma sale subito ripido verso la cresta. Anch’esso è segnato,
in 5 minuti raggiungiamo la Focetta dell’Acqua Fredda (q. 1600 m.).
Quando
ci affacciamo alla foce sembra come aver aperto il finestrino di un aereo
in volo. L’aria è gelida e il forte vento di tramontana ci sferza
la faccia e si insinua tra i vestiti. Ma lo spettacolo è ugualmente
stupendo, l’altro versante della Garfagnana e le cime appenniniche innevate
ci appaiono nitide in uno spettacolo da cartolina, benché per il
freddo mi sembra il caso di sorvolare sulle foto.
Percorriamo
per un breve tratto la cresta, poi scendiamo qualche per decina di metri
sul versante garfagnino fino a ritrovare il sentiero che sale da Arnetola,
seguendo il quale risaliamo a valicare in tutta fretta il Passo Tambura
(q. 1620 m.) per riportarsi sul versante marino riparato dal vento (ore
11,45).
Nel
luogo indicato come Le Tecchiacce ammiriamo le stalattiti di ghiaccio,
poi in breve raggiungiamo il Rifugio Conti (q. 1420 m.) purtroppo
chiuso per un periodo di ferie (ore 12,15).
Fine
della prima parte. Ci sistemiamo ai tavoli esterni del rifugio e consumiamo
il pasto, scambiandoci assaggi delle varie sostanze destinate all’alimentazione.
Il sole bacia i belli (modestamente), ma fa fresco comunque. Il panorama
è stupendo anche se si è già alzata un po’ di foschia.
Non indugiamo oltre, si sta gelando lentamente, alle 13 e 15 prendiamo
la via del ritorno.
La
discesa è per la Via Vandelli (segnavia n. 35), sappiamo
che sarà lunga, ma la pendenza è costante e ben camminabile.
A
questo punto è d’obbligo un ringraziamento a chi si sta prendendo
cura della vecchia Strada del Duca, in gran parte già restaurata
e con ulteriori cantieri di restauro in corso.
Ormai
l’escursione volge al termine, scendiamo di quota velocemente, tornante
dopo tornante, fino al Canale del Pianone, poi il sentiero diventa
uno stradello ed in breve siamo di ritorno al piazzale di Resceto quando
sono le ore 15,00.
La
prova è superata, ci avanza anche un poco di tempo che avevamo messo
da parte per imprevisti che fortunatamente non ci sono stati (fortunatamente,
perché di solito gli imprevisti non sono piacevoli).
Decidiamo
di concederci un caffè e un dolce a Pietrasanta, città che,
per quel poco che visitiamo, si offre subito interessante. Quindi il ritorno
a casa.
Da
dietro le Apuane sorge la Luna piena, enorme e perfettamente rotonda, la
stessa Luna che avevamo visto tramontare la mattina. Spettacolo nello spettacolo
di un’altra escursione sulla Alpi Apuane.