Il profumo della primavera

di Giuseppe Bianco


 

 

1

 

 

Questa è la storia di Achille. No. Non  quello famoso al quale hanno dedicato perfino un'infiammazione di un tendine, no!

Un Achille diverso, un Achille di tutti i giorni : niente muscoli,  un filo di pancetta,  un'altezza normale e porta addirittura gli occhiali.

 Un Achille che di quello più famoso ha soltanto il nome ed è già tanto.

Achille nato fra le scoregge di una famiglia numerosa, l'ultimo di sei fratelli. Cinque figli piegati dalla logica assurda di un lavoro senza diritti, scivolati senza parole, nella scia del padre.

Achille tra l'amore e gli schiaffi di chi convinto della scelta fatta e della  superiorità dei "padroni", non accetta che lui venga su in modo diverso e.....ancora schiaffi, e ancora amore e.....ancora Achille.

 

Achille

 

C'è allo stadio una partita di calcio. Il primo turno della coppa dei Campioni.*  É   la prima volta che la sua squadra  partecipa ad un torneo così prestigioso  e Achille pensa di non poter mancare, non può mancare!

Per andare allo stadio ci vogliono i soldi, per avere i soldi ci vuole un lavoro e lui non lavora. Non riesce a trovare un'occupazione non perché è uno sfaticato, come sostiene il padre e di conseguenza i suoi cinque fratelli. A lui piacciono parecchi lavori, da quelli più umili a quelli più desiderati, non riesce però a concepire l'altero modo di fare di chi solo perché fa un lavoro che farebbe bene perfino  una scimmia si crede superiore: una cosa che non si può spiegare a parole e che in fondo non se ne ha nessuna riprova, ma è così.

C'è la partita e non la può perdere, chiede i soldi al padre.

"Vai a lavorare!", è la risposta.

Li chiede ai fratelli, uno per uno e, dal primo all'ultimo,  glieli darebbero, ma non lo fanno solo perché sono convinti che è loro dovere fargli capire che i soldi bisogna guadagnarli. Non glieli danno per amore.

Amore ?  non lo può capire proprio adesso che c'è la partita, lui ci deve andare e basta.

Chiede  la grana  a Gennaro, uno degli amici che devono andare con lui.

"Certo si può fare.", gli dice Gennaro :" c'ho uno  zio che fa l'imprenditore..."

" Imprenditore?"

"Sì. Imprenditore edile. Ho sentito che gli serve un manovale per tre o quattro settimane.  Lunedì andrai a lavorare con lui e me li ridarai, ok?".

Achille non ha la spada e non è invulnerabile, ma ha preso un diploma e non vorrebbe ma.....c'è la partita!

Tanto  una settimana o al massimo un mese di lavoro non può mica fargli male, i suoi è  una vita che lo fanno.

"Ok. Lunedì andrò a lavorare con l'imprenditore!"

"Con mio zio?"

"Sì. Certo.".

 

Passa via veloce la partita, dura quanto un casco di banane nelle mani di uno scimpanzé. La  squadra di Achille ha perso: è stato un Mercoledì da dimenticare anche per lui che lo deve ancora pagare. Se certe cose si sapessero prima.....Giovedì, Venerdì, Sabato, Domenica e....Lunedì. Lunedì e l'imprenditore!

 

La sveglia stamattina sta gracchiando prima del solito, ed Achille scende dal letto come una valanga di neve dalla sua montagna, un po' d'acqua in faccia, la pipì e via......

Prende il sacchetto di plastica con dentro la merenda preparata la sera prima da suo padre e gustandone in bocca il sapore, lascia correre le scale sotto i piedi.

La strada, quella strada tanto amata da lui, è così strana di mattina presto: una luce diversa, un silenzio inverosimile, una nuvoletta di fumo dalla bocca.

Pensa a suo padre ed ai suoi cinque fratelli che scendono a quell'ora tutte le mattine, si figura la loro stanchezza alle otto di sera.

