Pure
tre fasi nel periodo oscillante in
rapporto alla massima estensione dell’anca, alla sua massima flessione, alla
discesa del piede.
L’allenamento
ha lo scopo di preparare l’organismo all’esercizio fisico favorendo gli
adattamenti energetico, trofico muscolare, vascolare e dell’equilibrio
neuromuscolare e della coordinazione motoria, il tutto al fine di ottenere un
gesto biomeccanicamente e tecnicamente perfetto: da questo la necessità di
rispettare la regola semplice dell’adattare lo sforzo alla situazione
funzionale del momento in particolare dopo periodi di inattività.
Così
il riscaldamento deve essere protratto, progressivo, adeguato e
rapportato al momento della competizione ai gruppi muscolari maggiormente
coinvolti, agli eventuali precedenti dell’atleta; tenendo inoltre in conto le
condizioni ambientali.
Per
quanto riguarda il terreno in cemento è anelastico, il terreno erboso è
irregolare, quello sabbioso è instabile, il percorso in salita sollecita il
tendine di Achille, quello in pendenza la pronazione o la supinazione.
Calzature
non idonee, male adatte, squilibrano il gioco dei muscoli della gamba e possono
essere responsabili di patologia cronica, in particolare “malattia delle
inserzioni”. Sempre per quanto riguarda la calzatura, l’impatto del terreno
al suolo genera un onda di forza che viene trasmessa all’osso ed ai tessuti
molli del piede e della gamba cui segue una seconda onda di contraccolpo di
minor ampiezza: i materiali viscoelastici riducono l’ampiezza di queste onde e
proteggono il sistema muscoloscheletrico.
Ovviamente
come concausa principale o concausa possono intervenire, quali fattori
biomeccanici, disassetti strutturali o
funzionali del piede: assetto in pronazione o in supinazione dell’avampiede,
in varo o valgo del retropiede, un Achille breve, un’intratorsione tibiale od
un’antiversione d’anca, un piede di Morton o un piede lasso: inoltre
disassetti anche sovrasegmentari
assiali e torsionali.
Correre
troppo, troppo presto o su terreni rigidi e magari con scarpe inadeguate è di
solito appannaggio, e causa di lesioni, per corridori principianti entusiasti,
ma inesperti; l’aumentare le distanze troppo velocemente o semplicemente
sovraccaricare l’apparato muscolo-scheletrico durante l’allenamento è di
solito appannaggio invece di corridori più esperti. Per tutti molto spesso
trattamenti empirici fanno tramutare una patologia minore in problema serio.
Con
maggiore frequenza comunque le lesioni intervengono nel momento in cui un
corridore inizia un programma di corsa o quando passa da un livello di corsa al
seguente.
Va
ricordato che molti atleti corrono affrontando il suolo con il metatarso
mantenendo il piede stabilizzato in equino ed in eversione; in questi casi
metatarso e fascia plantare sono particolarmente sottoposti a stress,
specialmente poi se pre-esistono variazioni dell’angolo metatarsale.
A
differenza del piede normale che alterna fasi in catena cinetica chiusa
(irrigidimento) e fasi in catena cinetica aperta (rilasciamento) durante il
ciclo del passo e della corsa, il piede cavo si mantiene costantemente rigido in
assetto probatorio dell’avampiede con supinazione della sottoastragalica il chè
(la sottoastragalica ammortizza pronando) riduce le possibilità ammortizzanti
del piede e, quindi, di assorbimento dello shock al momento del suo impatto col
suolo; il piede piatto al contrario, assettato in supinazione dell’avampiede
con sottoastragalica pronata, è in deficit di stabilizzazione durante la fase
di propulsione quando gli sarebbe richiesto di essere una leva rigida e tende a
compensare spostando in avanti il baricentro e correndo prevalentemente sugli
avampiedi.
Al
meccanismo di limitata stabilizzazione in pronazione della sottoastragalica
possono essere coinvolti primitivamente o secondariamente i muscoli pronatori, i
lunghi e brevi legamenti plantari, la fascia plantare.
Il
difetto di assorbimento dello shock a livello del piede può condizionare
situazioni patologiche da stress anche a livello del ginocchio, pelvi e rachide
lombare per ripercussioni trasmesse attraverso l’arto inferiore.
