Stiamo maturando l’idea che Ottobre è il mese peggiore per andare in Apuane, a causa dell’instabilità e dell’incertezza del tempo.
La
scorsa settimana abbiamo fatto untentativo
per lo stesso percorso, ma la pioggia, che ci aveva infradiciato già
prima di arrivare al Rifugio Rossi, ci ha fatto desistere.
Cosa
diversa per chi invece aveva potuto prendersi un giorno di ferie a seconda
delle previsioni meteo.
La
mia esperienza annovera anche altri acquazzoni ottobrini memorabili, ma
non per questo vuole essere una statistica, che lasciamo invece al nostro
meteorologo di fiducia, che appena la vede umida dà forfait.
Ma
questa è un’altra storia.
Quella
di oggi invece vede impegnati Alfredo, Anna Rita, Emilio e il sottoscritto:
si va al Pizzo delle Saette.
Partiamo alle 7 da Ponte a Elsa (Empoli), agevolati nel risveglio dal ritorno dell’ora solare. Vista la convocazione sul web, passiamo da Altopascio per vedere se c’è qualche fiorentino che si unisce al gruppo, ma son tutti a Boboli.
A
Ponte a Moriano è impossibile tirar dritto di fronte all solita
pasticceria.
Seguiamo
la strada provinciale fino a Gallicano, poi prendiamo per Molazzana e da
lì per l’Alpe di S. Antonio seguendo la strada delle Rocchette.
Bivio dopo bivio arriviamo alla cappellina in località Piglionico;
l’ultimo tratto, quello non asfaltato, è interessato da lavori che
spero servano solo a regimare le acque meteoriche e a rendere il fondo
stradale più agevole, ma non ad asfaltarlo.
Arriviamo
alla cappellina in località Piglionico (q. 1150 m.) alle 9; alle
9,10 siamo pronti per partire.
Il
tempo non è bellissimo, un po’ di foschia limita la visibilità
del panorama e dal mare arrivano nuvole minacciose. La temperatura è
decisamente fresca, intorno ai 5 gradi, ideale per camminare. Il suolo,
umido delle precedenti piogge, è ora ghiacciato e scricchiola al
nostro passaggio. In alto vediamo le vette già spruzzate di neve.
Seguiamo
il segnavia 7 superando il bivio con il segnavia 127 che aggira il Pizzo
delle Saette fino ad arrivare alla Foce di Mosceta.
Data
la temperatura rigida c’è a chi non basta camminare per scaldarsi
e pensa bene di farlo camminando a ritmo più sostenuto. Non sono
io, che invece ansimo e sudo come in agosto, ma non maledico nessuno e
tengo il passo.
Alle
10,05 siamo al Rifugio Rossi (q. 1609 m.). Una breve pausa per riprendere
fiato, poi riprendiamo a salire e in pochi minuti giungiamo alla Focetta
del Puntone (q. 1611 m.).
Sul sentiero delle Pania c’è un bel pellegrinaggio. Qualcuno scende già. La neve, calpestata da chi ci ha preceduti nei giorni scorsi, con la temperatura bassa si presenta a volte ghiacciata e richiede un po’ di attenzione in più.
Sopra
di noi una impenetrabile nuvola grigia tracima dalla Pania e si sfilaccia
come in ragnatele, lasciando libera sotto di essa la vista verso il luccicare
del lago di Massaciuccoli e delle serre dei fiori assolati.
La
nube ci inquieta un po’, troppo viva la delusione della settimana precedente,
quando abbiamo dovuto abbandonare il tentativo a causa della pioggia.
Saliamo
il Vallone dell’Inferno superando i pochi tratti più impegnativi.
Alle 10,45 siamo al Callare della Pania(q. 1.820 circa).
Sulla
cresta c’è una brezza sostenuta nonché freschina. Facciamo
una sosta di 15 min. per prender fiato e coprirsi un po’.
Forte
è la tentazione di fare una puntatina sulla vetta della Pania, ma
per vari motivi, tra i quali l’incertezza del tempo, l’affollamento stesso
e le possibili difficoltà che potremmo incontrare andando al Pizzo,
ci spingono a mantenere il programma.
Aggiriamo
la Quota 1750 scendendo ripidamente sul versante marittimo per qualche
decina di metri fino ad incontrare il sentiero che sale dalla Foce di Mosceta.
Lo abbandoniamo quasi subito, quando ad una curva puntiamo dritti verso
la cresta. Qui il percorso diventa un po’ aereo, ma in genere senza particolari
difficoltà. A sinistra, quando il cielo si apre, si vedono il mare
e la Versilia, sulla destra si vedono le vette dell’Appennino coperte di
neve fresca.
Seguiamo
la via di cresta, segnata in blu, talvolta in rosso. La neve, quella poca
che incontriamo sul sentiero, qui è soffice perché ancora
non calpestata e non provoca difficoltà. Incontriamo due escursionisti
che procedono in senso inverso, con i quali scopriremo a posteriori avere
conoscenze comuni. Li ringraziamo per le informazioni sulle condizioni
del percorso.
Alcuni
tratti di cresta sono più ripidi e aerei, ma volendo possono essere
aggirati sulla sinistra, stando di poco più bassi; appena due punti
leggermente più complicati richiedono l’uso delle mani.
In breve ci troviamo alla base del canaletto che conduce alla vetta superando le ultime decine di metri di dislivello. Non c’è un sentiero ben definito, ognuno segue il percorso che ritiene più opportuno. Quest’ultimo tratto è ripido e richiede la dovuta attenzione.
Alle
11,40 giungiamo alla vetta (q. 1720 m.). L’aria fresca mette appetito,
così visto che oggi siamo riusciti ad arrivare in cima, data anche
l’ora, decidiamo di dar fondo ai viveri. Ci ripariamo dietro la vetta dal
vento freddo che viene dal mare. Spuntano panini (da qui spuntini!?), frutta,
un dolcino. Caspita, ma quello è un salame!!!
Alle
12,15 iniziamo il ritorno scendendo per il canaletto salito all’andata,
oltrepassiamo una prima selletta; alla seconda selletta, sulla sinistra
troviamo il sentiero non numerato, ma ben indicato in bianco e rosso e
da un omino in pietra, che scende verso la Borra Canala. Un lastrone
(per fortuna con scalini scolpiti) è la difficoltà maggiore,
ma solo a causa della neve ghiacciata.
Il
sentiero prosegue scendendo tra ghiaioni o attraversando i grossi massi
della Pianiza.
In
ultimo torna lievemente a salire, fino a congiungersi con l’arrivo della
Borra di Canala, per poi terminare alla Focetta del Puntone.
Da
qui siamo in breve tempo di nuovo al
Rifugio Rossi (ore 13,20).
Questa volta entriamo per una sosta rifocillante, con una fetta di dolce,
un tè o un caffellatte. Un caffè americano mi scalda e sembra
togliermi di dosso la stanchezza.
Alle
14,10 ripartiamo. La discesa per il segnavia 7, ormai ben conosciuto, è
tranquilla, senza i temuti scivoloni, in quanto quei pochi gradi di aumento
di temperatura sono stati sufficienti a sciogliere lo strato vetrato della
neve calpestata.
Due
spruzzi di acqua ghiacciata, ma la minaccia delle nuvole finisce qui, come
la nostra escursione.
Alle
15,00 siamo di ritorno alla Cappellina del Piglionico.
L’escursione
è finita, non certo estrema per lunghezza, dislivello e difficoltà,
ma comunque piacevole e appagante.
Viva
l’Italia, viva i Merendoni.