Pochi passi ed è dall'imprenditore.

Lo zio dell'amico non è sceso ancora,  nello spazio antistante la villetta lo stanno ad aspettare i suoi operai. Non conoscendone nessuno, invece di fermarsi, raggiunge il bar più avanti e prende un caffè.

Un istante ed è di nuovo dall’ imprenditore che nel frattempo è sceso.

"Buongiorno!", esclama Achille.

Lo zio del suo amico lo guarda ma non risponde al saluto. Guarda gli altri operai occupati a spazzare il marciapiede,  a caricare sul camion gli attrezzi del lavoro, a svuotargli il bidone della spazzatura, e poi guarda di nuovo Achille, che credendo di non essere stato sentito ripete :"Buongiorno!".

Come prima l'imprenditore non risponde. Apre la porta del furgone e prendendo uno straccetto giallo dal cruscotto, glielo tira dicendo:" Da' una pulitina al vetro!".

Achille con lo straccio fra le mani passa con lo sguardo sugli operai intenti a servire il padrone, e pensa ai suoi debiti con Gennaro, alla partita di pallone e a tutte quelle cose che lo hanno trascinato fin qui. Sono tanti i motivi che lo inducono a restare ma qualcosa gli fa  dire ancora :"Buongiorno!".

Achille appoggia lo straccio sul cofano del  furgone e se ne va,  l'imprenditore lo guarda senza dire niente mentre gli si avvicina un operaio che gli dice:" Datelo a me, pulisco io.".

 

 

 

 

 

2

 

 

I venti che cambiano, cambiano anche i tempi. Cadono le foglie e mutano in continuazione le stagioni. Sembra tutto uguale a sempre, sembra non cambiare mai niente. I mutamenti si nascondono, si muovono sott'acqua: l'estate che arriva non è mai uguale a quella passata, le canzoni sembrano diventare senza senso. Il tutto si riduce a una sciocchezza, a esperienze già vissute per chi rinuncia vivere   e comincia ad esistere in funzione di un telecomando. È  più facile e meno impegnativo dire: questo ha ragione, questo ha sbagliato, anziché avere ragione o sbagliare, vincere o perdere.

Ci vuole arte per vincere e  arte per saper perdere per chi si gioca la partita.

Chi gioca tutti i giorni come Achille, sa di avere l'arte per vincere anche se spesso perde. Soccombe un po' per abitudine, un po' per cultura e un po' perché crede che deve andare così, chissà se un giorno trionferà l'arte o l'abitudine.

L'arte non è un'abitudine, è uno stato sublime: vivere non è la mediocrità, è riuscire a starci almeno un metro su ma.....come si fa? Sono tutti lì, chiamano, urlano, sembra quella la vita, l'essenza delle cose, la realtà.  È se poi è così, vuol dire che sono Achille e tutti quelli come lui ad essere sbagliati, a volarsene stare per i fatti propri, a non riuscire a trovare nella propria epoca  il proprio tempo. Così  si rischia la solitudine, l'emarginazione. E solitudine ed emarginazione siano se alla fine per vivere bisogna rifiutarsi di morire e nessuno lo sa, e se per vivere il proprio tempo si ubbidisce a qualcosa di grande che gli altri persi nelle giornaliere meschinità non riescono a comprendere o si rifiutano di capire.

Achille si sente il  protagonista della sua solitudine, non ne parla con altri, sa che gli altri vivono di cose che lui condanna e poi, non ha voglia di discutere. In fondo al cuore è un buono e tante cose, pur non condividendole, le fa per accontentare i suoi. Non ritrovandosi però, spesso fa la figura dell'imbecille e i suoi non lo comprendono. Tante volte non è che non ha neanche voglia di parlare, è che certe cose gli sembrano così evidenti da non mettere nemmeno in nota il dubbio di una qualche incomprensione da parte degli altri; tutti i suoi coetanei sono protesi a bruciare gli attimi di un'innocente e caduca gioventù per correre dietro alle cose importanti della vita: un lavoro, una donna, una casa e sacrificare tutto pur di bruciare le tappe. Pur essendo a conoscenza di questi parametri, Achille si ritrova spesso davanti a se stesso a chiedersi: l'importante nella vita cos'è? Bisogna per forza correre o si può aspettare?

