PANIA SECCA dal PIGLIONICO (in invernale) 09-02-2003

In invernale vuol dire in invernale e questa gita lo è decisamente. Dopo le nevicate adesso il tempo butta sul freddo e la neve è ormai consolidata e dura.
Tutti gli anni ci proponiamo almeno una gita in queste condizioni, sia per godere anche in questa stagione delle “mai troppo amate Alpi Apuane”, sia per imparare un po’ di tecnica.
Alfredo come sempre ne sa più di me, io con ramponi e piccozza sono ancora poco avvezzo, ma vedrò di fare del mio meglio, la guida ce l’ho buona. Certo, la temperature rigide di questi giorni hanno reso la neve dura. Può essere pericoloso, bisogna stare molto attenti, anche quando le cose sembrano semplici.
In considerazione di ciò non abbiamo scelto niente di estremo (siamo Merendoni o no!), ma comunque un’escursione di discreto impegno, ripeto, date le condizioni in cui si è svolta.
Partiamo alle 6,45, l’aria è pungente. Come sempre abbiamo lanciato l’invito, la convocazione, ma non abbiamo ricevuto adesioni. La demotivazione intorno a noi è grande, ma non ci scoraggiamo. Noi andiamo.
Alle 7,30 ci fermiamo a Ponte a Moriano, alla solita pasticceria. Un caffeino e una pasta, per ritoccare la colazione di casa. Una sbirciatina alla cronaca locale sul giornale ci fa deglutire dallo sconcerto. Dice di due salvataggi avvenuti il giorno precedente proprio sulla Pania Secca. Una scivolata, per fortuna senza tragiche conseguenze e il recupero di un escursionista rimasto bloccato per la rottura di un rampone. Ma l’evento più tragico è l’incidente occorso il venerdì precedente al gestore del Rifugio Rossi, che versa in gravi condizioni. (Non ce la farà. Non lo conoscevo personalmente, ma da praticante della montagna, e soprattutto delle Alpi Apuane, non posso che essere profondamente dispiaciuto e toccato dalla morte di una persona che aveva scelto valori che anch’io condivido. Credo che valga anche per Alfredo.)
Le notizie lette non sono certo confortanti, ma le apprendiamo nel verso giusto, cioè: dobbiamo fare molta attenzione. Non siamo persone che amano il pericolo e siamo capaci di abbandonare quando riteniamo di incontrare difficoltà superiori alle nostre possibilità.
Alle 8,30 siamo al Piglionico, quota 1150 slm., ci prepariamo con i ramponi e le ghette. Impugnate le piccozze partiamo che sono le 8,45.
Per quanto riguarda il percorso niente di particolare da segnalare. Dal Piglionico saliamo verso il Rifugio Rossi alla Pania per il segnavia 7, quello che è forse il sentiero più frequentato di tutte le Apuane. Un timido sole trafigge le nuvole e risalta i rilievi imbiancati di neve. Saliamo per il bosco senza alcuna difficoltà. I fusti spogli dei faggi sembrano infilzati nella neve come aghi in un puntaspilli.
Verso le 10 usciamo dal bosco in quelli che normalmente sono chiamati i “pratoni del Rossi”. Lo spettacolo è affascinante. Ad una buona luce il candore della neve addolcisce le asperità e gli sfasciumi della montagna, la roccia fa mostra di sé solo nelle pareti più verticali, dove la neve non riesce ad accumularsi.
I segnavia sono praticamente invisibili, ma non è un grosso problema, si può andare tranquillamente “a vista”. Studiamo le mosse. La Pania Secca è lì di fronte a noi. Ci faremo da soli il percorso. Il fatto è che la Pania Secca non l’abbiamo mai salita, nemmeno senza la neve, per cui abbiamo un’idea soltanto vaga di quale sia il percorso normale. In ogni caso con la neve è tutto diverso, quindi ci muoviamo per le zone più innevate, vale a dire quelle meno scoscese.
Per il primo tratto abbiamo seguito quello che effettivamente è il sentiero segnato. Traversando il versante nord, alle falde dell’Omo Morto, ci portiamo verso un’ampia distesa nevosa, discretamente pendente, che culmina con la cresta ovest-sud-ovest. Iniziamo a salirla, traversando verso sinistra. A tratti la neve si è trasformata in ghiaccio, e si sono formate alcune lastre. Con un po’ di attenzione cerchiamo di individuarle per tempo, in modo da poterle evitare. La neve è comunque abbastanza dura, ma i ramponi entrano bene, anche se nei traversi, appoggiando di lato, costringono la gamba a sforzi muscolari ai quali non sono abituato. Pertanto, appena la pendenza lo permette, inizio a salire in verticale, affondando le punte dei ramponi. E’ ugualmente faticoso, ma almeno è più sbrigativo.
Guadagnato faticosamente il filo della cresta ovest-sud-ovest le cose si fanno più semplici, non ci sono difficoltà di rilievo, ma un po’ di attenzione è comunque indispensabile.
Alle 12 e 15 siamo in vetta alla Pania Secca, a quota 1711 slm. Una nuvola giunge ad avvolgerci completamente, e ci toglie la prospettiva di una Pania della Croce parzialmente innevata, che speravamo poter ammirare e fotografare con la buona luminosità che finora avevamo avuto.
Giusto il tempo di farci due foto, per testimonianza, mentre in vetta arrivano alcuni rocciatori che hanno scalato la cresta est. Poi non indugiamo ulteriormente, la Pania della Croce è ancora coperta, ma fa freddo e non è il caso di aspettare che la nuvola se ne vada, cosa che non sembra possa avvenire in tempi rapidi. Iniziamo la discesa.
Torniamo sui nostri passi, lungo la cresta ovest-sud-ovest, e scendiamo per l’ampio versante nord. Poi decidiamo di non proseguire a ritroso per il percorso fatto all’andata, e invece di scendere verso i pratoni sottostanti il Rifugio Rossi continuiamo a scendere per il versante nord, attraversando spazi ricchi di neve.
Alle 14,00 siamo alla base della teleferica che porta i carichi al Rifugio Rossi. E’ proprio l’ora di mangiare qualcosa, tanto più che è tornato il sole e non è poi così tanto freddo.
Consumato il pasto riprendiamo a scendere. Lungo uno stradello incontriamo delle capanne di pietra, poi ancora scendendo, arriviamo alla piazzola della cappellina del Piglionico, dove abbiamo lasciato la macchina.
Sono le 15 e 20, non è tardi. La gita si conclude qui. Abbiamo il tempo per tornare a casa con tutta calma. Ci attende un’altra brutta notizia: ancora un incidente mortale, avvenuto oggi sul Monte Tambura; l’ennesima dimostrazione, purtroppo, che le Apuane d’inverno non vanno assolutamente sottovalutate. Ma restano, comunque, bellissime, forse anche più che d’estate.