E’
importante, pertanto, la valutazione del tipo di piede poiché ciascuno di essi
predispone a determinata patologia.
Il
piede cavo, predispone
alla tendinite di Achille ed alla fascite plantare; inoltre, da sovraccarico, a
callosità metatarsali globali e, per componente in varo del retropiede, a
lesioni legamentose periastragaliche (sistema di stabilizzazione laterale della
tibio-tarsica ed interosseo astragalo-calcaneale).
Il
piede piatto, meno
limitativo del piede cavo, predispone a callosità plantari mediali, a patologia
legamentose mediale, a sindromi del tunnel tarsale, a tendinite del tibiale
posteriore.
Da
tenere presente il piede everso che,
talvolta piatto, è più spesso cavo-valgo con apparente piattismo, ed
intrarotazione tibiale secondaria, per affrontamento al suolo della volta
mediale. Predispone alla tendinite del peroneo lungo, del tibiale posteriore e
dell’adduttore dell’alluce, alla sofferenza del nervo tibiale, al tunnel
tarsale, all’artrosi della Chopart.
Fratture
da durata
La
sintomatologia è caratterizzata da dolori in regione metatarsale o
sovramalleolare che insorgono dopo corse troppo prolungate o troppo veloci, o
con calzature inadatte, o su terreni non elastici, o dopo aumento troppo rapido
della percorrenza come nel prepararsi ad una maratona passando ad esempio da 60
a 120 Km. la settimana per 2-3 settimane;tutto questo deve sempre far sospettare
una frattura da durata anche in presenza di una iniziale (3-4settimane)
negatività radiografica.
Il
sovraccarico funzionale con sollecitazioni in abituali e ripetitive comporta una
“fragilizzazione” localizzata dell’osso (patologia d’adattamento) che si
manifesta con dolori inizialmente poco invalidanti, pur se progressivamente
accentuatisi, con negatività radiografica.
E’
il momento utile alla diagnosi di “stadio
prefratturativo” nel quale è di estrema utilità la scintigrafia ossea.
Il
trascurare o soprassedere a questo primo stadio proseguendo nell’attività
fisica porterà alla frattura da durata, vera soluzione di continuo scheletrica
e stadio ultimo di questa patologia.
Anche
la RMN è utile alla diagnosi precoce di stadio prefratturativo per variazioni
della intensità di segnale nelle scansioni pesate in T1 e T2.
Fattori
predisponenti, oltre ai già accennati errori di allenamento, variazioni
anatomiche (piede di Morton ad esempio) o strutturali (varo di calcagno, piede
cavo o cavo-varo, ecc.) del piede.
Il
piede cavo in particolare, nelle sue diverse espressioni, espone con frequenza a
lesioni da durata essendo un piede che, in particolare se anche varo
(supinazione della sottoastragalica e pronazione del metatarso), è un piede
funzionalmente rigido e quindi con ridotte possibilità di assorbimento dello
shock all’impatto con il terreno.
Nella
patogenesi delle fratture da durata si può parlare di multifattorialità
considerando che sono messi in gioco fattori generali quali: la qualità
dell’osso; il sistema endocrino, le masse muscolari.
Globalmente
le fratture da durata incidono in circa il 6% dei corridori: maggiormente
colpite sono le ossa metatarsali (bilateralmente nel 20% dei casi) e
l’estremità distale del perone (scafoide e astragalo).
In
stadio prefratturativo il trattamento si basa sullo scarico della sede
interessata, e la progressiva ripresa funzionale è in rapporto alla scomparsa
del dolore.
In
fase fratturativa, lo scarico della parte interessata per 6-8 settimane, rimane
il trattamento elettivo per i quadri algo-distrofici che molto spesso seguono
all’immobilizzazione gessata od all’osteosintesi.
La
persistenza clinica del dolore e radiografica del tratto fratturativo
indirizzeranno ad una evoluzione pseudoartrosica e potranno porre indicazione
chirurgica.
Alla
ripresa dell’attività è opportuno valutare eventuali disassetti del piede
che possono essere patogeneticamente di rilievo e che vanno compensati (ortesi)
o corretti (osteotomia sottotalamica valgizzante di calcagno ad esempio).