Domande che tiene per sé, tanto lo sa quali sono le risposte se gli viene la voglia di chiederlo,  e quelle risposte a lui non piacciono, non sembrano tanto spontanee, sanno di qualcosa imparato a memoria. No, la vita non è qualcosa che si conosce  a memoria, né uno schema da seguire, né uno sceneggiato già fatto; la vita è una bella donna che si lascia fare da  tutti e.....ognuno la racconta a modo suo!

Per le strade del piccolo paese di provincia sembra che la  primavera sia esplosa.  Una primavera  fuori stagione, artefatta :  in ogni angolo, sui muri ed attaccati ai pali  vi sono manifesti di tutti i colori possibili.  Per il paesino c'è aria di rinnovamento.  La famiglia di Achille esprimerà unanime un voto e una convinzione politica, basta risolverle il problema "Achille": diplomato, fidanzato e cresciuto.

Nella  mattinata persa nella strana primavera, la madre (una donna con i coglioni!), lo afferra per la mano e lo trascina dal candidato sindaco, in questi momenti particolarmente loquace. Achille la segue di malavoglia, ne farebbe volentieri a meno ma...... come si fa a sfidare  l'impegno politico di una madre?

 In compagnia della mamma è stato già altre volte dall'influente politico. Ogni volta se ne andato pieno di gratificanti promesse tipo:" .....Dobbiamo aspettare, ai nostri ragazzi dobbiamo dare qualcosa di buono. Hanno studiato! Sì, ci sono dei lavori. Sono umili! Per i nostri figli non vanno bene...hanno studiato, meritano di più! Passerà Natale e qualcosa si aprirà!".

"Passerà Natale", diceva sempre così ad ottobre. "Passerà Pasqua", verso marzo era questa la risposta. "Dopo le ferie estive", verso giugno suonava più o meno così. É per questo che adesso Achille rimane più sorpreso della madre nel sentire il futuro sindaco dire:"Giovanotto sei fortunato, ho un lavoro per te. Presentati lunedì a questo indirizzo. Naturalmente dì che ti mando io.".

Achille non fa nessuna domanda, pensa come è suo solito: nella sua vita ci sarà un altro cruciale Lunedì  per il suo futuro lavorativo. Per scaramanzia vorrebbe spostare l'appuntamento di qualche giorno, poi pensa che è lo stesso tanto ci sarà sempre un Lunedì.

I suoi non hanno mai avuto idea di cosa fosse un week end di piacere, in questo, tuttavia, sono felici alla maniera di una tardona in balìa di un maschiaccio. Il loro problema è stato risolto: Achille ha trovato un lavoro!

É tanto bello da non sembrare vero,  fra poche ore Achille avrà un lavoro, parola di futuro sindaco....tié!

 

 

Quando  la sveglia lo annuncia timidamente,  il giorno non si è ancora affermato e anche se non sembra vero il calendario ne è sicuro: è Lunedì.

Faccia, denti, pipì e via! sulle ali di una volontà per niente scalfita dalle continue delusioni lavorative.

Con le gambe in movimento per raggiungere la tanto anelata azienda, si mette in moto anche il cervello:" ....Però, che società! Viviamo trastullandoci all'idea che il lavoro è un diritto e poi, se non trovi qualcuno che ti fa un piacere......ma quando ci vai  a lavorare!?!?!".

Il sottile filo dei suoi pensieri lo trascina fin dietro una macchina a controllo numerico, dove poi deve arrendersi e fare spazio al sibilo continuo di tre punte d'acciaio che fanno buchi su di una lastra di ferro. L'immagine dei trucioli che si formano velocemente ad ogni giro di punta si alterna nel cervello di Achille  con quelle degli altri operai fissi a guardare altre macchine.

Dopo molte ore è ancora lì e potrebbe ancora starci ma deve andare in bagno. Chiama quello che impartisce gli ordini e gli dice:" Mi sostituisci un minuto devo fare una telefonata urgente?".

L'uomo lo guarda stufato e gli fa cenno di sì. Dopo un minuto Achille è al suo posto e l'uomo andando via gli dice:" Se hai la prostata che non ti funziona fattela curare. Qui in bagno si va nella mezz'ora di spacco che forse avrai per la pausa pranzo! Capito?".

Achille non ha capito, si limita a non rispondere e torna a contemplar trucioli e operai; star lì a far buchi non appaga per niente la lunga ed estenuante ricerca di  lavoro da cui era reduce,  ma un lavoro serve per campare non per appagare o dare soddisfazioni, e poi......... è già una fortuna  a lavorare.

Passano le ore, molte di più delle "otto" lavorative a cui si pensa, e si ritrova a casa fra i suoi familiari e la ragazza, tutti felici e contenti e festanti. Lui senza parlare accompagna i loro sorrisi, dopotutto sono felici per lui e non può deluderli...deve essere felice anche lui......smile, smile, smile!!!!

La notte gli regala qualche sogno (almeno lei!) e poi facendo il suo dovere lo porta al nuovo giorno. Cercando qualche presumibile buona ipotesi nei tanti dubbiosi e cupi pensieri, raggiunge il suo posto dietro le tre roteanti punte d'acciaio. Aggrappandosi a qualche rosea illusione tiene alto il morale e cerca di trattenere la pipì almeno fino alla pausa pranzo.  Le punte hanno appena cominciato a girare che gli si avvicina quello che comanda e senza neanche un  formale "buon giorno", gli dice:" Senti, qua è vero che si comincia alle otto, ma noi dobbiamo stare qui almeno un'ora prima. Capito?".

Abituato a non aver risposta ai suoi saluti e pur non avendo capito, timidamente annuisce e seguendo la scia dei suoi pensieri arriva fin dentro i trucioli, percorre le loro spirali e poi ricade con essi. Farebbe questo all'infinito ma la voce arrabbiata di quello che comanda lo trascina nella realtà: sta facendo a pezzi un operaio. Parolacce, bestemmie, utensili che prendono il volo e lui.....e lui in mezzo a quel campo di cotone e di schiavi e di negrieri si sente un estraneo, lui credeva di lavorare in una fabbrica proiettata nell'Europa  e in viaggio nel terzo millennio non in uno squallido campo di cotone. Ma lui è lì per fare il suo dovere e per recepire uno stipendio, non per perdersi in stupidi pensieri e.....torna a mirar trucioli.

Dopo essere sopravvissuto ad un'altra serata di festa è di nuovo al lavoro.

É arrivato un'ora prima, sta trattenendo la pipì e non trasale più ad ogni acuto del negriero.

Si scopre triste e si meraviglia. Dovrebbe essere allegro, ha trovato un lavoro, non è mica una cosa di tutti i giorni,  anche se non è proprio quello che immaginava. Si è adattato a tutte le strane regole ed ha subito alla grande tutti gli attacchi emotivi del negriero, ma non ha ancora sentito parlare di stipendio.

In questo clima di repressione e proibizionismo gli sembra troppo azzardato chiedere di un suo diritto. Cerca di saperne di più da un suo collega.

Quello che ne viene fuori, non è per nulla incoraggiante: per i primi due anni percepirà un minimo compenso. Arriva alla pausa pranzo con questo tarlo nel cervello. Lancia nell'aria qualche parola, sta attento a quel che si dice e riesce a scoprire che dopo i due anni non è che le coste migliorino di molto, ma nonostante tutto...... 

"Vabbè, passeranno anche i due anni!", ripete fra sé mentre a sera tarda ritorna a casa. I suoi lo vorrebbero tenere sveglio ancora un po'  ma  lui da un bacio alla ragazza e dice:" Vado a letto, domani mi devo alzare presto.".

La notte è stata senza sogni ed il giorno sembra sorprenderlo. Molto meno allegro delle altre mattine raggiunge le sue luccicanti punte. Sta per girare il selettore dello "start" quando gli si avvicina il negriero:" Stammi a sentire un minuto. Oggi c'è più lavoro degli altri giorni, quindi non c'è la pausa per il pranzo. Gli altri lo sanno già e sono tutti d'accordo. Se fra cinque o sei ore devi andare in bagno mi chiami.".

 Detto questo il negriero  gira le spalle per andarsene ma sente la voce di Achille ......:"Ma?....." si rigira e comincia a gridare:" Ma che? Cosa credi ah? Qui non ci sono ma, qui comando io e si fa quello che dico io. Punto e basta. Se ti conviene è bene se no arrangiati da qualche altra parte. Capito?".

Achille dopo aver passato lo sguardo sugli altri con le teste chine nelle loro macchine, lo guarda in silenzio come per cercare di capire. Non c'è niente da capire: il negriero è più vittima degli altri, gli fa pena.

"Sì, ho capito. Ho capito, adesso ho capito!", dice Achille tuffandosi nei suoi trucioli.

 

 

Stavolta a riportarlo a casa non è una volontà per niente scalfita e nemmeno l'entusiasmo per il nuovo lavoro, ma un disincanto latente che difficilmente riuscirà a nascondere anche ritrovandosi al centro dell'odierna festa.  In testa ha una confusione terribile: gli ultimi tre o quattro giorni sono passati tanto velocemente da riuscire a destabilizzarlo.  Gli sembra tutto così grottesco: il campo di cotone, vecchi imprenditori, frese a tre punte, piaceri e diritti, il passato, il futuro, il negriero, la voglia trattenuta di fare la pipì, i suoi in festa, la ragazza con il sorriso alla Joker; le immagini elaborate dal cervello e le sensazioni scaturite da esso, si mischiano fra di loro dando vita a storie assurde. Confonde lo sventolio di una bandiera in un campo di calcio con uno straccio giallo per pulire un parabrezza. Ripassa i fratelli e gli amici e si convince che niente si deve fare per "arrangiare", perché se è difficile trovare un lavoro, sarà ancora più difficile cambiarlo.

 Un uomo con gli anni diventa il lavoro che fa, è soprattutto per questo che il lavoro deve piacere. Ha visto troppi amici perdersi dietro sogni sbagliati e invecchiare assieme a lavori che dovevano essere cambiati. Deve prendere una decisione e la deve prendere in fretta ed essere convinto. Tra pochi minuti sarà a casa, lì troverà una festa e non potrà ancora fingere di essere contento se contento non è.

Accettare il lavoro o non accettarlo?

Essere se stesso o non essere se stesso, ma lavorare?

In un racconto  si decide il tutto a favore degli ideali, delle grandi idee, sembra tutto così sublime, così chiaro. Si capisce da che parte sta la ragione e non si hanno dubbi. Nella vita di tutti i giorni non è così! È tutto un pochettino più confuso, più sfumato, non si capisce bene dove finisce una cosa e ne comincia un'altra. Tra il bianco ed il nero ci sono una miriade di sfumature, e tra un si ed un no infiniti dubbi......

Ecco la porta di casa: è arrivato.

Sta per infilare dentro la chiave. Si ferma un attimo. Ritorna indietro di qualche passo. Stringendo i pugni in tasca trattiene una lacrima e alza la testa. Nel cielo ci sono miliardi di stelle, avranno un senso?

Trattiene una seconda lacrima, stringe ancora più forte i pugni, e perdendosi fra gli astri mormora:" Ci sarà mai, un Lunedì come dico io?".

 

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